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ISLAMISMO

ISLAMISMO. Il fondatore della religione è Maometto, che secondo i musulmani , è stato il più grande di tutti i profeti. Maometto nacque nel 570 d.C. a Mecca (Arabia saudita).

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ISLAMISMO

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Presentation Transcript


  1. ISLAMISMO

  2. Il fondatore della religione è Maometto, che secondo i musulmani, è stato il più grande di tutti i profeti. Maometto nacque nel 570 d.C. a Mecca (Arabia saudita). Un giorno, in una grotta sul monte Hira, dove spesso vi si recava a pregare, è detto che egli vide l’arcangelo Gabriele sotto forma umana che gli disse: "Oh Maometto, tu sei il messaggero di Allah, e io sono Gabriele". La missione affidatagli era quella di proclamare al suo popolo idolatra un puro monoteismo (religione fondata sull’esistenza di un solo Dio). Questo uomo affermò di aver ricevuto altre rivelazioni da Allah, che lo dichiaravano successore dei profeti, incluso Noé,Abramo, Mosé e Gesù. Maometto si impose con arroganza al popolo come l’ultimo messaggero che Allah mandava al mondo, proclamandosi da sé "il Profeta". L’opposizione dei pagani, ebrei e cristiani rese molta resistenza contro le sue affermazioni audaci; così dopo alcuni anni di persecuzioni da questi, il profeta cominciò a marciare in guerra contro questi "infedeli". Da li a poco Maometto costituì la sua giovane comunità avente uno stato teocratico e il popolo lo consacrò come successore di Mosé. Quando Maometto morì nel 632, dopo dieci anni fra lotte, guerre condotte con la predicazione o con armi alla mano, la maggior parte dell’Arabia centrale era stata già sottomessa all’islam, la nuova religione.

  3. Solo dopo la morte di questo "profeta arabo" , circa 180 anni dopo, i musulmani ebbero a loro disposizione ciò che loro chiamano il Corano (= recitazione) vale a dire un complesso di racconti su personaggi biblici e di altri, compreso una raccolta di insegnamenti dogmatici (= affermare rigidamente il proprio pensiero di conoscere una realtà che sia assoluta certezza e verità assoluta), legislativi e morali insieme. Il Corano entrò in discussione rifiutando i dogmi dei molti profeti nella Bibbia e di Gesù. Il modello da seguire dopo 180 anni dalla morte di Maometto, era stato dunque stabilito dai suoi seguaci e dai loro posteri, e questi li scrissero nel Corano attribuendo l’opera a Maometto per conferire un aura di credibilità ai musulmani. Purtroppo i musulmani erroneamente pensano ancora oggi che il Corano sia l’opera di Maometto e che sia stato pubblicato appena dopo la morte del loro profeta. Altri ancora, scontrandosi con i loro co-religionari, pensano che il Corano sia sceso direttamente dal cielo per mezzo di Gabriele.

  4. Sarebbe falso non ammettere che Maometto ha gettato le prime fondamenta dell’Islam ma è anche vero che è storicamente provato che il Corano è stato redatto umanamente. Alla sua morte, il profeta arabo non designò un successore in quanto morì improvvisamente e senza avere eredi maschi. Quindi nè lascio eredi nè lasciò il Corano. Così nacquero varie interpretazioni delle rivelazioni di Maometto. Successivamente le varie correnti ideologiche degli arabi cominciarono ad impastarsi contro quelle dei musulmani Iraniani che si ritenevano i legali successori. Sto parlando delle due sette principali: Sunniti e Sciiti. Oggi la rivalità accanita fra le due parti si perpetua; ad esempio abbiamo gli Sciiti (Iraniani) contro l’intera comunità islamica Sunnita nel mondo. Anche recentemente l’Arabia insieme ai Talebani (quest’ultimi dell’Afghanistan) è in conflitto contro gli Sciiti (senza dimenticare la storica guerra degli anni ‘80 Iran-Irak). Dopo la morte del profeta arabo, i seguaci continuarono a eseguire l’esempio di Maometto: i nemici di Allah dovevano essere schiacciati fino ad essere uccisi. Poi, Gerusalemme sarà conquistata nel 636 d.C. . A tutt’oggi l’islam è protesa per essere divulgata e fatta accettare dagli "infedeli" da parte dei suoi aderenti ad ogni costo (anche a quello della propria vita) in tutto il mondo tanto da divenire una delle più grandi religioni: la seconda appena dopo quella Cattolica Romana.

