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Le equazioni lineari nella storia. Prof.ssa LUCIA DI ROSA. Albert Einstein. “ tutto ciò che non si condensa in un’equazione non è scienza ”. CINESI. ASSIRI - BABILONESI. GRECI. Storia delle Equazioni. EGIZIANI. ARABI. OCCIDENTE EUROPA. Idee e Persone nella storia delle equazioni.
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Le equazioni lineari nella storia Prof.ssa LUCIA DI ROSA Albert Einstein “ tutto ciò che non si condensa in un’equazione non è scienza ”
CINESI ASSIRI - BABILONESI GRECI Storia delle Equazioni EGIZIANI ARABI OCCIDENTE EUROPA
Idee e Persone nella storia delle equazioni La risoluzione delle equazioni risale all’antichità e nasce dall’esigenza di introdurre un simbolo (incognita) allo scopo di generalizzare e risolvere i problemi derivanti dagli affari di tutti i giorni e dai bisogni della società. Dai più antichi documenti che ci sono pervenuti, che vanno dal 2000 al 1600 A.C., si sa che l’Egitto e la Babilonia avevano modi diversi per indicare l’incognita. Presso i Greci sia il calcolo letterale, sia l’algebra erano vincolati all’interpretazione geometrica. Euclide (300 a.C.), ad esempio, nei suoi Elementi risolve tutti i problemi basandosi esclusivamente su ragionamenti geometrici. Ma nel 200 d.C., è sempre un greco ,Diofanto, a dare nuove idee per la risoluzione di problemi. Egli si stacca dall’appoggio geometrico e dà al simbolo una sua propria vita. Portandoci nell’estremo oriente, in manoscritti Cinesi del I e II secolo d.C., l’incognita viene indicata con una parola che significa “elemento” e con una che significa “cosa” che non esprimeva né qualità né quantità. Si devono al matematico e astronomo arabo al-Khowarizmi (825) sviluppi significativi nel campo dell’algebra. È dal 1202 che le conoscenze algebriche degli arabi cominciano a diffondersi in Europa. Si deve a Fibonacci (1175-1240) nel suo “Liber Abaci” il primo utilizzo del termine equazione e delle tecniche risolutive per le equazioni apprese dagli arabi. SitografiaCronologia
Un classico problemadell’“Algebra” babilonese Spesso i Babilonesi richiedevano di determinare due numeri conoscendone somma e prodotto; ad esempio: trovare a, b sapendo che la loro somma è 8 ed il loro prodotto è 12. Posizioni (moderne): a = 4+d e b = 4–d (a+b = 8) Si ha (solo radici positive): ab = (4+d)(4–d) = 12 d² = 4 da cui d = 2 infine: a = 4+d = 6 e b = 4–d = 2 Non esisteva alcuno strumento simbolico completo nell’algebra babilonese: soltanto a volte qualche incognita veniva indicata con simboli speciali. Dalle tavolette babilonesi risulta che l’incognita si chiamava “lunghezza” (us)o “larghezza” (sag)o “area” (asa) e queste designazioni valevano anche se il problema da risolvere non aveva niente a che fare con la geometria. Tavoletta Babilonese
Le equazioni egiziane Nel papiro Rhind risalente al 1650 a.C. si risolvono alcune equazioni, quasi tutte di I grado, nelle quali l’incognita è detta aha (mucchio), con il “metodo di falsa posizione”, Più tardi detto regula falsi. Esempio: determinare il numero che aggiunto al proprio quinto dà come somma 48 (x + x/5 = 48). “Falsa” posizione: x = 5 (per non avere frazioni nel primo passaggio), ma non va bene: 5+5/5 = 6 ≠ 48. Sostituendo x = 5 in x+x/5 si ha 6 e non 48; ma se un multiplo di 6 è 48, lo stesso multiplo di 5 darà la x. Per ottenere 48 da 6 si moltiplica il 6 per 8 (6·8 = 48). Dunque, per ottenere la cercata x da 5 dobbiamo moltiplicare per 8 (il 5): 5·8 = x cioè: x = 40. Papiro di RHIND
Nella cultura greca i problemi numerici, non dissimili da quelli presenti ancora oggi nei testi per la scuola media, non erano ritenuti importanti poiché di natura applicativa: la vera matematica era la geometria. Pertanto, presso i Greci sia il calcolo letterale, sia l'algebra erano vincolati all'interpretazione geometrica. Già la semplice scrittura della generica equazione di primo grado, ax = b era inconcepibile dato che ax, essendo un prodotto, rappresentava un rettangolo e b un segmento, e non ha senso uguagliare una figura piana con una rettilinea. Un'equazione di primo grado poteva essere, ad esempio, ab = qx, e veniva espressa nel modo seguente: "Dato il rettangolo di dimensioni a e b, determinare un rettangolo a esso equivalente avente un lato pari a q". La risoluzione era affidata a una costruzione geometrica quale la seguente: EUCLIDE
