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Poteri di ordinanza - misure di sicurezza e prevenzione - libertà personale. Approfondimento e aggiornamento su due importanti novità che interessano insieme il sistema delle fonti , il ruolo dei poteri locali , le libertà costituzionali
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Poteri di ordinanza - misure di sicurezza e prevenzione - libertà personale Approfondimento e aggiornamento su due importanti novità che interessano insieme il sistema delle fonti, il ruolo dei poteri locali, le libertà costituzionali n.b.QUESTE SLIDE SONO DESTINATE ALLA LETTURA DA PARTE DI CHI VOGLIA FARE UN APPROFONDIMENTO PERSONALE. Decreto ‘sicurezza’ Minniti [decreto legge 20 febbraio 2017 n. 14, convertito dalla legge 18 aprile 2017 n. 48]. Decreto ‘sicurezza’ Salvini, convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, legge 1 dicembre 2018 n. 132,
POTERI DI ORDINANZA DEL SINDACO E LIBERTA’ PERSONALE : il d. legge 20.2.2017 ‘Disposizioni in materia di sicurezza delle città’. ( da Giovanni Di Cosimo, in Lacostituzione.info) Il ‘decreto sicurezza’ 2017 (detto ‘Minniti’ dal nome dell’allora Ministro dell’Interno) modifica l’art. 50 del Testo unico degli enti locali ampliando non poco tale potere. Finora i sindaci potevano adottare ordinanze solo per “emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale”. Il decreto aggiunge che possono farlo anche “ in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti”. Il Minniti introduce il cd. daspo urbano: chi viola i divieti imposti dall’ordinanza può subire un ordine di allontanamento.
il rafforzamento del potere di ordinanza deve comunque fare i conti con la giurisprudenza della Corte costituzionale che aveva stabilito che tale potere deve essere circoscritto e rispettare il principio di legalità sostanziale (sent. 115/2011). In quel caso la Corte aveva accolto la questione perché le ordinanze incidevano sulla libertà delle persone: “incidono, per la natura delle loro finalità (incolumità pubblica e sicurezza urbana) e per i loro destinatari (le persone presenti in un dato territorio), sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque, in maggiore o minore misura, restrizioni ai soggetti considerati.” Il rischio è che anche questa nuova formulazione del potere di ordinanza, collegato a generiche finalità (decoro, vivibilità urbana, incuria, degrado del territorio) possa portare a limitazioni della libertà delle persone. Rischio amplificato quando al potere di ordinanza si somma il potere di allontanare le persone da certi luoghi urbani. ( da Giovanni Di Cosimo, in Lacostituzione.info)
Il cd DASPO URBANO del decreto Minniti dà al sindaco il potere di imporre una sanzione amministrativa pecuniaria a “chiunque ponga in essere condotte che limitano la liberaaccessibilità e fruizione” di certi luoghi cittadini (la norma parla di“aree interne delle infrastrutture, fisse e mobili, ferroviarie,aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze”). Chi tiene questi comportamenti viene allontanato dal luogo urbano. L’ordine di allontanamento è un atto scritto e vale per 48 ore. Se il destinatario dell’ordine di allontanamento lo vìola, deve pagare una sanzione pecuniaria doppia di quella che gli è stata irrogata per aver limitato “la libera accessibilità e fruizione” del luogo urbano. ( da Giovanni Di Cosimo, in Lacostituzione.info)
Che cos’è un DASPO? il Daspo (acronimo che significa divieto di accesso alle manifestazioni sportive) di cui alla legge 401/1989 è considerato una misura amministrativa e non penale, anche se fondata quasi sempre su un’informativa di reato all’autorità giudiziaria da parte delle forze dell’ordine. La misura può essere emessa: a) nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi 5 anni per uno dei seguenti reati: porto d’armi od oggetti atti ad offendere; uso di caschi protettivi od altro mezzo idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona; esposizione o introduzione di simboli o emblemi discriminatori o razzisti; lancio di oggetti idonei a recare offesa alla persona, indebito superamento di recinzioni o separazioni dell’impianto sportivo, invasione di terreno di gioco e possesso di artifizi pirotecnici). b) nei confronti di chi abbia preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive o che abbia, nelle medesime circostanze, incitato, inneggiato, o indotto alla violenza. Tratto da Stefania Parisi in lacostituzione.info
Il Daspo viene emesso dal questore o dall’AG (con la sentenza di condanna per i reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, come sopra specificati) e la sua durata può variare da uno a cinque anni, nel primo caso, o da due a otto anni, se emesso dall’AG. Il provvedimento può prevedere come prescrizione ulteriore l’obbligo di presentazione in un ufficio o comando di polizia durante lo svolgimento di manifestazioni specificatamente indicate. Tale prescrizione, comportando una limitazione della libertà personale dell’interessato, è sottoposta alla procedura di convalida del provvedimento stesso davanti al GIP competente, sulla base del luogo dove ha sede l’ufficio del questore che ha emesso il provvedimento. Tratto da Stefania Parisi in lacostituzione.info
