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Dal Miracolo Italiano al Grande Declino

Festival dell’Economia (quarta edizione) Trento, Palazzo del Buonconsiglio 1 Giugno 2009 Come recuperare il terreno perduto? Dal “Miracolo” al “Grande Declino” Relatore: Fabrizio Zilibotti, Institut für Empirische Wirtschaftsforschung, Università di Zurigo.

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  1. Festival dell’Economia (quarta edizione)Trento, Palazzo del Buonconsiglio1 Giugno 2009Come recuperare il terreno perduto?Dal “Miracolo” al “Grande Declino”Relatore: Fabrizio Zilibotti, Institut für Empirische Wirtschaftsforschung,Università di Zurigo

  2. Dal Miracolo Italiano al Grande Declino • Nel periodo 1950-1991 il prodotto pro capite in termini reali crebbe in Italia ad una media annua del 3.8%. - Nel 1950, l’Italiano medio aveva un reddito pari al 38% dello statunitense medio. - Nel 1991, l’Italiano medio aveva un reddito pari al 76% dello statunitense medio. • Nel periodo 1991-2008, la crescita annua è caduta ad appena l'1.2% - Nel 2008, , l’Italiano medio aveva un reddito pari al 65% dello statunitense medio.

  3. Dal Miracolo Italiano al Grande Declino • L'Italia perde terreno non solo rispetto agli Stati Uniti, ma anche rispetto agli altri paesi europei • Nel 1991 gli italiani erano in media più ricchi dei britannici e dei finlandesi. Francesi e tedeschi erano appena 10% piu‘ ricchi. Gli spagnoli erano 25% più poveri! • La domanda sulla bocca di tutti gli Europei era: perchè l‘Italia cresce nonostante la corruzione, instabilità politica, etc.. • Nel 2008britannici e dei finlandesi erano più ricchi degli italiani di quasi il 20%, Francesi e tedeschi del 15%. La Spagna ci ha superato! • Che cosa e' cambiato? Perché il meccanismo della crescita si è inceppato? La crisi globale approfondira' il declino, o può essere un nuovo punto di svolta?

  4. La Rincorsa • L’Europa del Dopoguerra era un continente estremamente povero. • PIL pro capite nel 1950 (in dollari, anno-base 2000): • Spagna 3000 $, Italia 4200 $, Germania Federale 5300 $, Francia 5900 $ • PIL pro capite nel 2004 (in dollari, anno-base 2000): • Pakistan 2700 $, Albania 4500 $, China 5300 $, Italia 23000 $. • Nel 1950, le economie di ”frontiera” erano molto più ricche: • Regno Unito 8000 $, Svizzera 11000 USD, US 11000 $.

  5. La Rincorsa • I tassi di crescita del prodotto per addetto nel periodo 1950-75 • Italia 5%, Francia 4.1%, Germania 4.5% • Regno Unito 2.2%, Stati Uniti 1.9% • DUE FATTORI CHIAVE: 1) Elevata propensione al risparmio e investimento Rapporto Investimento/PIL: - Italia 27%, Francia 22%, Germania 29% - Regno Unito 16%, USA 17% 2) Progresso tecnologico Crescita annua TFP 1960-75 - Italia 2.2%, Francia 1.2%, Germania 0.7% - Regno Unito -0.1%, USA 0.6%

  6. L‘essenza del Miracolo • Che cosa ha reso possibile tale combinazione di elevati investimenti a rapida crescita della produttività? - Rapida ricostruzione (Piano Marshall 1947-51) - Ritardo tecnologico iniziale: introduzione a basso costo tecnologie già in uso altrove - Limitata crescita salariale nell’industria (favorita dal declino del settore agricolo e migrazione interna) - Crescita del commercio estero ed integrazione europea - Stabilita’ macroeconomica - Democrazia come valore condiviso a partire dal processo costituente repubblicano - Attiva politica industriale

  7. Un ruolo forte dello Stato • Politica industriale fortemente interventista • Barriere tariffarie (specialmente negli anni 50) a difesa delle industrie nascenti • Coordinamento pubblico del processo di industrializzazione attraverso il sistema di partecipazione industriale (IRI) ed intervento diretto nel ramo energetico (ENI) • Credito selettivo: le imprese IRI beneficiarono di accesso preferenziale ad istituti di credito pubblici o semi-pubblici come Mediobanca ed IMI

