430 likes | 919 Views
STORIA DEL LAVORO NELLA CIVILTA’ OCCIDENTALE. IL LAVORO NELL’ANTICHITA’ E NELL’ALTO MEDIOEVO. IL LAVORO IN ETA’ COMUNALE E RINASCIMENTALE. LE PRIME FORME DI CAPITALISMO INDUSTRIALE. I PROTAGONISTI DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: CAPITALISTI E OPERAI.
E N D
STORIA DEL LAVORO NELLA CIVILTA’ OCCIDENTALE IL LAVORO NELL’ANTICHITA’ E NELL’ALTO MEDIOEVO IL LAVORO IN ETA’ COMUNALE E RINASCIMENTALE LE PRIME FORME DI CAPITALISMO INDUSTRIALE I PROTAGONISTI DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: CAPITALISTI E OPERAI DAL ‘900 AD OGGI: IL MONDO DEL LAVORO SI TRASFORMA IL LAVORO NEL FUTURO
IL LAVORO NELL’ANTICHITA’ E NELL’ALTO MEDIOEVO Il lavoro come rapporto economico è parte della stessa storia dell’uomo. Per molti secoli esso corrisponde sostanzialmente alla schiavitù. Nel Medioevo questo status si modifica con la diffusione della servitù: nell’ordine feudale ogni uomo è subordinato ad un altro in una complessa piramide del potere. I lavoratori sono servi della gleba, persone legate per tutta la vita alla coltivazione della terra del signore feudale.
IL LAVORO IN ETA’ COMUNALE E RINASCIMENTALE A partire dall’età comunale, i vincoli della società feudale iniziano a sfaldarsi e buona parte del potere economico passa dalle mani dei nobili proprietari terrieri a quelle dell’emergente classe borghese. S’impone la nuova figura lavorativa dell’artigiano, il quale lavora per guadagnare denaro; specializzazione e profitto vanno di pari passo Accanto all’artigiano si impongono anche le figure: delmercante, che svolge la professione più redditizia, deiprofessionisti (notai, cambiavalute, uomini di legge, medici, letterati…) In questo periodo si assiste anche alla nascita: dellebotteghe, che conquistano un’importanza strategica nelle città, delle associazioni di categoria: le corporazioni, delle prime forme di disciplina giuridica del lavoroa tutela dei lavoratori.
L’INDUSTRIA TESSILE Il primato nelle attività industriali spetta, nel Medioevo, alle industrie tessili. Per la fabbricazione dei tessuti è richiesta una grande quantità di operazioni, ciascuna delle quali è riservata ad un operaio particolare. Non si tratta però del lavoro a catena del nostro tempo perché. le varie operazioni non sono eseguite nello stesso luogo; la “catena” medievale non ha lo scopo di intensificare i ritmi produttivi, ma al contrario punta sulla qualità del prodotto, Il lavoratore medievale è specializzato in un determinato mestiere e non si dedica ad una sola operazione ripetitiva (come avvitare un bullone).
ORIGINI DEL CAPITALISMO Nel '500-'600 il potere economico è sempre più concentrato nelle mani dei mercanti-manufatturieriche nel corso del tempo hanno accumulato profitti e ricchezze. Questa grande disponibilità finanziaria consente ai mercanti di anticipare l'acquisto di macchinari e di materie prime, affidando ai lavoratori il compito di trasformarle in prodotti finiti. NASCE LA PRIMA FORMA DI CAPITALISMO INDUSTRIALE. Il lavoratore non è più il maestroartigianodelle botteghe di età comunale, bensì un lavoratoresubordinato,una sorta di quasi-salariato. Egli continua a lavorare a casa o nella bottega (lavoroadomicilio) ma in completa dipendenza dal mercante-capitalista, che progressivamente si trasforma nella figura del capitalista vero e proprio.
I PROTAGONISTI DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: CAPITALISTI E OPERAI A fine '700 la rivoluzione industriale spinge i borghesi capitalisti ad aumentare la scala di produzione tramite l'impiego delle macchine. Il gigantismo dei macchinari non consente più di seguire la vecchia organizzazione del lavoro a domicilio. Sorgono le fabbriche, dove i lavoratori sono costretti a riversarsi, abbandonando la bottega, la casa, la campagna.
Nasce la nuova classe sociale del proletariato industriale,formata da coloro che possiedono solo le braccia per lavorare e dei figli da sfamare. Caratteristica fondamentale del proletario è quella di percepire un salariocome remunerazione del lavoro fornito.
LA DIVISIONE DEL LAVORO L’organizzazione dell’attività lavorativa comporta una totale frammentazione delle procedure che permette di risparmiare tempo e denaro. Ogni operaio deve svolgere solo una specifica mansione e non deve possedere più quelle abilità professionali che invece caratterizzavano l’artigiano.
