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Tutti i viventi sono frutto dell’ evoluzione a partire da un antenato comune. L’EVOLUZIONE ACCOMUNA TUTTI GLI ESSERI VIVENTI. E’ UNA DELLE CARATTERISTICHE.
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Tutti i viventi sono frutto dell’evoluzione a partire da un antenato comune.
L’EVOLUZIONE ACCOMUNA TUTTI GLI ESSERI VIVENTI. • E’ UNA DELLE CARATTERISTICHE
La teoria dell’evoluzione comporta che noi esseri umani non ci vediamo più come qualcosa di completamente separato da tutti gli altri esseri viventi. “Origine comune dei sistemi viventi”significa che anche noi, come gli altri organismi, discendiamo da lontani antenati, cioè occupiamo un minuscolo ramo dell’immenso albero della vita.
La teoria dell’evoluzione trova pieno e completo sviluppo nel 1859 con “L’origine delle specie” di Charles Darwin (1809-1882).
Le cellule di TUTTI GLI ESSERI VIVENTI, dai più semplici batteri fino agli organismi più complessi, hanno molte caratteristiche in comune: utilizzano lo stesso tipo di biomolecole, contengono organuli simili, adottano strategie simili per procurarsi energia, per mantenere costante l’ambiente interno, per duplicarsi. Una tale unitarietà di struttura e di funzioni induce a pensare che tutte le forme siano “imparentate “ e condividono un antenato comune.
Secondo gli evoluzionisti, sulla Terra sono apparsi dapprima organismi semplici, dai quali sono poi derivati quelli più complessi; conseguentemente, le specienon sono considerate immutabili (come sosteneva il fissismo).
In biologia, col termine evoluzione s’intende la complessa serie di cambiamenti delle caratteristiche degli organismi viventi, a partire da un antenato comune. Grazie a tali cambiamenti, avvenuti nel corso tempo, da specie esistenti in passato si sono originate quelle attualmente presenti sulla Terra, che presentano caratteristiche diverse da quelle di partenza. La teoria dell’evoluzione afferma, dunque, che fra tutti gli esseri viventi esistono dei legami di parentela e che ogni SPECIE è derivata, con qualche cambiamento, da una SPECIE precedente. s. f. [dal lat. evolutio -onis, der. di evolvĕre, propr. «srotolare», riferito ai rotoli di papiro scritto. Il termine fu scelto per indicare il divenire nel tempo di una specie.
Le “trasformazioni” nel DNA permettano l' evoluzione da una “specie ad un’altra specie” Nel DNA avvengono, nel corso del tempo, delle continue modifiche a livello delle sequenze di nucleotidi. Gli scienziati evoluzionisti danno per scontato che nell’arco dei presunti milioni di anni, alcune di queste modifiche – gli errori cosiddetti “utili” – si sarebbero fissati e trasmessi nelle generazioni successive, trasformandole e dando così origine a tutte le forme di vita oggi esistenti. Le modificazioni nel DNA (ovvero all’interno dei suoi geni) sono dette MUTAZIONI. Le mutazioni possono cambiare un nucleotide in un altro.
Le mutazioni rappresentano uno dei fattori essenziali che intervengono nel processo di evoluzione. Solo le informazioni contenute nel DNA possono essere ereditate, e questo è il motivo per cui tutta la storia evolutiva di un organismo risiede in questa molecola.
Le MUTAZIONI nel DNA sono casuali Gli individui portatori di mutazioni letali muoiono e, quindi, tali mutazioni scompaiono da una popolazione (di sistemi viventi). Tuttavia, può capitare che alcune mutazioni favoriscano la sopravvivenza dell’individuo.
