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LETTERATURA. Dante dedica alla Luna molte terzine della Commedia: il secondo canto del Paradiso è una specie di trattato sulla luna con Beatrice che spiega : "...che son li bei bui di questo corpo, che là giuso in terra fan i Cain favoleggiar altrui..."
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Dante dedica alla Luna molte terzine della Commedia: il secondo canto del Paradiso è una specie di trattato sulla luna con Beatrice che spiega : "...che son li bei bui di questo corpo, che là giuso in terra fan i Cain favoleggiar altrui..." Petrarca è attratto dall'opportunità lirica e fa della luna metafora dei suoi stati d'animo malinconici e notturni: "Io aspetto tutto 'l dì la sera, che 'l sol si parta, e dia luogo alla luna." Manzoni inserisce un ingrediente paesaggio romantico: "Era il più bel chiaro di luna; l'ombra della chiesa, e più in fuori l'ombra lunga ed acuta del campanile, si stendeva bruna e spiccata sul piano erboso e lucente della piazza." Leopardi che dedica un'operetta morale al dialogo con la luna, in uno dei canti le chiede "Che fai tu,luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, contemplando i deserti;indi ti posi. Ancor non sei tu paga di riandare i sempiterni calli? Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga di mirar questi valli?" In "Il sabato nel villaggio" scrive "Già tutta l'aria imbruna, torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre giù dà colli e dà tetti, al biancheggiar della recente luna."
PARAFRASI ALLA LUNA O graziosa luna, mi ricordo che un anno fa io venivo a guardarti pieno d´angoscia sopra questo colle e ti affacciavi come fai adesso illuminando tutto. Ma il tuo volto mi appariva offuscato e tremante ai miei occhi in lacrime a causa della mia vita piena di dolore come lo è ora e non cambia mai! Eppure mi fa bene ricordare e raccontare il mio dolore. Oh come è gradito durante la gioventù, quando davanti c´é ancora tanta speranza e poca memoria del passato da ricordare anche se era triste e pieno di sofferenze che durano ancora adesso. O graziosa luna, io mi rammento Che, or volge l'anno, sovra questo colle Io venia pien d'angoscia a rimirarti: E tu pendevi allor su quella selva Siccome or fai, che tutta la rischiari. Ma nebuloso e tremulo dal pianto Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci Il tuo volto apparia, che travagliosa Era mia vita: ed è, né cangia stile, 0 mia diletta luna. E pur mi giova La ricordanza, e il noverar l'etate Del mio dolore. Oh come grato occorre Nel tempo giovanil, quando ancor lungo La speme e breve ha la memoria il corso, Il rimembrar delle passate cose, Ancor che triste, e che l'affanno duri! GiacomoLeopardi