Nel decreto sicurezza 2017 il Daspo cresce! Ora vi rientrano anche condotte come la “prostituzione con modalità ostentate” o “l’accattonaggio con modalità vessatorie o simulando deformità o malattie o attraverso il ricorso a mezzi fraudolenti” che, in senso più ampio, limitano o comunque recano disturbo alla libera fruizione di tali spazi da parte dei cittadini. Il comma 2 sanziona con la misura dell’allontanamento anche chi – negli spazi indicati dall’articolo 1, viene trovato in stato di ubriachezza; compie atti contrari alla pubblica decenza; esercita il commercio abusivo.La misura si aggiunge quindi alle sanzioni amministrative già previste dall’ordinamento (art. 688 e 726 c.p.; art. 29, D.Lgs. 114/1998). Il comma 3 prevede l’ampliamento dell’ambito di applicazione delle misure previste dall’art. 1 ad aree urbane dove si trovino musei, ad aree monumentali e archeologiche o ad altri luoghi di cultura interessati da consistenti flussi turistici ovvero adibito a verde pubblico. Tratto da Stefania Parisi in lacostituzione.info
l’ordine di allontanamento, che ha una durata di quarantotto ore, sembra configurarsi come una misura di prevenzione (di reati), disposta, dunque, ante o praeterdelictum E come tale senza le garanzie dell’art. 13 Cost. Tratto da Stefania Parisi in lacostituzione.info
Attualmente, di norma, le misure di prevenzione sono adottate dall’autorità giudiziaria o dal questore. Si può solo immaginare che il potere sia esercitato dal sindaco in qualità di ufficiale del Governo nello svolgimento delle funzioni di pubblica sicurezza. L’applicazione della misura consegue automaticamente alla commissione di illeciti amministrativi. Alcune indicazioni in tal senso provengono dalla Corte costituzionale che ha più volte dichiarato l’illegittimità costituzionale di presunzioni assolute di pericolosità sociale: così con riferimento alle misure di sicurezza (sentenze n. 1/1971, n. 139/1982, n. 249/1983, n. 1102/1988), in materia di preclusione all’accesso a misure alternative alla detenzione (sentenza n. 78/2007) e di effetti penali della condanna (n. 78/2007). L’articolo 10 del decreto detta le modalità esecutive della misura dell’allontanamento dalle aree relative alle infrastrutture di trasporto e dalle loro pertinenze, come indicate dall’articolo 9. Nello specifico si stabilisce (comma 1) che: l’ordine di allontanamento, in forma scritta, è rivolto al trasgressore dall’organo che accerta la le condotte illecite; la misura inibitoria ha validità temporale limitata (48 ore dall’accertamento del fatto); la violazione dell’ordine comporta il raddoppio della sanzione amministrativa pecuniaria originaria (cioè quella prevista dall’art. 9, comma 1); il provvedimento vada trasmesso al questore competente nonché, ove necessario, alle competenti autorità sociosanitarie locali. Non si dice alcunché circa l’obbligo di motivazione del provvedimento. Tratto da Stefania Parisi in lacostituzione.info
Scrive la costituzionalista Stefania Parisi: «Credo sia abbastanza evidente che concetti come il decoro, la pubblica decenza, la sicurezza debbano essere maneggiati con cura: all’aumento del sistema dei limiti corrisponde, necessariamente, una contrazione dello spazio per l’esercizio di un diritto. Così, se questi concetti vengono rimessi al metro di un primo cittadino, per quanto costui possa essere un amministratore illuminato, ne potranno derivare conseguenze perverse. Innanzitutto, le decisioni sindacali contengono un alto tasso di discrezionalità: rispetto a esse, il destinatario non potrà difendersi. Si potranno, inoltre, verificare discriminazioni (non solo tra gli stranieri e/o le fasce sociali già deboli ma anche) tra cittadini residenti in luoghi diversi del Paese perché ciascun sindaco potrà decidere di innalzare o restringere il livello di sicurezza in relazione alle esigenze e agli standard da garantire nel territorio amministrato. È naturale, cioè, che il Sindaco di Napoli, avendo problemi di ordine pubblico di gran lunga superiori rispetto a quelli del comune di Vipiteno, probabilmente non applicherà mai la misura dell’allontanamento a ipotesi – faccio per dire – di accattonaggio con modalità vessatorie. Laddove, invece, il Sindaco di Vipiteno tenderà ad allargare le maglie del potere sindacale per (continuare ad) assicurare standard di vivibilità già molto alti nel comune amministrato. Insomma, se si vuole continuare a parlare per slogan, diciamo pure che “sicurezza è una parola di sinistra”. Ma se vogliamo ragionare in termini di tutela dei diritti individuali, di principio di legalità e di eguaglianza tra i cittadini, forse è ora di dismettere l’icona del sindaco-sceriffo di contea e di indossare i panni di chi vive l’emarginazione e il disagio sociale. Per definizione, gente indecorosa...»
