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La didattica speciale per una scuola dei laboratori . Tre i punti di qualità di una scuola dei laboratori: 1) cuore , 2) mente , 3) handicap .
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La didattica speciale per una scuola dei laboratori. Tre i punti di qualità di una scuola dei laboratori: 1) cuore, 2) mente, 3) handicap. Cuore: trova spazio il cuore dell’allievo ovvero la sua sfera emotiva e affettiva. In tale senso la scuola deve promuovere, a partire dai laboratori, uno stile relazionale ricco di cifre socio affettive e un clima comunitario denso di valori civili, etici e morali.
Mente: è un punto di natura pedagogica in quanto la mente dell’allievo deve essere intesa come una macchina cognitiva caratterizzata da voglia di curiosare, scoprire e imparare. In tale senso, lo scopo formativo dei laboratori non può essere l’istruzione materiale (il quanto e il cosa sapere: gli alfabeti primari, le discipline di base) ma l’istruzione formale (il come e il perché sapere, la capacità di impostare in maniera logica i problemi cognitivi, la strategie di scoperta e di metodo).
Handicap: è un punto di natura pedagogica, psicologica e didattica che chiede una scuola dei laboratori capace di stimolare la professionalità enciclopedica e solitaria dell’insegnante di sostegno spesso “costretto” al ruolo di “badante” dell’alunno diversamente abile. In questo senso i laboratori assicurano un modello organizzativo e affettivo in sintonia con i processi di socializzazione e di alfabetizzazione degli allievi diversamente abili che chiedono di stare con gli altri, di potere interagire con oggetti concreti e di praticare la molteplicità dei canali di comunicazione: verbali e non verbali, sonori, gestuali, grafici, iconici, elettronici.
La comunicazione utilizza, contemporaneamente, una molteplicità di canali e di codici. La comunicazione umana avviene su tre livelli: • a)verbale, ovvero il contenuto della comunicazione: • b) paraverbale, ovvero il tono, il ritmo della voce, l’emissione dei suoni, la pronuncia; • c) non-verbale, ovvero gli atteggiamenti posturali, la mimica facciale, la gestualità, la gestione della distanza dagli altri(prossemica).
I canali della comunicazione non verbale • La mimica facciale: La faccia è il più importante canale della nostra espressività. Pensiamo ai segnali involontari e difficilmente controllabili come il dilatarsi delle pupille, i cambiamenti di colore dell’epidermide. Ancora, il linguaggio degli sguardi, una delle forme principali attraverso cui gli individui prendono contatto gli uni con gli altri. • Gli atteggiamenti posturali: il modo con cui gli individui si muovono, gestiscono il proprio corpo rappresenta una fonte di segnali analogici. La conformazione della struttura corporea è il risultato del patrimonio genetico, ma è anche vero che il corpo stesso è modellato dall’uso che ne facciamo
La gestualità: Oggi il gesticolare è piuttosto studiato perchè è una maniera estremamente efficace per dare enfasi, esaltare, dare minore peso ad alcuni tratti dei nostri discorsi. Prendiamo in considerazione i movimenti delle mani:mentre parliamo le nostre mani sono costantemente impegnate in movimenti più o meno ampi e veloci che accompagnano l’emissione vocale, accentuando certi passaggi, esplicitando stati emozionali interni. L’intensità di tali movimenti varia da individuo ad individuo ma è anche influenzata dalle pratiche culturali presenti presso i diversi gruppi umani.
Secondo recenti ricerche il movimento delle mani faciliterebbe il ricordare linguisticamente alcune cose. Alcuni esperimenti mostrano come soggetti invitati a ricordare il nome di oggetti poco comuni tendono a farlo con maggiore facilità se hanno le mani libere di muoversi e di simulare la forma dell’oggetto in questione, mentre il compito è più difficile se sono costretti a tenere in mano una sbarra di ferro.
I movimenti delle mani possono essere suddivisi in cinque tipi: I gesti emblematici: • sono segnali intenzionali e servono a sostenere o ripetere un messaggio verbale, come ad esempio l’indicazione di un luogo o di un oggetto. I gesti illustratori: • sono gesti collegati al discorso, aumentano la quantità di informazioni date dal messaggio verbale. Sono emessi consapevolmente e servono a sottolineare o enfatizzare alcune parti del discorso. I gesti regolatori: • vengono utilizzati sia da parte di chi parla che di chi ascolta e servono a mantenere la conversazione, mostrare quando si vuole prendere la parola, indicano interesse, approvazione o disapprovazione.