IL LAVORO E LO SFRUTTAMENTO Gli operai sono sfruttati dall’imprenditore capitalista, sottoposti aturni lavorativi massacranti (14 – 16 ore al giorno): senza alcuna forma d’indennità o di assicurazione sociale, chi s’infortuna o si ammala viene abbandonato a se stesso. Anche le donne e i bambini vengono assunti nelle fabbriche, ma pagati molto meno.
LA COSCIENZA DI CLASSE Nel corso dell’Ottocento, la concentrazione di operai nelle fabbriche permette loro di maturare una coscienza di classe: i lavoratori si organizzano per chiedere tutele e un miglioramento delle proprie condizioni di vita. In questi anni nascono anche le prime organizzazioni dei lavoratori, i sindacati .
DAL ‘900 AD OGGI: IL MONDO DEL LAVORO SI TRASFORMA
Nella prima metà del Novecento si assiste alla diffusione del sistema di lavoro fordista-taylorista, che prevede: • la realizzazione di beni per un consumo di massa, • un'organizzazione del lavoro altamente programmata e sequenziale, • l'impiego massiccio nel settore manifatturiero.
In questo periodo lo Stato inizia ad intervenire per disciplinare il rapporto di lavoro, fino a quel momento relegato a forme privatistiche che di fatto favorivano il capitalista. I lavoratori conquistano i propri diritti in materia di: • orario di lavoro massimo, • salario minimo, • igiene nei luoghi di lavoro, • protezione per le fasce di lavoratori più deboli (donne, bambini, ecc.), • tutela sugli infortuni, ecc.
A partire dagli anni ’80, alcuni fenomeni hanno profondamente cambiato il mondo del lavoro: -i sistemi di produzione flessibili (la “lean production “ e il “just in time”); - i computers, - le macchine a controllo numerico, -le tecnologie della comunicazione e dell'informazione, -la globalizzazione.
Queste trasformazioni dei processi lavorativi hanno favorito la deregolamentazione del mercato del lavoro e obbligato le imprese a richiedere ai lavoratori: • elevate capacità , • competenze specifiche, • flessibilità e adattabilità.
Inoltre, il mondo del lavoro è aperto ormai sempre di più alla presenza femminile. E’ in costante aumento il numero di donne che rivestono ruoli un tempo appannaggio esclusivo degli uomini (managers, parlamentari magistrati,ecc…)
Il lavoro del futuro Ecco come sarà il lavoro nei prossimi anni: • Lavoro e vita si integreranno sempre più, divenendo complementari. Il lavoro non potrà più essere considerato un elemento separato dalla vita. • I lavoratori qualificati tenderanno a concentrarsi in determinate aree geografiche, gradevoli dal punto di vista estetico, con servizi efficienti e offerta culturale. • Allo stesso tempo, nelle società occidentali si assisterà all’innalzamento dell’età con conseguenti difficoltà per le imprese di reperire dirigenti e quadri nella fascia d’età 35-45. • Contratti flessibili. Sono già diffusi, ma nell’arco di una decina d’anni costituiranno la norma, in particolare quelli a tempo determinato. • Uffici addio. Si prevede che, nel giro di qualche anno, grazie alle nuove tecnologie, alle videoconferenze, alla messaggistica istantanea e alla possibilità di telelavorare, quasi tutti i lavori qualificati saranno svolti in gran parte da casa.
Segretarie addio. La figura dell’assistente si estinguerà. I manager del futuro avranno le idee più chiare sulla necessità/utilità di certi lavori anche operativi perché li avranno svolti loro stessi personalmente. • Leadership, team e collaborazione. Si sta facendo strada un modello di organizzazione orizzontale dei team. L’obiettivo, per tutti, dovrà essere il bene comune dell’organizzazione. • Non “comanderà” più nessuno, tutti avranno facoltà di parola, cresceranno le responsabilità e le conseguenze delle proprie scelte avranno un impatto sempre più allargato e radicale. • Welfare aziendale. Sarà una priorità per tutte le organizzazioni. • Tutelare la salute dei dipendenti, non soltanto fisica ma anche mentale, sarà una prassi consolidata anche solo per far diminuire i costi connessi alla cattiva salute. • Come si misureranno le performance? Investendo sulle persone (istruzione e formazione) per una vera valorizzazione del capitale umano. Prima di misurare il rendimento dei dipendenti si dovrà verificare il loro coinvolgimento e il livello di soddisfazione.