Il decreto sicurezza Minniti aveva dunque inaugurato, il contrasto delle condotte di coloro che limitino la libera accessibilità e la fruizione diinfrastrutture, fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi ivi previsti [tra le condotte contrastabili: quella di esercizio della prostituzione, la mendicità, l’occupazione degli spazi per bivaccare o dormire, ecc.]. Veniva consentito anche il contrasto delle condotte di coloro che ivi vengano colti in stato di manifesta ubriachezza o a commettere atti contrari alla pubblica decenza, ovvero a svolgere attività di commercio abusivo, ovvero, ancora, di parcheggiatore o guardamacchina abusivo. La disciplina di contrasto era estesa alle condotte suddette se ed in quanto commesse su aree urbane su cui insistono scuole, plessi scolastici e siti universitari, musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici, ovvero adibite a verde pubblico. Con il “decreto Salvini”, le previsioni del decreto Minniti sono estese ai presidi sanitari ed alle aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati, pubblici spettacoli.
Dal decreto ‘Minniti’ al decreto ‘Salvini’ Le pagine seguenti sono estratte da G. Amato, Decreto Salvini, ‘Daspo’ ma non solo, in Il quotidiano giuridico.it, 5.12.2018
NOVITA’ SUL ‘DASPO’ Divieti di accesso negli esercizi pubblici IN materia di DASPO, il decreto sicurezza Minniti [decreto legge 20 febbraio 2017 n. 14, convertito dalla legge 18 aprile 2017 n. 48] ha introdotto– all’articolo 13- la previsione di un ulteriore divieto di accesso [o di stazionamento nelle immediate vicinanze], stavolta con riguardo ai locali pubblici o a esercizi analoghi [ tra i quali, le scuole, i plessi scolastici e le sedi universitarie], che può essere imposto dal questore, “per ragioni di sicurezza”, “nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o confermata in grado di appello nel corso degli ultimi tre anni per la vendita o la cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all’articolo 73 del d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309”, per fatti “commessi all’interno o nelle immediate vicinanze” di detti luoghi. La finalità che si è voluto perseguire, in tutta evidenza, è stata quella del rafforzamento del contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti: in fondo, si è voluto tentare di recuperare almeno in parte la disciplina già contenuta nell’articolo 75 bis del d.p.r. n. 309 del 1990, dichiarata incostituzionale con la sentenza 20 aprile 2016- 6 maggio 2016 n. 94 della Corte costituzionale, reintroducendo uno strumentario in qualche modo utilizzabile nell’ottica della prevenzione delle condotte illecite in materia di sostanze stupefacenti.
Il nuovo divieto di accesso “per la prevenzione di disordini negli esercizi pubblici e nei locali di pubblico trattenimento” Oggi il decreto ‘Salvini’ estende la previsione del decreto ’Minniti’ introducendo la previsione che il questore, “per ragioni di sicurezza” possa disporre “nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o confermata in grado di appello nel corso degli ultimi tre anni per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi ovvero in locali di pubblico trattenimento, per delitti non colposi contro la persona e il patrimonio, nonché per i delitti previsti dall’articolo 73 del d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 [stupefacenti]” il divieto di accesso agli stessi locali o ad esercizi pubblici analoghi, specificamente indicati, ovvero di stazionamento nelle immediate vicinanze degli stessi. A differenza che nel decreto Minniti, la misura preventiva riguarda anche soggetti il cui comportamento trasgressivo [soggetti condannati per delitti colposi contro la persona e il patrimonio e soggetti condannati per i delitti di cui all’articolo 73 del d.p.r. n. 309 del 1990] non ha avuto [o può non avere avuto] nulla a che fare con la “collocazione” dello stesso in un pubblico esercizio o in un locale di pubblico trattenimento.
