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La fine dell’epoca classica L’ epoca classica dell’Islam si può estendere fino al XVI secolo (decimo secolo dell’Egira), coincidente con il primo millennio della storia musulmana.
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La fine dell’epoca classica • L’epoca classica dell’Islam si può estendere fino al XVI secolo (decimo secolo dell’Egira), coincidente con il primo millennio della storia musulmana. • Il primo millennio della storia musulmana si conclude nell’anno 1591 del calendario gregoriano, in un’epoca in cui comincia a farsi pressante l’esigenza di un rinnovamento (tajdīd). • Nonostante sia l’epoca dei grandi imperi sovranazionali che si spartirono le terre dell’Islam, è un’epoca di ripiegamento e crisi. • Il tentativo di arginare la decadenza e di modernizzarsi si concilia con l’affermazione di una visione involutiva della storia, in cui si guarda al passato come ad un’epoca d’oro: utopia retrospettiva.
L’età moderna nel mondo musulmano • L’impero ottomano comincia già nel secolo XVII la sua lunghissima agonia, perdendo ampi territori. • Il 1798 è considerato l’anno dell’entrata nella modernità del mondo islamico, con la spedizione di Napoleone Bonaparte, che si concluderà politicamente con un nulla di fatto ma avrà una enorme importanza sul piano socio-culturale per il mondo musulmano. • È il primo vero impatto con l’Occidente. • Si inaugurano le scienze orientalistiche, si comincia a parlare di questione d’Oriente.
L’epoca di Muhammad ‘Ali L’albanese Muhammad ‘Ali è considerato il fondatore dell’Egitto moderno. Dopo aver eliminato la vecchia classe dei Mamelucchi, regna (1805-1849) in modo del tutto autonomo rispetto agli Ottomani e porta a compimento una grandiosa opera di riforma economica e amministrativa, a cominciare dall’esercito e dall’istruzione. Fondamentali per il rinnovamento del pensiero musulmano furono le missioni di studenti mandati in Europa (Tahtawi e “L’oro di Parigi”), l’introduzione della stampa e la fondazione di alcune scuole (medicina, lingue). Sarà dall’Egitto, ma anche dalla Siria e dal Libano, che partirà la corrente di modernizzazione dell’Islam, all’interno della quale cominciano a delinearsi i concetti di nazione, nazionalità, patria, ma anche panarabismo (in senso ovviamente anti-ottomano).
Il ripiegamento dell’Islam su se stesso • Nello stesso periodo della spedizione napoleonica, nelle remote aree della penisola arabica nasce un movimento di pensiero puritano e intransigente, che si rifaceva alla scuola giuridica sunnita hanbalita, la più chiusa: il Wahhabismo, dal nome del suo eponimo Muhammad ibn ‘Abd al-Wahhab (1703-1792). • Esso riesce, grazie all’alleanza politica (1744) con la famiglia Sa‘ud, che governava la regione del Nagd, a divenire il nerbo di un forte Stato che sarebbe diventato, nel 1932, lo Stato dell’Arabia Saudita, che ancora oggi ha il wahhabismo come sua ideologia ufficiale. • Il wahhabismo condanna anche la religiosità delle confraternite (turuq o tariqāt) sufi, che esprimevano la religiosità popolare.
Qualche decennio dopo, nel cuore dell’impero ottomano e nel Vicino Oriente, nell’epoca seguente lo sbarco napoleonico, si assiste ad una ventata di riformismo occidentalizzante. • Riforme sotto il califfo ottomano Mahmud II (1808-1839) e soprattutto le Tanzīmāt sotto suoi successori ‘Abd al-Mejid (1839-1861) e ‘Abd al-Hamid II (1876-1909). • La definizione della cittadinanza in senso moderno prende il posto dell’obsoleta distinzione fra musulmani e dhimmi. • Anche il riformismo musulmano (islāh) condanna le forme mistiche dell’Islam come retrograde e le accusa di mantenere la religione in uno stato di arretratezza e ignoranza. • È l’epoca della irruzione della modernità, ma anche del colonialismo, e delle contraddittorie risposte che ad essa la cultura islamica cercò di dare per rispondere ad una sfida epocale destinata a perdurare fino ai nostri giorni.
