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Crisi mancese (Settembre 1931)

Crisi mancese (Settembre 1931). Mukden, luglio del 1931: assassinio del capitano giapponese Nakamura 18 settembre 1931: attentato ad una sezione della Compagnia Ferroviaria della Manciuria Meridionale (la ferrovia sud-mancese) appartenente allo Stato giapponese

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Crisi mancese (Settembre 1931)

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Presentation Transcript


  1. Crisi mancese (Settembre 1931) • Mukden, luglio del 1931: assassinio del capitano giapponese Nakamura • 18 settembre 1931: attentato ad una sezione della Compagnia Ferroviaria della Manciuria Meridionale (la ferrovia sud-mancese) appartenente allo Stato giapponese • Alcuni gruppi cinesi che possedevano accampamenti nei pressi della Compagnia Ferroviaria nipponica furono individuati come responsabili • I militari giapponesi dell’Armata del Kwantung decidono per un’azione di forza, occupando dapprima Mukden, Changchun e Kirin e poi tutta la Manciuria • 1 marzo 1932: fondazione del nuovo Stato del Manciukuò con capitale a Chang chun (in seguito spostata a Hsin King) e con a capo Pu Yi • 15 settembre 1932: riconoscimento de iure del Manciukuò da parte del governo di Tokyo e firma del Protocollo per una cooperazione politica ed economica tra il Giappone e il Manciukuò

  2. Conseguenze internazionali dell’invasione della Manciuria • 21 settembre 1931: appello cinese alla Società delle Nazioni • Gennaio 1932: nomina della commissione Lytton • 2 ottobre 1932: Rapporto Lytton che ribadisce la sovranità cinese sulla Manciuria ma non condanna il Giappone come Stato aggressore • Febbraio 1933: Matsuoka chiede a Ginevra il riconoscimento internazionale del Manciukuò come Stato vassallo del Giappone ma la SdN non acconsente • 27 marzo 1933: Ritiro del Giappone dalla SdN • Gennaio 1933: invasione del Jehol da cui il Giappone intraprende ulteriori azioni in Cina, per arrivare alle porte di Pechino a fine aprile • 31 maggio 1933: armistizio con cui la Cina si impegna a tenere un atteggiamento conciliante nei confronti degli interessi giapponesi

  3. Conseguenze interne al Giappone dell’invasione della Manciuria • Le ripercussioni della crisi economica del ‘29 impedirono qualunque reazione significativa degli europei e gli Stati Uniti: le autorità giapponesi interpretano il mancato intervento internazionale come un tacito consenso europeo e una ridotta capacità d’azione statunitense • La SdN perdeva di credibilità di fronte al primo conflitto tra due paesi membri. Un altro, quello etiopico, sarebbe seguito a breve • Di lì a poco, il Giappone avrebbe identificato nel revisionismo hitleriano un affidabile interlocutore europeo, più per ragioni pragmatiche che per affinità ideologiche: l’obiettivo comune è la ricerca di uno “spazio vitale” • Kita Hikki, Lineamenti delle misure per la riorganizzazione del Giappone, 1919

  4. Sfera di coprosperità asiatica • Messaggio propagandistico giapponese: il Giappone non procede ad annessioni o a forme di sudditanza coloniale, come invece fanno le potenze europee: la cacciata dei vecchi gruppi dirigenti porterà al potere rappresentanti di quelle società “liberate” ed esse potranno godere del sostegno politico e militare del Giappone • L’ipotesi giapponese è quella di una rete di Stati indipendenti sul piano formale, legati fra loro da un’integrazione economico-finanziaria, protetti da un sistema di alleanze di mutua difesa: un blocco coeso di Stati asiatici di cui il Giappone si propone come leader e garante • La formula proposta rappresenta un’ipotesi suggestiva e un modello attraente per molti Stati asiatici perché il Giappone si presenta come una forza di emancipazione nei confronti delle potenze coloniali extraasiatiche e dei governi al potere che con esse mantengono legami

