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“I care Disabili a scuola”

“I care Disabili a scuola”. Ins.te Angela Rizzo Faranda Relazione al Seminario Regionale. “Il professionista nella Scuola dell’Infanzia” 5 giugno /2010

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“I care Disabili a scuola”

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Presentation Transcript


  1. “I care Disabili a scuola” Ins.te Angela Rizzo Faranda Relazione al Seminario Regionale “Il professionista nella Scuola dell’Infanzia” 5 giugno/2010 SEDE AIMC SICILIA PIAZZA PONTICELLO PALERMO

  2. DIREZIONE DIDATTICA “CONTESSE C.E.P.”ANNO SCOLASTICO 2008-2009SCUOLA DELL’INFANZIA “Palazzo Saya” PROGETTO IMPARARE COMUNICARE AGIRE IN UNA RETE EDUCATIVA

  3. STUDIO DI CASO PROBLEMATICA: SINDROME DI ASPERGER (disturbo dello spettro autistico) Nel 1944 Hans Asperger, per definire i casi di autismo meno compromessi che presentavano una buona comunicazione verbale e un buon livello intellettivo, fornì una descrizione della detta patologia che chiamò “psicopatia artistica”, che, in seguito fu ripresa dalla dottoressa Lorna Wing che la denominò “Sindrome di Asperger”

  4. SITUAZIONE DI PARTENZA Alla Scuola dell’Infanzia vengono inseriti, per la prima volta, 2 fratellini gemelli di 4 anni. Il maschietto soffre di Sindrome di Asperger. La mamma informa le insegnanti del “disturbo” di cui è affetto il bambino e manifesta loro, la sua ansia derivata dall’esperienza negativa vissuta, precedentemente. ANALISI INIZIALE E IN ITINERE Il Team Docente, composto da 4 Insegnati curricolari,1 insegnante di sostegno supplente non specializzata e1 insegnante di Religione Cattolica, - sidocumenta sulla patologia di cui è affetto il piccolo, - prende visione della Diagnosi Funzionale e - sottopone il bambino ad osservazione: iniziale, occasionale e sistematica in svariate situazioni: in seno alla Sezione d’appartenenza e alla II^ Sezione, durante lo svolgimento di attività didattiche, in piccolo e grande gruppo, durante le attività ludiche libere e guidate, insieme ai bambini di tutta la scuola, con i bambini più piccoli e con quelli più grandi, nelle relazioni con i pari con gli adulti.

  5. RAPPORTI CON LA FAMIGLIA Rapporto di fiducia con i genitori • comprendendo lo stress e le difficoltà vissute, dalla famiglia, nel quotidiano a causa delle caratteristiche comportamentali del bambino: Stereotipie, pianto inappropriato, iperattività, mancanza di contatto e di sguardo, disturbi del sonno, mancata comprensione nell’ambiente di vita quotidiana, Azioni della famiglia • Il piccolo viene sottoposto, in modo sistematico, presso la struttura pubblica, a sedute di logopedia e a interventi mirati allo sviluppo della socializzazione. • A casa viene seguito, insieme ai familiari, dalla Psico - Pedagogista specializzata in terapia delle sindromi autistiche • Infine ci fornisce materiali di studio sulla “Sindrome di Asperger”

  6. IL TEAM DOCENTI • Programma interventi educativi, incontri periodici con la famiglia e la pedagogista, • Per scegliere e condividere: strategie metodologiche e soluzioni didattiche idonee a fronteggiare i problemi, man mano che si presentano, fornendo informazioni e sostegno reciproco nelle fasi del processo formativo del bambino. Le particolari caratteristiche di questa sindrome, infatti, richiedono una coerenza di interventi da realizzare in ambiti diversi: la scuola, l'ambiente domestico e il setting terapeutico. • Intreccia, quindi una rete di relazioni inclusive, fra il bambino, la famiglia, l’AUSL e la pedagogista che si configura come sfondo integratore e tessuto connettivo capace di offrire: accettazione, sostegno e supporto a tutti i componenti, del setting educativo. • concorda momenti di feedback e confronto professionale.

  7. Convinti dell’ ”Efficacia Collettiva” sull’azione educativa • I docenti danno vita ad una “Comunità Scolastica” inclusiva, fortemente motivata all’integrazione e strutturata in ambienti e attività “a misura” di bambino • Progettano, quindi, un impianto educativodiplessobasato suazioni condivise per la realizzazione di un fine comune: il benessere di tutti i bambini. • Promuovendo un ambiente in cui tutti i bambini possano vivere la scuola come luogo nel quale lavorare aiutandosi reciprocamente, avvalendosi di strumenti e risorse esperenziali in attività di apprendimento attivo.