La Nahda • La Nahda (Rinascimento) è una complessa corrente di pensiero che si sviluppa in Egitto alla fine del XIX secolo e si propone di riformare il pensiero islamico per renderlo perfettamente compatibile con le esigenze della modernità. • Precursori della Nahda furono due grandi intellettuali: ‘Abd al-RahmanAl-Jabarti(1753-1825), storico egiziano testimone della spedizione napoleonica in Egitto, che ci ha lasciato una descrizione ammirata della cultura, delle scienze e della tecnica di cui erano portatori i Francesi. Rifa‘ah al-Tahtawi (1801-1873), uno dei primi partecipanti alle missioni di studio volute da Muhammad ‘Ali in Francia, traduttore, educatore e giornalista. • Entrambi già si richiamavano ai temi della modernità, della riforma politica, dell’istruzione e dell’emancipazione della donna.
La “triade” della Nahda • Jamal ad-din al-Afghani • Muhammad ‘Abduh • Rashid Rida L’idea centrale di questo movimento è islamizzare la modernità, ovverosia far rientrare la contemporaneità nel quadro della religione, dimostrando la perfetta compatibilità dell’Islam con le istituzioni e le ideologie moderne.
La Nahda è il movimento che dà inizio alla islāh, la riforma del pensiero islamico, e al panislamismo, la corrente di pensiero che preconizza l’unione di tutti i musulmani come strumento di riscatto contro le ingerenze e le contaminazioni della politica e della cultura imperialista coloniale. • I protagonisti della Nahda viaggiano in Europa, studiano le lingue, dibattono con i pensatori europei, si confrontano con la modernità. • Una visione nazionale panislamica comincia a delinearsi a partire dall’Egitto e dal Vicino Oriente.
Jamal ad-din al-Afghani (1839-1897):il padre del panislamismo
Persiano, dissimulò la sua origine prendendo l’appellativo di “afghano” per evitare diffidenze e discriminazioni in quanto sciita. • Intellettuale militante e rivoluzionario, viaggiò instancabilmente nel mondo musulmano (e non), per diffondere la sua ideologia politica basata sulla necessità di risvegliare i valori nazionali dell’Islam e del panislamismo. • Fu in Egitto ad al-Azhar a tenere conferenze sul suo progetto di elevazione delle nazioni musulmane; fu a Parigi negli anni ‘80 del XIX secolo e qui si contrappose in un acceso dibattito al noto filosofo e storico Ernest Renan, uno dei più prestigiosi studiosi di orientalismo, che accusava l’Islam di essere incompatibile con la modernità. Lottò contro il dispotismo nei paesi islamici e contro il colonialismo, quello britannico in modo particolare. • La rivista al-Urwah al-Wuthqà (Il legame indissolubile, 1884-1885) fu portavoce del suo pensiero e di quello di ‘Abduh, suo discepolo e grande collaboratore.
Sosteneva l’uso della libera interpretazione delle Scritture, affermando che la porta dell’ijtihād (interpretazione personale) in realtà non si era mai chiusa definitivamente e che il ruolo del taqlīd, l’imitazione pedissequa degli antichi, fino ad allora prevalente, andasse ridimensionato. • La religione/cultura islamica avrebbe dovuto affrontare un coraggioso processo di “riforma” interna, sul modello di quella protestante avvenuta nel Cristianesimo. • Continuò a viaggiare in Inghilterra, in Persia, in Turchia, in Afghanistan, tra conferenze e salotti, bella vita e circoli politici. • Il suo ideale panislamico lo portò ad avvicinarsi molto al califfato ottomano e al califfo ‘Abdul Hamid II (1876-1909). • Morì proprio ad Istanbul nel 1897 a 59 anni (secondo alcuni avvelenato per volere del sultano che non si fidava più di lui).