  5. Espansione giapponese in Cina • Nel 1933 è occupata la provincia di Jehol e nel 1935 quelle di Hebei e di Chahar e territori di altre province del Nord; viene inoltre creato un governo autonomo della Mongolia interna • Nel 1936 il Giappone e la Germania hitleriano firmano il patto AntiComintern (25 novembre ‘36) cui nel ‘37 aderisce anche l’Italia • Nel 1937 ha inizio l’azione bellica vera e propria contro la Cina con la conquista di Pechino, di Shanghai, di Nanchino, di Canton e di vaste aree interne e della fascia costiera sud-orientale • L’invasione giapponese, anche se priva di dichiarazione di guerra, determina la ferma opposizione delle forze nazionaliste del Kuomintang: nel 1938 le proposte giapponesi di subordinazione della Cina alla “comune politica anticomunista” sono rifiutate da Chang Kai-shek

  6. Reazioni internazionali di fronte all’avanzata giapponesi in Cina • La reazione delle potenze europee e degli USA è incerta e debole: prevalgono le preoccupazioni legate all’evoluzione della politica tedesca in Europa • La SdN, cui la Cina si appella nuovamente nell’autunno del 1937, non denuncia l’aggressione di Tokyo rilevando soltanto le violazioni degli accordi internazionali e auspica la convocazione di una conferenza • Più determinata la reazione sovietica: Mosca firma, nell’agosto del 1937, un patto di non aggressione con la Cina, spinge i comunisti cinesi ad un patto di collaborazione con i nazionalisti e fornisce materiale bellico. L’accordo sino-sovietico, firmato a Nanchino, ha un carattere antinipponico ed ha una durata di cinque anni ed è il presupposto per un intervento militare sovietico in occasione di incidenti di frontiera in Manciuria e in Mongolia nel 1938 e nel 1939

  7. L’Impero giapponese • Marzo 1940: nasce a Nanchino il governo collaborazionista di Wang Jingwei, presto riconosciuto da Germania, Italia, Spagna, Romania e tutti i paesi progressivamente caduti nell’area di influenza tedesca • Da quel momento, l’ulteriore espansione del Giappone si lega a doppio filo alle vicende europee e in particolare al crollo della Francia: in agosto il governo francese riconosce gli interessi “preponderanti” del Giappone in Indocina; penetrazione politico-commerciale nelle Indie olandesi • Ma il nodo fondamentale rimane: quale rapporto con gli Stati Uniti? Questo dipende dall’assetto che il Giappone vuole dare al proprio predominio nel Pacifico e nell’Asia orientale. L’attacco aeronavale contro la flotta americana a Pearl Harbor avviene alla fine del 1941; esso è dunque successivo di ben dieci anni all’aggressione della Manciuria e di quattro anni alla invasione del territorio cinese.

  8. Il Patto Tripartito tra Germania, Giappone e Italia (27 settembre 1940) • Firmato a Berlino da Ribbentrop, Ciano e l’amb. giapponese in Germania Saburo Kuruso con esplicite finalità espansionistiche, per conseguire un nuovo ordine nella sfera europea e in quella asiatica • Valenza antiamericana piuttosto che antisovietica: la Germania è firmataria del patto Ribbentrop-Molotov, il Giappone ha dato priorità all’invasione della Cina rispetto alla Siberia sovietica e l’Italia è firmataria fin dal 1933 di un patto d’amicizia con l’URSS • I tre governi firmatari si impegnano a darsi assistenza l’uno l’altro «con tutti i mezzi politici, economici e militari» qualora uno di essi sia attaccato da una potenza che non sia già impegnata nella guerra europea o nel conflitto cino-nipponico. Gli Stati Uniti rappresentano la potenza non impegnata direttamente nei due conflitti • Nel 1940 aderiscono Ungheria, Romania e Slovacchia, nel 1941 Bulgaria e Croazia