  5. Testi fondamentali a cui fanno riferimento i musulmani sono, in ordine di importanza:

  6. il Corano (letteralmente "Recitazione"), che è considerato dai musulmani espresso parola per parola da Dio (Allah). I musulmani ritengono che Maometto abbia ricevuto il Corano da Dio attraverso l'Arcangelo Gabriele, che glielo avrebbe rivelato in lingua araba.[11] È per questo che i fondamentali atti liturgici islamici sono recitati in tale idioma in tutto il mondo musulmano. Dopo la Rivelazione ricevuta da Maometto l'Islamismo crede, per dogma, che nessun altro profeta sarà più identificato da Dio fra gli uomini. Volendo fare un paragone con il Cristianesimo, il Corano, più che al Nuovo Testamento, è assimilabile al Cristo stesso, in quanto "Verbo di Dio". Secondo i fedeli, il Corano non venne messo immediatamente per iscritto: Maometto sarebbe stato analfabeta, secondo una "comoda" ma improbabile ipotesi[12] e lo avrebbe "letto" per grazia divina via via che l'Arcangelo Gabriele glielo srotolava attorno alla testa come una lunga fascia luminosa; lo memorizzò e lo recitò più volte ai suoi seguaci finché essi stessi non lo memorizzarono. Solo più tardi fu messo per iscritto e da allora il testo è immutabile. la Sunna (letteralmente "consuetudine") è una serie di detti e fatti di Maometto, basata su hadith (ḥadīth - tradizioni), tramandati da testimoni ritenuti sicuri. Essa è rintracciabile nei Sei libri (al-kutubal-sitta), i più importanti dei quali sono quelli di Bukhārī e di Muslim mentre gli altri furono composti da IbnMāja, al-Nasāʾī, al-Tirmidhī e Abū Dāwūdal-Sījistānī.

  7. il Vangelo (chiamatoInjīl); • i Salmi (chiamati al-Zabūr); • laTōrāh(chiamata Tawrā). Accanto alle sacre scritture, e da esse direttamente ispirata, v'è un'immensa letteratura prodotta nei secoli dalla comunità dei dottori appartenenti sia all'Islam sunnita sia a quello sciita: testi di fiqh (giurisprudenza), di kalām (teologia), di tasawwuf (mistica). Non è da trascurarsi infine che, soprattutto per quanto riguarda la mistica islamica o sufismo, molta pregevole letteratura è stata prodotta in versi da autori di espressione araba e persiana soprattutto, ma anche in turco, urdu ecc.

  8. Città sante: • Al-Kazimiyya • Gerusalemme • Kerbela • Medina • Najaf • Qayrawan • Qom • La Mecca

  9. La dottrina islamica comprende molteplici aspetti. Analizzeremo, di seguito, quei capisaldi che caratterizzano questo culto.

  10. La fede in Allah, unico creatore e giudice, guida, distruttore, restauratore, conservatore di tutto. In rapporto al genere umano è Misericordioso, Compassionevole… sono 99 i "bei nomi di Dio" che molti fedeli riportano a memoria; • La completa sottomissione del credente: il rapporto religioso è fondato su un sentimento di dipendenza e di nullità dell’uomo rispetto a Dio; • La credenza nel Paradiso, il delizioso premio che spetterà ai giusti, e la credenza nell’Inferno dove i peccatori piomberanno nel fuoco eterno. L’inferno è posto sotto il piedistallo del mondo ed è a forma di cratere: sopra di esso è sospeso un ponte strettissimo che le anime buone attraverseranno per andare in Paradiso mentre quelle dei peccatori cadranno nell’abisso; • La credenza negli angeli e nei demoni: i primi sono creature obbedienti e sottomesse ad Allah, guardiani del genere umano, che si occupano di trascrivere minuziosamente le azioni di ogni singolo uomo. Gli angeli più noti sono Gibrail, Mikail, Serafim e l’angelo della morte. I demoni invece sono presenze spirituali che interferiscono nella vita quotidiana dell’uomo, ma la loro forza è controbilanciata dall’angelo custode; i demoni sono sessuati; • La fede nell’immortalità dell’anima (Ruh, soffio vitale), che ha tre caratteri principali: comanda il male, rimprovera e biasima chi lo ha compiuto, e dona tranquillità; • La credenza nella risurrezione e nel giudizio finale; • La fede nei profeti: la serie dei profeti è iniziata con Adamo, prosegue attraverso Abramo (Ibrahim) e Mosè (Musa) fino a Gesù (Isa) e si chiude con Maometto (Mohammed), suggello dei profeti.

  11. La testimonianza: "non c’è Dio all’infuori di Dio e Maometto è il suo profeta" (shahada) costituisce il PRIMO dei cinque pilastri della fede e della ritualità islamica. Per il musulmano pronunciarlo significa ritrovare l’innata predisposizione dell’anima a riconoscere l’infinità divina ed il Suo rivelarsi nei mondi (nella prima sura coranica, è detto: "sia lode a Dio Signore dei mondi" il cui riferimento può significare sia altri mondi abitati sia tutti gli stati della Manifestazione) attraverso testimoni di Lui e da Lui illuminati (profeti) ed i Libri sacri. Il profeta dell’Islam infatti è tra le Guide, non l’unica, dell’umanità. Il Corano afferma che Dio ha dato ad ogni popolo il suo messaggero, e che se avesse voluto avrebbe unificato tutte le genti in una sola religione. Da qui la inerente dialogicità  interreligiosa e tolleranza del Corano ribadita in tre punti: "cristiani, ebrei, sabei e chiunque compia il bene e creda nel divino quegli avrà il suo paradiso e non sarà leso da nulla". Certo Dio non può essere descritto, la sua percezione è irrazionale, del cuore, è un sentirlo prima di un pensarlo per quanto la ragione attesti anch’essa la Sua esistenza . Si evita dunque di fare Dio "a propria immagine e somiglianza" come le religioni pagane o le ideologie, si pensi a certi modelli dell’idealismo, tendono a fare. L’idolatria è dunque un interporre qualcosa di creaturale o di immaginifico nell’adorazione di Lui. Tutto è nulla preso in sé ma ogni cosa in riferimento a Lui prende senso. I 99 nomi divini sono dunque dei mezzi per arrivare alla sua essenza. Il centesimo, segreto, secondo la tradizione mistica, dà il potere sulla vita e sulla morte, tipico dei profeti e maestri che hanno realizzato la Verità .