La prosodica La prosodica è l’insieme di tutte quelle regole che determinano la lunghezza e la pronuncia delle parole e delle frasi che diciamo. volume:Quante volte ci sarà capitata di lamentarci perché chi ci parlava lo faceva con un volume troppo alto. Ecco quindi che il volume diventa un efficace strumento per attirare l’attenzione. Gli abili oratori riescono a diminuire o alzare il volume della voce secondo l’importanza che hanno intenzione di attribuire a quel determinato passo del loro discorso.
Iltono:le variazioni di tono servono a fare comprendere meglio ciò che stiamo dicendo. Usare un unico tono per parlare, sarebbe infatti un grave difetto per un oratore. A causa della monotonia il discorso, anche se interessante, perderebbe di efficacia. Il timbro: difficilmente si può cambiare se non con forzature poco credibili, poiché il timbro dipende dallo spessore delle nostre corde vocali. I ritmi: pensiamo ai discorsi dei politici, quando cioè fermano quasi il loro eloquio su alcune parole dando pause lunghissime ma che servono a concentrare l’attenzione di chi sta ascoltando su quella frase.
La prossemica: letteralmente vuol dire “linguaggio della prossimità”. Si intende il modo che abbiamo di gestire lo spazio che ci circonda in presenza di simili. Gli esseri umani, come gli animali, sono estremamente sensibili all’uso che dello spazio fanno i propri simili e ai messaggi relazionali che tale uso veicola. Per comprendere queste dinamiche, immaginiamo lo spazio prossemico all’interno del quale si muovono gli individui, come costituito da sfere concentriche di natura psico-relazionale, aventi come centro il corpo
Nel primo livello, il più prossimo al corpo, vi è lo spazio intimo. Tale spazio si estende fino a 50 cm dal corpo. Questa prima sfera relazionale è quella maggiormente carica di valenze affettive e psicologiche. Solo le persone di cui ci fidiamo davvero possono entrare in questa sfera. Solo i familiari più stretti, il partner sono “ammessi”. L’invasione dello spazio intimo da parte di soggetti non autorizzati viene vissuta istintivamente come una minaccia e attiva una serie di meccanismi di difesa sia fisiologici che coscienti. Il disagio di chi utilizza una metro affollata, dove i corpi sono schiacciati gli uni con gli altri, è da ricondursi ad un riflesso fisiologico di difesa
Ad un secondo livello si pone lo spazio personale che inizia dove finisce lo spazio intimo e termina a circa unmetro di distanza dal corpo. Si indica con questo, lo spazio entro cui lasciamo entrare le persone intime verso cui riponiamo una certa fiducia ma non tanto da consentire loro di entrare nello spazio intimo. Dopo vi è lo spazio sociale (fino a 3 metri e 50). Vi rientrano le persone che non ci coinvolgono affettivamente, i colleghi di lavoro, i conoscenti. Oltre lo spazio sociale, si estende lo spazio pubblico(oltre i 3 metri e 50) che è la distanza che un soggetto parlante tende a tenere quando, di solito, il pubblico è numeroso. E’ il caso dell’insegnante che parla in aula, dell’avvocato che tiene un’arringa.
Secondo Gregory Bateson la comunicazione si crea attraverso le incessanti alchimie e trasformazioni che si generano all’interno delle relazioni tra gli elementi che compongono il sistema; la comunicazione, dunque, nasce e si sviluppa nel segno delle differenze e del cambiamento in un universo di messaggi che acquisiscono un chiaro significato solamente se collocate nel loro contesto relazionale e ambientale.
Il nostro principale riferimento teorico è rappresentato dalla Scuola di Palo Alto, o meglio dal suo gruppo di ricerca che, nelle persone di Gregory Bateson, Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson ed altri, negli anni sessanta definì la funzione pragmatica della comunicazione, vale a dire la capacità di provocare degli eventi nei contesti di vita attraverso l’esperienza comunicativa, intesa sia nella sua forma verbale che in quella non-verbale.
All’interno di un qualsiasi sistema interpersonale (come una coppia, una famiglia, un gruppo di lavoro, una diade terapeuta-paziente), ogni persona influenza le altre con il proprio comportamento ed è parimenti influenzata dal comportamento altrui. La stabilità e il cambiamento inerenti al sistema sono determinati da tali circuiti di retroazione.
I sistemi interpersonali caratterizzati da un tipo di comunicazione patologica, vedi il caso delle famiglie con un membro schizofrenico, sono di solito estremamente stabili, quasi cristallizzati; il ruolo e l’esistenza del paziente sono indispensabili per la stabilità del sistema familiare, che reagirà con un ciclo di retroazioni negative in risposta a qualsiasi tentativo di cambiamento della sua organizzazione (omeostasi del sistema familiare).
