1.51k likes | 1.66k Views
La Filosofia occidentale da Sant’Agostino a Giordano Bruno. Uno sguardo sui principali autori e sulle dottrine filosofiche, teologiche e scientifiche dal IV al XVI secolo. …heri dicebamus I.
E N D
La Filosofia occidentale da Sant’Agostino a Giordano Bruno Uno sguardo sui principali autori e sulle dottrine filosofiche, teologiche e scientifiche dal IV al XVI secolo
…heridicebamus I • Nello scorso Anno Accademico abbiamo insieme percorso un itinerario difficile e nello stesso tempo entusiasmante: abbiamo esplorato gli antichi Miti e accolto il lento protendersi della Ragione filosofica da quei Miti e Racconti. • Abbiamo ammirato l’acume scientifico dei primi sapienti che si facevano le domande fondamentali sull’uomo e sul mondo, e -come cuore del corso- abbiamo trattato i grandi filosofi greci, che si sono posti i quesiti fondamentali sulla Natura e sull’Uomo, sull’Essere, sul Bene, sul Vero, i famosi concetti trascendentali …
…heridicebamus II • Abbiamo insieme attraversato il lungo cammino della grande Filosofia antica del nostro Occidente, incontrando figure gigantesche come quelle di Eraclito, Parmenide, Socrate, Platone, Aristotele, Epicuro … • … avvicinandoci progressivamente al punto di cesura decisivo tra un prima e un poi, alla nascita di Gesù di Nazaret, detto il Cristo, che divide il tempo e la storia. • Abbiamo un poco sorvolato i primi quattro secoli, ma ecco che ora ci viene incontro un gigante, sant’Agostino (d’Ippona o da Tagaste), che però noi qui -in sede filosofica- chiameremo semplicemente Agostino.
Agostino: biografia I (354-430) • Aurelio Agostino nasce a Tagaste (una città dell’attuale Algeria non distante dal confine tunisino). • Studia a Tagaste, Madaura e Cartagine. A diciannove anni è riconosciuto eccellente retore, iniziando a fare il “professore” di grammatica e retorica latine. Conosce una donna a Cartagine (Floria Emilia, come suggerisce JosteinGaarder in Vita brevis?) e con lei ha un figlio, Adeodato (dato da Dio). • Parte per l’Italia e va a Roma nel 383 e poi a Milano, dove si compie il grande cambiamento, dopo l’incontro con il vescovo Ambrogio. A Cassiciaco fonda il primo gruppo di studio e meditazione sulla Scrittura con un gruppo di amici, tra i quali il suo biografo Possidio.
Agostino: biografia II • Nel 387 torna in Africa, dopo la morte della madre Monica. A Tagaste fonda un cenobio per studiare le Scritture, si trasferisce per un breve periodo a Cartagine e poi ad Ippona, dove è ordinato sacerdote. • Nel 395 è nominato vescovo di quella città, l’attuale Hannàba in Algeria. • Muore durante l’assedio di Ippona da parte dei Vandali di Genserico. • La considerazione e l’importanza di Agostino sarà immensa fino a oggi, sia in ambito cristiano sia extra.
Agostino: formazione • A diciannove anni Agostino è già considerato vireloquentissimusatquedoctissimus, in realtà essendo un ottimo retore e grammatico latino. • Uomo vivacissimo e inquieto conosce un cambiamento quando incontra la filosofia ciceroniana dell’Ortensio, opera perduta, che lo avvicina al pensiero greco-latino. • Lo colpisce come un dardo che dà una ferita inguaribile il problema del male, cui dedicherà molti sforzi di riflessione teologica e filosofica. Il male come dimensione generale della vita umana: metafisica, fisica e morale.
Agostino: manicheo! • Il tema del malegli fa credere alla veridicità della dottrina del sacerdote orientale Mani, che riteneva vi fossero due principi originari: quello del Bene e quello del Male perennemente in lotta. • Agostino approfondisce il tema acquisendo coscienza che il principio stesso del male è nell’uomo, nella sua possibilità di scelta, nella sua libertà. • Ecco che Agostino coglie nel primato della spiritualitàla chiave fondamentale di lettura dell’essere umano, ereditando la lezione platonica tramite la dottrina di Plotino.