  9. Il patto di neutralità nippo-sovietico (13 aprile 1941) • Firmato a Mosca da Molotov e Matsuoka. I due Stati s’impegnano a rispettare la «reciproca integrità ed inviolabilità territoriale». Se uno dei due contraenti fosse oggetto di azioni militari «da parte di una o più potenze», l’altro resterà neutrale per tutto il periodo del conflitto • In una dichiarazione comune annessa al Patto, i due firmatari precisano che saranno rispettate l’integrità territoriale della Repubblica della Mongolia (Mongolia Esterna) e quella dell’Impero del Manciukuò: riconoscimento reciproco delle posizioni acquisite in Asia dai due contraenti • Motivazioni: I sovietici temono una rottura dei rapporti con Berlino e cercano di evitare in questa eventualità di dover sostenere anche un fronte asiatico. I giapponesi non escludono che le trattative con gli USA possano fallire: in questo caso, non vogliono essere esposti anche a un eventuale conflitto con Mosca.

  10. Gli USA dalla neutralità all’intervento • Marzo 1941: con il Lend-lease (“Legge affitti e prestiti”) il governo britannico è autorizzato all’acquisto di materiale bellico (navi, aerei, mezzi di trasporto e mezzi corazzati, prodotti industriali, alimenti, medicinali, ecc.) e questi aiuti possono essere ottenuti attraverso affitti o prestiti e i rimborsi potranno essere effettuati anche in “natura” • Agosto 1941: con la firma della Carta Atlantica gli USA condannano espressamente «la tirannia nazista» e appaiono già schierati al fianco della Gran Bretagna. È sancito il diritto alla sovranità, all’integrità e all’indipendenza di tutti gli Stati, la condanna di ogni azione aggressiva, il diritto all’autodeterminazione, il rifiuto della ricerca di compensi, la volontà di promuovere nuove strutture per garantire la sicurezza internazionale. A questi principi si richiameranno con forza tutti i paesi asiatici all’indomani della conclusione del conflitto.

  11. Le trattative nippo-americane: le proposte giapponesi e il rifiuto americano con la decisione di varare l’embargo • Proposte A: Le forze armate giapponesi sarebbero state ritirate dalla Cina dopo il ristabilimento dell’ordine e della pace, mentre dal Nord, dalla Mongolia Interna e da Hainan entro 25 anni. Dopo il ristabilimento della pace in Estremo Oriente sarebbero state ritirate anche dall’Indocina. Gli USA pretendono un ritiro preventivo delle truppe nipponiche dalle aree occupate. • Proposte B: più rigide rispetto a quelle già respinte; c’è la disponibilità giapponese ad abbandonare l’Indocina del Sud purché vengano garantite rilevanti forniture dalle Indie Olandesi e dagli USA (in particolare di prodotti petroliferi). Oltre a ciò, gli statunitensi devono assumere l’impegno preciso di non sostenere più la causa nazionale cinese, che deve trovare soluzione dallo scontro in atto fra il Giappone e le forze nazional-comuniste.

  12. La guerra diventa mondiale • 7 dicembre 1941: Attacco giapponese a Pearl Harbour e dichiarazione di guerra agli USA • 8 dicembre 1941: la Gran Bretagna dichiara guerra al Giappone sia per solidarietà con gli Stati Uniti sia per le iniziative belliche già intraprese dai giapponesi contro la Malesia, Singapore e Hong Kong in «flagrante violazione del diritto internazionale» • L’apertura delle ostilità su larga scala in Asia coincide con il fallimento dell’offensiva tedesca contro l’URSS: le armate tedesche si fermando davanti a Leningrado e devono retrocedere di alcune decine di chilometri dopo aver raggiunto l’estrema periferia di Mosca • 11 dicembre 1941: alleanza militare italo-tedesco-nipponica in seguito alle dichiarazioni di guerra tedesche e italiane agli USA

