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Corso di Sociologia industriale e post-industriale

Le vie di uscita dal taylorismo . . I contenuti della teoria di C. Barnard. Comportamento cooperativo dell'individuo.Organizzazione formale e informale.Modalit

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Corso di Sociologia industriale e post-industriale

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Presentation Transcript


    1. Corso di Sociologia industriale e post-industriale Seconda parte a cura del Prof. Renato Fontana Roma – a.a. 2006/07

    2. Le vie di uscita dal taylorismo

    3. I contenuti della teoria di C. Barnard Comportamento cooperativo dell’individuo. Organizzazione formale e informale. Modalitŕ di funzionamento dell’organizzazione. Ruolo esecutivo-manageriale del dirigente. Č una teoria del comportamento cooperativo all’interno di strutture organizzative di tipo formale e sistemiche.

    4. Il ruolo dell’individuo Tensione tra dimensione individualistica e dimensione associativa. Le proprietŕ dell’essere umano sono di natura fisica, biologica e sociale. L’azione individuale si fonda su: Fattori psicologici. Potere di scelta: Obiettivi (movente); Alternative disponibili.

    5. L’azione personale Č efficace se permette di raggiungere un dato scopo. Č efficiente se permette di soddisfare i moventi dell’individuo.

    6. Dal comportamento individuale all’azione cooperativa

    7. I tratti dell’azione cooperativa La cooperazione nasce dal rapporto tra gli scopi individuali e i limiti dell’azione individuale (fisici, biologici, psicologici, ambientali). Č il processo volto a raggiungere i fini e superare i limiti. Allo stesso tempo la cooperazione diviene il fattore limitante. L’azione cooperativa dipende dalla capacitŕ di progettare un’ottimale combinazione delle facoltŕ o capacitŕ individuali, ovvero di elaborare un adeguato schema di specializzazione e integrazione di sforzi e capacitŕ. Lo schema dell’azione cooperativa non č valido e stabile per sempre e in ogni condizione (instabilitŕ dell’ambiente).

    8. L’azione cooperativa come “Sistema” Il sistema cooperativo č un complesso di componenti fisiche, biologiche, personali e sociali che sono in una relazione matematica a causa della cooperazione di due o piů persone per almeno un fine definito.

    9. Le componenti del sistema cooperativo Organizzazione formale Organizzazione informale Incentivi Motivazione Efficacia ed efficienza Autoritŕ e ruolo del dirigente

    10. L’organizzazione “formale” del sistema cooperativo Sistema di attivitŕ o sforzi umani consapevolmente coordinati. Attivitŕ (pluralitŕ e specializzazione) Interdipendenza (coordinamento) Orientamento al fine (cooperazione) L’organizzazione formale č l’elemento capace di tenere insieme le singole parti del sistema stesso.

    11. L’organizzazione “informale” Č l’insieme dei contatti e delle interazioni personali, nonché dei relativi raggruppamenti di persone. I rapporti sociali rappresentano le risorse che accrescono il successo della cooperazione stessa. Il sistema cooperativo esercita un’influenza sul soggetto. Le relazioni informali non sono programmate (imprevedibilitŕ del sistema). Esiste un equilibrio tra personalitŕ organizzativa e personalitŕ individuale.

    12. Economia degli incentivi Incentivi specifici Materiali Opportunitŕ personali non materiali Condizioni fisiche Gratificazioni morali Associazione attraente Incentivi generali Adattamento delle condizioni a metodi e atteggiamenti abituali Opportunitŕ di una partecipazione estesa Condizioni di comunione

    13. Un’alternativa: ricorrere alla persuasione Creazione di condizioni coercitive Razionalizzazione delle opportunitŕ Inculcazione dei moventi

    14. Efficacia ed efficienza del sistema cooperativo L’efficacia del sistema cooperativo non si riferisce piů all’obiettivo del singolo individuo ma a quello del sistema nel suo complesso, che nella maggior parte dei casi si differenzia dagli specifici obiettivi individuali. L’efficienza consiste nella capacitŕ del sistema di soddisfare i moventi personali.

