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Gli autori tra l’Ottocento ed il Novecento. Giorgio Caproni. Giovanni Pascoli. Salvatore Quasimodo. Umberto Saba. Giorgio Caproni.
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Gli autori tra l’Ottocento ed il Novecento Giorgio Caproni Giovanni Pascoli Salvatore Quasimodo Umberto Saba
Giorgio Caproni Giorgio Caproni, nato a Livorno nel 1921. Studiò a Genova, poi al magistero di Torino dove seguì le lezioni del filosofo antifascista Alfredo Poggi. Dovette interrompere la sua frequenza, dedicandosi solo agli studi di violino. Nel 1935 inizia la sua attività di insegnante a Rovegno , proseguita poi in provincia di Padova e a Roma (1938). Nel 1939 fu richiamato alle armi. L'8 settembre 1943 era in Val Trebbia, e vi rimase fino alla fine della guerra civile affiancandosi ai partigiani. Dopo la guerra si stabilì a Roma, con la moglie Rina, e i figli Attilio Mauro e Silvana, continuando a fare il maestro elementare. Fondamentale per Caproni fu la lettura nel 1930 di "Ossi di seppia" di Montale. Importanti per la sua formazione prima della guerra furono alcune letture di poeti francesi e spagnoli. Solo nel 1933 fu pubblicata la sua prima poesia, Prima luce sulla rivista “Espero”, poi compresa nella sua prima raccolta poetica. Ha pubblicato i volumi di versi Come un'allegoria (1936), Ballo a Fontanigorda (1938), Cronistoria (1943). Dopo la guerra sono Stanze della funicolare (1952), Il passaggio di Enea (1956), Il seme del piangere (1959), Il muro della terra (1975), Il franco cacciatore (1982). Collabora a varie riviste e quotidiani (L'Unità, Avanti!, Paragone), per molti anni curò la pagina culturale di “Mondo operaio”, e tenne una rubrica su “La fiera letteraria”. Nel 1983 è l'edizione di Tutte le poesie edito da Garzanti. Seguirono Il conte di Kevenhuller (1986) e, postumo, Resamissa (1991). Caproni mescola lingua popolare e lingua colta, con una sintassi strappata, ansiosa, in una musica dissonante ma anche squisita. Esprime un attaccamento sofferto alla realtà quotidiana, sublimando la sua matrice di pena in una suggestiva epica casalinga. Gli accenti di aspra solitudine delle ultime raccolte approdano a una religiosità senza fede, senza la possibilità di dio. Il mondo poetico di Caproni ha consumato ogni illusione, è sceso al silenzio, ha varcato in modo consequenziale la frontiera di un mondo definitivamente senza 'grazia'. La sua poesia affonda in una memoria corrosa, in un vissuto che muore a ogni istante: egli è uno scrittore del disincanto.Caproni è stato anche un ottimo traduttore. Mori il 22 gennaio 1990 a Roma.
Stornello Mia Genova difesa e proprietaria. Ardesia mia. Arenaria. Le case così salde nei colori a fresco in piena aria, è dalle case tue che invano impara, sospese nella brezza salina, una fermezza la mia vita precaria. Genova mia di sasso. Iride. Aria.
Parafrasi Genova, la mia città, è ben difesa e ricca di proprietà, ed è costruita con ardesia ed arenaria. Le case sono solide nei colori a fresco e all’aria aperta. La mia precaria vita impara inutilmente dalle tue casa, sospese nell’aria che sa di sale, cosa sia la fermezza. La mia Genova, che è dura come il sasso, è colorata come l’iride ed è ricca d’aria.