Agostino: il dubbio e Dio • 1200 anni prima di Cartesio, Agostino indica, dubitando, la dottrina psicologica del soggetto, dell’uomo che fonda la sua stessa ragion d’essere sul dubbio, sulla riflessione intorno alla verità. • Il coglimento della verità, così come in Platone (con la reminiscenza) e Plotino (con l’illuminazione), dà ad Agostino la certezza che la verità si fondi sulla sua eternità trascendente, illuminata dal Verbo stesso di Dio, ratiosuperior: “(…) noli de te exire, in teipsumredi, quia in interiore homine habitat veritas(…)”.
Agostino: filosofia e religione • L’illuminazione divina è per Agostino l’inizio di ogni sapienza: tutto deriva da Dio, soprattutto la verità, che si può manifestare, sia nella sua veste religiosa della fede, sia nella sua veste intellettiva della ragione. • Con uno dei suoi aforismi, che spesso si configurano come ossimori, Agostino afferma che il cristianesimo è la vera filosofia: con ciò egli non intende dire che il cristiano debba rinunziare alla riflessione razionale, ma che questa è illuminata dalla fede nelle cose celesti che riguardano Dio e che sono state rivelate all’uomo dalla Scrittura e dalla Persona di Gesù Cristo.
Agostino: la sapienza vera • San Bonaventura da Bagnoregioavrebbe intitolato 900 anni dopo Agostino la sua opera maggiore: Itinerarium mentis in Deum, Itinerario della mente verso Dio: è la posizione agostiniana. • Tutte le discipline della scienza umana, per Agostino, debbono essere al servizio della ricerca di Dio, che nella sua essenza resta inaccessibile, ma a cui ci si può avvicinare se gli occhi della ragione si alleano alla visione di fede. • Nulla del mondo sfugge alla scienza divina e pertanto, trattando della scienza divina, si possono conoscere anche le cose del mondo.
Agostino: Dio-Trinità • Ma Dio, che “è colui che è” (ejeh asher ejeh, Esodo 3, 14), e anche l’ipsum esse subsistens, cioè l’essere stesso sussistente, vere esse enim semper eodem modo esse, il vero essere che è sempre nello stesso modo, impassibile ed immobile, ma che nel contempo contiene la dinamicità che è propria dell’anima umana, unica sua analogia accessibile all’uomo stesso. • L’anima, infatti, agisce sia come memoria, sia come intelligenza, sia come volontà, e pertanto Dio stesso può essere detto nella sua unica natura come mens, notitia et amor, Padre Figlio e Spirito. • Deus, per Agostino, non è solo il Padre, ma la Natura stessa di Dio vivente nelle tre Persone: e in questo il nostro grande padre latino si differenzia da molta teologia greco-alessandrina (Cirillo, in parte Origene stesso, Eutiche, etc.).
Agostino: la creazione, il tempo e l’anima I • Per Agostino Dio è l’essere, l’intelligenza e la volontà per sé sussistenti, uno e unitrino, atto d’essere atemporale. • La creazione è invece vestigium Dei, libero atto d’amore creativo. Ciò che è nel e del mondo deriva il suo essere e il suo esistere dalla libera volontà creatrice di Dio; tutto ciò che esiste o che può esistere secondo una ratioseminalisdi Dio stesso, da lui deriva e ha l’essere. • Ogni essere creato da Dio è limitato e finito: dall’Infinito e dall’Incondizionato di Dio deriva il finito e il condizionato delle creature, tra le quali l’uomo.
Agostino: la creazione, il tempo e l’anima II • Il tempo stesso è con-creato con le creature che stanno dentro al tempo (forse qui non siamo tanto distanti da alcune teorie astrofisiche contemporanee), e quindi il tempo ha un inizio e una fine, ma il tempo esiste solo in quanto presente,poiché il passato e il futuro non esistono più o non esistono ancora: pertanto, per Agostino si può dire che solo alla mente esiste un presente del passato come memoria e un presente del futuro come attesa e speranza. • È l’anima che percepisce il tempo come durata, comprendendo confusamente che questa durata è dentro l’atemporalità dell’eterno, cioè di Dio.