  8. Dando vita ad “ambienti relazionali capaci di “educare istruendo”, … nei quali ciascun bambino si senta integrato e valorizzato nel gruppo dei compagni, … sia in grado di affrontare, con fiducia, i compiti di apprendimento proposti, sia messo nella condizione di sviluppare, al meglio, la propria dimensione cognitiva nel riconoscimento delle sue potenzialità e dei suoi bisogni specifici di apprendimento, promuovendone il successo formativo.”… (Claudio Girelli Ricercatore in Pedagogia Sperimentale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Verona)

  9. ENUCLEAZIONE DEI PROBLEMI E INDIVIDUAZIONE DEI BISOGNI FORMATIVI Danneggiamento dell'interazione sociale fra le famiglie, la comunità scolastica e i bambini. Condivisione del Patto di Corresponsabilità per ricercare, insieme alle famiglie: mete educative realistiche ed elaborare programmi educativi individualizzati FINALITA’EDUCATIVE Migliorare l'interazione sociale Motivare l’attenzione volontaria Far percepire la differenza fra realtà e fantasia Far recepire la relazione causa - effetto Sviluppare le competenze alla cittadinanza

  10. TIPOLOLOGIA DI INTERVENTO Teacch terapeutico:(Organizzazione che si impegna a seguire il bambino e la famiglia nel tempo) -Aiutare il bambino a concentrarsi su di un compito - Ridurre i distrattori - Impostare i programmi di insegnamento che devono sempre partire dagli interessi del soggetto - Assumere il punto di vista del bambino, evitando comportamenti intrusivi e mantenendo una “distanza di sicurezza” che gli permetta di sentirsi cautelato - Strutturare routine di gioco / lavoro, per introdurre, graduali ostacoli - Fornire chiare aspettative e regole di comportamento - Insegnargli come iniziare, continuare e finire un gioco o un lavoro - Sviluppare le competenze alla cittadinanza Considerare non soltanto i deficit, ma anche i punti di forza

  11. SECUPERO FRA PARI • “Coinvolgere” altri bambini come modelliper indicare comportamenti positivi. • “Coinvolgere” dei compagni per assisterlo durante il tempo non strutturato. • Facilitare attività finalizzate allo sviluppo • dellaMotricità grosso motoria globale e fine • Il gioco - movimento • Musica • Ritmo • Ballo di coppia

  12. STRATEGIE METODOLOGICHE • Esplorazione, ricerca - azione • Comunicazione intesa come animazione e narrazione • Didattica multimediale • Didattica laboratoriale • Didattica • Della fermezza e della certezza • Dell’accoglienza “discreta” • Della valorizzazione delle abilità e competenze di ciascuno • Delle differenze di cultura • Dell’apprendimento cooperativo: • Del rispetto dei ritmi e degli stili di apprendimento di ciascuno • Delle regole e delle sanzioni • Dell’autovalutazione delle relazioni

  13. VERIFICA • La coerenza, l’autorevolezza, la fermezza e la sinergia degli interventi, messi in campo dal setting educativo, ci ha permesso di evidenziare notevoli progressi. • Grande rilevanzaha avuto il lavoro svolto dall’Insegnante di sostegno, figura indispensabile nella vita di un bambino affetto da “Sindrome di Asperger”. Il suo intervento, ha fatto da tramite fra il Team Docenti, con il quale ha Interagito, permettendo la comunicazione e la circolarità delle informazioni inerenti il percorso formativo del bambino. • Apprezzabile il livello di: • Acquisizione delle conoscenze, delle abilità e delle competenze, • Sviluppo e crescita emotivo - relazionale, • Raggiungimento, in gran parte, degli obiettivi prefissati, • Allungamento dei tempi di attenzione volontaria • L’apprendimento più impegnativo restal’interiorizzazione del rispetto delle regole, • ma i risultati raggiunti sono rilevanti se messi in relazione con la patologia.

  14. Il bambino è stato inserito in tutte le attività dei progetti adottati dalla scuola ed ha prodotto elaborati significativi che sono stati esposti alla Mostra Didattica di fine anno scolastico. Oggi è un bambino molto spesso sereno, inserito ed integrato nei gruppi classe, accolto e amato da tutti i bambini che frequentano la scuola dai quali è aiutato ad interagire in ogni attività didattica. Anche se “frequenti ritorni”denotano una instabilità di comportamento e una vulnerabilità emozionale da riferire alla sindrome di cui è affetto. Durante l’ultimo colloquiointercorso tra le docenti e la pedagogista, che lo segue in famiglia, la dottoressa ha espresso soddisfazione per i progressi effettuati dal bambino, che messi in relazione alla sintomatologia della patologia, sono da considerarsi apprezzabili. Ha infatti, evidenziato che il bambino è diventato propositivo, interagisce con lei e i familiari, racconta le esperienze vissute a scuola, parla dei suoi compagni, delle maestre, delle collaboratrici scolastiche e delle attività preferite. E’ necessario però essere consapevoli che dalle sindromi autistiche non si guarisce mai, ma gli interventi mirati possono ridurre al minimo gli esiti negativi di questa patologia.

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