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CORSO DI FORMAZIONE COOPERATIVA F.A.I. ANNO 2010 Secondo tema: IL BULLISMO Erica Gilardini. LE RELAZIONI TRA BAMBINI COILVOLTI NEL PROBLEMA
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CORSO DI FORMAZIONE COOPERATIVA F.A.I. ANNO 2010 Secondo tema: IL BULLISMO Erica Gilardini
LE RELAZIONI TRA BAMBINI COILVOLTI NEL PROBLEMA Il bullismo è una forma di comportamento aggressivo basato su uno squilibrio di potere tra due o più persone e caratterizzato dalla ripetizione nel tempo. Aggressività: • Fisica diretta e verbale diretta (più diffusa) • Indiretta relazionale (manipolazione che consiste nell'usare gli altri per attaccare o escludere) e sociale (mira a danneggiare l'autostima) In base ai valori (forza e amicizia-segreto), i maschi utilizzato l'aggressività fisica, mentre le femmine quella verbale ed indiretta relazionale. I ruoli: • Bullo: il leader che aggredisce e spinge gli altri a farlo, per una questione di prestigio/potere • Assistenti: aiutano i bulli nelle attività ma non le promuovono • Rinforzi: ridono per le offese ed incoraggiano a proseguire • Difensori: offrono aiuto alla vittima • Spettatori: mantengono le distanze dalla situazione • Vittime: oggetti delle aggressioni (v. passive, v. provocatrici, v. paranoidi che giocano a fare la parte della vittima) Le famiglie: • Dei bulli: esperienze di violenza, educazione incoerente, disciplina rigida, freddezza emotiva, assenza di comunicazione, spesso assenza della figura paterna • Delle vittime: madri iperprotettive, assenza di un modello maschile valido Nei bambini: il temperamento, la personalità, le caratteristiche fisiche (es. obeso), i meccanismi di gruppo (contagio sociale, ricompensa emotiva, diffusione della responsabilità) sono in relazione con i ruoli assunti.
Altri fattori scatenanti: il pregiudizio sociale legato alle etnie, disabilità fisiche o relazionali, la popolarità (b. sostenuto solo dal gruppo, b. femmine maggiore dei b. maschi) e lo status, differenze tra empatia e cognizione sociale (bassa la prima e alta la seconda per il b.),l'autostima (difensiva, alta autentica, orgoglio umile) L'INFELICITà DELLE VITTIME La violenza è un iceberg che tende a rimanere sommerso. Perchè: • I bambini non si rendono conto di essere vittime • Temono la ritorsione da parte dei bulli • Non hanno fiducia nell'aiuto offerto dall'adulto o di essere creduti • Paura di essere messi in ridicolo dagli altri • Preferenza a cavarsela da soli Le femmine sono più propense a cercare aiuto rispetto ai maschi. Utile: il servizio di aiuto svolto da coetanei che fungono da terapeuti. NB: la strategia del silenzio può essere vista dalle vittime come segno di forza qualora il bullo smetta di aggredire. Ma ha successo solo in pochi casi!!! BAMBINI IPERATTIVI E CON DIFFICOLTà MOTORIE: VITTIME O BULLI? La sindrome ADHD come sequenza persistente di comportamenti improntati a mancanza di attenzione e/o iperattività e impulsività è legata al fenomeno, sia in termini di bullo (attirano di più l'attenzione, mostrano condotte sociali più negative) che di vittima (hanno relazioni sociali meno intense, presentano problemi di linguaggio e comunicazione, vengono rifiutati coi compagni). La sindrome DCD dei disturbi motori (goffaggine) come sequenza comportamentale
continuamente presente, in cui i diritti degli altri o importanti norme sociali non vengono osservati, è associata al fenomeno ma con maggiore valore rispetto al ruolo di vittima perchè sono bambini con un comportamento introverso, spesso presi in giro dai compagni e con altri problemi associati come ritardi nel linguaggio. LA RICREAZIONE: ALCUNE INDICAZIONI Aspetti positivi: • Gestione delle relazioni sociali e campo di prova dei turni/ruoli • Occasione di apprendimento e opportunità di esternare la creatività • Confronto con vari tipi di conflitti nelle attività di gioco, capacità di negoziare • Osservazione delle dinamiche di gruppo: i maschi in gruppi più grossi prediligono il contatto fisico, le femmine in piccoli gruppi svolgono attività sociali intime Perchè ciò può evolversi nel bullismo: • Il bullo può passare facilmente inosservato (es. per luoghi più ampi) • Gli adulti sono poco numerosi • Viceversa sono troppo direttivi ed intrusivi e scatenano la ribellione • Mancanza dalla capacità di identificare il fenomeno • Monotonia e ripetitività della ricreazione Come intervenire: • Migliorare la supervisione dell'adulto attraverso strategie di interpretazione più adatte • Evitare di etichettare i bambini ed ascoltare prima di intervenire • Usare misure eque • Partecipare direttamente e non intrusivamente alle attività dei bambini • Predisporre giochi e attrezzature che facilitano lo sviluppo cooperativo, il rispetto delle regole e dei turni
CARATTERISTICHE CLINICHE 1- Indicatori della possibile vittima: • Ripetutamente denigrati, oggetto di derisione, sono aggrediti fisicamente, indifesi nei litigi • Possono presentare ferite, lividi inspiegabili • Spesso soli o esclusi, scelti per ultimi nei giochi • Tendono a stare vicino all'insegnante • Difficoltà a parlare in classe, sembrano abbattuti, depressi • Peggioramento nell'andamento scolastico • Non frequentano i compagni fuori dalla scuola, non hanno altri amici • Timorosi o riluttanti ad andare a scuola • Disturbi del sonno, cambiamenti d'umore, scoppi d'ira, preoccupazioni riguardo al corpo • Cauti, riservati, piangono facilmente, ansiosi, insicuri, infelici • Temperamento bollente, irrequietezza, scarsa concentrazione, creano tensione (v. prevaric.) 2- Indicatori del possibile bullo: • Minacciano, ingiuriano, comandano, danneggiano • Fisicamente forti • Bisogno di dominare, di affermare se stessi con il potere • Si vantano • Impulsivi, si inquietano facilmente, non tollerano contrarietà • Insolenti, aggressivi con l'adulto • Scarsa empatia • Assenza di ansia e insicurezza, buona opinione di sé • Popolarità variabile, ma sostenuti da un gruppo • Rendimento scolastico si abbassa nella scuola media NB: valutare frequenza e intensità.
INTERVENTI ANTI-BULLISMO E TECNICHE PER PROMUOVERE L'INTERSOGGETTIVITà 1- Lavori cooperativi. Con l'obiettivo di stimolare le capacità prosociali, il rispetto delle regole e dell'altro e le abilità empatiche e la possibilità di discutere l'attività svolta in modo da riassumere gli avvenimenti salienti e poter affrontare i problemi sorti durante lo svolgimento al fine di render conto delle dinamiche sociali all'interno del gruppo e delle emozioni (debriefing). • Role play: simulare una situazione assumendo un ruolo con la possibilità di trovare una soluzione positiva al problema per riappropriarsi della propria identità • Discussioni: in gruppo, su uno specifico problema all'interno della classe • Lettura: per stimolare la consapevolezza ed il senso critico • Giochi cooperativi: con il raggiungimento di uno scopo comune attraverso la partecipazione di tutti i membri • Debriefing: esplorazione di sé (pensieri, emozioni, ricordi, sensazioni), percezione degli altri (emozioni e pensieri verso, teoria della mente), il proprio comportamento (cosa si è fatto, cosa si avrebbe voluto fare), valutazioni e supposizioni (fantasie generali sul fenomeno, esempi), riflessioni (evento già capitato, trovare il senso, tra realtà e fantasia) • Stabilire insieme regole chiare e rispettabili; elogi e sanzioni NB: Interpersonal Process Recall (IPR). Intervista per la consapevolezza dei pensieri e delle emozioni legate al fenomeno e ai lavori suddetti. 2- Supporto al fenomeno. Si punta direttamente sullo sviluppo di figure che all'interno della classe o della scuola svolgano un ruolo di riferimento, di ascolto e di supporto, per coloro che sentano la necessità di un conforto e di un aiuto. • Da parte di coetanei: con la supervisione di esperti. • Da parte di esperti.