  12. C'è bisogno di preghiera(le cinque preghiere canoniche, “salat”) , SECONDO  pilastro obbligatorio, per aiutare a reindirizzare l’uomo al divino che sta sempre nel suo cuore ma da cui si è separato per via delle distrazioni terrene. Di fronte a Lui non c’è che da abbandonarsi completamente (come è appunto l’atto che assume la preghiera islamica: dicendo Allhaakbar: Dio è grande) poiché Egli è il Tutto, rivivendo l'esprimersi del Principio nella orizzontalità della manifestazione. Nessuno ha il principio della vita in sé, ogni cosa nasce per scomparire e noi siamo in questo flusso. Ma nel rimettersi completamente in Lui, come goccia che si ricongiunge all’Oceano si ritrova il legame originario che ridà dignità alla nostra vita e ci rifà scoprire la dignità di ogni vita. Qui è la completezza, qui nulla manca. Spesso la preghiera nasce condizionata dalla paura o dalla riflessione sulla morte. Tutto si lascerà, ricchezze, salute, affetti e nulla  si potrà portare dietro ma cosa importa se in noi c'è già l'infinito?Le preghiere si recitano all’alba, a mezzogiorno, a metà pomeriggio, al tramonto e quando cade la notte, scandendo così il ritmo dell’intera giornata. Sebbene sia preferibile pregare insieme in una moschea, un Musulmano può pregare quasi ovunque, nei campi, in ufficio, in fabbrica, all’università. Chi visita il mondo arabo rimane colpito dall’ importanza delle preghiere nella vita quotidiana delle persone. Se è vero che la recitazione di una preghiera di qualsiasi religione ha un effetto psicologico emotivo tranquillizzante (come pure la ripetizione formale e meccanica fatta nelle cerimonie offre un senso di identità di gruppo) è pur vero che il suo significato va ben oltre. Essa, quando nasce dal cuore diventa il mezzo privilegiato per accedere a quel senso intimo di rapporto col Tutto (armonia) e del divino che lo irrora nella sua Grazia (Barakha).

  13. L’elemosina legale obbligatoria o zakat , il TERZO pilastro, non   può essere ridotto solo al gesto burocratico nè ad un condizionato atteggiamento pietistico. Fondamentalmente risponde ad un senso civico adulto e responsabile. Poiché ognuno si trova a mancare di qualcosa od ad avere qualcosa in eccesso è armonico, naturale chiedere ed offrire. Tutto questo senza sentirsi condizionati da un dannoso automatismo pietistico: c'è da essere avveduti e consapevoli anche nel dare  e nel non dare se sta a cuore il bene di una persona o di qualsiasi cosa E quel che oggi si ha in eccesso può succedere che domani ci manchi, vuoi i soldi, la salute, il lavoro, l ’affetto, e viceversa quel che oggi manca può riversarsi in abbondanza. Ciò fa parte della vita. Ognuno ha il suo karma, direbbero i buddisti. Non è un diritto essere aiutati, nè si può pretendere che avendo aiutato si venga aiutati . Ma una società civile conosce la solidarietà e la riconoscenza, si mobilita durante le alluvioni, i terremoti, i disastri, aiuta chi realmente è impossibilitato a trovare i mezzi di sussistenza. Per questo esiste la zakat. La saggezza del vivere ci rende capaci di affrontare la privazione e a dare con naturalezza e discernimento nell’abbondanza (elemosina) sia materialmente sia in senso psicologico: vuoi come conforto, come elargire conoscenze ed esperienza a piene mani e dando si riceve, ricevendo si dà in un fluire e rifluire più vasto ed sottile di quanto si pensi.

  14. C'è chi sfrutta l'elemosina evitando di impegnarsi imbrogliando e speculando. Quindi la carità consapevole esige modi oculati e appropriati, liberi da coazioni di sentirsi importanti nell'aiutare il prossimo. Invece di far sopravvivere masse di poveri con una questa dubbia carità, più ragionevole è insegnar loro a procurarsi il cibo. Non il pesce ma la canna da pesca, insomma. Un gatto a cui si danno gli avanzi non caccia più i topi. La carità in questo senso è dannosa, mantiene male chi sta male e non lo induce a modificare il suo stato. Il Profeta ha detto: “Anche accogliere un tuo fratello con un sorriso è un gesto caritatevole”. “La Carità è un dovere per ogni Musulmano,” Gli fu chiesto: “E se una persona non possiede nulla?” Il Profeta rispose: “Dovrebbe lavorare con le proprie mani a proprio beneficio e poi dare qualcosa del suo guadagno in carità”. I Compagni gli chiesero: “E se costui non può lavorare?” Il Profeta disse: “Dovrebbe aiutare i poveri e i bisognosi.” I Compagni chiesero ancora: “E se non può fare nemmeno questo?” Il Profeta disse: “Dovrebbe spingere altri a fare il bene.” I Compagni dissero:”E se omette anche di fare questo?” Il Profeta disse:”Dovrebbe esimersi dal comportarsi scorrettamente. Anche questo è carità.”