Nonostante fosse un uomo di religione, un teologo, fu costretto a fuggire dall’Egitto e rimase in esilio per alcuni anni perché coinvolto nella rivoluzione fallita di Urabi Pasha (1882), che lottò contro l’instaurarsi del controllo britannico sull’Egitto. • Visse a Parigi dove conobbe Afghani e con lui collaborò, e poi in Libano, prima di rientrare in Egitto. • Professore (fu chiamato dai suoi allievi con l’appellativo di “maestro guida”), giornalista, magistrato, amministratore e infine muftì (giureconsulto) d’Egitto (dal 1899). • In questa veste emanò molte sentenze “rivoluzionarie” e fu promotore di una vasta riforma dei costumi e dell’istruzione, prima di dimettersi per la durissima opposizione delle autorità religiose. • Basò la sua lettura delle fonti sacre sul concetto di maslaha (“bene comune, convenienza”) per il quale la legge e la moralità si devono adattare alle condizioni di vita del contesto in cui operano.
Fu la figura più influente del movimento riformista della Nahda e la sua opera incarnò al meglio il motto “islamizzare la modernità”. • La sua opera più importante è Il trattato sull’unicità divina. • Propugnava la assoluta sintonia non solo tra l’Islam, la ragione e la scienza (“L’islam è la religione della ragione e della scienza”), ma anche fra l’Islam e la forma democratico-liberale di governo (ripresa dei concetti classici di ijmā’, shura etc.). • Il suo è già un pensiero nazionalista, incentrato sull’idea dell’amore per la patria (bilādī). • Si adoperò soprattutto contro il conformismo (taqlīd), il letteralismo, la superstizione e la violenza. • Fu fautore della tolleranza verso le altre religioni e dell’affermazione dei diritti della donna.
Allievo di ‘Abduh, propugnatore dell’idea del rinnovamento dell’Islam attraverso il ritorno al Corano, alla sunna e all’età dell’oro dell’Islam. Ritorno ai pii antenati (as-salāf as-salih), espressione dalla quale deriva il termine salafiyya. Il suo pensiero diventa più conservatore e critico verso gli eccessi del modernismo (tawhīd versus shirk). Egli si scaglia da un lato contro le contaminazioni della religiosità popolare (confraternite sufi) dall’altro contro l’occidentalizzazione della società musulmana. Sostenitore del panislamismo e del califfato (che in quegli anni, nel 1924, fu abolito da Kemal Ataturk). Fonda la famosa rivista al-Manar (1898), nel quale Muhammad ‘Abduh pubblica il suo rivoluzionario commentario al Corano. Il suo discepolo più famoso è Hasan al-Banna (1906-1949), fondatore dei Fratelli Musulmani.
Il dibattito riformista • Alla corrente di pensiero conservatrice o più specificamente fondamentalista (Rida e al-Banna) che si svilupperà nei decenni successivi (e poi soprattutto dopo gli anni Settanta del XX secolo), si contrappone, nell’Egitto di quegli anni, un movimento di pensiero aperto, occidentalizzante, secolare. • Sul piano sociale: Qasim Amin (1865-1908), autore di La nuova donna e di L’emancipazione della donna. • Sul piano religioso: Ali ‘Abd al-Raziq (1881-1951), sostenitore della separazione tra religione e Stato e autore de L’Islam e i fondamenti del potere. • Sul piano culturale: Taha Husayn (1889-1973), docente universitario, rettore dell’Università del Cairo, scrittore, ministro dell’Educazione, accende un dibattito forte in cui auspica un rinnovamento politico basato sul rispetto delle libertà democratiche, sulla separazione fra spirituale e temporale, sull’uguaglianza uomo-donna.
Un’altra “triade”: i riformisti indiani • Un’altra corrente di pensiero riformista si sviluppa nell’India musulmana fra il XIX e il XX secolo. • L’Islam indiano è stato da sempre a contatto con culture religiose diverse (induismo, innanzitutto) e si è fortemente ibridato. • L’islamizzazione dell’India è stata realizzata in gran parte dalla opera di propaganda dei mistici musulmani, i sufi. Questo ha dato all’Islam indiano una connotazione tutta particolare, che ancora oggi lo contraddistingue. • Due grandi tendenze sono individuabili nel dibattito politico: quella che si rifà alla stretta osservanza della sharī‘a e quella che predilige forme di sincretismo religioso, che si traduce in una idea di islam complementare all’induismo.