Salvatore Quasimodo Salvatore Quasimodo nacque a Modica, in Sicilia il 20 Agosto 1901, da Gaetano e Clotilde Ragusa. La condizione del nomade determina tutta la sua vita, fin dai primissimi anni che trascorrono in continui spostamenti da un paesino all'altro dell'interno della Sicilia, lungo le linee della ferrovia, dove di volta in volta viene inviato il padre che era capostazione. Nel 1908, pochi giorni dopo il terremoto, si trasferisce a Messina, sempre seguendo il padre; avvenimento che segna come una ferita l'infanzia del poeta. Il paesaggio devastato, i morti, la fucilazione da parte dei soldati, dei ladri sorpresi a rubare, costituirono i primi sedimenti di quella che Quasimodo chiamerà la "scienza del dolore" e che diverrà componimento poetico nella raccolta Terra impareggiabile. Durante la permanenza a Messina completa gli studi medi conseguendo il diploma di Istituto Tecnico, subito dopo, nel 1919va a Roma per iscriversi alla facoltà d'ingegneria, ma ben presto abbandona gli studi, sia per le disagiate condizioni economiche, sia anche per lo scarso interesse verso quelle materie. Sono anni durissimi. Per vivere si adatta ai lavori più disparati: da disegnatore tecnico a commesso in un negozio di ferramenta a impiegato della Rinascente, ma viene licenziato per aver organizzato uno sciopero, proprio all'entrata in vigore della legge che lo proibiva. Nel 1926 prende finalmente servizio stabile a Reggio Calabria come geometra straordinario. Una svolta decisiva per la sua carriera poetica si ha nel 1929, quando Elio Vittorini, lo invita a Firenze e lo introduce nell'ambiente letterario. Quasimodo ha modo di conoscere Eugenio Montale e i giovani intellettuali che gravitavano intorno alla rivista "Solaria", dove l'anno successivo pubblica la raccolta Acque e terre. La seconda raccolta poetica, Oboe sommerso, esce nel 1932. Nel 1938 può finalmente dimettersi dal genio civile e nei primi anni della guerra consolida la sua notorietà: nel 1941 ottiene la cattedra di letteratura italiana "per chiara fama" presso il conservatorio di musica Giuseppe Verdi di Milano e nel 1942 esce è subito sera che raccoglie e sistema il meglio della produzione poetica precedente, con l'aggiunta di Nuove Poesie. La sua fama di poeta cresce rapidamente, e i premi letterari si moltiplicano, fino al conferimento del Nobel nel 1959. Molto importanti sono le traduzioni raccolte nel volume Lirici greci (1940), in cui la vocazione alla semplicità e all'eleganza trova nei testi antichi in luogo ideale in cui esercitarsi. A queste sarebbero poi seguite, tra le altre, le traduzioni di Omero, Virgilio e Catullo, ma anche di Shakespeare e Neruda. La produzione critica include un saggio sulla funzione politica del poeta (Il poeta e il politico, 1967) e una serie di scritti sul teatro apparsi originariamente in "Omnibus" e "Il Tempo" e poi parzialmente raccolti in volume nel 1961. La morte lo coglie a Napoli il 14 giugno 1968.
Vicolo Mi richiama talvolta la tua voce,e non so che cieli ed acquemi si svegliano dentro:una rete di sole che si smagliasui tuoi muri ch’erano a seraun dondolio di lampadedalle botteghe tardepiene di vento e di tristezza. Altro tempo: un telaio batteva nel cortileE s’udiva la notte un piantoDi cuccioli e di bambini. Vicolo: una croce di caseChe si chiamano piano,e non sanno ch’ è pauradi restare sole nel buio.
Parafrasi di Vicolo Mi chiama alcune volte la voce della Sicilia e non mi accorgo che cieli ed acque mi si svegliano nel profondo dell’ anima: Un filo di luce che si smaglia sui muri di sera, le lampade che dondolano nelle botteghe che ancora sono aperte tardi, ma sono piene di vento e tristezza. In un altro tempo, si sentiva il suono di un telaio battere nel cortile e di notte si udiva un pianto di bambini e cuccioli. Un vicolo, una croce di casa vicine che si chiamano piano, e non sanno cos’ la paura di restare sole nel buio
Terra Notte, serene ombre, Culla d’aria, Mi giunge il vento se in te mi spazio Con esso il mare odore della terra Dove canta alla riva la mia gente A vele, a nasse, a bambini anzi l’ alba desti Monti secchi, pianure d’erba prima che aspetta mandrie e greggi M’ è dentro il male vostro che mi scava
Parafrasi di Terra La notte, con le sue tranquille ombre, come in una culla d’ aria, mi giunge il vento se nella notte mi apro, con essa il vento mi porta l’odore della mia terra dove la gente siciliana canta alla riva e lavora con le vele e con le nasse, e dove i bambini sono svegli già all’ alba, dove ci sono monti secchi che prima erano pianure d’erba, ma che sono state mangiate dalle mandrie e dai greggi. A questi pensieri e a voi, dentro di me, mi corrode la nostalgia.
Umberto Saba Umberto Saba nacque a Trieste nel 1883.Già dalla sua prima infanzia dovette affrontare una prova durissima: infatti, il matrimonio dei suoi genitori entrò in crisi quasi subito, e il poeta fu mandato a vivere presso una contadina slovena, l'amatissima Peppa, con la quale mantenne sempre un rapporto d'intenso affetto. Rientrato in famiglia a tre anni, crebbe con la madre. La sua carriera scolastica fu breve: frequentò il ginnasio soltanto per pochi mesi e abbandonò quasi subito per lavoro. Perciò la sua formazione avvenne soprattutto tramite quelle che egli poi definì "le sterminate letture d'infanzia": letture di Leopardi, Foscolo, Petrarca, Manzoni. Nel 1905 si trasferì a Firenze e vi rimase fino al 1910, entrando in contatto con gli ambienti intellettuali della città. Nel 1907, dopo il servizio militare prestato a Salerno , sposò Carolina Wölfler, da cui l'anno seguente ebbe una figlia. Nel 1910 uscì a spese del poeta il primo libro di versi, Poesie; poi nel 1911 scoppiò una grave crisi in famiglia e per un certo periodo il poeta lasciò la moglie, ma poi si rappacificò definitivamente. Dopo la prima guerra mondiale, Saba rilevò a Trieste una vecchia libreria antiquaria, alla quale si dedicò per il resto della vita.