  15. Ed il Ramadan, il QUARTO pilastro , è anche un’ottimo mezzo per conoscersi. Continuiamo inconsciamente tutto il giorno a soddisfare le richieste del corpo come se fossimo dei suoi servitori...adesso un caffè, poi la sigaretta, dopo un po’ una caramella... eccetera eccetera fino alla sera. Proviamo ad eliminare tutto questo: cibi e bevande (compreso un semplice sorso d’acqua), fumo e sesso  per le sole ore illuminate dal sole per un mese di fila. Ci si accorgerà di ingaggiare una dura lotta contro l'istintualità , si prenderà consapevolezza della dimensione corporea prima d'allora solo subita. Ogni anno, durante il mese di Ramadan, tutti i Musulmani digiunano dall’alba al tramonto, astenendosi da cibo, bevande e rapporti sessuali. Si apprende anche cosa significa privazione e sofferenza per cui si è in grado di compatire (che non significa pietismo ma "sentire cosa prova l’altro") chi vive situazione di disagio e di privazione ed essere per questo più consapevolmente generosi.

  16. Insomma il ramadan è anche un lavoro interiore che offre i mezzi per essere più liberi dalle pressioni inconsce, condizione indispensabile per trovare il raccoglimento spirituale. Alla fine della giornata  il musulmano consegna a Dio il frutto dei suoi sforzi.. Chi è malato o si trova in particolari situazioni di difficoltà è dispensato e può rimediare alle interruzioni successivamente. Insomma ci vuole adattamento, elasticità, buon senso e discriminazione anche nell’applicazione dei riti. Se tutto diventa un’abitudine meccanica, svuotata di senso per cui il solo bisogno che si prova è quello della coazione a ripetere l’atto, allora il rito è  un simulacro, talvolta  sintomo di una patologia psichica. Ecco che il rito è diventato fine a se stesso, che ha perso il suo valore, consapevolezza, grazia. Il buon musulmano quindi è vigile che il ramadan come gli altri riti siano mezzi utili e non si riducano a gesti stereotipi.

  17. Si arriva consapevolmente alla Sua Presenza come alla fine di un pellegrinaggio. Ed ecco il QUINTO ed ultimo  pilastro dell’Islam:  il pellegrinaggio alla Khaba alla Mecca. La Khaba è un cubo che contiene un meteorite che la tradizione vuole lasciato cadere dall’arcangelo Gabriele. E’ un simbolo quindi di un lascito celeste che l’uomo deve trovare nel Sé, nel Centro. E per far questo egli deve viaggiare in sé, conoscersi. Tutto ciò, inoltre, rappresenta, tra l’altro, un’opportunità unica di incontro tra individui di diverse nazionalità. I pellegrini indossano vesti speciali: indumenti semplici che cancellano ogni distinzione sociale e culturale, affinché tutti siano uguali davanti a Dio.

  18. Il rito che risale a Abramo, vuole che si compiano sette giri attorno alla Ka’ba e che si percorra sette volte il tragitto tra le alture di Safa e Marwa, come fece Hagar, moglie di Abramo, mentre era alla ricerca dell’acqua per suo figlio Ismaele. Poi i pellegrini si raccolgono nell’ampia spianata di Arafat e si uniscono in preghiera per impetrare il perdono divino. Nei secoli passati, compiere l’Hajj era un’impresa veramente ardua. Oggi, l’Arabia Saudita pone a disposizione una moderna rete di mezzi di trasporto, e attrezzature dotate di ogni confort. La fine del pellegrinaggio è segnata da una festività - Eid al-Adha - che si celebra con preghiere e scambio di doni. Questa ricorrenza, assieme a quella di Eid al-Fitr, giorno in cui si festeggia la fine del Ramadan, sono le due più importanti feste religiose del calendario Musulmano.

  19. I riti, le cerimonie, le forme religiose diventano col tempo una burocrazia che si alimenta di se stessa. Quanto era nato in modo creativo, dinamico e come mezzo d’evoluzione si irrigidisce, perde i contatti con il suo senso vitale e bada solo alla sua conservazione. Francesco d’Assisi criticò accesamente in vaticano quel formalismo che aveva seppellito il senso del Vangelo e per poco, per questo, ci lasciò la vita. E Gesù non ebbe come nemici proprio quegli scribi e sacerdoti "ipocriti” che avevano ridotto la religione a ritualismi formali ed esibizioni narcisistiche di gerarchia e dottrinalismo? Insomma ogni religione ripropone una realtà dinamica o statica che sta a noi scegliere, capire ed individuare. Ma il fine è Dio, tutto il resto diventa nobile quando è concepito come mezzo per arrivare a Lui.