    15. Funzioni esecutivo-manageriali Sono finalizzate a mantenere in vita il sistema cooperativo. Esse si distinguono in: Attivitŕ volte a mantenere un sistema efficiente di comunicazione; Attivitŕ di promozione dell’approvvigionamento delle risorse necessarie per il funzionamento dell’organizzazione; Attivitŕ di definizione del fine dell’organizzazione.

    16. La centralitŕ della leadership Dimensione personale attraverso la quale far durare nel tempo la collaborazione nelle organizzazioni complesse. Č la capacitŕ di rendere coese e univocamente orientate le variabili umane verso l’obiettivo organizzativo. Essa non dipende esclusivamente dalla posizione di autoritŕ. La creativitŕ esprime il connotato tecnico della leadership, mutevole nel tempo. Essa č collegata al concetto di moralitŕ che “rende fidata e risoluta la condotta umana e prudente ed ideale il fine”. La moralitŕ non coincide con la responsabilitŕ. La leadership č funzione di una complessitŕ morale.

    17. Condizioni per l’efficacia dell’autoritŕ La persona verso la quale si esercita l’autoritŕ deve essere in grado di comprendere la comunicazione. Una comunicazione realizzata da una persona che risulti incoerente con il fine dell’organizzazione puň non essere accettata. La comunicazione non deve essere in contrasto con gli interessi di chi la riceve. Una persona rende una comunicazione autoritaria soltanto se č in grado di soddisfare quanto richiesto.

    18. L’importanza della zona di indifferenza La disponibilitŕ a considerare accettabili gli ordini. Essa č proporzionale a quanto l’individuo considera gli incentivi superiori ai sacrifici.

    19. Per sintetizzare: le componenti del modello barnardiano

    20. I motivazionalisti La scuola volontarista Superamento dei lavori privi di senso Tecnologia adattabile a tale scopo La scuola tecnologica Il disagio č legato alle condizioni di lavoro Il progresso tecnologico puň far superare i problemi del taylorismo eliminando i lavori peggiori

    21. I motivazionalisti A. Maslow I fini organizzativi si raggiungono soltanto se i singoli crescono personalmente Esiste una scala di bisogni da soddisfare: Fisiologici Sicurezza Sociali Status Autorealizzazione

    22. I motivazionalisti C. Argyris Passando dall’infanzia alla condizione adulta gli esseri umani acquisiscono una serie di capacitŕ positive che si contrappongono alla stato di infanzia Le fabbriche tayloriste impediscono lo sviluppo di tali capacitŕ adulte e fanno regredire la psiche ai livelli infantili La soluzione č la creazione di gruppi informali autogestiti e democratici 

    23. I motivazionalisti F. Herzberg La soddisfazione dipende da due classi di fattori: igienici e motivazionali I primi riducono l’insoddisfazione, ma solo i secondi generano soddisfazione Alcuni lavoratori cercano solo l’igiene, altri anche la motivazione del lavoro L’azienda deve cercare di soddisfare entrambi i bisogni, dando in premio compiti sempre piů impegnativi a chi cerca la motivazione

    24. Rensis Likert Il rendimento non sempre dipende dalla soddisfazione e il taylorismo ottiene buoni risultati nei lavori semplici Nei lavori “variati” bisogna pensare a nuovi stili di leadership L’organizzazione deve essere per piccoli gruppi di lavoro collegati da perni connettori

    25. Likert e i “perni connettori” Il capo ideale č colui che riesce a conciliare il rispetto dell’autonomia dei suoi dipendenti con continui e collaborativi scambi di idee; I gruppi di lavoro sono centrali in un’organizzazione; I gruppi sono collegati da perni connettori, ossia membri che appartengono contemporaneamente a gruppi sovrapposti gerarchicamente; La formula dei perni connettori consente il perseguimento della specializzazione dei gruppi e della loro contemporanea interconnessione (continuo scambio e influenza reciproca).

    26. Gli stili di leadership per Likert Autoritario-sfruttatorio Autoritario-benevolo (paternalistico) Consultivo Partecipativo di gruppo I modelli autoritari ottengono prima risultati, ma quelli partecipativi li conservano per piů tempo.

