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19.00. Santa Caterina. da Siena. A Pietro. cardinale Portuense. Lettera 177. Con desiderio di vedervi un agnello umile e mansueto. imparando dall'Agnello immacolato. Al nome. d i Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

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Presentation Transcript


  1. 19.00

  2. Santa Caterina da Siena

  3. A Pietro cardinale Portuense Lettera 177

  4. Con desiderio di vedervi un agnello umile e mansueto imparando dall'Agnello immacolato

  5. Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce

  6. A voi, dilettissimo e reverendissimo Padre e fratello in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi un agnello umile e mansueto,

  7. Imparando dall'Agnello immacolato,

  8. che fu umile e mansueto in tanto che non fu udito il grido suo per veruna mormorazione; ma come agnello che non si difende, si lasciò menare al macello della santissima e dura Croce.

  9. O inestimabile fuoco d'amore! la carne ci ha data in cibo, e il sangue in beveraggio.

  10. Tu sei quell'agnello che fosti arrostito al fuoco dell'ardentissima carità.

  11. Non vedo altro modo, padre, a potere avere virtù, se non ponendoci questo Agnello per obietto agli occhi della mente nostra; perché in lui troviamo la vera e profonda umiltà, con grande mansuetudine e pazienza.

  12. E poniamoché sia Figliuolo di Dio, egli non viene né sta come re, perché la superbia e l'amore proprio di sé non è in lui; e però viene come servo vile: e non cerca sé per sé, ma attende solo a rendere onore e gloria al Padre, e a rendere a noi la vita, la quale per il peccato perdemmo.

  13. E questo fa solo per amore, e per adempire la volontà del Padre in noi. Che, avendo Dio creato l'uomo all’immagine e similitudine sua solo perché godesse e gustasse lui nella vita durabile, per la ribellione che l'uomo fece a Dio, gli fu rotta la via; sicché la dolce volontà di Dio, con la quale creò l'uomo, non s'adempiva, cioè d'avere vita eterna: ché non fu creato per altro fine.

  14. Mosso dunque da quella pura e smisurata carità con la quale ci creò, per adempire la sua volontà in noi, ci diede il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo. Sicché dunque il Figliuolo di Dio non guarda a sé ma solo d'adempire questa dolce volontà.

  15. È fatto dunque tramezzatore tra Dio e l'uomo; e della grande guerra ha fatto pace, perché con l'umiltà ha vinta la superbia del mondo. Però disse egli: «Rallegratevi, che io ho vinto il mondo» cioè la superbia dell'uomo.

  16. Ché non è veruno tanto enfiato, superbo, e sì impaziente, che non diventi umile e mansueto quando considererà e vedrà tanta profondità e grandezza d'amore, vedere Dio umiliato a noi uomini. E però i santi e veri servi di Dio, volendogli rendere cambio, sempre si umiliano; tutta la gloria e la lode danno a Dio: riconoscono loro, e ciò che hanno, solo avere da Dio.

  17. Vedono loro non essere. E ciò che amano, amano in Dio, siano in stato o in grandezza quanto si vuole. Ché quanto è più grande, più si deve umiliare, e conoscere sé non essere: ché nel conoscimento di sé egli s'umilia e non leva il capo o enfia per superbia; ma china il capo e riconosce la bontà di Dio adoperare in sé.

  18. E così acquista la virtù dell'amore e dell'umiltà: ché l'una è bàlia e nutrice dell'altra; e senza esse non potremmo avere la vita. Oimè, oimè, chi sarà quello stolto bestiale, che, vedendosi amare, non ami, e che al tutto non levi e tolga da sé l'amore proprio perverso, che è principio e radice d'ogni nostro male?

  19. E non so vedere che sia veruno sì indurito, che non ami, vedendosi amare; purché egli non si tolga il lume coll'amore detto. Che segno dà colui che ama? Questo è il segno che appare di fuori.