  20. I SUFI I Sufi sono parte integrante della Storia delle religioni, nati al tempo del Profeta (s.A.'a.s.) che era il continuatore del messaggio di Gesù, Salomone, Davide, Mosé, Abramo, Noè, Idris (Ermete trismegisto), Adamo, ecc. La parola "Sufi" ha una triplice etimologia: 1) Gli "ahlus-Suffa" erano "quelli della veranda", i Compagni del Profeta (s.A.'a.s.) che avevano lasciato tutto pur di vivere quanto più vicino a lui. Risiedevano sotto una veranda fuori della casa di Aisha. Quando il Profeta (s.A.'a.s.) usciva erano i primi ad incontrarlo, quando riceveva un dono lo divideva con loro. Il Profeta (s.A.'a.s.) mostrò per loro i suoi poteri miracolosi facendo moltiplicare il contenuto di un bicchiere di latte che fu sufficiente per tutti.Vivevano senza possedere nulla ed in continui digiuni e devozioni. 2) "Suf" vuol dire lana. I Sufi dei primi secoli erano asceti che vivevano nei deserti vestiti di una lunga tunica di lana, loro unica proprietà, insieme al secchiello per l'acqua. Questa tunica era ovviamente logora e rattoppata. Queste toppe, cento come i nomi di Allah menzionati nel Corano, in epoca più tarda divennero colorate, fino a diventare il "costume" tipico del "Dervish" (poverello) del medioevo. 3) "Safa" vuol dire purezza: i Sufi sono i Puri. Per questo se chiedete a uno se é un Sufi, non sentirete mai dire di sì, perché chi lo é, per modestia non lo dice. “Il sufismo consiste nel non possedere nulla e non lasciarsi possedere da nulla.”( Sumnun ) “La via si perfeziona mediante la scienza e la pratica; i sufi sono uomini di esperienza non di parole” (Al Ghazali)  “Il sufismo sta nell'eliminare dalla mente quanto vi si trova: verità immaginarie, opinioni, condizionamenti; ed affrontare così tutto ciò che potrà accadere” (Abu Sa'idibn Abu alKhair )

  21. I Sufi affermano che: • Dio esiste sotto due aspetti: uno che è materiale e l’altro che è immateriale, l’uomo alla stessa maniera ha un corpo che rappresenta la materia e un’anima che rappresenta l’immateriale. Per questo insegnano come arrivare a nutrire l’anima che non si nutre degli stessi elementi del corpo. • fintanto che l’uomo continua a dare tanta importanza al corpo, non potrà mai sfuggire alle sofferenze e ai dispiaceri  espressi dalla vita. Per essere liberi bisogna voltare le spalle a tutto quello che è piacere. • Loro meditano sulla terra, l’acqua, il fuoco e l’aria che sono i 4 elementi della natura per scoprirne l’esistenza Divina. Se non capisci cosa dicono, potrai arrivare al punto di dire che raccontano delle pure menzogne, quando una delle loro regole è quella di dire sempre la verità, questo è dovuto al fatto che sono molto lontani dalla comprensione comune dei mortali. Questo vuol dire che sovente i sufi escono dal quadro della vita ordinaria per vivere in un’altra che non dividono con le persone comuni.

  22. Filosofia del passato. Anche la religione islamica, come quella ebraica e quella cristiana, è una religione del libro e il suo libro sacro è il Corano, nel quale sono raccolte le visioni e le rivelazioni divine che Maometto avrebbe ricevuto, tramite l'arcangelo Gabriele, a partire dal 612. Egli predica l'unità e l'onnipotenza di Dio, il cui nome è Allah, e l'Islam, ossia la sottomissione dei credenti e di tutti gli esseri alla volontà di Dio, in cui il credente trova la vera pace. Musulmani sono coloro che sono sottomessi alla volontà divina, ma tutti, nel giudizio finale, credenti e infedeli, riceveranno da Dio premi e castighi. La religione islamica permea con una serie di norme tutti gli aspetti della vita del musulmano, anche nel suo svolgimento quotidiano: la preghiera cinque volte al giorno, il digiuno nel mese del Ramadàn, l'obbligo dell'elemosina, il pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita, il divieto di bere alcolici e di mangiare carne di maiale, la liceità della poligamia e il ripudio della propria moglie.

  23. AL-KINDI Primo filosofo musulmano, riprende da Aristotele la tesi secondo cui vi sarebbe nell'anima umana un intelletto potenziale che, per passare all'atto richiede l'intervento di qualcosa che sia già in atto. Questo qualcosa già in atto è l'intelletto agente (o attivo), il quale conosce sempre in atto gli oggetti intelligibili, è distinto dall'anima ed è ad essa superiore. Tale intelletto è connesso alle sfere celesti incorruttibili e deriva direttamente da Dio. Al-Kindī sostiene che l'anima è una sostanza semplice e immateriale, collegata al mondo materiale solamente attraverso la facoltà di operare attraverso il corpo fisico. Per spiegare la natura della nostra esistenza su questa terra, ispirandosi a Epitteto, la paragona ad una nave che, durante un viaggio oceanico, ha temporaneamente messo ancora presso un'isola e consentito all'equipaggio di sbarcare. L'avviso implicito è che quei passeggeri che si trattengono troppo a lungo sull'isola possono essere lasciati indietro quando la nave riparte di nuovo, qui al-Kindī mostra un concetto stoico: non dobbiamo restare troppo attaccati alle cose materiali (rappresentate dall'isola), poiché ci saranno inevitabilmente sottratte (quando la nave riparte di nuovo).