Novità del decreto ‘Salvini’ . a) Misure per la sicurezza degli esercizi pubblici Si esula dal DASPO urbano con il disposto dell’articolo 21 bis, dove, con disposizione innovativa, si prevede la possibilità di “accordi” tra il prefetto e le organizzazioni maggiormente rappresentative dei titolari di pubblici esercizi [alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori o altre bevande anche non alcooliche, sale pubbliche per bigliardi o per altri giuochi leciti] per le individuazione di specifiche “misure di prevenzione”, finalizzate a garantire una “più efficace prevenzione di atti illegali o di situazioni di pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica all'interno e nelle immediate vicinanze degli esercizi pubblici”, basate sulla collaborazione tra i gestori e le forze di polizia. Si parla di “accordi”, ma, in tutta evidenza, si tratta di obblighi comportamentali imposti ai gestori [se non vi aderiscono, ci possono essere provvedimenti limitativi sulla licenza, ex articolo 100 del tulps: cfr. articolo 21 bis, comma 3], chiamati a “prevenire” comportamenti lato sensuillegali degli avventori [si pensi: ai rumori provocati dagli avventori di un bar o di un ristorante, alle liti in cui vengano coinvolti i clienti di una discoteca, allo “spaccio” di droga nei locali dell’esercizio pubblico, ecc.]. .
Questi accordi non solo finiranno per onerare gli esercenti di ulteriori costi [si pensi alle telecamere di sicurezza, all’assunzione di personale da adibire alla sorveglianza, ecc.], ma anche e soprattutto di una vera e propria posizione di garanzia [rispetto alla prevenzione di taluni eventi riconducibili agli avventori], in termini tali da poter fondare –talvolta- una vera e propria responsabilità omissiva ex articolo 40, comma 2, c.pp, allorquando si accerti la violazione - da parte del garante – della regola cautelare impostagli con l’accordo, la prevedibilità ed evitabilità dell'evento che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), la sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento.
Novità del decreto ‘Salvini’: b) L’accattonaggio Con gli articoli 21 quater e 21 quinquiessi interviene, rispettivamente, sulla pratica dell’accattonaggio. Con l’articolo 21 quater, viene inserito nel codice penale l’articolo 669 bis, dedicato all’esercizio molesto dell’accattonaggio: “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque esercita l'accattonaggio con modalità vessatorie o simulando deformità o malattie o attraverso il ricorso a mezzi fraudolenti per destare l'altrui pietà è punito con la pena dell'arresto da tre a sei mesi e con l'ammenda da euro 3.000 a euro 6.000. È sempre disposto il sequestro delle cose che sono servite o sono state destinate a commettere l'illecito o che ne costituiscono il provento”. Si tratta dell’integrale superamento di quanto era stato realizzato con la legge 25 giugno 1999 n. 205, con cui era stato abrogato l’articolo 670 c.p., che puniva la condotta di “mendicità” [dopo l’intervento della Corte costituzionale, avvenuto con sentenza 28 dicembre 1998 n. 519, prima dell’abrogazione, era punita a titolo di contravvenzione la condotta di chi mendicava in luogo pubblico o aperto al pubblico commettendo il fatto in modo ripugnante o vessatorio, ovvero simulando deformità o malattie, o adoperando altri mezzi fraudolenti per destare l'altrui pietà].
Novità del decreto Salvini: c) L’attività del parcheggiatore abusivo Con l’articolo 21 sexiessi interviene sull’articolo 7, comma 15 bis, del codice della strada [decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285], dedicato a sanzionare la condotta del parcheggiatore abusivo. Si vuole rafforzare lo strumentario sanzionatorio. Pertanto: una condotta normalmente sanzionata amministrativamente, con sanzione pecuniaria, ora, ove nell’attività siano impiegati minori o in caso di recidiva [“se il soggetto è già stato sanzionato per la medesima violazione con provvedimento definitivo”], integra una fattispecie contravvenzionale, punita con la pena dell’arresto da sei mesi ad un anno e dell’ammenda da 2.000 a 7.000 euro.