Agostino: il male e la libertà • Per Agostino il male esiste, ma il male non ha l’essere, essendo l’essere solo di Dio, perché il male è una mancanza, una privazione (defectioboni, mancanza di bene) e l’uomo lo può declinare in tre modi: • - male metafisico: defectioboni, cioè non-essere. • - male fisico: cui l’uomo si deve adattare cercando i rimedi della ragione naturale, • - male morale: esso deriva dall’esercizio del libero arbitrio che però per Agostino è limitato, e vedremo più avanti questo difficile tema.
Agostino: la grazia e la libertà nell’uomo I • L’occasione per trattare il tema in tutta la sua profondità per Agostino è la cosiddetta “polemica antipelagiana”, dal nome di un monaco irlandese che aveva una visione antropologica e teologica molto diversa dal maestro numida. • Pelagio riteneva che l’uomo stesso con le sue opere avrebbe deciso della propria salvezza, mentre Agostino era più propenso alla centralità della Grazia divina, che ogni anima credente deve umilmente chiedere a Dio per la propria salvezza. • Il rapporto tra grazia e opere risale a san Paolo (Lettera ai Romani) di cui Agostino era attento interprete: il tema è quello della debolezza umana e dell’umiltà che Agostino predica come virtù somma, e quindi dell’affidamento a Dio.
Agostino: la grazia e la libertà nell’uomo II • Grazia e Libertà sono i temi che resteranno nella discussione teologico-morale fino a Lutero e ai nostri giorni. • Agostino, fondamentalmente pessimista sulla natura umana, ritiene che solo la fede nell’imperscrutabile e libera volontà di Dio possa trovarsi la salvezza, non data (o non solo) per atto di giustizia e riparazione, ma gratia gratis data, per infinità bontà del Creatore stesso. • Per Agostino, solo il sacrificio sulla croce di Gesù Cristo ha potuto dare soddisfazione all’infinita offesa inferta a Dio dall’uomo che gli ha preferito nel tempo i beni finiti piuttosto che Lui stesso. L’unico sacrificio di espiazione e soddisfazione degno dell’infinità divina.
Agostino: le “due città” e la storia • Nella vita dell’uomo, nella storia umana vi è una continua tensione, fra la “città dell’uomo” (civitas terrena) che egli ha costruito nella storia (civiltà, regni, battaglie, conquiste, sconfitte, etc.) e la “città di Dio” (Civitas Dei), preparata per l’uomo, ma che attende dall’uomo una sua disposizione spirituale ad accedervi. • Nella grande opera omonima Agostino traccia una specie di teologia della storia o teodicea, per rappresentare la possibilità che nella Chiesa universale di Cristo, cioè nella “chiamata di tutti i popoli e genti di ogni tempo e luogo” si possa realizzare alla fine la ricongiunzione e la riconciliazione tra “le due città” (mundusreconciliatus), nella vita eterna.
L’eredità di Agostino • Non è facile dire qui quale e quanta sia l’eredità di Agostino nel tempo, e nel nostro tempo in particolare. • Se lo si considera come pensatore cristiano, si tratta indubbiamente del più grande Padre latino della Chiesa; se lo si considera come filosofo, si tratta forse del maggior pensatore neo-platonico, ma caratterizzato da una personalità così autonoma e particolare che la dizione “pensatore neo-platonico” sembra molto riduttiva. • Se infine lo si considera come “pensatore” tout court, si tratta della figura iniziale e forse più importante della cultura occidentale ai suoi primordi, e dell’autore di una sintesi insuperata tra cultura greco-latina e cultura biblica, fonti immortali per tutti e per ciascuno di noi. • La sua eredità odierna, peraltro ripresa in molti autori contemporanei e nella ricerca antropologica (Husserl, Jung, etc.), nonché dal papa Benedetto XVI, è fortemente attuale e meritevole di grande attenzione, per la perspicacia profondissima delle sue riflessioni sulla struttura naturale (psicologia) dell’uomo e sul suo rapporto con la trascendenza.