  13. Avanzata giapponese in Asia nei primi mesi del 1942 • Vengono occupati il Siam, la Malesia, Singapore, le Filippine, Giava, Hong Kong, Guam, Wake, la Nuova Guinea e la Birmania (e alcune piccole isole dell’Arcipelago delle Aleutine). • Il governo di Tokyo, dopo aver ottenuto il controllo di queste aree, procede alla costituzione di governi locali filonipponici che si affiancano alla battaglia del Giappone contro USA e Gran Bretagna e sottoscrivono patti di amicizia e di collaborazione con l’Impero giapponese • Questo equilibrio si dimostra però, con il passare del tempo, instabile: i movimenti nazionali antinipponici si rafforzano con gli sviluppi delle vicende belliche anche perché sul piano economico le esigenze militari del Giappone esigono crescenti sacrifici da parte delle popolazioni e rilevanti asportazioni di risorse utili alla guerra

  14. Il fronte delle “Nazioni Unite” • 1° gennaio 1942: Dichiarazione delle “Nazioni Unite” che affermano di accettare la Carta Atlantica come «programma comune di propositi e di principi di guerra» e di essere convinte che sia «indispensabile una vittoria completa per assicurare la libertà e l’indipendenza» • Maggio 1942: Alleanza anglo-russa in funzione antitedesca • Novembre 1942: operazione Torch, sbarco anglo-americano in Nord Africa • Gennaio 1943: Conferenza di Yalta • Luglio 1943: operazione Husky, sbarco anglo-americano in Sicilia • Novembre-dicembre 1943: Conferenza di Teheran, primo incontro dei Tre Grandi • Giugno 1944: operazione Overlord, sbarco alleato in Francia

  15. Yalta e Potsdam • Febbraio 1945: conferenza di Yalta, in Crimea, ultimo vertice a cui è presente Roosevelt che morirà nell’aprile del ‘45 • Luglio-agosto 1945: conferenza di Potsdam, in Germania, ultimo vertice in tempo di guerra anglo-sovietico-americano, il primo a cui è presente Truman, nella seconda parte dei lavori il nuovo primo ministro britannico Attlee sostituisce Churchill • Problemi in discussione: si affrontano i temi importanti delle riparazioni di guerra, delle sistemazioni confinarie, dell’occupazione e dei trattati di pace con i vinti e la formazione di una nuova organizzazione per la tutela della pace, l’ONU. • L’intera impostazione dei lavori è rivolta al quadro postbellico, anche se le conversazioni si sviluppano quando la guerra è ancora in corso.

  16. Relazioni italo-giapponesi dopo l’8 settembre 1943 • La firma dell’armistizio è subito comunicata alle autorità di Tokyo da parte dell’ambasciata italiana ma la reazione giapponese è molto negativa e il governo Badoglio è accusato di “tradimento”. • Motivazioni militari: il ritiro della flotta e dell’aviazione italiana dalla battaglia del Mediterraneo consentirà agli anglo-americani di spostare forze aeronavali nel Pacifico e nell’Oceano Indiano. • I vertici giapponesi prendono immediati provvedimenti, adottando pesanti misure restrittive nei confronti degli italiani (sia diplomatici, che militari e civili) che si allineano con il governo di Badoglio. • Il governo giapponese riconosce la Repubblica sociale di Salò mentre la maggior parte del corpo diplomatico (compreso l’amb. Indelli) non aderisce a Salò e viene quindi arrestata con le famiglie e internata in condizioni molto difficili.

  17. Ripresa delle relazioni diplomatiche tra l’Italia e la Cina • Il presupposto del riavvicinamento alla Cina di Chiang Kai-shek è la dichiarazione di guerra al Giappone del 15 luglio 1945 da parte del governo italiano. • Un effettivo intervento militare italiano in Estremo Oriente era in realtà improbabile, tant’è che successivi progetti militari per una presenza italiana alle operazioni asiatiche non avranno seguito, soprattutto per la tempestiva conclusione del conflitto in quel settore. Ma si era convinti che la dichiarazione di guerra al Giappone potesse contribuire a migliorare i rapporti con gli alleati. • «La nuova Italia democratica dichiara guerra al Giappone» e si allinea alle Nazioni Unite, nella speranza di ottenere un trattamento più mite rispetto agli altri paesi vinti in sede di trattative di pace, ma i risultati saranno nettamente inferiori alle aspettative.