  8. Il quadro internazionale: Francia • L’esperienza dell’IRI è in certa misura originale (con radici in epoca fascista) • Altri paesi affrontarono il problema del coordinamento dello sviluppo industriale con approcci non dissimili: • Francia – planificatione indicative (Pierre Massè / Jean Monnet) - programmazione non coercitiva a livello nazionale - consultazione e concertazione con le organizzazioni del mondo del lavoro - possibilità dello Stato di intervenire in modo discriminatorio nei confronti di imprese e settori a seconda della coerenza del loro comportamento con gli obiettivi del piano • Giappone: politica industriale sotto la direzione del Ministero per l’Economia, Commercio ed Industria (MITI)

  9. Coesione Sociale • In Germania e nei Paesi Nordici la politica industriale e l’intervento pubblico ebbero un ruolo meno importante • Più importante fu la cooptazione del movimento sindacale di ispirazione socialista in un processo di crescita consensuale • La Guerra Fredda rendeva i governi occidentali e le leaderships industriali poco inclini alla confrontazione sociale • La participazione dei lavoratori venne favorita da importanti concessioni sociali, tra cui sussidi disoccupazione, contrattazione collettiva, sviluppo di sistemi pensionistici universali • In cambio, i datori di lavoro ottennero moderazione salariale e relazione industriali improntate alla cooperazione

  10. Il quadro internazionale: Svezia • In Svezia le relazioni industriali furono improntate ad uno spirto di cooperazione a partire dagli accordi di Saltsjöbaden (1938) • Tali accordi delinearono le regole della contrattazione collettiva, azioni industriali (scioperi), dispute in conflitto con l’interesse pubblico, e la rescissione di rapporti lavorali. • Esempi: - Azioni industriali non possono essere iniziate prima che le parti interessate non abbiano soddisfattto l’obbligo di negoziare un accordo. - Azioni contro una terza parte neutrale sono proibite

  11. Il quadro internazionale: Germania • Soziale Marktwirtschaft (Economia sociale di mercato): accento sul principio del benessere collettivo e servizio pubblico in un’economia di mercato • Congresso 1959: SPD abbandona il Marxismo e accetta il capitalismo riformista • Meno enfasi sull’intervento pubblico che in Francia in Italia, in parte in reazione all’interventismo in epoca nazista • Sistema di contrattazione collettiva tra organizzazioni imprenditoriali e sindacati • Enfasi su valori ed aspetti culturali: parsimonia, etica del lavoro work, ricostruzione fisica e morale dopo la sconfitta, cooperazione sociale

  12. Riassunto • I paesi dell’Europa occidentale (continentale) si dotarono di politiche e di strumenti istituzionali che andavano ben al di là della semplice adozione dei principi del libero mercato • In numerosi casi, le istituzioni erano in esplicito conflitto con un puro rincipio di laissez-faire

  13. Teoria economica • La teoria economica cerca di identificare le radici tecnologiche, istituzionali e politico-economiche di successi e fallimenti • La teoria tradizionale (neoclassica) della crescita economica identificava il motore della crescita economica nell’accumulazione di capitale fisico e capitale umano • A partire dagli anni 90 si è affermata una scuola di pensiero che sposta l’attenzione sulla capacità delle economie di generare innovazione e progresso tecnico • Tale teoria fu sviluppata inizialmente per analizzare i paesi industrializzati. Successivamente, è stata estesa all’analisi del processo di sviluppo economico (convergenza tecnologica, istituzioni, etc.)

