430 likes | 1.12k Views
Poiché il latte subisce spontaneamente una rapida fermentazione batterica, è probabile che il formaggio sia stato uno dei primi cibi conosciuti dall’uomo. Il formaggio e le sue origini. UNA “FORMA” PER IL LATTE.
E N D
Poiché il latte subisce spontaneamente una rapida fermentazione batterica, è probabile che il formaggio sia stato uno dei primi cibi conosciuti dall’uomo. Il formaggio e le sue origini UNA “FORMA” PER IL LATTE Il termine "formaggio" deriva dalla parola "formos"; con la quale gli antichi greci solevano indicare il paniere di vimini nel quale era d'uso riporre il latte cagliato, per dargli forma. Il "formos" greco divenne poi la "forma" dei romani che, a sua volta, si trasformò, nell'antico francese, in "formage" per arrivare infine ad assumere le moderne versioni dell'italiano "formaggio" e del francese "fromage”. LA LEGGENDA Secondo la leggenda, un mercante arabo, dovendo attraversare il deserto, portò con sé alcuni alimenti tra cui del latte fresco contenuto in una bisaccia fatta di stomaco di pecora; il caldo, il movimento, gli enzimi presenti sulla parete dello stomaco del ruminante contribuirono alla formazione della cagliata. Era nato così il formaggio.
IL FORMAGGIO : CIBO DA POVERACCI Il formaggio è stato considerato per anni cibo da contadini e da poveracci , indegno di persone perbene e civili. Piero Camporesi nella sua raccolta di saggi “Le officine dei sensi” scrisse: “... Per molti secoli si ritenne che la malignità intrinseca del formaggio, la sua nequizia venisse preavvertita e segnalata dal suo odore, per non pochi nauseabondo e stomachevole, indice sicuro di residuo in decomposizione, materia sfatta e deleteria, sostanza putredinosa nociva alla salute e terribile corruttore degli umori...”. Nel Medioevo venne, in effetti, riqualificato in quanto alimento “di magro” nei giorni di astinenza e di quaresima ma, soltanto nell’’800, quando cominciarono a essere chiariti i misteri della coagulazione e della fermentazione , conquistò piena dignità.
"Al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere". Una volta che il formaggio, il cibo dei villani, fu accolto nelle mense dei ricchi si cercò di nobilitarlo abbinandolo con ingredienti inaccessibili ai più, come spezie e frutta fresca o consumandolo alla fine del pasto per evidenziare che esso era ornamento e non nutrizione, piacere e non necessità. La pera era il simbolo dell’effimero, di gusti e piaceri non necessari. Infatti, coltivare alberi da frutto, nel passato, era una realtà economica di pregio e le pere, alimenti facilmente deteriorabili, erano doni preziosi che solo i nobili potevano scambiarsi.
I GRANDI DELLA STORIA E IL FORMAGGIO Wiston Churchill era talmente ghiotto di formaggi, che in uno dei momenti più bui della Seconda guerra mondiale, quando incombeva sull’Inghilterra il pericolo di un’invasione da parte delle forze dell’Asse, esclamò: “Un paese che annovera tanti formaggi sulla tavola non può morire!” Raccontano che Carlo Magno, invitato a pranzo da un prelato e redarguito per aver scartato le parti verdognole del gorgonzola, dopo una degustazione integrale se ne invaghì a tal punto, da pretendere un'abbondante fornitura annuale. Charles De Gaulle non nascondeva le difficoltà “… di governare un popolo come il francese che vanta oltre mille tipi di formaggi….”