COINVOLGERE I GENITORI Bulli: hanno una rigida disciplina familiare, famiglie percepite come disgregate e non coese, mancata differenziazione tra l'interno e l'esterno. Vittime: le famiglie sono iperprotettive, percepite come unite, chiuse all'esterno, scissione tra l'interno buono e l'esterno cattivo. In entrambi, assenza o difficoltà di comunicazione: quindi ripercussione anche nel fenomeno (assenza di comunicazione nelle vittime, comunicazioni sregolate nei bulli, fenomeno sommerso). Coi genitori: • sperimentazione continua di strategie comunicative • l'ascolto attivo • lo scambio di idee • il confronto tra pari (es. paragone con il nonnismo delle caserme: bulli prepotenti per compensazione di esperienze subite) • il rafforzamento dell'autostima e dell'assertività (capacità di affermarsi rispettando l'altro) • lo sviluppo dell'empatia e dell'intersoggettività • sensibilizzare sul fenomeno e sulla parte svolta da loro, comprensione delle regole sociali • offrire tempo e spazio per sperimentare le proprie esperienze, emozioni, difficoltà, paure, aspettative Attraverso il gruppo, che alleggerisce le tensioni ed il peso emotivo, ed il brainstorming con un conduttore che facilita, riassume, analizza, aiuta. NB: confronto con la scuola. Attenzione a non confondere l'atteggiamento del bullo come partecipazione alle attività, vitalità, dato il buon rapporto che si instaura con l'insegnante (spesso non trova il contenimento) a confronto con quello della vittima (spesso non trova la tutela fisica e psicologica).
IL CASO A. era un ragazzo tranquillo e sensibile di 13 anni. Per diversi anni è stato molestato e attaccato da alcuni suoi compagni di classe. Due di loro facevano di tutto per umiliarlo e metterlo in imbarazzo. Negli ultimi due mesi i loro attacchi erano diventati più frequenti e pesanti. La vita quotidiana di A. era piena di episodi spiacevoli e umilianti. I suoi libri venivano buttati giù dal suo banco sul pavimento, i suoi tormentatori rompevano le sue matite e gli lanciavano contro gli oggetti, sghignazzando quando, occasionalmente A. in preda alla vergogna, rispondeva alle domande delle insegnanti. Persino in classe veniva chiamato con il suo soprannome, il 'verme'. Normalmente A. non rispondeva, rimaneva seduto sul suo banco privo di espressione aspettando passivamente l'attacco. L'insegnante di solito guardava in un'altra direzione mentre la molestia veniva messa in atto. Molti compagni di A. si dispiacevano per lui, ma nessuno interveniva concretamente per difenderlo. Un mese prima, A. era stato costretto ad entrare sotto la doccia con i vestiti addosso. I suoi due tormentatori lo avevano anche minacciato, obbligandolo a dar loro soldi e rubare per loro sigarette. Un pomeriggio, dopo essere stato costretto a stendersi sul piano dell'orinatoio della scuola, A. era tornato tranquillamente a casa, aveva trovato un tubetto di sonniferi e ne aveva ingoiato il contenuto. Più tardi, i genitori lo avevano trovato in uno stato di incoscienza in soggiorno. Una nota sulla scrivania diceva che non poteva sopportare oltre le prevaricazioni di cui era vittima, che si sentiva completamente inutile e credeva che il mondo sarebbe stato un posto migliore senza di lui. I genitori rimasero profondamente scioccati dal suo tentato suicidio. Sebbene avessero notato che A. voleva rimanere a casa, denunciando dolori allo stomaco, e avessero sospettato vagamente che non si trovasse bene a scuola, non avevano alcuna idea di come si svolgesse realmente la sua vita scolastica. A. era restio a parlare loro della sua situazione perchè non voleva preoccuparli. Inoltre aveva paura che la molestia potesse diventare perfino più grave se i suoi genitori avessero cominciato a farne un caso ufficiale.