  14. Teoria ortodossa della crescita economica • La teoria della crescita è stata influenzata negli anni recenti dalla cosiddetta dottrina del “Washington Consensus” • Politiche ed istituzioni sono classificate univocamente come “buone” o “cattive” (one size fits all) • Stato minimalista. I governi devono limitare la loro azione a: • Liberalizzare i mercati • Garantire I’applicazione dei contratti attraverso un sistema giuridico certo ed efficiente • Garantire I diritti di propretà, specialmente intellettuale • Garantire stabilità macroeconomica • Operare investimenti in infrastrutture • Abolire rigidità ed eccesso di regolamentazione del mercato del lavoro • La politica industriale è vista con grande sospetto: introduce distorsioni, e crea lobbies e gruppi di potere che dipendono dall’intervento pubblico

  15. La teoria in azione: il declino dell‘Europa negli ultimi 20 anni • La teoria economica è stata spesso invocata per spiegare il ”declino” recente dell’Italia, e dell’Europa continentale più in generale, nell’ultimo decennio "...sclerotic under-achiever: a slow-growing, work-shy and ageing continent that is destined to be left behind by the United States, China and India..." (Economist, July 2007) • Distorsioni fiscali, mercati poco competitivi, eccessiva regolamentazione ed intervento pubblico, incentivi rovinati dagli eccessi redistributivi del welfare state, mercati del lavoro troppo rigidi

  16. La teoria in difficoltà:Come spiegare il Miracolo? • Interrogativo: • Come spiegare il Miracolo italiano e la rapida convergenza dell’Europa quando questi paesi adottarono politiche non ortodosse • Non solo Italia, non solo Europa: • Politiche industriali hanno segnato il prolungato successo di Giappone e Corea del Sud. • Questi paesi hanno adottato forti politiche industriali incluso misure di protezionismo – accompagnate da un forte impulso per I settori export • Alcuni paesi dell’America Latina come Brasile, Peru e Messico hanno puntato sulla politica di cosiddetta “sostituzione delle importazioni”, inizialmente con un certo successo • La Cina degli anni 80 ha perseguito con successo una strategia con forti elementi di intervento pubblico discriminatorio in favore di taluni settori e regioni

  17. Una nuova teoria di crescita e istituzioni • Aghion, Acemoglu e Zilibotti: “Distance to Frontier and Economic Growth” Journal of the European Economic Association 2006. • Dall’idea che le istituzioni possono essere “buone” o “cattive” a quello di istituzioni “appropriate” e “inappropriate”

  18. Distanza dalla Frontiera e Crescita Economica • Il progresso tecnico origina da due attività distinte:Imitazione (adozione di tecnologie pre-existenti)Innovazione (introduzione di nuove tecnologie) • Imitazione e investimenti in capitale fisico sono la fonte principale di crescita e convergenza tecnologica quando un paese è ”lontano dalla frontiera” • Al progredire della convergenza tecnologica, l’innovazione diventa relativamente più importante per la crescita • Imitazione ed innovazione sono attività distinte che richiedono forme organizzative distinte ed anche politiche e contesti istituzionali diversi

  19. Distanza dalla Frontiera e Crescita Economica • Lontano dalla frontiera tecnologica - politiche industriali selettive, interventi pubblici diretti (banche, energia, etc.), mercati del lavoro regolamentati (negoziazione collettiva, restrizioni sui licenzimenti) possono aiutare il processo di investimento e di adozione di tecnologie esistenti in altri paesi • Francesco Giavazzi ((Corriere della Sera, 31 gennaio 2007)) “Negli anni 50 e 60 l' Italia - come più tardi Giappone e Corea del Sud - è cresciuta adottando tecnologie note e il più delle volte sviluppate negli Stati Uniti: acciaio, automobili, elettrodomestici. In questa fase, in cui erano necessari grandi investimenti con rendimenti differiti nel tempo, serviva stabilità, quindi relazioni a lungo termine tra industriali e banchieri, assetti proprietari duraturi, basso avvicendamento dei manager, tutte caratteristiche di un sistema finanziario imperniato su grandi banche. ”

  20. Distanza dalla Frontiera e Crescita Economica • All’avvicinarsi della frontiera tecnologica - innovazione richiede capitale umano e la “selezione” delle migliori imprese e del talento imprenditoriale - barriere all’entrata ed alla concorrenza limitano la distruzione creativa e l’allocazione delle risorse alle imprese piu’ produttive • Ancora Giavazzi (Corriere della Sera, 31 gennaio 2007): “Quando un Paese raggiunge la frontiera della tecnologia, l‘innovazione diventa il fattore critico per la crescita. E poiché sono soprattutto le imprese nuove che innovano è necessaria molta «distruzione creativa», cioè un ambiente in cui le vecchie aziende chiudono i battenti e nuove le sostituiscono, in cui la proprietà è contendibile, anche quella delle banche. La stabilità degli assetti proprietari e le relazioni di lunga durata tra industriali e banchieri egemoni diventano un ostacolo. Come pure la «politica industriale» e una presenza attiva dello Stato nell' economia... E se un Paese non ci riesce la crescita si interrompe: questo è il vero motivo per cui da anni il Giappone non cresce più.” 23

