E N D
Il teatro nella prima metà del Cinquecento: eredità e metamorfosi della cultura contadina (Weimann)Miracle e moralities furono abolite dalla Riforma e sostituite da rappresentazioni laiche come gli interludesI Moralities rappresentati fino al 1570Propaganda protestante (Sotto Henry VIII)John Skelton, Magnyficence,(1515-23) battaglia tra vizi e virtù, contro il cardinale Wolsey (falsa magnificenza)John Bale , (1533-43)King Johan, dramma (storico) protestante sul diritto dello stato a subordinare a sé la Chiesa.
Teatro sotto Maria Tudor • John Heywood, The Playe called the foure P’s The Pardoner and the Friar • Nicholas Udall,Ralph Roister Doister, (1552)-tradizione colta:influenza di Plauto e Terenzio che da al dramma inglese la divisione in atti e e scene • Gammer Gurtons Nedle, (1560),(L’ago della comare Gurton) Christ’s College di Cambridge, influenza di Terenzio, ma la trama sottile è tutt’altro che accademica:l’ago con cui l comare Gurton sta riparando in paio di mutande viene perso e trovato solo dolorosamente dal proprietario quando questi riceve un calcio nel sedere! • Compagnie di fanciulli nelle università
La tragedia-influenza di Seneca (Tieste, Hercules Furens,Troades):teatro sanguinario e sensazionalistico, non inteso per essere rappresentato-di Seneca il teatro cristiano inglese eredita lo stoicismo (rigore morale) e il decoro formale-Gorboduc. The Tragedie of Ferrex and Porrex (1562, primi anni di Elisabetta, rappresentato a corte) di Thomas Norton e Thomas Sackville, lodato da Sidney nella sua Defense (Clyming to the height of Seneca).Il fine della tragedia è costruire un discorso politico: indagine sulle origini della decadenza politica vista nella debolezza dei vecchi e nella gelosia e invidia dei giovani. Parallelismo con King Lear. Coro:”A mirrour …toprinces all/to learne to shunne the cause of such a fall”Dumb shows o pantomime introducono gli atti: sei selvaggi, tre furie, disordini e pericoli relativi alla divisione politica.
Il teatro degli anni Novanta (del Cinquecento)Il Folio del 1623 ha 36 drammi di Shakespeare di cui 18 mai pubblicati prima, l’edizione del 1616 in folio delle opere di Ben Jonson è una rivoluzione nel gusto e nella reputazione dl teatro, Sir Thomas Bodley,qiando nel 1602 allestì la biblioteca dell’Università di Oxford esluse le opere drammatiche.-i testi drammatici inglesi vennero esportati (Spanish Tragedy, 1601, a Francoforte e nel ’26 a Dresda.-Thomas Kyd e Marlowe, University Wits--Kyd’s The Spanish Tragedy or Hieronimo is Mad Again (1592), blank verse, tragedia di vendetta come The Malcontent (1604) di Marston, The Revenger’s Tragedy, di Thomas Middleton e Hamlet.Quello di Kyd è un protagonista ossessivo e pensieroso, sospettoso e alienato che vuole vendicare la morte del figlio. Azione violenta, gesto ostentato, retorica declamatoria.
Christopher Marlowe,la vitaMarlowe morì il 30 maggio del 1593. Era nato solo ventinove anni prima, nel 1564, lo stesso anno di nascita di Shakespeare, ma quasi nessuno di quei ventinove anni, sembrerebbe, fu un anno tranquillo per Marlowe. Figlio di un calzolaio di Canterbury, vinse una borsa di studio per iscriversi all’università di Cambridge. Tardò a laurearsi perché fu ben presto notato per il suo talento e reclutato nei servizi segreti della regina Elisabetta. Giunto a Londra nel 1587, continuò con molta probabilità a lavorare come spia per il governo e cominciò a scrivere per il teatro. Fu coinvolto in una missione che portò a sventare una minacciosa congiura ai danni del regno, nota come congiura di Babington.
Fu verosimilmente a causa del suo mestiere di spia e dei suoi rapporti con gli uomini piú potenti del momento che Marlowe finì assassinato in una locanda di Deptford, nei pressi di Londra. I documenti ufficiali parlano invece di una rissa sorta per il pagamento di un conto e di una coltellata sferrata per caso, confermando così un ritratto di personaggio blasfemo e dissoluto che circolava a Londra all’inizio degli anni novanta. Al povero Thomas Kid, il drammaturgo che condivise con lui una camera a Londra, la polizia aveva estorto la convalida di quel ritratto, aggiungendovi una nota di carattere: Marlowe era un uomo dal “cuore crudele”. Non fu così che lo ricordarono gli amici piú cari: “il prediletto delle Muse”, “l’uomo che ci era caro e rimarrà vivo nella nostra memoria”, e infine Shakespeare solo a lui, tra i suoi contemporanei, rese omaggio sia citando esplicitamente che appropriandosi della sua poesia.
Le opereSe la vita di Marlowe dovette essere turbolenta (come del resto lo fu quella di molti suoi contemporanei), i suoi drammi clamorosamente oltraggiosi si prestarono ad avvalorare l’immagine di una esistenza spericolata e ribelle che mentre non lo aiutò a allungare la vita, contribuì a fare di lui uno dei poeti piú amati dai romantici. E invece, oltre che a essere una spia, Marlowe aveva studiato i classici. Scrisse il suo primo dramma quando era ancora a Cambridge: Dido, Queene of Carthage (Didone, regina di Cartagine, ca. 1587) drammatizza l’episodio del quarto libro dell’Eneide che narra l’appassionata e infelice storia d’amore tra Didone e Enea.