La donna ha conquistato posti d'importanza in tutti quei campi che precedentemente erano riservati esclusivamente agli uomini. Quella della donna è stata una lotta per la parità dei diritti umani, diritti che, purtroppo, in alcuni paesi non sono ancora tenuti in considerazione. Tuttavia, la donna di oggi è una donna di successo, una persona in carriera, che punta alla sua realizzazione.
1948La Costituzione italiana sancisce in più articoli la parità tra uomini e donne. In ambito lavorativo, e non solo, le donne italiane hanno ottenuto importanti conquiste a partire dal secondo dopoguerra fino ad oggi. Queste le tappe più importanti. • 1950 Viene varata la legge 860 (poi migliorata con la legge 1204 del 1971) che ha come oggetto la “tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri”. • Questi i provvedimenti: • viene impedito, innanzitutto, il licenziamento delle donne che iniziano una gravidanza, • si stabiliscono norme per il loro lavoro pre e post partum, • Vengono indicati i diritti delle madri che devono conciliare la cura dei figli con il lavoro. 1963 Sono varati più provvedimenti a favore delle donne: • La legge 7 stabilisce che il matrimonio non è più ammesso come causa di licenziamento. • La legge 66 sancisce l’ingresso delle donne in magistratura. 1984Viene istituita la Commissione nazionale per la realizzazione delle pari opportunità.
1993La legge81 introduce le “quote rosa” nelle elezioni dei rappresentanti degli Enti locali; stabilisce cioè che una percentuale di candidati sia costituita da donne. 2003La legge costituzionale 1 stabilisce una modifica dell’articolo 51, il cui primo comma recita: “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge” e viene completato dall’aggiunta:” A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.
L’origine delle botteghe di età medievale e rinascimentale risale all’epoca romana, quando alcune notizie ci tramandano l’esistenza di officine di scultori guidate da un magister. Il magister era, nel Medioevo, il capo bottega. Era un imprenditore che aveva al suo servizio diverse maestranze. Al livello più basso nella gerarchia di bottega si collocavano: gli apprendisti, giovani allievi impegnati in attività di formazione o di semplice manovalanza; poi troviamo i salariati, incaricati di lavori manuali non particolarmente specializzati; infine gli assistenti, ovvero allievi o collaboratori esperti, cui il maestro affidava ampie parti di opere da realizzare in autonomia.
NORMATIVE E TIPOLOGIE DI ASSOCIAZIONE Le corporazioni, cui i maestri di bottega appartenevano, dettavano le regole per: • la formazione e l’iscrizione dei maestri; • l’organizzazione del lavoro, la qualità minima dei prodotti; • la presenza degli allievi (età minima, numero massimo, trattamento, iter formativo etc.); • i criteri per valutare le abilità dell’allievo, promuovendolo eventualmente al rango di maestro.
Accanto alle corporazioni si collocavano altre forme di associazione: • le confraternite che avevano una finalità devozionale e il riconoscimento da parte della Chiesa o dello Stato; • le compagnie: • erano delle forme di associazione privata, • rispondevano a norme consuetudinarie, • si basavano su un contratto scritto di durata triennale. Tale accordo prevedeva la presenza di un maestro responsabile che garantiva la qualità dei lavori prodotti e consentiva una maggiore attrazione per la clientela. Un altro aspetto positivo dell’associazione in compagnia risiedeva nella possibilità: • di dividere guadagni e perdite in parti uguali, con vantaggi per tutti i compagni; • di usufruire di una sorta di mutua assistenza così, se un socio si ammalava e non poteva lavorare, gli altri potevano sostenerlo economicamente.
La bottega e il suo aspetto fisico Le botteghe occupavano normalmente il piano terreno degli edifici. L’ingresso dalla strada avveniva attraverso un’apertura a forma di “L” rovesciata che consentiva sia di aumentare l’illuminazione dell’interno, che di utilizzare la sezione orizzontale come “vetrina” per i prodotti. La struttura interna era variabile, ma in genere comprendeva: • un vasto ambiente destinato all’attività lavorativa; ambiente che, per il lavoro degli artisti, doveva essere particolarmente luminoso, • un ambiente più piccolo, una sorta di studio separato dove il capo bottega conservava i documenti relativi al lavoro, • un soppalco e/o una cantina o magazzino, tutti spazi utilizzati per depositare i materiali. Le botteghe erano piuttosto semplici, essenziali. In genere il loro contenuto non era limitato agli attrezzi del mestiere, ma si estendeva anche ad alcuni beni pertinenti l’abitazione, che di solito era attigua alla bottega.