Agostino: le opere principali e alcuni studi • Opere di Sant’Agostino: De Civitate Dei, De Trinitate, Confessiones, De DoctrinaChristiana, De libero arbitrio, Soliloquia, Commentarium ad Johannem, Expositio super Psalmos, De immortalitateanimae, Litteras, Contra accademicos, etc. edizione latino-italiana, diretta da A. Trapè, cura di vari, ed. Città Nuova, Roma 1965 e sgg., e sul web in www.augustinus.it • Opere politiche, ne Il pensiero politico cristiano, vol II, a cura di G. Barbero, Utet, Torino 1965 • La vita di sant’Agostino, scritta da Possidio, trad. it. A cura di M. Pellegrino, “Verbaseniorum”, 4, Alba 1955 • M. Pellegrino, Le “Confessioni” di Sant’Agostino, Studium, Roma 1956 • A. Pincherle, Sant’Agostino, Laterza, Bari 1939 • H. Marrou, Sant’Agostino, Mondadori, Milano 1965 • P. Brown, Agostino, Einaudi, Torino 1971
ProcloI (412-485) • L’impero romano d’Occidente, con la morte di Agostino si avviava al declino. In Oriente brillava ancora la luce della filosofia neo-platonica, di cui Proclo fu sommo esponente. • Nato a Costantinopoli, studio ad Alessandria e ad Atene con insigni maestri della tradizione platonica così come la portarono avanti Plotino e Porfirio, Olimpiodoro, Plutarco e Siriano. • Da Plotino, Proclo prese alcuni principi fondamentali: - la provenienza di tutti gli esseri dall’Uno,
ProcloII • l’Uno è oltre l’essere delle cose, • L’Uno è oltre il tutto, oltre ogni distinzione di generi e specie, • L’Uno è inconoscibile e ineffabile, • dell’Uno non può dirsi e predicarsi alcunché, poiché ogni predicazione porta limitazione … Dell’Uno, quindi, si può dire solo mediante negazioni: l’Unonon è … non è … non è, applicando una teoria riflessiva del silenzio, detta apofatica.
ProcloIII • Dall’Uno tutto procede in modo triadico, perché l’Uno permane in sé, pur generando ciò che appare all’essere, il molteplice fuori di sé, ma che deve ritornare all’Uno per i suoi limiti. • La processione avviene secondo una certa scalarità per cui ogni essere deriva dal superiore e produce l’inferiore in un rapporto di causalità e partecipazione (sembra il contrario dell’evoluzione darwiniana!), ma il tutto è per poi essere ricongiunto all’Uno, in un sommo atto di intuizione estatica, che supera ogni discorso (diànoia) e ogni intellezione umana (nòesis).
La chiusura delle scuole filosofiche • Nel 529 l’imperatore Giustiniano ordinò la chiusura di tutte le scuole filosofiche di Atene. Per l’impero esse sostenevano dottrine incompatibili con quelle cristiana, che era diventata, con Teodosio I, religioprincipiset imperii. • In ogni caso la tradizione filosofica classica, soprattutto quella platonica, sopravvisse e si innestò comunque nel filone filosofico-religioso cristiano. • Un’opera fondamentale di quest temperie fu la raccolta denominata corpus dyonisianum, di autore ignoto, ma solitamente attribuita a un Dionigi l’Areopagita.
Il corpus dionysianum • È composto da quattro trattati di enorme importanza teologico-filosofica: • De coelestihierarchia, • De ecclesiaticahierarchia, • De divinis nominibus, • De mysticatheologia. • L’ispirazione di questi testi è senz’altro platonico-plotiniana, ponendo il tema dell’Uno come fonte di ogni essere, di cui si può dire solo negando ogni possibilità di definizione, essendo possibile solo l’illuminazione della manifestazione dell’Uno (teofania) che esprime il molteplice delle cose del mondo e dell’uomo stesso.