Il suo primo successo teatrale cedeva invece alle richieste per il sensazionale del pubblico eterogeneo di Londra. Tamburlaine the Great (Tamerlano il grande, 1587) suscitò un tale entusiasmo che Marlowe ne dovette scrivere una seconda parte. Il dramma rappresenta la storia eroica di un pastore sciita che con le sue sole virtù assurge a imperatore dopo aver trionfato su potenti nemici e aver messo a ferro e fuoco mezzo mondo. Un potente endecasillabo sciolto (blank verse) accompagna la conquista travolgente come una marcia trionfale. Non c’è nulla nel dramma che non sia presentato come una clamorosa esagerazione. A partire dal protagonista che appare sia ai suoi amici sia ai suoi nemici sia al suo pubblico come una figura irresistibilmente carismatica e allo stesso tempo spaventosa.
Con The TragicalHistory of Doctor Faustus (La tragica storia del Dottor Faustus, 1590) lo spazio si restringe dal mondo intero allo studio di un personaggio non meno ambizioso e non meno ateo di Tamburlaine. Faustus non vuole conquistare il mondo ma una conoscenza infinita. Nel famoso monologo che apre il dramma, Faustus, studioso avido e scontento, rifiuta il sapere accademico e si avventura nei sentieri pericolosi della magia. Dopo aver stipulato un patto con il diavolo Mefistofele e avergli venduto l’anima in cambio della conoscenza dei cieli, Faustus prova un momento di felice liberazione che assomiglia a un realizzato desiderio di conoscenza. In realtà, Faustus non ottiene il potere e l’onore che si aspetta, e riesce tutt’al piú a beffare la corte di Roma e a stupire un principe tedesco con alcuni trucchi da prestigiatore. Prima di morire, tuttavia, s’immerge nelle braccia della mitica Elena di Troia in uno dei momenti piú poetici e appassionati del dramma:Is this the face that launched a thousand ships, And burnt the topless towers of Ilium? Sweet Hellen make me immortal with a kiss[E’ questo il volto che varò mille navi/ e bruciò le smisurate torri di Ilio?/ Dolce Elena, rendimi immortale con un bacio].L’abbraccio è insieme sacrilego (Elena viene evocata da Mefistofele ed è quindi un diavolo) sia mistico. Elena viene infatti presentata come l’incarnazione della natura con cui il filosofo si congiunge tradizionalmente in un abbraccio erotico. Nello struggente monologo finale Faustus affronta la morte e l’inferno che tocca al filosofo miscredente
Altrettanto solitario e anticristiano, ma niente affatto studioso, è il perfido ebreo Barabas, protagonista di The Jew of Malta (L’ebreo di Malta, 1592). Presentato nel prologo da uno stereotipato Machiavelli, Barabas è un altrettanto stereotipato ebreo. Astuto e beffardo, Barabas imbastisce una serie di trame sotterranee per vendicarsi del governatore di Malta, Ferneze, che lo ha privato dei suoi beni per pagare i Turchi che minacciano l’isola (chiara metafora dell’Inghilterra). Dopo avere ucciso nemici e amici, e persino la figlia Abigail, con un certo malvagio piacere, Barabas finisce vittima dei suoi stessi stratagemmi non solo perché incarna la mostruosa avidità del capitalismo incipiente, ma anche perché mette a nudo l’ipocrisia della cristiana isola di Malta che si rivela tanto avida quanto Barabas stesso.
Edoardo II, protagonista dell’omonima tragedia Edward II (1592), manca di tutta l’energia e l’ambizione che caratterizzano gli altri personaggi marlowiani. Caso unico nella storia della drammaturgia elisabettiana, Edoardo II racconta la storia scabrosa di un re inglese del Trecento che perde il trono a causa di un amore doppiamente trasgressivo per Gaveston, un uomo socialmente inferiore. Si apre quindi uno scontro aspro tra Edoardo e il beffardo e teatrale Gaveston da una parte e una aristocrazia riottosa e conservatrice alleata alla moglie del re Isabella dall’altra. La tragedia termina con la morte di Gaveston e con una lunga e struggente scena che descrive la fine scioccante del re. Chiuso in una fogna, coperto di escrementi, Edoardo viene lungamente tormentato fisicamente e mentalmente per poi essere impalato dai sicari dell’usurpatore. La scena straziante trasforma un re omosessuale nel martire di un’aristocrazia ottusa e guerrafondaia.
Il fatto che Marlowe scegliesse di mettere in scena la storia di un re non altrimenti noto nelle cronache del regno che per la sua omosessualità sembrerebbe confermare le insinuazioni che circolavano sull’omosessualità del suo autore. Ma il fatto che Edoardo II non subisse alcuna censura (al contrario del Doctor Faustus che fu ritenuto molto piú pericoloso da punto di vista filosofico e politico) dimostra che l’omosessualità (parola peraltro ancora assente nei vocabolari europei) non veniva considerata un peccato capitale, e benché fose condannata per motivi religiosi, veniva raramente perseguita sia socialmente sia giuridicamente come sarebbe avvenuto qualche secolo piú avanti in Inghilterra. Può darsi che Marlowe fosse omosessuale, e che avesse con i suoi amici e protettori, aristocratici o meno, rapporti erotico-sessuali, ma l’amore che attrae ossessivamente Edoardo e Gaveston assomiglia all’amore greco che troviamo in Hero and Leander (Ero e Leandro), uno dei piú bei poemetti del Cinquecento, pubblicato solo nel 1598 e giustamente ricordato e citato da Shakespeare.