    27. La scuola tecnologica Gli autori che mettono al centro delle riflessioni la tecnologia storicizzano il taylorismo e ne contestano il valore di formula valida universalmente. A questa scuola appartengono Touraine, Piore & Sabel .

    28. L’evoluzione del lavoro secondo Touraine L’autore, studiando la fabbrica della Renault, scopre che esistono nello stabilimento tre diversi modi di lavorare, che rispecchiano altrettante fasi dello sviluppo tecnologico dello stabilimento Alle diverse fasi corrispondono tecnologie diverse, che determinano l’organizzazione del lavoro

    29. Fase A La FASE A (databile al 1920) č pre-tayloristica. Prevalgono le macchine polivalenti che vengono utilizzate da operai di mestiere organizzati in gruppi naturali sui quali la direzione evita di intervenire Il lavoro č fondamentalmente organizzato nel modo che Taylor deprecava

    30. Fase B Databile attorno al 1935, la fase B č spiccatamente tayloristica Le macchine diventano specializzate e il lavoro č parcellizzato La direzione deve costruire un enorme sistema di controllo, basato sui capisquadra-poliziotto, con scarse funzioni sociali Mentre l’attivitŕ si standardizza, paghe e livelli si moltiplicano

    31. Fase C Databile al 1948, la terza fase, ancora in nuce ai tempi dello studio, č caratterizzata dalle macchine transfert, che incorporano il semplice lavoro umano della fase B Gli operai diventano ora controllori delle macchine e devono sviluppare competenze tecniche anziché manuali e qualitŕ sociali I capi debbono tener conto del fattore umano e individuale e sviluppare abilitŕ relazionali

    32. Il contributo di Blauner Blauner svolge nel 1964 una storica ricerca su quattro settori dell’industria americana: Industria grafica Meccanica Tessile Chimica

    33. La metodologia Blauner vuole indagare i livelli di alienazione nei diversi settori Deve quindi trasformare un concetto filosofico-politico in variabili misurabili: Assenza di potere Assenza di significato Mancanza di integrazione nella comunitŕ industriale Autoestraniazione

    34. I risultati cui perviene Blauner Confermano che in diversi settori l’alienazione č differente: Quasi assente nelle imprese di grafica, ove prevalgono lavori professionali ricchi di significato Alta nel tessile, ma mitigata dalla forte integrazione sociale tipica dei piccoli centri Altissima nella meccanica, neanche mitigata dai salari piů elevati Bassa nel chimico grazie alla tecnologia e al lavoro in piccoli gruppi

    35. Le alternative storiche alla produzione di massa Piore, Sabel e Zeitling affermano che il fordismo non era inevitabile, ma fu una delle possibili scelte (a loro avviso sbagliata) L’alternativa era la specializzazione flessibile, che essi individuano nelle piccole imprese italiane e in quelle artigiane in Germania e, nell’800, in Francia Il modello di sviluppo suggerito č quello dei distretti industriali, giŕ analizzati da Marshall

    36. Le teorie del processo lavorativo Apre questo filone un libro del 1970 di H. Braverman, il quale sostiene che nel capitalismo il lavoro č destinato a una crescente dequalificazione E’pertanto inutile ogni tentativo di migliorare il lavoro, in quanto l’uso capitalistico della tecnologia comporta la distruzione dei saperi e dei mestier operai Le tesi di Braverman fecero molto discutere e trovarono molti contestatori anche di area marxista

    37. Il contributo di Burawoy Il capitalismo si regge sul prelievo del surplus Al capitale non interessa dividere o parcellizzare il lavoro, ma oscurare e assicurare il prelievo del surplus L’azienda moderna deve quindi ottenere il consenso dei lavoratori al prelievo del surplus, attenuando il senso di sfruttamento Per provare le sue tesi Burawoy lavora per un anno come operaio di fabbrica e sperimenta l’esistenza del making out, giŕ scoperto da Roy negli anni ‘40