Nel 1921, pubblicò il Canzoniere, che comprendeva tutte liriche composte fino a quel momento dal poeta. Nel 1929 si sottopose a una terapia psicoanalitica con il dottor Edoardo Weiss, per curarsi da una nevrosi da cui era afflitto, ma questa esperienza si concluse quasi subito, poiché lo specialista si trasferì a Roma (1933). Questa esperienza ebbe un significato importante per Saba, perché gli confermarono alcune sue intuizioni circa l'importanza delle esperienze infantili nella formazione della personalità. Da allora, insieme a Nietzsche, Freud restò uno dei suoi "maestri di vita". Nel 1938 avvenne un cambiamento nella vita di Saba dovuto all'introduzione delle leggi razziali, in conseguenza delle quali dovette abbandonare Trieste e rifugiarsi a Roma, che abbandonò dopo avere trascorso quelli che egli definì i mesi più felici della sua vita (il poeta era circondato dal calore e dalla stima di numerosi intellettuali e scrittori), per l'impossibilità di trovare un lavoro. Si trasferì così a Milano, sino al suo rientro a Trieste, dopo le elezioni del 18 aprile 1948, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita tra ricoveri prolungati in clinica, dovuti alla sua nevrosi e alla morte della moglie, e riconoscimenti ufficiali sulla sua produzione poetica (nel 1951 ricevette il premio dell'Accademia dei Lincei, nel 1953 la laurea honoris causa dell'università di Roma). Mori nel 1957.
Trieste "Ho attraversato tutta la città.Poi ho salita un'erta,popolosa in principio, in là deserta,chiusa da un muricciolo:un cantuccio in cui solosiedo; e mi pare che dove esso terminatermini la città. Trieste ha una scontrosagrazia. Se piace, è come un ragazzaccio aspro e vorace,con gli occhi azzurri e mani troppo grandiper regalare un fiore;come un amorecon gelosia.Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua viascopro, se mena all'ingombrata spiaggia,o alla collina cui, sulla sassosacima, una casa, l'ultima, s'aggrappa.Intornocircola ad ogni cosaun'aria strana, un'aria tormentosa,l'aria natia.La mia città che in ogni parte è viva,ha il cantuccio a me fatto, alla mia vitapensosa e schiva."
Parafrasi di Trieste Ho attraversato tutta la città, poi ho salito una strada verso l’alto , da prima popolata, poi più in la deserta, chiusa da un muretto, in un angoletto, su cui sono seduto da solo, e mi sembra che dove finisce questo muretto, finisce la città. Trieste ha una grazia che sembra scontrosa. A chi piace questo paragone, Trieste è come un ragazzo, aspro e vorace, con gli occhi azzurri e le mani troppo grandi per riuscire a regalare un fiore. Come un amore troppo geloso. Da questa salita scopro ogni chiesa e ogni via, porta alla spiaggia piena di gente o alla collina, con la cima sassosa, su cui è posata l’ultima casa. Intorno ad ogni cosa c è un’aria strana, inquieta, natia. La mia città, che è viva in ogni parte, ha l’angoletto adatto a me, alla mia vita pensosa e solitaria.
Giovanni Pascoli La vita Nasce a San Mauro di Romagna nel 1855. Il padre, amministratore di una vasta tenuta agricola dei principi Torlonia, fu assassinato il 10 agosto del 1867 per motivi mai chiariti. Il Pascoli allora aveva 12 anni e si trovava a studiare nel collegio dei padri Scolopi a Urbino, dove rimase fino al 1871. Tra il 1868 e il 1871 gli moriranno anche la madre, una sorella e un fratello. Questi lutti, soprattutto quello del padre, segnarono profondamente la sensibilità del giovane Pascoli. Altre due sorelle, Ida e Maria, nel 1874, entreranno come educante nel convento delle Agostiniane di Sogliano sul Rubicone.Nonostante ciò egli poté proseguire gli studi al liceo di Rimini e poi dal '73, con una borsa di studio vinta dopo un esame sostenuto alla presenza del Carducci, poté iscriversi alla facoltà di Lettere dell'Università di Bologna. Qui si avvicinò agli ambienti del socialismo emergente, caratterizzato dall'anarchismo di Andrea Costa, e si iscrisse all'Internazionale socialista. Privato della borsa di studio per aver partecipato a una manifestazione contro il ministro dell'Istruzione Ruggero Bonghi, vive in grande miseria e per ben cinque anni (1875-80) è costretto a interrompere gli studi. Nel '79 viene coinvolto nelle agitazioni, fu arrestato, per più di tre mesi. Ma, verrà prosciolto con formula piena, anche per la testimonianza scritta del Carducci.Il carcere fu comunque un'esperienza che lo segnò, interiormente, in maniera decisiva. Decise di abbandonare l'attività politica e di laurearsi; con l'aiuto del Carducci ottiene nel 1883 la cattedra di latino e greco al liceo di Matera. L'anno dopo si trasferisce a Massa, ove si riunisce alle due sorelle entrate in convento, di cui una, Maria, resterà con lui tutta la vita. Nel 1887 passa a Livorno, dove rimarrà sette anni.