latte PRODUZIONE DEL FORMAGGIO OGGI COME IERI Coagulazione acida: batteri lattici Coagulazione enzimatica: caglio o presame Rottura della cagliata Secondo la mitologia greca, gli uomini appresero come produrre formaggi da Aristeo, figlio di Apollo, che rubò i segreti di tale arte alle ninfe sue nutrici. Nell’età classica i formaggi erano diversi da quelli moderni: si usavano latte di pecora o di capra, la cui coagulazione era sovente effettuata con lattice di fico o di cardo selvatico, che conferiva al prodotto un retrogusto amaro. siero Formaggi molli freschi Cottura Breve Formaggi semiduri Prolungata formaggi duri salatura Maturazione
Il latte intero o parzialmente o totalmente scremato viene utilizzato crudo nelle lavorazioni agricole, mentre viene pastorizzato nelle preparazioni industriali. Uccidendo la maggior parte dei batteri naturalmente presenti, in modo da eliminare quelli eventualmente patogeni, si ottiene, sicuramente, un prodotto migliore dal punto di vista igienico ma si appiattiscono sapori e aromi. Le colture microbiche che vengono aggiunte in seguito infatti sono standardizzate, di conseguenza il formaggio prodotto con latte pastorizzato si attesta su una qualità standar. Il latte, trasferito nelle caldaie, è arricchito mediante un innesto di batteri selezionati in base al tipo di formaggio che si intende ottenere. Gli insemenzamenti o, innesti, possono essere naturali se i microrganismi sono quelli naturalmente presenti nel latte, o selezionati, se preparati in laboratorio.Per ottenere i formaggi erborinati, prima dell’addizione del caglio, si aggiungono le spore fungine appartenenti ai generi Penicillium e Aspergillus La coagulazione consiste nella trasformazione del latte in un coagulo, la cagliata, una specie di reticolo proteico nel quale resta imprigionata la maggior parte dei grassi e dei sali del latte. Nella coagulazione acida la coagulazione della caseina si determina per l’abbassamento del pH ad opera dei batteri lattici che trasformano il lattosio in acido lattico. Nella coagulazione enzimatica viene utilizzato il caglio o presame Al momento opportuno la cagliata viene “rotta” tramite apposite macchine, dette” frangicagliata per allontanare il siero A seconda del formaggio da produrre, si può riscaldare la cagliata a diverse temperature, ma mai superiori a 58 °C, per non inattivare gli enzimi e uccidere i microrganismi
La salatura consente di eliminare gli ultimi residui di siero, impedisce lo sviluppo in superficie di eventuali muffe e permette la formazione della crosta. Può essere fatta a secco o in salamoia. La maturazione o stagionatura si caratterizza per una serie di complesse trasformazioni biochimiche, necessarie per conferire le caratteristiche tipiche di ogni formaggio La cagliata è tolta dalla caldaia mediante un telo ed è trasferita in recipienti detti fascere Il Santo Protettore dei formaggiai e dei mandriani è San Lucio martire. Secondo la tradizione era un pastore che curava gli armenti del suo padrone e che offriva ai poveri il formaggio avuto come paga. Poichè questo formaggio si moltiplicava, il suo padrone si adirò a tal punto che finì per uccidere Lucio presso uno stagno.
IL CAGLIO Fatta eccezione per i formaggi a pasta fresca il formaggio è ottenuto da sempre utilizzando caglio animale. Il caglio è un prodotto enzimatico ottenuto dall’abomaso o quarto stomaco dei ruminanti lattanti per lo più vitelli, ma anche di agnelli e capretti; contiene varie sostanze e in particolare un enzima, la chimosina o rennina, che induce la coagulazione del latte e lo trasforma in formaggio. IL CAGLIO SINTETICO Gli scienziati sono riusciti a creare microrganismi ricombinanti capaci di sintetizzare la chimosina. Il DNA che codifica la produzione di questo enzima è stato inserito in un lievito (Kluyveromyces lactis), in un batterio (Escherichia coli) e in una muffa (Aspergillus niger var. awamori). Così grazie alle biotecnologie si è iniziato a produrre la chimosina in laboratorio, invece di doverla estrarre dallo stomaco di un vitellino. Perché? Non c’è abbastanza chimosina animale disponibile per soddisfare le richieste per tutto il formaggio che si produce. Si stima che in paesi come gli USA più del 60% del formaggio sia prodotto con quello che viene chiamato “caglio sintetico”, cioè prodotto da OGM. Anche in Italia, se si escludono i formaggi DOP, è autorizzato e utilizzato su scala industriale, ma è permesso anche in alcuni prodotti tipici dove il disciplinare di produzione non impone il caglio animale.
