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Lavoro della Scuola Media Statale A. Torre di Vallo della Lucania (SA) per il progetto Insediamenti Monastici e Conventuali per le province di Salerno e Avellino
E N D
SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO SETTIMANA DELLA CULTURA 21 APRILE 2010 ANDREA TORRE
CHIARA FEOLA MARTINA IANNUZZI SERENA SCAVARIELLO FRANCESCA CORVO DELLA CLASSE II°E PRESENTANO NOVI VELIAREFERENTE DEL PROGETTO PROFESSORESSALUCIA SPADA
STORIA Il nome nel catalogus Baronum sin dai primi dell'anno mille come derivato probabilmente dal latino novus, fu usato in questa fino al 1862 quando venne unito al determinativo Velia, nome di un antico insediamento sito lungo la costa del Cilento, i cui abitanti messi in fuga dalle scorrerie dei pirati si sarebbero rifugiati nell'entroterra, dove avrebbero dato vita a un "novus" villaggio.
I Normanni scelsero Novi come sede di Baronia. È certo che fu eletta dai Longobardi come presidio accentrandovi funzioni politiche, amministrative e militari. Considerevoli sono le testimonianze lasciate sia dai longobardi, sia dai padri Basiliani, come la chiesa di S. Maria dei Greci e quella di S. Maria dei Longobardi, la cappella di S. Nicola da Bari e l’altra di S. Giorgio.
Da vedere la Torre, vertice delle fortificazioni eretta a difesa dell’abitato, il Castello feudale oggi adibito ad abitazione privata. Interessante anche il Palazzo Vescovile, al quale è annessa la cappella di S. Pietro in Vincoli. Il nome di Novi Velia resta legato al santuario della Madonna omonima che sorge sul Monte Gelbison, detto per questo Monte Sacro, a 1705 metri, nel piano sottostante venne poi costruita anche la chiesa di S. Bartolomeo
Dall'alto del colle è possibile ammirare anche l'antica via del sale che congiungeva le rive del Tirreno con la Valle del Tanagro. Oltre al pianoro detto Fiumefreddo, il paesaggio racchiude castagni, faggi frondosi e ricchi pascoli, da cui si intravedono i tetti del paese sottostante raccolti attorno ad uno sperone roccioso, a circondare i resti di un castello medievale.
Le principali manifestazioni sono la sagra per la caratteristica lavorazione di “re mortedde” (formaggio con all'interno foglie di mirto), la fiera dell'Assunta, il Palio fra i rioni, la festa dell'Emigrante, il Festival degli antichi suoni cilentani.
Ma la celebrazione più sentita resta quella in occasione della processione verso il Santuario della Madonna di Novi Velia, dove ci si incammina verso il monte già la notte precedente e una donna con in testa la grande "centa" precede tutti nella scalata; vi sono alcune soste lungo il cammino come quella alla Ciampa di Cavallo dove si buttano giù dalla montagna i sassi raccolti lungo il percorso.
IL SACRO MONTE Il santuario della "Madonna di Novi Velia", è posto in cima al monte Gelbison, a 1705 s.l.m. Sulle sue origini, che risalgono al 1323, si narra la leggenda secondo cui ogni volta che i lavori del tempio si interrompevano per qualche giorno, alla ripresa si trovavano distrutte le opere prima costruite.
Finché una notte, agli operai, che erano saliti sul monte per cercare un agnello smarrito apparve la Vergine e disse che desiderava che la cappella fosse dedicata agli Angeli. I pellegrini, ogni anno, in estate, si recano in processione al santuario, portando un Gesù Bambino di cera.
E' uno straordinario punto panoramico: dalla sua vetta di godono ampie vedute sulle valli ed i monti circostanti. Il nome del monte pervaso del culto alla divinità materna non evidenzia le molte valenze ambientali e naturalistiche. Gli estesi boschi che ricoprono completamente le pendici ospitano animali rari e preziosi come il lupo, la martora e il picchi nero.
LA CHIESA DI S. GIORGIO La Chiesa di San Giorgio in Novi Velia è stata officiata fino al 1920 ma sono poche ormai le persone che ne hanno una immagine diversa da quella di un rudere adibito ai più diversi usi.
Questa, con il passare del tempo, dopo che, presumibilmente nella terza decade del secolo scorso, l'incuria, l'abbandono e la mancanza di qualsiasi forma di manutenzione avevano causato il crollo del tetto, era rimasta naturalmente sottoposta a un continuo quanto inesorabile processo di degrado.
Nell'immediato dopoguerra, nel 1953, al fine di eliminare le parti pericolanti e per scongiurare il pericolo di ulteriori crolli che periodicamente si verificavano, era stata minata subendo un vero e proprio tentativo di abbattimento.
Da allora, per circa mezzo secolo, è stata una sorta di spazio comune di cui, paradossalmente, quasi a perpetuare la tradizione civica che molte chiese hanno nel luogo, più di qualche cittadino se ne è servito utilizzandola, alternativamente e a volte contemporaneamente, come fienile, deposito di legname, e, purtroppo, anche come stalla.
Tra le persone più anziane in vita sono pochissime coloro che la ricordano ancora integra e funzionante: una zia racconta di tanto tempo fa, quando, ancora bambina, insieme alla nonna, andava a rabboccare la lampada votiva della "Madonna del Monte"; vi è chi racconta di quando, d'inverno, andando a sentir messa, dovendo aspettare l'apertura della Chiesa,
si riparava sotto il portico davanti la Chiesa e chi, poco più che giovanotto, ha potuto guadagnare qualche soldo lavorando, dopo l'esplosione delle mine, all'eliminazione dei calcinacci e alla riparazione dei tratti di muri rimasti sul sagrato della Chiesa.
LA CHIESA DI S. MARIA DEI LONGOBARDI La descrizione del piccolo centro e della chiesa è attinto dalla relazione effettuata nel 1660 dall'ing. Cafaro da cui si desume come, nel corso del XVI e XVII secolo, Santa Maria dei Lombardi avesse assunto una posizione privilegiata proprio perchè presso di essa confluivano le rendite di altre parrocchie ormai soppresse.
L'importanza di Santa Maria dei Lombardi ha però origini più antiche che si intrecciano con le vicende dei Longobardi, popolo devoto, capace di dare unità spirituale e storica alla complessa geografia religiosa e territoriale del Cilento; da una parte, quindi, la divisione del territorio in due circoscrizioni, le cui sedi furono appunto Novi e Rocca Cilento, dall'altra, fondare a Novi una chiesa che si contrapponesse con la liturgia latina alla officiatura del rito greco di S. Maria dei Greci.
Un ruolo e una importanza quella di S. Maria dei Lombardi che si delinea maggiormente nei secoli XVI-XVII, con il succedersi, nella gestione politica e territoriale di Novi, di famiglie baronali quali i Marzano, i Pignatelli, i Carafa, gli Zattera. Presenze che impongono e determinano nella vita culturale ed artistica del piccolo centro, scelte e modelli.
Del resto i presupposti controriformistici tendenti a promuovere stabilità ed omogeneità culturale; la pressante richiesta di immagini "devote" da parte della committenza; le rappresentazioni figurative che diventano supporto all'insegnamento orale del sacerdote,
la maggiore versatilità della pittura su tavola che offre possibilità di innovazioni formali, rispondendo anche meglio ai particolari gusti devozionali ed estetici dei committenti, promuovono e determinano il gusto e le tendenze che caratterizzano buona parte delle opere artistiche appartenenti alla chiesa.