Da sant’Agostino a Boezio • In Occidente la teologia e la filosofia agostiniana si diffonde sempre di più e viene raccolta nel VI secolo in particolare da Severino Boezio. • Amico e consigliere di re Teodorico, cadde in disgrazia per un supposto accordo con il basileus di Costantinopoli e fu imprigionato. In carcere scrisse la grande opera De consolationephilosophiae, che segna l’inizio della riflessione filosofica alto-medievale. • Boezio si occupò anche dei testi aristotelici traducendo l’Organon, cioè le Categorie, il De interpretatione, gli Analitici primi e secondi e i Topici. Spiegare la Logica e la Metafisicaplatonico-aristotelica furono la sua missione filosofica più ambiziosa, che gli riuscì solo in parte.
Severino Boezio (480-526) • Nel De consolationephilosophiaeBoezio invita alla contemplazione di Dio in questa vita nel mondo, che è come un inserto nell’eternità (interminabilis vitae totasimuletperfectapossessio). • Straordinaria e insuperabile è la sua definizione antropologica dell’uomo: “persona est rationalisnaturae individua substantia”, la persona è una sostanza individuale di natura intellettuale.
Dalla rinascita carolingia al XII sec. • A volte si sente parlare di “secoli bui” con riferimento a quel periodo che gli storici, nell’arbitraria classificazione a posteriori, chiamano “Medioevo”. Vi è da chiedersi “Medioevo” rispetto a chi, a cosa? Certamente rispetto agli studiosi degli ultimi duecento anni, che si sentono in grado quasi di dominare il passato … e alcuni aggiungono “secoli bui”. • Ma “bui” perché? Se il Medioevo ha avuto pensatori come Boezio, come Abelardo, come Anselmo, come Tommaso, come Bonaventura?
I secoli VII-XII • Forse si possono individuare due linee di pensiero nella christianitas medievale, quella degli “agostinisti” intrisi di pessimismo antropologico, come Pier Damiani e san Bernardo, e altri pensatori più fiduciosi nella ragione umana e nella possibilità autoredentiva dell’uomo, come Abelardo, i Vittorini e i filosofi della scuola di Chartres. • In questi secoli, comunque, il minimo comun denominatore è quello teologico, per cui la filosofia occidentale è del tutto assorbita nella riflessione teologica, come stiamo constatando.
Giovanni Scoto Eriugena (810-877) • Dotto e pensatore ardito del IX secolo, agostiniano nella struttura del pensiero, Giovanni Scoto Eriugenanon fu considerato molto ortodosso dalla Chiesa, perché considerava la ragione come ausilio indispensabile della fede: fede e ragione non potevano essere disgiunte nella vita spirituale dell’uomo. • Egli sosteneva che “senza la ragione la fede è lenta, ma senza la fede la ragione è vuota”. Ben si capisce come ci si stia muovendo verso altri lidi intellettuali, che troveranno un paio di secoli dopo emuli straordinari come Anselmo d’Aosta e Abelardo, sia pure su fronti diversi. • Per Giovanni Scoto Eriugena ”Dio è creatura increata creante e il mondo naturale è natura creata creante“ (evoluzionismo in nuce).
Il problema degli universali • La domanda derivava dalla tradizione aristotelica così come l’aveva trasmessa Porfirio (nell’Isagoge): le idee universali che abbiamo delle cose corrispondono alle cose stesse come concrete e reali? Il dibattito fu accanito tra tesi estreme: tra il realismo (cf. Gerberto d’Aurillac) che sosteneva come le idee universali fossero realtà in sé, e il nominalismo (cf. Roscellino di Compiegne, aristotelico, maestro di Abelardo) che sosteneva l’opposto, che cioè le idee sono solo i nomi che diamo alle cose. Berengario di Tourspropose invece la tesi intermedia della dialettica tra i nomi/idee e le cose stesse. • Intanto nella Chiesa reagivano personaggi come Pier Damiani che trovava inaccettabile inquadrare le realtà del mondo in concetti logici che pretendessero di comprendere l’infinità di Dio-Creatore.