Shah Wali Allah al-Dihlawi (1703-1762) • Il primo grande pensatore riformista indiano, insiste sulla necessità di un ritorno alle antiche fonti, pur adattando l’interpretazione coranica al contesto sociale, sulla base della elaborazione del concetto di “circostanze della rivelazione”. • Importanza dell’ijtihād e rifiuto del taqlīd(imitazione pedissequa del pensiero tradizionale). • Shah Wali Allah si può definire un premoderno, vissuto in un’epoca non ancora caratterizzata da scontri fra indù e musulmani né dalle ingerenze imperialistiche britanniche. • Considera l’islam come parte integrante della grande civiltà del subcontinente indiano.
Sayyid Ahmad Khan (1817-1898) • È considerato il fondatore del modernismo musulmano in India. • Accetta il dominio militare britannico e sostiene la necessità di collaborare con esso; si oppone al partito del Congresso indiano (laico) ma anche alle idee panislamiche. • Fra le tante istituzioni che fonda, da ricordare la famosissima scuola di Aligarh (1875), modellata sull’esempio dei college inglesi, dove studierà buona parte della futura classe dirigente indiana. • Dal punto di vista teologico, si impegna per la dimostrazione dell’autenticità della Bibbia, tentando una riconciliazione fra cristiani e musulmani.
Muhammad Iqbal (1876-1938) • È considerato il padre spirituale del Pakistan. È inoltre uno dei poeti più noti del mondo musulmano. • Studia a Cambridge e a Monaco di Baviera. Tornato in patria, esercita l’attività di avvocato e insegnante e si impegna politicamente entrando nella Lega Musulmana di cui diventa presidente (1930). • Nel 1932 si reca in Francia dove entra in contatto con personaggi come il filosofo Henri Bergson e l’orientalista Louis Massignon. • Alla base del suo pensiero la convinzione di una possibile sintesi fra pensiero musulmano e pensiero occidentale.
Il “disincanto” del mondo musulmano • Il mondo musulmano vive, fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, una serie di eventi amari, che sanciscono il fallimento del tentativo dei pensatori riformisti di trovare una sintesi fra i due sistemi culturali, quello subalterno e quello dominante. • Tradimento della Gran Bretagna nei confronti dello sharif Husayn della Mecca a seguito della rivolta araba contro gli Ottomani (promessa inglese di creazione di un “califfato” cui seguono invece gli accordi Sykes-Picot (1916) che preludono al sistema dei mandati, con il quale Francia e Gran Bretagna si spartiscono (pace di Parigi, 1919) tutto il Vicino Oriente (come ricompensa vengono posti sul trono dei nuovi Stati di Iraq e di Transgiordania i due figli di Husayn, Faysal e Abdallah). • Dichiarazione Balfour del 1917 e avvio della migrazione ebraica in terra di Palestina: rivolte del 1936, creazione Stato di Israele (1948) e di nuovi Stati arabi prima inesistenti: Siria, Libano, Giordania, Iraq.
In conclusione il mondo musulmano reagisce all’incontro con la modernità occidentale: - subendone il fascino e tentando una sintesi fra patrimonio culturale islamico e innovazioni occidentali, ma anche… • rifugiandosi nel mito del proprio passato (l’età dell’oro) e della propria tradizione. • Si assiste nel corso degli ultimi decenni del secolo XIX al progressivo rifiuto delle forme di occidentalizzazione (l’Occidente colonizzatore) e alla nascita di un pensiero riformista islamico tendente a recuperare la cultura e l’identità islamica (panislamismo) da contrapporre alle idee europee di superiorità culturale e di assimilazione.
L’irrompere del pensiero radicale islamico • La nascita dell’islam militante (il cosiddetto fondamentalismo islamico) risale ai primi decenni del XX secolo. Accanto al recupero del proprio patrimonio culturale (turah) si sviluppa l’idea della necessità della rivoluzione (thawra) sia in senso nazionalistico che in senso culturale, contro l’ingerenza occidentale e la perdita della propria identità culturale e religiosa.