    38. Burawoy La tecnologia ha molto cambiato l’azienda: Il salario č migliorato e i capi hanno minor potere Č nato un mercato interno del lavoro, che permette agli operai di migliorare la propria condizione di salariati e riduce il conflitto Esiste uno Stato interno che “amministra il conflitto”, relativamente autonomo dalle questioni economiche dell’impresa, alla cui gestione partecipano anche i sindacati in una sorta di nuovo making out Tutto ciň oscura i rapporti capitalistici di produzione

    39. I nuovi concetti di produzione: Kern & Schumann Nel 1970 i due studiosi avanzano la tesi della “polarizzazione” delle figure operaie: da una parte una massa di non qualificati, dall’altra gruppi che si riqualificano 15 anni dopo sostengono la fine dalla divisione del lavoro e del fordismo, ottenuta grazie alle tecnologie informatiche che riuniscono progettazione e produzione Tali tecnologie richiedono lavoratori sempre piů professionalizzati (i conduttori di sistema), ma al contempo escludono dalla fabbrica i meno qualificati e le mansioni obsolete

    40. La nascita del “modello” giapponese Nel Giappone nel dopoguerra le case automobilistiche devono riconvertire le produzioni militari in produzioni civili Alla Toyota i mezzi sono scarsi, lo spazio a disposizione č poco, i macchinari sono inadeguati La produzione di massa č quindi difficile da attuare Taichi Ohno, il direttore di produzione, sviluppa l’idea di produrre in piccole serie

    41. L’ambiente sociale aziendale Il Giappone degli anni ’50 ha varie peculiaritŕ: L’impiego č a vita e l’azienda č centrale nella vita delle persone Le differenze di status tra operai e impiegati sono minime Le promozioni avvengono per anzianitŕ aziendale I sindacati sono su base aziendale Tra l’operaio anziano e il giovane esiste un rapporto di padronaggio

    42. Le caratteristiche del modello I punti costitutivi della produzione snella sono: La centralitŕ del Just in Time (JIT) L’eliminazione degli sprechi (in giapponese: muda) Il coinvolgimento dei dipendenti al fine del miglioramento continuo dei processi (detto Kaizen) La comunicazione attraverso il Kanban Il coinvolgimento dei fornitori La ricerca della Qualitŕ Totale

    43. JIT La produzione JIT č l’opposto della produzione JIC (Just In Case) Nelle fabbriche tradizionali si ordinano grandi stock di parti e le si immettono in magazzino per poterle poi avviare alla produzione Nel JIT I magazzini scompaiono e i fornitori riforniscono direttamente la linea di produzione Ciň richiede una efficientissima organizzazione dell’azienda per coordinare i tempi

    44. Il coinvolgimento dei dipendenti Nel modello giapponese i dipendenti hanno varie “libertŕ”: Controllano la qualitŕ del lavoro che svolgono e possono “fermare” la linea di produzione Suggeriscono i miglioramenti del prodotto e del lavoro, lavorando in gruppo con gli ingegneri (il Kaizen come antitesi alla One Best Way di Taylor) Con il coordinamento orizzontale tra posti di lavoro riducono la necessitŕ di una pianificazione centrale

    45. La collaborazione con i fornitori Nel fordismo i fornitori concorrono sui prezzi delle parti standardizzate da fornire e cambiano frequentemente Nel toyotismo la concorrenza č sulla qualitŕ ed č indispensabile cooperare al fine di garantire la rapiditŕ di fornitura delle parti Non č infrequente che i fornitori aprano stabilimenti vicino alla fabbrica che riforniscono

    46.

    47. Il dibattito in Occidente La scoperta del modello Giapponese fa nascere un dibattito sulla sua applicabilitŕ in USA e Europa I termini del dibattito: Il toyotismo č un superamento del taylorismo o un “taylorismo pensato all’inverso?” Come ottenere la partecipazione operaia ? Il JIT non č un sistema troppo “fragile” alla protesta operaia? Oggi si č concordi sull’esistenza di una via Europea alla lean production, che assume perň forme diversificate da azienda ad azienda

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