I cambiamenti nel tempo del DNA hanno determinato la comparsa nei sistemi viventi di caratteristiche diverse rispetto agli organismi di partenza. Alcune caratteristiche quando sono “vantaggiose” aumentano la probabilità di un individuo di sopravvivere e di riprodursi in un dato ambiente. Le caratteristiche vantaggiose sono definite adattamenti
Gli individui meglio adattati a vivere in un dato ambiente sono quelli che sopravvivono a lungo, si riproducono e trasmettono ai figli le proprie caratteristiche (caratteristiche ereditarie). Inoltre, in un dato ambiente, gli individui in possesso di caratteri ereditari vantaggiosi tendono ad avere anche una prole più numerosa, a sua volta, in grado di riprodursi e di trasmettere quei caratteri alle generazioni successive. In biologia, l’adattamento è l’insieme delle caratteristiche che migliorano la capacità di vivere e di riprodursi di un organismo in un dato ambiente. L’adattamento delle varie specie al proprio ambiente è frutto dell’evoluzione.
ESEMPI DI “ADATTAMENTO” ALL’AMBIENTE: Il mimetismo criptico
L’evoluzione prima di Darwin……
UN ESEMPIO DI EVOLUZIONE……………………… EVOLUZIONE del CAVALLO: è rappresentata la ricostruzione delle specie fossili ottenute dai successivi livelli stratigrafici con diagrammi dei piedi e denti. L'evoluzione dei cavalli non è stata un processo lineare, e la zoologia, per la ricchezza di fossili data dalla numerosità di un animale che viveva in grossi branchi, e per lo sviluppo morfologico ben evidenziabile a livello osseo ha potuto ricostruire un quadro più completo dell'evoluzione del cavallo rispetto probabilmente a quello di qualsiasi altro mammifero.
Aristotele (384 - 322 a. C.), il primo grande biologo della storia umana, credeva che tutti gli esseri viventi potessero essere disposti in una scala gerarchica. In questa gerarchia, detta “scala della natura” (Scala Naturae), gli organismi più semplici occupavano lo scalino più basso, l'uomo occupava lo scalino più alto e tutti gli altri organismi avevano una propria collocazione in mezzo.
IL FISSISMO Fino al tardo Ottocento molti scienziati credevano ancora nella validità di questa scala gerarchica naturale. Secondo la teoria del FISSISMO, gli organismi non hanno mai subito variazioni nel corso del tempo. Aristotele pensava che i sistemi viventi fossero sempre esistiti, senza fare alcun riferimento alla loro origine.
Più recentemente, alcune correnti di pensiero sostengono, in accordo con gli insegnamenti del Vecchio Testamento, la teoria del CREAZIONISMO, ovvero che tutti gli esseri viventi sono stati creati per un atto divino così come esistono oggi. Questa idea di immutabilità dei viventi presuppone che ogni forma vivente abbia iniziato la sua esistenza già con le sue caratteristiche attuali, create appositamente per potersi integrare perfettamente nel luogo in cui essa vive.
L’idea della creazione permane fino all’avvento dell’evoluzionismo con Darwin e si basa su due tesi: • l’universo è stato progettato in ogni particolare da un creatore intelligente (Dio); • il mondo è statico, non subisce cambiamenti ed è di breve durata. • 1
Le testimonianze fossili Durante l’ultima parte del XVIII secolo nacque un rinnovato interesse per FOSSILI, resti o impronte di organismi morti in epoche lontane e che si sono conservati fino ad oggi. Nel 1700 i fossili entrarono definitivamente a far parte del mondo dei viventi. Si riconobbe infatti che non erano prodotti dalle rocce, ma che si trattava di resti di animali e di piante. Assomigliavano troppo ad alcune specie viventi per poter essere qualcos’altro. Nel corso del XVIII sec. furono rinvenuti alcuni fossili che non potevano essere facilmente associati a nessuna delle specie viventi allora conosciute. Alla fine del secolo il naturalista francese CUVIER fece un’osservazione rivoluzionaria: alcune specie animali e vegetali erano di fatto scomparse dalla faccia della Terra.
Fossile analizzato da Cuvier Il fossile riportato nell’immagine è ben conservato: dai caratteri della mandibola e dei denti Cuvier intuì che si trattava di un animale estinto “imparentato” con l'Opossum e prevedeva che insieme al resto dello scheletro si dovevano trovare anche le due ossa che sorreggono il marsupio nell' animale vivo. Fu un trionfo del metodo di Cuvier quando queste ossa furono realmente trovate sotto gli occhi degli esperti che aveva invitato agli scavi! Fig.1. Didelphys gypsorum pubblicato in "Recherches sur les ossements fossiles de quadrupedes" (1812).