Diofanto Diofanto di Alessandria fu l'ultimo dei grandi matematici greco-ellenistici, ed è noto come il padre dell’algebra. Della sua vita si sa ben poco; la sua nascita va collocata tra il 200 e il 214 d.C., la sua morte tra il 284 e il 298 d.C. Dopo di lui per circa un millennio e fino a Leonardo Fibonacci lo studio della matematica, almeno in Europa, attraversò un periodo di grave decadenza. Diofanto scrisse un trattato sui numeri poligonali e sulle frazioni, ma la sua opera principale è l'Arithmetica, trattato in tredici volumi dei quali soltanto sei sono giunti fino a noi. La sua fama è principalmente legata a due argomenti: le equazioni indeterminate ed il simbolismo matematico. A Diofanto si deve un famoso problema, che egli stesso volle venisse scritto sulla propria tomba sotto forma di epitaffio da cui è possibile l’età del grande matematico greco: Questa tomba rinchiude Diofanto e, meraviglia! dice matematicamente quanto ha vissuto. Un sesto della sua vita fu l’infanzia, aggiunse un dodicesimo perché le sue guance si coprissero della peluria dell’adolescenza. Inoltre per un settimo ebbe moglie, e dopo cinque anni di matrimonio ebbe un figlio. L’infelice morì improvvisamente quando raggiunse la metà dell’età paterna. Il genitore sopravvissuto fu in lutto per quattro anni e raggiunse infine il termine della propria vita. Si tratta di un problema di primo grado;indicando con x l’età di Diofanto alla morte si ha: x= 1/6x + 1/12x + 1/7x + 5 + 1/2x + 4 Da cui si deduce che x=84
Diofanto indica: • Con la lettera S l’incognita • Con Δ il quadrato dell’incognita • Con K il cubo dell’incognita Diofanto dà poi delle regole per la risoluzione dell’equazione; • Il trasporto di un termine da un membro all’altro cambiandolo di segno; • L’eliminazione di termini uguali nei due membri; L’opera di Diofanto sarà ,a distanza di secoli, il punto di partenza per lo sviluppo dell’algebra e del simbolismo moderno.
In Cina l’algebra è presente dal II sec. d.C. in forma retorica o sincopata (ideogrammi monosillabici per quantità e operazioni) con un importante “carattere posizionale”,come per le (tarde) tecniche moltiplicative. La tavola da calcolo algebrica cinese era impostata in modo che determinate posizioni fossero occupate sempre da particolari tipi di grandezze (incognite, potenze etc.) e tale convenzione può considerarsi un importante artefatto secondario (una “regola del gioco”).
Algebra cinese e “carattere posizionale” • termine noto • coeff. x • coeff. x2 E si noti l’uso di bacchette! Ad esempio, questa tabella (sangi) indica l’equazione: 851x2−3450x+2691 = 0 (si osservino i diversi colori e l’assenza dello zero)
Calcolo mediante tabelle: Chiu Chang Consideriamo il problema seguente che riprende, con variazioni numeriche, un problema del capitolo VIII (Fang Cheng) del Chiu Chang (precedente al I sec.): Cinque covoni di grano di tipo A aggiunti a tre covoni di grano di tipo B hanno il rendimento di 19 sheng. Tre covoni di grano di tipo A aggiunti a due covoni di grano di tipo B hanno il rendimento di 12 sheng. Quali rendimenti hanno un covone di grano di tipo A e un covone di grano di tipo B? Oggi indicheremmo rispettivamente con x e con y (in sheng) i rendimenti di un covone di tipo A e di un covone di tipo B ed imposteremmo un sistema… Suang Fa Thung Tsung, 1593
Il procedimento precedente può essereriprodotto con le bacchette da calcolo Il sistema è: 5x + 3y = 19 3x + 2y = 12 Moltiplichiamo la prima riga per 3 e la seconda per 5. Ora alla seconda riga sottraiamo la prima, moltiplichiamo questa seconda riga per 9 e alla prima riga sottraiamo la seconda. Infine dividiamo la prima riga per 15 e dividiamo ancora la seconda riga per 9. x = 2 y= 3
Il mondo arabo : Al-Kuwarizmi Dopo la grande stagione della scienza greca, la Matematica conobbe un periodo di declino, anche se meno oscuro di quanto si è talvolta portati a pensare. Gli Arabi non si limitarono a tramandare la memoria dei testi greci e le loro conoscenze matematiche e astronomiche rivelano elementi di originalità. Mohammed Ibn Musa Al-Kuwarizmi (VIII secolo), di origine persiana, scrisse Al-jabr wal mukabalah, dalle cui primelettere deriva la parola “Algebra” e nella quale sviluppò la teoria delle equazioni, particolarmente di quelle di secondo grado. Quest’opera contiene una seria di problemi riguardanti testamenti ed eredità e l’incognita viene chiamata “cosa”. Il limite più rilevante della sua opera è l’assenza di una notazione simbolica. Al-Kuwarizmi quindi deve essere considerato ancora nell’ambito dell’algebra retorica (nella quale tutte le espressioni algebriche erano indicate mediante parole).