Nell’ambito della scuola pragmatica di comunicazione umana di Palo Alto, Watzlavick ha formulato dei veri e propri assiomi della comunicazione. Watzlawick ha asserito che è 1) è impossibile non comunicare. L’atto del comunicare costituisce di fatto un comportamento. Dato che è impossibile che un sistema vivente possa non avere un comportamento, ne consegue quanto detto sopra. La semplice presenza fisica di un soggetto all’interno di un contesto rappresenta un comportamento ed ha, di fatto, un effetto comunicativo. Un soggetto potrà anche non parlare, ma anche così comunicherà qualcosa. Anche chi pensa di non comunicare, in realtà sta lanciando un messaggio ben preciso e di fatto, sta comunicando.
Ognuno di noi comunica per il semplice fatto di esistere e anche volendo, non può farne a meno, come attesta il “dilemma” dello schizofrenico. Sembra, infatti, che lo schizofrenico cerchi di non comunicare. Ma poiché il silenzio, il ritrarsi, il diniego è comunque comunicazione, lo schizofrenico si trova dinanzi al compito impossibile di negare che egli sta comunicando
Il tentativo di non comunicare è osservabile anche nelle interazioni quotidiane. Una situazione tipica è l’incontro tra due estranei di cui uno vuole comunicare e l’altro no. Le reazioni possono essere le seguenti: • Rifiuto della comunicazione. Con maniere più o meno brusche A fa capire a B che non vuole comunicare • Accettazione della comunicazione. A si rassegna a conversare con B
Squalificazione della conversazione. Ad esempio si verificano fenomeni come la contraddizione, il cambiare argomento, dire frasi incoerenti • Sintomo come comunicazione. A arriva a difendersi dalla loquacità di B facendo finta di avere sonno, di stare male…ovvero manifestando un sintomo, tramite un messaggio non verbale, è come se dicesse “non dipende da me”
2) contenuto e uno di relazione in modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione. Al primo livello vengono veicolati i contenuti manifesti della conversazione, che corrispondono ai concetti desumibili dall’insieme delle frasi pronunciate dal soggetto. I significati relazionali invece aiutano a comprendere meglio come interpretare i contenuti recepiti sul piano verbale, ma anche il modo in cui il parlante si relaziona con loro, l’immagine di sé che vuole proporre
3)la natura di una relazione comunicativa dipende dalla punteggiatura della sequenza di una comunicazione tra comunicanti. Una comunicazione è un flusso di messaggi cui i partecipanti danno una punteggiatura, ovvero le valutazioni e le interpretazioni soggettive che finiscono per modificare a più riprese il processo comunicativo in corso • 4)Possiamo distinguere tra messaggi analogici e messaggi digitali o numerici. Con il termine analogico si fa riferimento a quel tipo di segnali che rimandano ad una rappresentazione o immagine del significato cui si riferiscono
Un disegno è un esempio di messaggio analogico, ma lo è anche l’abbraccio di una madre che stringe a sé il bambino per rassicurarlo, perché analogicamente l’abbraccio si configura come un riparo dal mondo esterno. Numerici o digitali sono quei messaggi che rimandano ad un sistema simbolico codificato di segni, la cui relazione con il significato è arbitraria.
Gli esseri umani sono l’unica specie che riesce a comunicare con i propri simili sia attraverso segnali analogici, sia attraverso un linguaggio simbolico-numerico. La comunicazione digitale o numerica è quella veicolata dal linguaggio, quella analogica si genera attraverso le azioni corporee o la modulazione della voce. E’ agita per mezzo del corpo
5)Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici, basati sull’uguaglianza, o complementari, basati sulla differenza. Lo scambio comunicativo simmetrico e’, dunque, basato sull’uguaglianza quando il comportamento di qualcuno rispecchia quello dell’altro. Lo scambio comunicativo è complementare, dunque basato sulla differenza, quando l’attore sociale assume una posizione superiore (one-up) e l’altro una posizione inferiore (one down).
Comunicazione e autismo. Sotto l’espressione “autismo” sono classificati cinque disordini distinti dello sviluppo cognitivo. Sono: sindrome autistica, sindrome di Rett, disordine disintegrativo infantile, disordine pervasivo non specifico dello sviluppo, sindrome di Asperger. A ognuna di queste forme corrispondono quadri sintomatologici e profili neuropsicologici distinti, percorsi trasversalmente da alcune stranezze quali la presenza di una fetta di popolazione autistica (10%) con quoziente intellettivo modesto ma dotata di eccezionali capacità cognitive soprattutto riguardanti il calcolo, la memoria, la musica le arti figurative.