Composizione Latte • Il latte di pecora contiene: • una quantità di grasso più che doppia rispetto a quello di mucca e di capra, che varia anche di molto a seconda del periodo, della razza e dell'alimentazione. In genere si va dal 6 all'8%, con punte del 10-11%;globuli di grasso più piccoli che tendono a sfuggire nel siero durante la lavorazione, producendo una ricotta più grassa e saporita rispetto a quella di vacca;una percentuale pressoché doppia di acidi grassi a catena corta (da C6 a C12, capronico, caprilico e caprinico), che determinano l'odore tipicamente animale dei formaggi pecorini; pochissimo beta carotene (i formaggi hanno un colore piuttosto chiaro).; • quasi il doppio delle proteine del latte di vacca e di capra, si va dal 5.5 al 6.5%; • una maggior percentuale di caseina rispetto a quello vaccino, il che comporta una maggiore resa e una maggior facilità di caseificazione, con tempi di coagulazione e spurgo minori. • Il latte di capra rispetto al latte vaccino presente alcune differenze: • è mediamente meno grasso (3% rispetto al 3,5% del vaccino); • è più digeribile, perché i globuli di grasso sono più piccoli e , quindi più sensibili alla lipolisi che, scindendoli, origina acidi grassi liberi a corta catena (acido caprilico, caprinico e capronico), responsabili del forte odore e sapore caratteristici dei formaggi di capra; • è molto più bianco per l’assenza di carotenoidi, precursori della vitamina A; • contiene una minore quantità di caseina, che non consente di ottenere formaggi adatti a lunghe stagionature; pertanto i formaggi di capra sono freschi, a pasta molle o semidura; • è meglio digerito da coloro che sono intolleranti al latte vaccino, in quanto le sue proteine sono meno allergeniche.
I MARCHI DI QUALITA’ Denominazioni oggi riferite in pratica a un solo prodotto un tempo designavano categorie ampie di latticini: per esempio il nome Stracchino in Lombardia era attribuito indistintamente a tutti i formaggi come il Taleggio, il Quartirolo e il Gorgonzola ricavati dal latte delle vacche che in autunno scendevano dai pascoli montani, e che erano perciò dette stracc, stanche. Solo in caso di abbondante produzione, e quindi di larga diffusione commerciale, il formaggio assumeva una denominazione meno generica: è il caso per esempio del Grana, noto anche sotto questo nome fin dal tardo Medioevo, oppure del Parmigiano e della Fontina. Con un processo inverso negli ultimi decenni alcune denominazioni tipiche non sufficientemente protette sono divenute generiche, estendendosi a formaggi similari ma prodotti con tecniche e in luoghi diversi da quelli tradizionali. Di qui l'importanza di una tutela giuridica dei nomi, della tipicità e della genuinità in campo agroalimentare . Marchio DOP Identifica un prodotto ottenuto da materie prime trasformate,fino al prodotto finito, nell’area geografica determinata Marchio IGP Per avere il marchio IGp è sufficiente che una sola delle fasi del processo produttivo avvenga nell’area geografica determinata Marchio STG La certificazione STG non indica un’origine geografica, ma valorizza e tutela le produzioni caratterizzate da processi tradizionali
I formaggi umbri I formaggi tipici umbri si ottengono dal latte di pecora. I nostri antenati per la coagulazione utilizzavano latte rappreso nello stomaco degli agnellini ed essiccato vicino a erbe aromatiche. Il siero ottenuto dalla pressatura della cagliata veniva e viene utilizzato per produrre sia la ricotta fresca che salata.