  24. AL-RHAZI Egli vede la filosofia come autonomia totale della ragione, come sola via per la verità. L'aspetto più celebre della filosofia di Razi è l'ammissione di cinque principi eterni: Dio, la materia, lo spazio, il tempo e l'anima. Al-Rhazi parla sì di creazione, ma non di creazione ex nihilo; Dio è incapace di creare dal nulla. Anche quando parla di creatore, pensa in realtà ad un demiurgo che, sul modello di quello del Timeo di Platone, plasma una materia preesistente. Il Dio a cui al-Rhazi fa riferimento è dunque assai più simile al Demiurgo platonico che non al Dio del Corano. Al-Rhazi rifiutò ogni possibilità di compenetrazione fra fede e ragione, legge religiosa e filosofia.

  25. AL-ASHARI Dal suo punto di vista, ogni cosa è stata creata soltanto dal fiat divino: Dio è assolutamente onnipotente, non vi è nulla che non dipenda dal suo potere absolutum. Il bene e il male esistono soltanto per sua volontà. Dio mantiene il mondo al di sopra del nulla e lo anima con la sua efficacia: senza l’intervento divino, il mondo si disgregherebbe, poiché manca di una sua unità e di una sua continuità.

  26. AL-FARABI Al-Farabidistingue negli esseri finiti tra esistenza ed essenza. Egli però afferma che in Dio, essere necessario, essenza ed esistenza fanno tutt' uno; egli, dunque, esiste necessariamente ed é unico . Sarà pertanto Dio a conferire esistenza alle essenze : tutto dipende da Dio , anche se ciò non significa che Dio crei direttamente tutte le cose.

  27. AVICENNA Principio di questo filosofo è Dio, come essere necessario, da cui emanano in ordine gerarchico le Intelligenze e quindi gli esseri materiali. Dio non agisce che necessariamente e i suoi prodotti, essendo inferiori alla causa da cui emanano, si dispongono in una scala discendente. Conseguentemente non v'è un inizio temporale del mondo, perché Dio agisce dall'eternità e i suoi effetti gli sono contemporanei. La necessità così affermata del mondo come di Dio è tuttavia in essi differente: Dio è necessario in sé, gli enti creati in sé sono solo possibili, mentre divengono necessari solo a causa di Dio.

  28. AL-GAZALI Al-Gazaliafferma l' assoluta onnipotenza di Dio. La strada per arrivare a Dio é dunque indicata non dai filosofi, ma dai sufi . L'unica via di salvezza é data dalla fede religiosa, che ha il suo culmine nell' esperienza mistica. Il fine dell' uomo é pervenire all' unità divina, che é il sommo bene, non tanto tramite la conoscenza, quanto tramite la volontà e l' amore . A tale scopo occorrono il pentimento, la purificazione e la rinuncia al mondo per sentirsi sottomessi al volere di Dio.

  29. IBN TUFAYL IbnTufayl intende riconoscere una concordanza di fatto tra religione e filosofia: la ragione umana porta allo stesso punto a cui porta la religione rivelata, senza che sussistano conflitti tra le due. La via della ragione è quella filosofica del puro concetto; quella della religione rivelata è invece la versione diretta al popolo che non sa fare buon uso della ragione.

  30. IBN KHALDUN Ad ogni fase dell'evoluzione sociale corrisponde un tipo di comportamento religioso, dunque, la religione si inserisce in una situazione dove ha una funzione di ordine politico. IbnKhaldun considerava la religione senza pretendere di ritrovare nella storia qualche grande disegno di Dio o un piano misterioso di cui provare a decifrare il progetto costrittivo.

  31. AVERROE’ Nella sua ricerca teologica, Averroè rintracciò solo due argomentazioni salde e congruenti; mentre la prima riguardò la provvidenza, secondo la quale ogni oggetto dell'universo è al servizio dell'umanità e quindi Dio può essere identificato come un perfetto creatore; la seconda argomentazione si riferì alle invenzioni di tutti gli oggetti della natura e dell'universo, progettati, certamente non in modo casuale, e ovviamente da Dio.Per rinsaldare le prove dell'esistenza di Dio, Averroè spiegò la natura e gli attributi della divinità.

  32. SOHRAVARDI Al centro della sua riflessione vi sono le nozioni di luce e tenebra, che egli introduce come assi portanti di uno schema emanativo, che gli proviene in buona parte da Avicenna. Quello che i neoplatonici avevano chiamato Uno diventa in Sohravardi, la Luce della luce, proprio come il Corano (XXIV, 35) chiama Dio. La luce é pertanto l'elemento più importante per l' uomo. La luce propria dell'uomo é l'anima . Nella " Storia dell' esilio occidentale " , Sohravardi racconta in forma simbolica il viaggio che conduce l' anima umana a Dio .