La “Scuola di Chartres” • Il XII secolo vide uno straordinario risveglio spirituale, scambi tra mondi diversi (anche per le Crociate); fu allora che fiorirono diverse scuole teologico-filosofiche, come quella di Chartres. • Alcuni nomi: Adelardo di Bath, che conobbe Euclide tramite gli arabi; Bernardoe Thierry di Chartres, Gilberto Porrettano, Guglielmo di Conches, Alano di Lilla … • Questi autori sostenevano che la scienza nutrita dalla ragione non è che la spiegazione con linguaggio umano del linguaggio divino, che altrimenti resterebbe incomprensibile all’uomo.
Pietro Abelardo (1079-1142) • Troppo nota è la sua storia dolorosa e intensa con Eloisa, perché ivi ci soffermiamo. Qui parliamo della sottolineatura potente della ragione, che Abelardo, forse con forza maggiore di altri, sostenne al prezzo di scontri ed esili. • Per Abelardo la logica della ragione era precisazione di termini, liberazione da oscurità incomprensibili, chiarezza. • … ma diceva: “Io non voglio essere filosofo contraddicendo san Paolo; né voglio esser un Aristotele per separami da Cristo”.
San Bernardo di Chiaravalle (1091-1159) • Fu l’avversario per eccellenza di Abelardo. Ma Bernardo faceva parte di un contesto monastico che si opponeva a quella che veniva ritenuta un’eccessiva sottolineatura della ragione a scapito della fede in Dio. • In un certo senso troviamo su fronti opposti Reims, Laon, Parigi e Chartres, da un lato e Citeux, Clairvaux e Signy dall’altro, le città mercantili e universitarie vs. i monasteri benedettini nelle varie congregazioni nascenti (Cistercensi, etc.). • Per Bernardo in Abelardo c’è l’usurpazione totale del ruolo della fede da parte della ragione, poiché l’uomo non può “levarsi superbamente faccia a faccia con Dio in un’intuizione solamente intellettuale”…
I “Vittorini” • Se san Bernardo tendeva a privilegiare la fede per amore di Dio sul sapere razionale, come in un perenne moto dialettico, nell’Abbazia parigina di San Vittore, si cercò di conciliare fede e ragione. • I due maggiori rappresentanti di tale tendenza furono Ugo, sassone e Riccardo, scozzese. • Da loro pervenne la sintesi che meglio rappresenta la collaborazione e quasi la fusione di ragione e fede, di mente e cuore, il progresso spirituale rappresentato dai tre momenti: cogitatio, meditatio, contemplatio, cioèigradi che innalzano le creature al Creatore. Riccardo addirittura parla di: dilatatio mentis, sublevatio mentis e infine di alienatio mentis.
Anselmo d’Aosta I (1033-1109) • Nato a Pavia, Anselmo fu monaco a Bec in Normandia, e poi consacrato vescovo di Canterbury; non ebbe vita facile con i potenti del tempo (re Guglielmo II). • Scrisse alcune opere che furono fondamentali per la ricerca filosofica e teologica successiva: Monologion, Proslogion, De Veritate, De libertate arbitrii, Cur Deus homo, etc.. • Il suo attributo di “padre della Scolastica” deriva dal fatto che per primo concepì la possibilità di una teologia come scienza.
Anselmo d’Aosta II • Fidesquaerensintellectum, era il suo motto, cioè un atteggiamento di apertura alla potenzialità conoscitiva della ragione, ma illuminata dalla fede: non solo ratio e non solo auctoritas, dunque. Vi è per Anselmo una ratiofidei, cioè una possibilità di sviluppare la conoscenza tramite l’affidamento alla fede, che non riduce la ragione, bensì la rinforza. • Ciò è possibile perché la ragione umana stessa è parte, se pure sbiadita e indebolita, della Ragione divina, che governa tutte le cose. • È la debolezza della ragione umana che dice perché essa stessa debba operare indefinitamente senza la pretesa di comprendere totalmente quella divina. • Ragione e fede sono dunque per Anselmo due momenti di un unico processo conoscitivo, che cresce in funzione del’armonia che l’anima umana riesce e dar loro.