La Sindrome di Rett (SR) è una malattia genetica che interessa prevalentemente le femmine e si ritrova con particolare frequenza (10%) tra le ragazze di età inferiore ai 14 anni affette da ritardo mentale profondo. Non tutte le bambine affetta dalla sindrome presentano il quadro completo della malattia, per cui accanto alle forme classiche (con sintomatologia e andamento caratteristici), sono state descritte varianti con sintomatologia attenuata, anticipata o differita, oppure con assenza di uno o più sintomi tipici.
Come si manifesta:L' arresto dello sviluppo psicomotorio e dell' accrescimento della circonferenza cranica costituiscono i primi sintomi della malattia. Dopo uno sviluppo apparentemente normale, la malattia si manifesta nel primo/secondo anno di vita con una graduale perdita del linguaggio e delle abilità manuali, accompagnate da stereotipie delle mani (che ripetono uno stesso schema di movimenti anche senza ragione apparente), microcefalia (testa più piccola rispetto al resto del corpo) acquisita
rallentamento della crescita, convulsioni, atassia della marcia (disturbo di coordinazione della deambulazione) e del tronco (alterazioni del controllo del busto), disturbi respiratori (iperventilazione ed apnee), tratti autistici incostanti e comunque temporanei. Segue un periodo di regressione con perdita di interesse per l' ambiente e le persone, perdita di abilità manuali e linguistiche già acquisite, comparsa di movimenti ripetuti delle mani portate alla bocca o al petto (stereotipie tipo lavaggio, applauso, sfregamento, preghiera).
Dopo questo periodo di regressione, solitamente la malattia si stabilizza: le bambine recuperano le capacità di interazione sociale, ma possono intervenire altri disturbi neurologici (convulsioni, alterazioni respiratorie di origine centrale) e fisici (scoliosi, osteoporosi, stipsi, difficoltà alimentari).
Dato costante in tutte le forme di autismo è di fatto che i più colpiti sono i soggetti di sesso maschile con un rapporto di 3 su 1 e punte di 10 a 1 per quanto riguarda la sindrome di Asperger. L’autismo è una anomalia relativamente rara (4-15 bambini su 10000) e che si manifesta entro i primi 3 anni di vita con ritardi o funzionamento atipico di almeno una delle seguenti aree: interazione sociale, linguaggio usato per l’interazione sociale, gioco simbolico o di immaginazione. Questo ultimo aspetto è importante soprattutto per la diagnosi precoce in quanto il bambino autistico da subito ha uno stile ludico privo di flessibilità, immaginazione e finzione.
E’ possibile individuare alcuni segni anticipatori già attorno ai 18 mesi quali ad esempio l’incapacità di seguire lo sguardo di un’altra persona o associare una nuova parola con l’oggetto corrispondente su cui è diretto lo sguardo del parlante, la difficoltà a indicare oggetti di interesse, l’incomprensione dei giochi di finzione. In particolare la compromissione dell’interazione sociale è macroscopica e può manifestarsi in vario modo. In età infantile si comincia da un uso distorto di diversi comportamenti non-verbale (sguardo, postura, gestualità, espressioni del viso)
I soggetti autistici passano, di conseguenza, ad uno scarso o nullo interesse nel fare amicizia e all’incapacità di comprendere le convenzioni e le regole intrinseche all’interazione sociale. Questo quadro può essere aggravato dall’assenza di tentativi spontanei di condividere gioie, interessi con altre persone così come dalla mancanza di reciprocità sociale ed emotiva.
I bambini autistici preferiscono attività solitarie non partecipano attivamente a semplici giochi sociali, possono essere incuranti degli altri bambini, inclusi i fratelli mancare di consapevolezza nei riguardi dei bisogni altrui o non accorgersi del malessere di un’altra persona.
E’ tipica la persistente ed esagerata attenzione per le parti di un tutto( bottoni, parti del corpo) o di alcuni oggetti inanimati (uno spago, un elastico). Possono essere affascinati da movimenti( ruote che girano, aprire e chiudere le porte, oggetti che ruotano rapidamente). I soggetti autistici hanno comportamenti monotoni e ripetitivi, sviluppano malessere per cambiamenti banali quali il cambiamento della disposizione dei mobili in una stanza, l’utilizzo di oggetti nuovi;
sono altresì caratterizzati da una sorta di asservimento ad abitudini o rituali o da una insistenza irragionevole nel seguire certe routines (ad es. prendere la stessa strada per andare a scuola).