  33. IBN TAYMIYA, TADQI AL-DIN IbnTaymiya  assegnava importanza fondamentale alla rivelazione quale unico mezzo affidabile per la vera conoscenza di Dio e dei doveri del fedele verso di Lui. L’intelletto umano ed il suo potere ragionativo devono essere sottomessi alla rivelazione. Quando si disserta attorno alla natura di Dio,sosteneva egli,bisogna attenersi a quanto scritto nel Corano e quanto insegnato nella sunna,ed attenersi alla visione ortodossa secondo cui non si deve chiedere come gli attributi particolari esistano in Dio. Vale a dire che un fedele deve credere in tutte le qualità che il Corano e la sunna  attribuiscono a Dio,senza interrogarsi circa la natura di essi, giacchè questi trascendono la capacità di comprensione della mente umana,che è anche inetta a comprendere l’Eternità di Dio.

  34. La condizione della donna La condizione della donna è una delle realtà dell’Islam che più sconcertano l’Occidente. Dal punto di vista religioso non sembrano esserci problemi; per la legge islamica la donna è ontologicamente uguale all’uomo, ha gli stessi doveri, non c’è per essa alcuna discriminazione nella vita eterna che l’attende dopo la morte. L'islam ha infatti sicuramente migliorato la condizione che la donna viveva nel diritto patriarcale degli arabi: Maometto chiese alle donne di assumere un attivo ruolo sociale, uscendo dalla segregazione e dall'isolamento, inoltre L'islam ha limitato la precedente poligamia a un massimo di 4 mogli, il Corano esclude che in una situazione del genere l'uomo possa essere del tutto imparziale, ma comunque esso pone come condizione che l'uomo riesca a mantenerle con decoro. I problemi cominciano quando dal campo religioso si passa a quello sociale. Stabilisce infatti il Corano: “agli uomini è data preminenza sulle donne, poiché Dio ha stabilito che gli uni prevalgano sulle altre e provvedano ai loro bisogni. Le donne virtuose sono quelle devote al loro Signore e sollecite, pure in segreto, della loro castità, così come vuole Dio. Se temete la loro infedeltà, dapprima ammonitele, non lasciatele sole nei loro letti, ed, infine, battetele. Ma se esse vi si sottometteranno allora non cercate altri pretesti per maltrattarle.”

  35. Questo significa, in pratica, che la donna, finché rimane in famiglia, è sottoposta all’autorità del padre e dopo, quando si sposa, passa sotto l’autorità del marito. Paradossalmente esclusa da questa tutela è la nubile non più giovane che può in tutto e per tutto gestirsi senza dipendere dall'altrui beneplacito. Naturalmente, nel mondo islamico, le donne non vivono una condizione di libertà uguale in tutti i Paesi, per cui per parlare dei diritti delle donne islamiche occorre fare delle distinzioni. In alcuni Stati esse hanno ormai ottenuto parecchi privilegi una volta destinati quasi esclusivamente agli uomini, ma negli Stati più tradizionalisti e in quelli che mirano alla reintroduzione a pieno titolo della sharīa, dove le norme del Corano sono interpretate ed applicate in maniera più rigida ed estrema, le donne non vivono una situazione egualitaria in termini di libertà, e sono considerate ad un livello inferiore rispetto all’uomo.Così, in virtù di questo precetto, le donne sono private persino dei fondamentali diritti umani e civili: non godono della libertà di spostamento, della libertà di espressione e di parola; non possono procedere negli studi né tanto meno fare carriera o ricoprire cariche o posizioni di responsabilità in campo civile o religioso.

  36. IL MATRIMONIO “Vi è proibito di prendere in moglie le vostre madri, le vostre figlie, le vostre sorelle, le nipoti, le vostre suocere […]” Vv 22 Sura delle donne La donna musulmana può, sul piano giuridico, scegliere il marito musulmano che vuole, ovvero ha il diritto al consenso nel matrimonio. Ma non sempre questo avviene nella realtà. Spesso i matrimoni vengono combinati dalle famiglie anche quando le bambine sono in tenera età. Le donne nella maggior parte dei casi non possono decidere il proprio destino né quello dei propri figli e sono totalmente sottomesse all'uomo, da cui possono venire ripudiate (e non viceversa). Sono eventualmente costrette a convivere con altre mogli scelte dall'uomo: la poligamia è lecita e prevista dal Corano per gli uomini. Secondo il Corano l'uomo può ripudiare la moglie e non v'è nessun accenno che la moglie possa farlo nei confronti del marito. Da notare inoltre che l'uomo musulmano, a differenza della donna, può sposare una donna cristiana o ebrea. In verità può farlo anche la donna, a condizione che l'uomo prometta di convertirsi all'islam.