Il più attivo dei bulli che tormentava A. era B., noto agli insegnanti come un ragazzo duro e aggressivo. Non solo attaccava e opprimeva spesso gli altri ragazzi a scuola, ma era anche provocatorio e disubbidiente nei confronti degli adulti. In particolare, le insegnanti volevano avere a che fare il meno possibile con lui. Quando un insegnante tentava di riprenderlo a causa del suo comportamento, B. era piuttosto abile dal tirarsi fuori dalla situazione, attribuendo la colpa alla sua vittima o ai compagni. L'insegnante di classe una volta aveva tentato di discutere del comportamento di B. con i genitori, ma con poco successo. Il padre di B., un venditore di auto di discreto successo, e la madre, una segretaria della direzione di una grande azienda industriale, mostravano poca comprensione di fronte alle lamentele suscitate dal comportamento del figlio. La risposta ricorrente era che “i ragazzi sono ragazzi ed è solo utile per loro imparare che la vita è così. Non possiamo fare da baby sitter ad una ragazzo di 13 anni”. Il rapporto tra il padre di B. e la madre era stato piuttosto burrascoso, con frequenti liti e scontri, in particolare durante la prima infanzia del figlio. Nessuno dei due si era curato abbastanza di lui da bambino, poiché occupati nella realizzazione della loro carriera professionale. B. rimaneva spesso solo e senza controllo coi suoi compagni e aveva così precocemente sviluppato un modello di comportamento dominante e aggressivo. Nella scuola elementare il profitto di B. era nella norma, ma nella scuola media il suo impegno scolastico era diminuito e i suoi voti erano peggiorati nettamente. Nella prima adolescenza aveva cominciato a frequentare alcuni ragazzi più grandi di lui che avevano l'abitudine ad ubriacarsi; era stato inoltre coinvolto in azioni di piccola criminalità. A 17 anni, B. fu colto in flagrante mentre tentava di rubare birra e sigarette insieme ad un ragazzo. Un anno dopo finì in prigione per un'aggressione aggravata: insieme ad un compagno aveva steso e maltrattato un altro ragazzo dopo una serata in discoteca. B. aveva preso a calci nella schiena il ragazzo diverse volte, mentre questo era steso al suolo, al punto di ridurgli un rene in poltiglia. A 23 anni, B. era stato in prigione 4 volte, era padre di 2 bambini entrambi nati fuori dal matrimonio e conviventi con le rispettive madri. Lasciata la scuola, B. aveva tentato diversi lavori, il più delle colte come venditore, ma non aveva resistito a lungo in nessuno di essi.
“NON è TOLLERABILE CHE LA SCUOLA POSSA DIVENTARE UN'ARENA GLADIATORIA PER ALCUNI RAGAZZI, I BULLI, ED UN INFERNO PER ALTRI, LE VITTIME. È UN DOVERE DI TUTTI, ANCHE DEI Più ESUBERANTI, PORRE UN LIMITE ALL'ESPRESSIONE DI Sè, QUANDO QUESTA Può NUOCERE ALL'ESPRESSIONE DELLA PERSONALITà ALTRUI” (G.V. Caprara) BIBLIOGRAFIA • Genta M.L., Il bullismo. Carocci ed. • Fonzi A., Il bullismo in Italia. Giunti ed. • Marini F., Mameli C., Il bullismo nelle scuola. Carocci ed. • Olweus D., Bullismo a scuola. Giunti ed. • Menesini E., Bullismi, che fare? Giunti ed. • Sharp S., Smith P.K., Bulli e prepotenti nella scuola. Prevenzione e tecniche adattive. Erickson. • Fonzi A., Il gioco crudele. Giunti ed. • Francescato D., Putton A., Cudini S., Star bene insieme a scuola. Strategie per un'educazione socio-affettiva dalla materna alla media superiore. Carocci ed. • Mancini T., Adolescenti a suola: rapporti, percezione delle regole, gestione dei conflitti.