Anselmo d’Aosta III • Anselmo si impegnò a riflettere sull’esistenza di Dio in modo originale, sia rispetto ai predecessori, sia rispetto ai pensatori successivi, come san Tommaso d’Aquino. • Se vi sono, dice Anselmo, cose buone che conosciamo, non vi può essere che un SummumBonumche tutte le ricomprende e riassume, come Bene in sé. • SummeBonumè anche Summe Magnum, e infine Esse Summum Omnium. • Questo Essere è dunque Id quo magiscogitarinequit, Ciò di cui non si può pensare nulla di più grande, l’EssereAssoluto, cioè Dio stesso.
Anselmo d’Aosta IV • La cosiddetta “prova ontologica” dell’esistenza di Dio suscitò non poche perplessità successive. • Sostenitori della prova ontologica anselmiana nella storia della filosofia furono san Bonaventura, Leibniz e Hegel: per costoro l’essein mente coincide con l’esse in re. La realtà corrisponde alla razionalità. • Altri, da Gaunilone di Tours(monaco benedettino), a san Tommaso d’Aquino a Kant, tale ragione-motivazione non si reggeva sul piano razionale, perché non sarebbe possibile un passaggio dall’ordine logico all’ordine ontologico, così tout court.
Il XIII secolo • Secolo fondamentale, è il periodo di Tommaso e Bonaventura, il secolo della grande filosofia e teologia “scolastica”. • La grande novità culturale è costituita dalla scoperta dell’opera integrale di Aristotele, di fisica, metafisica, politica e morale. • Fonti importanti della riscoperta aristotelica furono gli arabi Avicenna e Averroè. • … ma fu Tommaso d’Aquino a tentare di utilizzare la ragione aristotelica nella teologia e filosofia cristiane. • I due ordini mendicanti fondati al tempo, rispettivamente da Francesco d’Assisi e Domenico Guzman, i francescani e i domenicani si riferirono alla tradizione agostiniana, più platonica, e a quella aristotelica, mediante Tommaso.
Le filosofie araba ed ebraica • Le relazioni tra la filosofia araba e quella cristiana sono indubbie: infatti furono i cristiani di Siria (cf. Scuola di sant’Efremil Siro di Nisibis di Edessa) a tradurre in arabo le opere di Aristotele e degli altri antichi filosofi (Platone). Non a caso l’imperatore Zenone la chiuse per il suo “nestorianesimo” (visione teologica che considerava solo la natura umana di Gesù Cristo). • Le tendenze filosofiche arabe, in qualche modo influenzate, oltreché dalle dottrine islamiche, dalle opere della classicità filosofica greco-antica si possono dividere in orientali e occidentali.
Alfarabi (sufita) e Avicenna • Alfarabi di Bagdad (950 ca) era un platonico-aristotelico classico, accettando egli dai due grandi greci anche la divisione dei saperi, a partire dalla teologia o metafisica, secondo la quale Dio stesso muove tutto (primo motore non mobile). L’intelletto umano, invece, procede da Dio stesso per illuminazione. • Avicenna (IbnSina, 980-1037) fu il massimo filosofo musulmano orientale. Persiano di nascita scrisse la sua opera maggiore in arabo (Sufficientiae, cioè aš-Šifa), nella quale comprese logica, fisica, matematica, scienze naturali, psicologia e metafisica.
Avicenna I • Avicenna divise i temi in: logica, propedeutica alla filosofia, filosofia speculativa (fisica, matematica e teologia) e filosofia pratica (etica, economia e politica), e la teologia in prima (quella di derivazione greca) e seconda (di derivazione islamica). • La sua gnoseologia è aristotelica, ma anche platonica (e potremmo dire quasi agostiniana e pre-cartesiana), perché ammette la possibilità della coscienza di sé anche prescindendo dall’esperienza. • Per lui tutti gli esseri sono necessari anche se, in sé, contingenti: io nasco per decisone altrui, e quindi sono necessitato a nascere, ma poi muoio, e dunque la mia è una struttura ontologica contingente.