La ricotta Il siero, riscaldato a 90 gradi, si raggruppa presto in fiocchi che, schiumati e versati in fiscelle di giunco, formano la ricotta fresca, dal sapore dolce e prelibato. La si può mangiare a cucchiaiate senza alcuna aggiunta, oppure spalmata sul pane con un filo d’olio e un pizzico di sale, ma non manca chi la usa come dessert aggiungendovi miele o cacao. Continuando brevemente la cottura si ottiene invece la ricotta salata. Tolta dal siero, la si pone in un contenitore di cotone dalla forma a imbuto, appeso, per farle perdere tutti i liquidi. Dopo 24 ore si fa rotolare la forma una sola volta nel sale fino e poi la si riappende per la stagionatura in ambiente asciutto di cantina. Dopo dieci-venti giorni sarà pronto un prodotto da taglio ; dopo quattro-sei mesi si avrà invece un prodotto da grattugiare.Tolte dal sacco le forme vengono trattate con la crusca (un tempo invece veniva utilizzata la pulitura di segale) al fine di assorbire l’umidità ed evitare la formazione di muffe, ed è questa particolare copertura un’altra caratteristica peculiare della ricotta salata di Norcia. CURIOSITA’ Le nonne dicevano che il liquido ottenuto dalla scolatura dei fiocchi fosse utile per curare distorsioni e fratture
Pecorino di Norcia Il pecorino di Norcia, detto anche “pecorino del pastore”, è tradizionalmente prodotto dal pastore stesso, con il latte delle sue pecore e il caglio dei suoi agnelli, leggermente affumicato o aromatizzato con timo, tarassaco, menta, chiodi di garofano o noce moscata. A Castelluccio, si seguono ancora gli antichi metodi di lavorazione con gli strumenti tradizionali: il recipiente di rame stagnato per scaldare il latte, il bastone di legno di ginepro scortecciato con cui si frantuma la cagliata quando ha raggiunto la consistenza giusta e i cerchi di legno di faggio che danno al formaggio la tipica forma circolare. Le forme, cosparse a mano di sale grosso, sono poste ad asciugare su assi di legno in un luogo fresco e frequentemente girate e pulite. Dopo trenta giorni, si ottiene un pecorino fresco, bisogna invece attendere oltre sei mesi per ottenere un pecorino stagionato e piccante.
I comuni del Parco del Monte Cucco, Scheggia, Sigillo, Fossato di Vico, sono zone percorse fin dall’antichità dai sentieri della transumanza, quindi con una lunga tradizione casearia. Qui è sopravvissuto l’uso di aromatizzare il latte cagliato con il tartufo nero, ed è stata recentemente riscoperta anche la tradizione medievale del pecorino di fossa, lasciato stagionare in una fossa scavata nel tufo, larga due metri e profonda più di sei. Un’usanza nata probabilmente dalla necessità di proteggere il formaggio dagli insetti e dalle razzie dei soldati e ripresa oggi da alcuni caseifici. ”L’infossatura” è un vero e proprio rito che si svolge in agosto. Le forme di pecorino, “lavate” con olio extravergine di oliva profumato di alloro, ginepro, timo, rosmarino e finocchio selvatico, vengono rinchiuse in sacchetti di tela e deposte nella fossa che è stata sterilizzata qualche giorno prima bruciandovi della paglia. Accatastate l’una sull’altra in mezzo a strati di paglia e foglie di noce, nel microclima che si crea all’interno della fossa sigillata con un coperchio, le forme di pecorino subiscono un particolare processo di fermentazione che elimina una buona percentuale del grasso e dona al formaggio una leggerezza e un gusto straordinari. A novembre, quando viene riaperta la fossa, il pecorino ha un aspetto irregolare dovuto al peso sostenuto per tre lunghi mesi, la crosta è praticamente assente e la pasta interna è morbidissima, con un gusto forte e aromatico.
A Montefalco, la cultura del vino ha contagiato anche il formaggio. Qui il pecorino ha la crosta liscia scura, la pasta morbida e un delizioso profumo di vino dovuto alla stagionatura in botti di rovere già usate per conservare il vino: un’usanza diffusa tra i pastori che sceglievano le forme di pecorino migliori, non troppo grandi, le avvolgevano in foglie di noce fresche e le conservavano in botti ben sigillate per impedire che entrasse l’aria. Le botti restavano a riposare in cantina dal giorno di S. Giovanni, 24 giugno, alla festa di S. Martino, 11 novembre, quando si toglieva il pecorino e si metteva al suo posto il vino.