Nel corso di questi anni, per aumentare il magro stipendio si dedica a vari incarichi intellettuali e a lezioni private. Nel 1895 la sorella Ida si sposa contro il parere del Pascoli. Nelle stesso anno, con la sorella Maria, si trasferisce a Castelvecchio di Barga in provincia di Lucca, dove affitta una villetta di campagna che diverrà la loro residenza definitiva. Nel 1094,vince il primo premio al concorso internazionale di poesia latina ad Amsterdam (lo vincerà per altre 12 volte!). La sua fama di latinista gli permette nel '95 di abbandonare l'insegnamento liceale per quello universitario. Diventa docente universitario incaricato di latino e greco a Bologna; in questo anno prende la decisione di fidanzarsi con la cugina ImeldeMorri, ma è indotto a rompere il fidanzamento per l'accanita resistenza della sorella Maria.Nel 1897 non ritenendo dignitoso insegnare a Bologna, dove s’era stabilito il fratello Giuseppe che conduceva una vita sregolata, dà le dimissioni dall’università ed è nominato professore di letteratura latina all’Università di Messina. Nel 1903 è nominato professore di grammatica greca e latina all'Università di Pisa. Nel 1905 è nominato titolare della cattedra di letteratura italiana dell'Università di Bologna, succedendo al Carducci, che aveva chiesto il collocamento a riposo, e che aveva espresso parere favorevole riguardo a tale successione. Il 16 gennaio del 1906 Carducci muore e Pascoli si propone come suo successore. Nel 1907 tiene la commemorazione ufficiale del Carducci. Il 18 febbraio del 1912 si ammala di cirrosi epatica che lo costringe a lasciare Castelvecchio per cercare cure più idonee a Bologna. Nel marzo dello stesso anno vince per l'ultima volta la XII Medaglia d'oro al concorso di poesia latina di Amsterdam in Olanda. Il 6 Aprile muore a Bologna. In seguito,il 9 aprile del 1912, per volontà della sorella Maria, Pascoli viene sepolto nel cimitero di Barga. L’inseparabile sorella Maria continuò ad abitare nella casa comune, dove custodì gelosamente le carte del poeta fino a quando morì nel 1953.
Le opere La prima raccolta di poesie del Pascoli è dedicata al padre, e si intitola Myricae. E venne pubblicata nel’91, mentre si trovava ancora a Livorno. Il tema della raccolta è quello della campagna, colta nei suoi vari momenti, specialmente in quelli più malinconici dell’autunno, quando è ancora vivo il ricordo dell’estate appena trascorsa e si avverte il triste arrivo dell’inverno, che richiama l’idea della morte. La raccolta successiva furono i Poemetti, mentre ad essi seguirono I canti di Castelvecchio(del 1903), dedicati alla madre e considerati il continuo delle Myricae.
Lampo E cielo e terra si mostrò qual era: la terra ansante, livida, in sussulto; il cielo ingombro, tragico, disfatto: bianca bianca nel tacito tumulto una casa apparì sparì d'un tratto; come un occhio, che,largo,esterrefatto, s'aprì si chiuse, nella notte nera. PARAFRASI I cielo e la terra si fecero vedere com’ erano. La terra era tremante e sussultava. Il cielo era cupo e pieno di nuvole. Una casa bianca bianca appari e sparì alla vista, d’ un tratto in un silenzioso tumulto, come un occhio aperto da stupore che si apre e si chiude nella notte nera.
Temporale Un bubbolìo lontano. . . Rosseggia l’orizzonte, come affocato, a mare: nero di pece, a monte, stracci di nubi chiare: tra il nero un casolare: un’ala di gabbiano. PARAFRASI Un suono di bimbo lontano. Si arrossisce l’orizzonte come se fosse affogato nel mare, ma nero come la pece sopra. Alcune nubi chiare, tra questo cielo nero un casolare e un’ ala di gabbiano.