Avicenna II • La serie delle cause non è però infinita, cosicché si deve giungere ad una causa-incausata, a un essere necessario e non contingente. • In questa prospettiva Avicenna è aristotelico, attribuendo solo all’esserenecessario l’essenzain sé e per sé, e all’esserecontingente l’essenza per analogia. • Egli segue Aristotele anche nella teoria della potenza e dell’atto, come principio di mutamento in altro in quanto altro, distinguendo tra potenza attiva (agente) e passiva nel paziente: ciò si manifesta dalla potenza pura, materia prima fino all’atto puro, l’essere necessario.
Avicenna III • Solo Dio è l’Esserenecessario, che crea incessantemente, Egli è il Bene assoluto, agente dall’eternità mediante una Intelligenza prima, che possiede essenza ed esistenza, e altre dieci Intelligenze in grado di colmare tutte le gradazioni dell’essere che le separa dall’Uno, da Dio stesso. • La Decima Intelligenza è quella che dà la forma corporeitatis a tutti gli esseri che esistono come emanazioni, a partire dall’intelletto umano.
Algazali I (1058-1111) • Algazali fu un pensatore, potremmo dire, ortodosso dell’Islam, poiché si oppose sia ad Alfarabi sia ad Avicenna. Era soprattutto un teologo, e quindi legato a una visione del mondo e del rapporto con Dio di tipo fideistico. La sua Destructiophilosophorumprovocò più tardi la reazione di Averroè con la Destructiodestructionisphilosophorum. • Per Algazaliil mondo è stato creato da Dio dal nulla, per cui il succedersi degli eventi è dovuto solamente all’onnipotenza di Dio stesso.
Algazali II • Filosofo (suo malgrado in qualche modo), teologo e sufi, fu uno scrittore mistico e spirituale. • Da Bagdad, dove studiava e insegnava, si portò in Siria per condurre una vita ascetica e contemplativa, condividendola a volte con dei discepoli. • Il suo ritiro e scuola sufisticafu a Tus, e la sua ricerca fu essenzialmente mistica: potremmo pensarlo come un emulo dei Padri del deserto della tradizione cristiana dei primi quattro secoli dopo Cristo.
Averroè I (1126-1196) • Averroèo IbnRušd, studiò a Cordoba teologia, giurisprudenza, medicina, matematica e filosofia. • Dedicò la sua vita di studio a commentare essenzialmente i testi aristotelici, dividendoli in tre parti: a) i commentari minori, dove le sue tesi si mescolano a quelle del maestro di Stagira, b) i commentari maggiori dove si distingue meglio il suo pensiero, c) i piccoli commenti, destinati ad allievi e studenti.
Averroè II • Per Averroè Dio estrae le forme delle cose materiali dalla potenza della materia pura, e quindi propone una creazione, una generazione di ogni cosa determinata. • Circa l’anima spirituale, o intelletto agente, Averroè non ammette la sopravvivenza individuale al corpo, ma il ricongiungimento all’Intelletto agente universale, tesi questa combattuta da Tommaso d’Aquino. • Il più importante contributo di Averroè lo troviamo probabilmente nel suo studio del rapporto tra teologia e filosofia.
Averroè III • Egli teorizzò una sorta di “doppia verità” delle cose, che la filosofia e la teologia comprendono diversamente: a) la filosofia con il suo metodico procedere logico e scientifico, b) la teologia con la metafore e il sapere allegorico. • Non vi è una gerarchia tra i due saperi, ma una integrazione che permette all’intelletto umano una più completa conoscenza delle opere dell’intelligenza divina: mentre il Corano si esprime per essere compreso dall’uomo comune, il testo filosofico va oltre l’allegoria cogliendo la verità intelligibile.
La Kabbala e la filosofia ebraica • La filosofia ebraica può essere fatta iniziare da Filone Alessandrino (ca 25 a.C. - ca 40 d.C.), che cercò di conciliare la tradizione giudaica con la filosofia greca, specialmente di tradizione platonica. • La qabbālāh, cioè la “tradizione” propose la teoria emanazionista di stampo neoplatonico, con un inizio risalente al X secolo e uno sviluppo fino al XIV, soprattutto per merito del filosofo giudeo-spagnolo chiamato Avicebron (testi kabbalistici: lo Jezirah, la Creazione, e lo Zohar, lo Splendore).