TI ricordo che cosa sono i FOSSILI……….. Il termine fossile deriva dal latino ”fodere” =scavare. In paleontologia il termine viene usato per indicare resti integri o parziali di organismi un tempo viventi, più in generale viene usato per una qualsiasi testimonianza di vita geologicamente passata (cioè, antecedente all'epoca attuale): resti animali, quali ossa, denti, uova, conchiglie; resti vegetali, quali foglie, tronchi, pollini; evidenze di attività vitale ( come tane e orme). Trilobite
Cuvier era un abile paleontologo che aveva messo a punto un sistema per ricostruire la forma degli animali scomparsi a partire dai loro resti incompleti. “Ogni animale – scriveva lo scienziato – forma un sistema in cui tutte le parti si corrispondono e concorrono reciprocamente”. Perciò, trovata una sola mascella con i denti aguzzi e ferini, si può dedurre che probabilmente le zampe dell’animale scomparso erano “munite di artigli adatti ad afferrare la preda, e che le ossa delle zampe dovevano essere costruite in modo tale da poterla inseguire”.
Georges Cuvier (1769-1832) iniziò a collaborare con il Museo Nazionale di Parigi nel1795, poco dopo la sua fondazione, e divenne in breve il più grande esperto mondiale di anatomia comparata nota 1. Usò in seguito le conoscenze acquisite in anatomia per interpretare i fossili dimostrando un intuito senza precedenti. Secondo la leggenda, a volte gli erano sufficienti pochi frammenti di ossa per ricostruire con straordinaria accuratezza l’anatomia completa di una specie fino ad allora sconosciuta. Armato di queste abilità, Cuvier si lanciò nel dibattito sulla possibilità che le specie potessero estinguersi. Georges Cuvier (1769-1832) è qui ritratto durante una lezione di anatomia comparata al Museo del Jardin des Plantes. Cuvier è stato il primo a utilizzare il metodo comparativo nella ricostruzione dei mammiferi fossili. NOTA 1: L'Anatomia comparata è una disciplina di sintesi appartenente alla Biologia. Essa opera mediante la “comparazione” (“comparare” significa paragonare) fra le strutture anatomiche dei diversi gruppi di Vertebrati, allo scopo di individuare eventuali somiglianze. Anatomia=dal greco anatomè = "dissezione"; formato da anà = "attraverso", tèmno = "tagliare") è una scienza che studia la forma e la struttura degli organismi.
Al tempo di Cuvier, per la maggior parte degli studiosi, l’idea stessa di estinzione poneva dei problemi di tipo religioso. Se Dio aveva creato tutta la natura secondo un piano divino fin dall’inizio del mondo, non era forse irrazionale da parte Sua lasciare che alcune parti della creazione si estinguessero? Se la vita consisteva in una grande catena di esseri, che si estendeva a partire dal limo oceanico fino agli esseri umani e agli angeli, l’estinzione avrebbe di fatto rimosso alcuni degli anelli di questa catena.
Pur essendo uno studioso di fossili, Cuvier non fu un evoluzionista ma formulò una propria teoria, la teoria delle catastrofi, per spiegare l’estinzione delle specie. Cuvier postulava una serie di catastrofi (l’ultima delle quali era il Diluvio); dopo ogni catastrofe le specie estinte venivano sostituite da nuove specie.
Secondo Cuvier, le possibili cause delle estinzioni sono: asteroidi, eruzioni vulcaniche, variazioni relativamente veloci del livello del mare. Queste estinzioni segnano alcune delle grandi transizioni nella storia della vita sulla Terra, quando nuovi gruppi di specie hanno avuto l’opportunità di occupare le nicchie ecologiche lasciate libere dalle specie più vecchie. I mammiferi, per esempio, hanno dominato la terra solo dopo che i giganteschi dinosauri sono scomparsi circa 65 milioni di anni fa, durante la grande estinzione del Cretaceo-Terziario. In altre parole, anche noi umani, in qualità di mammiferi, siamo “figli” delle estinzioni.