Il mondo arabo : Khayyam Gli Arabi si occuparono di equazioni indeterminate (Al- Karchi, morto nel 1029, scrisse Al-Facri, vicino all’Aritmetica diofantea). Alcuni tentarono di provare che x³+y³ = z³ non ammette soluzioni intere non nulle, anticipando le ricerche sull’ultimo teorema di Fermat.
Occidente - Europa Si deve a Fibonacci (1175-1240) nel suo “Liber Abaci”, il primo utilizzo del termine equazione e la diffusione in Europa delle tecniche risolutiva apprese dagli Arabi. Solo nel sedicesimo secolo l'algebra iniziò un suo vero e proprio sviluppo autonomo dalla geometria, quando le lettere furono intese rappresentare non grandezze geometriche, ma numeri: attraverso l'opera di F. Viète (1540-1603) e R. Descartes (Cartesio,1596-1650). Raggiunse una sistemazione e un modo di presentazione simile a quelli attuali poco più di due secoli fa, nell'Introduzione completa all'algebra (1770) di L. Euler (Eulero,1707-1783). CARTESIO
Nello stesso periodo giunse a maturazione il linguaggio algebrico vero e proprio. In precedenza (algebra retorica) operazioni, equazioni con la loro risoluzione, venivano espressi con parole (ad esempio l'incognita veniva detta la "cosa", il suo quadrato il "censo", la sua terza potenza il "cubo", la quarta potenza "censo censo") ed era assai arduo seguire i passaggi con cui si perveniva ai risultati finali dei problemi. Ne seguí una fase intermedia (algebra sincopata), in cui comparvero alcuni simboli e parole stilizzate:ad esempio Luca Pacioli (1445-1514), autore dell'opera Summa de Arithmetica (1523), che contribuí alla diffusione in occidente dell'uso delle cifre arabo-indiane, indicava con "co" l'incognita, con "ce" il suo quadrato, con "cu" il suo cubo e con "p" e "m" l'addizione e la sottrazione. Solo in seguito l'algebra ricevette la veste che la rende simile alle attuali esposizioni (algebra simbolica). Luca Pacioli
Fibonacci e il Liber Abaci De laborator quaestio notabilis. Un lavoratore avrebbe dovuto prendere 7 bisanti al mese se avesse lavorato, ma avrebbe dovuto restituire 4 bisanti per un mese di assenza dal lavoro. Questi talvolta lavorò e talvolta no ed alla fine del mese (30 giorni) ricevette un solo bisante. Quanti giorni lavorò?
Risolviamo con Fibonacciil problema del lavoratore Modernamente imposteremmo l’equazione: 7·x/30–4 ·(30–x)/30 = 1 Fibonacci usa il metodo della doppia falsa posizione: per 15 gg.: 1 bisante e 1/2 7·15/30–4·15/30 per 20 gg.: 3 bisanti e 1/3 7·20/30–4·10/30 Si imposta dunque la proporzione: (20–15) : [(3+1/3)–(1+1/2)] = (20–x) : [(3+1/3)–1] Da cui ricaviamo: x = 150/11 = 13+7/11 Pertanto quel lavoratore ha lavorato 13 giorni e 7/11 (di giorno).
SITOGRAFIA • www.ulisse.sissa.it • www.it.wikipedia.org • www.virgilio.it • Castelnuovo E./Gori Giorgi/ Valenti La matematica nella realtà – La Nuova Italia • Carl B. Boyer Storia della matematica – Oscar Mondadori • BIBLIOGRAFIA