  18. Evoluzione della guerra nel Pacifico • Nel novembre del 1943 sono conquistate dalle forze americane le Isole Gilbert, nel febbraio del 1944 le Marshall, nel luglio le Marianne, più tardi Guam, Palau, le Caroline. Nel febbraio del 1945 è rioccupata Manila (che era sotto controllo nipponico dal 1942), mentre nei mesi successivi si stringe l’assedio intorno all’arcipelago giapponese con la conquista di Iwojima (marzo 1945) e di Okinawa (giugno 1945). • Nonostante questi risultati, la resistenza giapponese continua, anzi si accentua con l’avvicinamento delle forze alleate al Giappone vero e proprio. Il Giappone dispone ancora di enormi riserve di materiale bellico e di alcuni milioni di combattenti in Cina e nel territorio insultare metropolitano. • Dopo la perdita della Birmania nel maggio del 1945, i giapponesi devono retrocedere e abbandonare anche la Cina del Sud-Ovest.

  19. Le bombe atomiche e la resa del Giappone • L’ultimatum emesso dagli alleati a Potsdam viene ignorato dalle autorità nipponiche e il governo statunitense decide di utilizzare la nuova arma atomica prima sulla città di Hiroshima (il 6 agosto) e subito dopo quella di Nagasaki (il 9 agosto). L’8 agosto anche l’Unione Sovietica dichiara guerra al Giappone. • Radio Tokyo conferma l’avvenuto bombardamento atomico e diffonde la protesta del governo per l’uso di questa nuova arma dalle conseguenze terribili. • Hirohito accetta la resa incondizionata: è necessario «sopportare l’insopportabile, tollerare l’intollerabile». • Il ministro della Guerra Korocita Anomi fa harakiri, secondo il tradizionale rito shintoista, per espiare il mancato compimento dei suoi doveri come ministro imperiale, così come 350 militari.

  20. Evoluzione dei rapporti russo-giapponesi • Stalin denuncia il trattato di neutralità con il Giappone (forte anche del fatto che sono passati i primi quattro anni previsti dall’art. 3) ed attiva le decisioni sottoscritte a Yalta nel trattato specifico che prevedeva l’ingresso in guerra dell’URSS contro l’Impero giapponese. • Dopo la dichiarazione di guerra, l’Armata Rossa penetra nelle aree occupate dal Giappone: nella parte meridionale di Sahalin, nella Mongolia Interna, in Manciuria e in Corea. • L’offensiva sovietica, lungo un fronte di oltre 1.500 chilometri, dura pochi giorni: la resa del Giappone pone fine al conflitto. • Discorso di Stalin del 2 settembre 1945 al popolo russo che si erge a “padre della patria”, riuscendo a recuperare territori e diritti che la dirigenza zarista aveva perduto nella guerra russo-giapponese del 1904-1905.

  21. Le vittime: circa 45 milioni • Per l’URSS le perdite militari ammontano a 14.500.000 + circa 7.000.000 civili. • La Cina nazionalista perde 1.324.000 militari (pari a un terzo delle truppe mobilitate) + circa 10.000.000 di civili e non sono note le perdite della Cina comunista che pure hanno mobilitato durante la guerra 1.200.000 uomini. • Il Giappone perde più di 1 milione e mezzo di militari + 300.000 civili. • L’Italia perde circa 280.000 militari + 93.000 civili, mentre la Germania nazista registra 2.850.000 perdite militari + 2.300.000 civili. • Minori le perdite nel campo degli Alleati occidentali: la Gran Bretagna perde poco più di 270.000 militari e poco più di 60.000 civili; la Francia perde 210.000 militari + 173.000 civili; gli Usa perdono 292.000 militari + i civili uccisi a Pearl Harbour.

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