  21. Distanza dalla Frontiera e Crescita Economica • Insomma, al passare del tempo, le istituzioni che sono appropriate a promuovere la crescita economica cambiano Lontano dalla frontiera -> istituzioni rigide Vicino alla frontiera -> istituzioni flessibili • In parte questo processo avviene spontanemente, ma le politiche determinano I tempi del cambiamento

  22. Crescita con regimi contrattuali alternativi: lungo periodo (LP) e corto periodo (CP) O 45 PILt (relativo) CP LP PILt-1 (relativo) ^ 1 a

  23. Politica ottima: si comincia con politica industriale e poi si liberalizza O 45 PILt (relativo) CP LP Liberalizzazione Politica industriale PILt-1 (relativo) ^ 1 a

  24. Eccesso di laissez-faire: partenza lenta, e rischio di non partire O 45 PILt (relativo) CP Assenza di Politica Industriale PILt-1 (relativo) 1

  25. Equilibrio sclerotico: assenza di riforme O 45 PILt (relativo) CP LP Politica industriale PILt-1 (relativo) ^ atrap 1 a

  26. Distanza dalla Frontiera e Crescita Economica • La convergenza tecnologica deve essere accompagnata da un processo di riforme economiche e del funzionamento interno delle imprese • Perchè? Le imprese attrezzate al processo di investimenti su larga scala non sono necessariamente ugualmente attrezzate a produrre innovazione • Capacità innovativa richiede: • Flessibilità produttiva (AAGZ JEEA 2010) • Decentralizzazione delle decisioni all’interno dell’impresa (AALVZ QJE 2008) • Investimenti in ricerca e sviluppo • Disponibilità di capitale umano altamente qualificato (forte sistema educativo, in particolare universitario)

  27. Distanza dalla Frontiera e Crescita Economica • Come valutiamo la validità della teoria? • La teoria offre predizioni “falsificabili”: 1) effetti di barriere anti-competitive (costi di creare nuove imprese, restrizioni sul commercio estero) 2) diffusione e qualità istruzione superiore 3) politiche di liberalizzazione 4) organizzazione interna delle imprese • Validazione empirica basata su • dati di paesi (confronto tra paesi con instituzioni diverse), • riforme all’interno di paesi (esempio: studio sul processo di liberalizzazione in India negli anni 80 e 90) • dati a livello di impresa ed industria

  28. Distanza dalla Frontiera e Crescita Economica • Secondo la teoria, il processo di crescita e convergenza si può arrestare se non vengono introdotte le riforme adeguate • Questo processo di riforme è mancato in Italia • Che cosa è successo invece? • Anni 70: shock petrolifero, caduta della produttività • Come mantenere la crescita e la coesione sociale di fronte alla crisi. Risposta europea: • Limitando la caduta degli investimenti attraverso politiche fiscali e monetarie espansive: inflazione • Rafforzando le protezione nel mercato del lavoro • Proteggendo imprese esistenti

  29. Gli anni 80 • Un fatto nuovo: ”skill-biased technical change” • Nuove tecnologie aumentano la domanda di lavoratori qualificati e con alti livelli di istruzione, riducendo la domanda di lavoratori non qualificati • ”Terziarizzazione” • Tendenza all’aumento delle disuguaglianza: • Stati Uniti e Regno Unito: caduta dei salari dei più poveri, aumenti dei salari dei più ricchi • L’Europa “resiste” con misure di politica economica, ma il costo è la disoccupazione crescente • L’Italia va meglio di altri paesi europei negli anni 80… • … ma la nota dolente è l’esplosione del debito pubblico 32