  20. Domandiamone, e vedrete Jeronimo, che fu nello stato vostro: mortificava la carne sua con digiuni, vigilie e orazione, con abito sempre despetto; uccideva in sé la superbia, e con grande sollecitudine, non cercava, ma fuggiva ogni onore e stato del mondo.

  21. E pur Dio, coloro che sé umiliano, li esalta; avendo lo stato, non perde però la virtù sua, ma raffina, come l'oro nel fuoco, aggiungendovi la virtù della carità. Diventa mangiatore e gustatore dell'anime; non teme di perdere la vita del corpo suo, però che egli ha presa la forma e il vestimento dell’Agnello dolce, Gesù.

  22. Perché non ama sé per sé, né il prossimo per sé, né Dio per sé, ma ogni cosa ama in Dio. Non si cura né di vita né di morte né di persecuzione, né di veruna pena che sostenesse; ma attende solo all'onore della somma ed eterna Verità. Or questi sono i segni dei veri servi di Dio. Di questi cotali vi prego e voglio che siate voi, padre. Portatemi il segno della vera umiltà, non curioso nello stato vostro, ma despetto.

  23. Non impaziente per veruna pena o ingiuria che sostenessi, ma con ferma virtù di pazienza sostenete nel corpo della santa Chiesa fino alla morte, annunziando e dicendo la verità, o consigliando, o per qualunque modo l'avete a dire, senza veruno timore; attendendo solo all'onore di Dio, e alla salute delle anime, e alla esaltazione della santa Chiesa, siccome figliuolo vero suo, nutrito da sì dolce madre.

  24. Or in questo dimostrerete la divina dolce carità insieme con la pazienza. Siatemi largo, caritativo spiritualmente, come detto è, e temporalmente. Pensate, che le mani dei poveri v'aiutano a porgere e recare la divina Grazia. Voglio che cominciate una vita e un vivere nuovo. Non più dormite nel sonno della negligenza e ignoranza: siatemi campione vero.

  25. Io v'ho detto che io desidero che siate un agnello a seguire il vero Agnello. Ora vi dico, che voglio che siate un leone forte a gettare il muggito vostro nella santa Chiesa; e siate sì grande in voce, e in virtù, che voi aiutiate a resuscitare i figliuoli morti, che dentro ci giacciono.

  26. E se diceste: dove avrò questo grido e voce forte? Dall'Agnello, che secondo l'umanità non grida, ma sta mansueto, e secondo la divinità dà potenza al grido del Figliuolo con la voce della smisurata sua carità;

  27. sicché per la forza e potenza della divina essenza e dell'amore che ha unito Dio con l'uomo, con questa virtù è fatto l'agnello un leone; e stando in su la cattedra della Croce, ha fatto sì fatto grido sopra del figliuolo morto dell'umana generazione, che gli ha tolta la morte, e data la vita.

  28. Or da costui riceveremo la forza: perché l'amore che trarremo dell'obietto del dolce Gesù, ci farà partecipare della potenza del Padre. Ben vedete che è così, che né dimonio né creatura ci può costringere a un peccato mortale; perché ha fatto l'uomo libero e potente sopra di sé.

  29. Nell'amore partecipiamo il lume e la forza dello Spirito Santo, il quale è un mezzo che lega l'anima col suo Creatore, e illumina l'intelletto e il conoscimento, nel quale lume partecipa la sapienza del Figliuolo di Dio.

  30. O carissimo padre, scoppino e si divellano i cuori nostri a vedere in che stato e dignità l’infinita Bontà ci ha posti, sì per la creazione dandoci l’immagine sua, sì per la ricomperazione e unione che ha fatta la Natura Divina all'umana. Più non poteva dare, che dare se medesimo a coloro che per il peccato erano fatti nemici di Dio.

  31. Oh ineffabile consumato amore, bene sei innamorato della fattura tua; perché non potendo tu, Dio, sostenere pena, e volendo fare pace con l'uomo, e la colpa commessa si voleva pur vendicare, non essendo sufficiente puro uomo a soddisfare alla grande ingiuria che fatta era a te, Padre eterno;

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