  37. L’ADULTERIO E IL RIPUDIO “ Considerate colpevoli di adulterio le vostre donne solo se quattro di voi saranno in grado di attestarlo. Se così avviene, allora chiudetele in casa e lasciatecele sino a che non le coglierà la morte o Dio verrà in loro aiuto” Vv 15 sura delle Donne Purtroppo molto spesso questo non avviene, molto spesso basta la parola di un solo uomo per condannare la donna a pene terribili come la lapidazione. Secondo il Corano l'uomo può ripudiare la moglie in qualsiasi momento; la moglie può farlo in caso di maltrattamenti o indifferenza da parte del marito. Il ripudio è concesso agli uomini per due volte in seguito dovranno tenere la donna presso di loro oppure rispedirla alla famiglia. Alla donna ripudiata non è più permesso di ritornare dal marito se non dopo aver sposato un altro uomo ed essere stata da lui ripudiata.

  38. IL VELO “ O Inviato! Che le tue spose, le spose dei credenti e le tue figlie portino il velo e si avvolgano in ampie vesti. In tal modo esse si distingueranno dalle altre donne e ciò preserverà la loro virtù” vv 59 sura dei coalizzati Le donne sono obbligate a coprire il proprio corpo e spesso anche il viso. Il Corano prescrive, appunto, che le credenti abbassino gli sguardi e custodiscano le loro vergogne, non mostrino troppo le loro parti belle ad altri che agli uomini della famiglia e non battano i piedi sì da mostrare le loro parti nascoste. Questo,dice il Corano, per proteggere la virtù; in molti paesi soprattutto quelli con regimi totalitari il velo è ormai diventato simbolo ed elemento della sottomissione delle donne

  39. LA SITUAZIONE DELLE DONNE NEI VARI PAESI ISLAMICI Indubbiamente la donna ha un ruolo secondario nelle società arabo-islamiche e soprattutto nell’ambito pubblico, del potere politico ed economico, la sua presenza è minima, tranne alcune eccezioni (Benazir Bhutto in Pakistan, Tansu Ciller in Turchia, Hanan Hashrawi in Palestina…). Il tradizionale conservatorismo di quelle società era stato scalfito dopo l’indipendenza da alcune riforme (soprattutto in Egitto, nei paesi del Maghreb ed in Iran) di cui hanno beneficiato solamente le donne ricche ed istruite delle grandi città.Per le altre la situazione era cambiata poco ed è peggiorata col ritorno dell’integralismo negli ultimi vent’anni che ha imposto alla donna vecchi e nuovi vincoli; in alcuni paesi la guerra dei fondamentalisti per il potere è stata anche una guerra contro l’emancipazione delle donne (Algeria, Afghanistan, Egitto…), la possibilità a loro data di istruirsi e lavorare fuori casa, vestirsi liberamente ed avere una vita autonoma dalla tutela maschile.

  40. L’odierna condizione islamica assomiglia in parte a quella cristiana tradizionale ormai quasi scomparsa in Occidente e l’oppressione femminile viene vista spesso come una protezione del gentil sesso dai pericoli e dalle brutture del mondo da parte di familiari maschi premurosi e responsabili.Le stesse donne condividono in maggioranza questo punto di vista e guardano con stupore misto a sospetto alle maggiori libertà delle occidentali, anche se non possono fare attività ormai scontate in Europa ed America: votare, guida la macchina, testimoniare in tribunale, ereditare bene, divorziare, abortire.. Comunque si tratta di un mondo variegatissimo: Turchia e Tunisia sono molto avanti nella emancipazione femminile, tranne che nelle zone rurali, seguite da Marocco, Algeria e Libia e Senegal.Le donne stanno meglio in dittature laiche come Siria ed Iraq, che nei regimi ricchissimi, ma ultra-conservatori dell’Arabia Saudita e degli Stati petroliferi del Golfo. In paesi come Egitto, Giordania e Libano c’è un maggiore attivismo femminile dovuto alla maggiore diffusione dell’istruzione, alla presenza cristiana ed alle riforme del passato, ma la sfida fondamentalista ha già chiuso molti spazi di libertà nelle campagne e nelle periferie urbane.

  41. Negli altri paesi islamici in Africa (Mauritania, Sudan, Ciad..) la situazione è molto arretrata ed in Somalia pratiche come la circoncisione sono ancora estese; mentre in Asia in Pakistan, Afghanistan e Bangladesh le donne sono praticamente escluse dalla vita sociale, anche se alcune cose stanno cambiando in seguito alla caduta dei Talebani ed a alcune prime riforme ad Islamabad e Dacca. Sempre in Asia molto particolare la situazione dell’Iran dove una rigida legislazione sulle donne d’ispirazione religiosa contrasta con un fervido e massiccio contributo di quest’ultimo alla vita pubblica del paese: nel mondo del lavoro e dell’università ed anche in Parlamento le persiane non mancano, ma sempre dietro il velo, anche se spesso truccate. Per finire Malesia ed Indonesia hanno fatto progressi sulla via dell’emancipazione, ma il ritorno integralista ha colpito anche questi paesi soprattutto l’inquietante dottrina della Guerra Santa che afferma che la donna, mentre l’uomo la combatte con le armi, partecipa alla Jihad partorendo figli

  42. Lavoro svolto da: • Myriam De Donato – La storia dell’Islamismo • Doriana Saggese – La dottrina dell’Islamismo • Marialucia Ferraiolo – La filosofia dell’Islamismo • Giulia Citro – La condizione della donna nell’islamismo

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