George - Louis Leclerc de Buffon (1707 – 1788) Buffon, scienziato francese, fu direttore del Jardin du Roi, l’Orto botanico di Parigi. Scrisse un’opera, l’Histoire naturelle, in cui si occupa di temi naturali che vanno dai minerali all’uomo. Buffon riteneva che le specie potessero subire dei cambiamenti nel corso del tempo. Oltre alle specie fatte nascere per creazione divina, all’inizio del mondo, la natura ne aveva prodotte altre nel corso del tempo; questi cambiamenti erano il risultato di un processo di degenerazione. Le considerazioni presentate nell’Histoire influenzarono in modo notevole tutto il pensiero naturalistico successivo.
Alla fine del 1700 i paleontologi avevano arricchito le collezioni di fossili europee, offrendo un’immagine del passato che male si accordava con l’idea di un mondo naturale immutabile. Nel 1801 un naturalista francese di nome Jean Baptiste Pierre Antoine de Monet, Cavaliere di Lamarck (1744-1829) compì un grande passo intellettuale e propose una vera e propria teoria dell’evoluzione.
Lamarck rimase profondamente impressionato dalle somiglianze anatomiche fra molti degli animali che studiò e fu colpito anche dai numerosissimi ritrovamenti fossili. Le sue osservazioni lo portarono a ritenere che la vita non aveva una forma fissa, immutabile. Quando le condizioni ambientali cambiavano, gli organismi dovevano mutare per poter sopravvivere. Se un organo iniziava ad essere usato con maggiore frequenza rispetto al passato, esso cresceva nel corso della vita dell’animale. Se, per esempio, una giraffa tendeva il collo per raggiungere le foglie più alte, un “fluido nervoso” scorreva nel collo allungandolo. I suoi discendenti avrebbero ereditato un collo più lungo e, continuando a tenderlo, esso si sarebbe allungato ulteriormente nelle generazioni successive. Allo stesso modo, gli organi che non venivano più usati rimpicciolivano gradualmente.
Quando le condizioni ambientali cambiavano, gli organismi dovevano mutare per poter sopravvivere: Lamarck credeva che i lunghi colli delle giraffe fossero la conseguenza del fatto che per generazioni questi animali avevano teso il collo per raggiungere foglie sempre più alte, dato che la vegetazione in basso cominciava a scarseggiare.
L’ereditarietà dei caratteri acquisiti secondo la teoria di Lamarck.
Secondo Lamarck, per esempio, le anatre e le rane non avevano originariamente zampe palmate, ma nel nuotare avrebbero esteso il più possibile le dita delle zampe per muoversi più rapidamente nell’acqua; questo col tempo avrebbe portato alla crescita di membrane tra le dita di quelle prime anatre e di quelle prime rane, fino a che si sarebbero formate vere e proprie zampe palmate: questa caratteristica acquisita durante la vita per potersi adattare all’ambiente acquatico si sarebbe trasmessa ai discendenti.
Secondo Lamarck le specie si sono modificate nel tempo sotto l’influenza dell’ambiente: • La sua teoria pubblicata nel 1809 nella sua opera “Philosophie zoologique”, si basava su due leggi: • La legge dell’uso e del non uso di parti del corpo • La legge dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti, secondo cui gli esseri viventi trasmetterebbero alle generazioni successive le facoltà acquisite durante la loro esistenza in base al loro comportamento. Sappiamo che oggi questo meccanismo può essere ritenuto falso! Come abbiamo detto prima…..solo le caratteristiche genetiche possono essere trasmesse di generazione in generazione…………….
Questo modello di evoluzione, per il quale Lamarck è ricordato ancora oggi, è solo uno dei due meccanismi evolutivi che egli propose. Secondo Lamarck, mentre gli organismi si adattavano all’ambiente circostante, la natura li faceva progredire inesorabilmente da forme semplici a forme sempre più complesse. Lamarck credeva che la vita fosse iniziata per generazione spontanea. Ma egli sosteneva anche che nuove, primitive forme di vita si generassero continuamente: i microbi attuali sarebbero semplicemente nuove forme di vita all’inizio della loro evoluzione verso forme più complesse.