  30. Gli anni 90 • I benefici della rivoluzione tecnologica si diffondono: IT e .com • USA: ripresa della crescita e ”grande moderazione”. Assenza di recessioni (negli USA) tra 1991-2001 • L’Italia stenta, e cresce marcatamente meno anche degli altri paesi europei • Il tasso di crescita è tra i piu’ bassi a livello OCSE – peggio fa solo il Giappone

  31. Teoria Economica … • La rivoluzione informatica attua come un moltiplicatore delle tendenze di lungo periodo discusse in precedenza • Ne beneficiano i paesi ad alta flessibilità e con un chiaro vantaggio competitivo nell’innovare e/o nell’introduzione delle nuove tecnologie • Istruzione superiore, capacità innovativa, familiarità con le tecnologie informatiche (conoscenza dell’inglese), mercati concorrenziali, flessibilità occupazionale sono i fattori chiave del successo • L’Italia arranca, e le riforme non arrivano

  32. … e Pratica Politica • I governi di centro destra • attuano a difesa di particolari monopoli • non credono nelle liberalizzazioni (caso Alitalia) • sono mossi da anti-intellettualismo (che ne condiziona la politica dell’istruzione e ricerca) • operano crociate populistiche che producono nuove rigidità (esempio: politica anti-immigrazione) • I governi di centro-sinistra • sono inerti, difensivi (e poco creativi) nella difese di politiche di welfare (esempio: riforma pensioni) • non credono nella flessibilità del mercato del lavoro • non promuovono meritocrazia ed eccellenza (esempio: sistema accademico) a causa di un egalitarismo distorto

  33. Non solo USA, non solo Thatcher • Dopo la convergenza e la rivoluzione informatica, c’è davvero un solo modello? • Vale a dire: flessibilita’, opportunità, ma anche disuguaglianza e assenza di ammortizzatori sociali • Nessuna speranza per l’Europa sociale? • La crisi recente ed i suoi effetti negli Stati Uniti rende questa prospettiva quantomeno inquietante • L’amministrazione Obama sta ripensando tale modello • In realtà il modello anglosassone dell’ultimo decennio NON è l’unico esempio di flessibilità • Flexicurity (Scandinavia, Paesi Bassi)

  34. Flexicurity • Flexicurity: si proteggono i lavoratori, non i posti di lavoro • E’ facile per le imprese aggiustare il numero di occupati. Ma i sussidi di disoccupazione sono generosi • Enfasi su retraining (riqualificare per lavoratori in settori ed attività obsoleti) • Tasse e cunei fiscali sono più alti che nei paesi anglo-sassoni. Per limitare i costi, c’e’ una crescente enfasi sul controllo degli abusi • Attiva promozione della participazione al mercato del lavoro, specialmente femminile - imposizione fiscale perfettamente individuale - generosi sussidi pubblici a scuole dell’infanzia - un anno di mater/paternità

  35. La crescita nei paesi nordici • Dopo la crisi dei primi anni 90, i paesi nordici hanno conseguito elevati tassi di crescita • Tra il 1993 ed il 2007, la crescita media del PIL pc è stata 2.7%, superiore agli Stati Uniti (2.1%) • La disoccupazione, che era cresciuta nei primi anni 90, è caduta (anche se la crisi sta ricreando il problema) • La partecipazione al mercato del lavoro è tra le piu’ alte del mondo: • in Italia il rapporto occupazione-popolazione 15-64 è 58%, in Scandinavia oltre il 75% • Flexicurity non vuole dire socialdemocrazia. In tutti questi paesi il modello è passato attraverso governi di colore diverso

  36. La Crisi • La popolarità della ricetta del mercato senza regole è caduta drasticamente nel corso della crisi corrente • Insospettabili di pro-statalismo si schierano a favore di piani massicci di intervento pubblico: dallo stimolo fiscale di tipo keynesiano tradizionale, al salvataggio pubblico (a spese dei contribuenti) delle aziende in crisi • C’è il rischio di gettare il bambino con l’acqua sporca: • Il meccanismo di mercato si è dimostrato capace di creare ricchezza e diffondere benessere, ma l’idea che questo possa avvenire nel vuoto istituzionale e di regole è sbagliata e non ha fondamenta solide nella teoria economica

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