LE NORME CHE REGOLAVANO IL LAVORO L’ingresso di un giovane in bottega si basava su un contratto stipulato tra il padre del ragazzo e il capo bottega. Esso prevedeva, per il maestro: • l’obbligo di insegnare i fondamenti del mestiere; • corrispondere un modesto salario; • fornire vitto, alloggio e vestiario; Per l’allievo: • l’obbligo di frequentare la bottega ogni giorno; • rispettare le richieste del maestro; • rispettare gli orari di lavoro che gli venivano imposti. Questi contratti di apprendistato andavano notificati o alla stessa Arte, con il pagamento di una tassa, o alla magistratura, pena la nullità del contratto.
FORMAZIONE DEGLI APPRENDISTI Gli allievi venivano formati attraverso la pratica dell’imitazione, in modo tale che il loro stile fosse il più possibile simile a quello del maestro. Ciò consentiva al capo bottega di impiegare gli allievi più capaci come collaboratori affidabili, le cui opere, dopo un controllo finale e magari qualche ritocco, venivano autenticate con la firma del maestro e vendute come sue creazioni.
Donne e bambini al lavoro durante la prima rivoluzione industriale.
La Fabbrica delle Donne La fabbrica delle donne è, in genere, una fabbrica tessile, popolata da ragazze molto giovani; accanto ad esse vi è una minoranza di donne più mature, quasi tutte vedove, e infine ci sono gli uomini che svolgono la funzione di tecnici e di capireparto.
La fabbrica è un luogo chiuso, suddiviso in quadrati dalle macchine, privo di spazi in cui potersi muovere, senza spogliatoi e con pochi lavabi. Vi regna una rigida disciplina: è vietato parlare, cantare, mangiare, lasciare il proprio posto, uscire senza permesso e senza sostituto, portar via materie prime o sapone, pena un’ammenda o il licenziamento. Anche assenteismo e ritardi sono severamente puniti.
Le donne svolgono mansioni non qualificate, non hanno né carriera né professione: sono solo la ruota di scorta del mondo del lavoro. Il loro guadagno fa comodo a padri o mariti che non danno importanza alle condizioni lavorative cui esse sono sottoposte. Inoltre, lavorare nelle fabbriche interferisce pesantemente con il ruolo che la donna ricopre nella famiglia.
Una nuova feudalità In fabbrica le donne sono generalmente sottoposte a capi rudi, pronti ad abusare di loro. Il corpo femminile è infatti percepito come un possesso comune. Questa manodopera giovane è, di conseguenza, vittima di un continuo assillo sessuale denunciato dalle donne come una forma di “nuova feudalità”. Si tratta di un vero e proprio “diritto di abuso sessuale” che si arrogano i direttori e i capireparto delle fabbriche.
Lo sfruttamento dei bambini Anche i bambini sono “protagonisti” della rivoluzione industriale poiché non è raro iniziare a lavorare già a sei o sette anni. Spesso essi vengono “comprati” dalle fabbriche, con contratti che li obbligano a lavorare per diversi anni con salari molto bassi. Si tratta insomma di una nuova forma di schiavitù. I bambini seguono turni di lavoro della stessa durata di quelli degli adulti: si lavora dalle 13 alle 16 ore, con brevi pause per il pranzo e per la cena. I giorni festivi durante l’anno sono pochissimi.
I bambini vengono impiegati soprattutto nelle industrie tessili e spesso il loro unico compito è la sorveglianza delle macchine; ciò li costringe a stare in piedi durante tutto il turno di lavoro. Inoltre, l’ambiente malsano, i lunghi tragitti a piedi per raggiungere la fabbrica, le poche ore di riposo e lo scarso nutrimento, fa sì che spesso i bambini lavoratori si rovinino la salute e appaiano pallidi, stanchi, lenti nei movimenti, persino nei rari momenti in cui possono giocare.
Responsabile Progetto Matteo Filieri Collaboratore Cristian Libetta Curatore Musiche Pierpaolo Dell’Anna Collaboratori Alessio Benassai - Alessandra Senofonte Ideatori Slides • Storia del lavoro nella società occidentale: • Ilenia Epifani • Matteo Filieri • Luigi Nobile • Giulia Tedesco • Desirè Zuccalà • Il concetto di lavoro nel tempo: • Lucrezia Zecca • Desirè Zuccalà I significati del termine lavoro: - Rita Romeo
Approfondimenti La fabbrica delle donne: - Pierpaolo Dell’anna - Gregorio Presicce La bottega degli artisti: - Roberta Raho • La conquista delle pari opportunità: • Marco Ferilli • Matteo Filieri Selezione Immagini: • Gianmarco Cavalera • Antonio Del Duomo • Luca Filoni • Gabriele Marcucci • Gianmarco Polo • Alessandro Taurino • Giuseppe Zecca