Tanto le mani quanto il corpo possono essere “oggetto” di movimenti stereotipati quali battere ossessivamente le mani e schioccare le dita, dondolarsi, buttarsi a terra, oscillare. Gli autistici manifestano iperattività, scarso mantenimento dell’attenzione, impulsività, aggressività, comportamenti autolesivi, mancanza di paura di fronte ai pericoli reali. Non mancano disordini nell’alimentazione, del sonno e anomalie dell’umore (apparente assenza di reazioni emotive).
Quanto alla comunicazione, l’autismo riduce tanto le capacità verbali quanto quelle non-verbali. Per quanto riguarda la componente prosodica del linguaggio si riscontrano anomalie tanto nell’altezza quanto nell’intonazione, nel ritmo del parlato.
Quali le cause di tutto questo coacervo di sintomi ed eccezioni comportamentali? Le più svariate da quelle genetiche a quelle biologico- neurologiche. In particolare si tratta di danni e lesioni di determinate aree cerebrali dovuti alle cause più diverse e talvolta sconosciute. Quanto all’area coinvolta le ipotesi vanno da difetti al tronco cerebrale e probabilmente al corpo calloso per ciò che riguarda gli effetti sull’elaborazione del linguaggio verbale, a danni del lobo frontale, del lobo temporale,
dell’amigdala (È ritenuta un centro di integrazione di processi neurologici superiori come le emozioni, coinvolta anche nei sistemi della memoria emozionale. È coinvolta nel sistemi di comparazione degli stimoli ricevuti con le esperienze passate, nell'elaborazione delle esperienze olfattive e nel comportamento sessuale ), del circuito corteccia orbito- frontale/solco temporale superiore/amigdala.
Cos'è la Comunicazione Aumentativa Alternativa Come dice la parola stessa è un insieme di metodi e strategie che servono per potenziare le capacità residue del soggetto di comunicare e offre anche un metodo alternativo al linguaggio dove esso sia assente e molto improbabile da verificarsi. L'uso di simboli, fotografie, gesti, apparecchi informatici serve a fare in modo che il bambino sperimenti un modo di comunicare comprensibile a tutti, così da non essere sempre dipendente dai genitori e familiari che ogni volta devono tradurre per altre persone i suoi desideri o i suoi pensieri.
Può essere giusto ricorrere alla CAA quando un bambino non riesce a sviluppare il linguaggio verbale o quando esso non sia sufficiente a permettergli la comunicazione con gli altri, sia perchè povero di vocaboli, sia perchè incomprensibile per chi non lo frequenta abitualmente. I mezzi che si possono usare per sostituire o incrementare il linguaggio possono essere diversi a seconda della gravità motoria e allo sviluppo cognitivo del bambino
L’obiettivo fondamentale di un intervento di CAA è dunque quello di favorire l’interazione ed aumentare l’integrazione sociale della persona disabile. Tenendo sempre presente questa finalità generale, è possibile raggiungere anche altri scopi: • colmare il “gap” tra comprensione ed espressione • ridurre la frustrazione derivante da fallimenti comunicativi precedenti • facilitare lo sviluppo del linguaggio orale • facilitare lo sviluppo di abilità di lettoscrittura emergenti
Il codice alfabetico nella comunicazione “faccia a faccia” • Il caso tipico di un utente CAA che utilizza il codice alfabetico è quello in cui la persona disabile indica lettere per comporre parole, frasi con la finalità di trasmettere dei significati. • L’utilizzo della “scrittura” nella comunicazione “faccia a faccia” è completamente diverso rispetto all’uso che ne viene fatto in contesti di normalità (generalmente per la comunicazione differita nel tempo e nello spazio).
Le frasi che vengono composte dalla persona disabile non possono avere le stesse caratteristiche del testo scritto; sono al contrario molto più brevi e strettamente legate alla situazione contingente. La qualità degli scambi con un soggetto non parlante che utilizza il codice alfabetico sono radicalmente diversi rispetto alle normali interazioni: vengono infatti a mancare tutti gli aspetti non verbali della comunicazione (la comunicazione analogica ha ruolo determinante nella trasmissione dei significati). Da ciò ne consegue che non è lecito attendersi degli scambi con la medesima “coloritura” del linguaggio orale.
Per bambini che hanno delle difficoltà motorie usare i simboli può essere un sistema molto efficace. Al bambino viene in pratica insegnato ad esprimere le sue scelte e i suoi pensieri attraverso delle immagini che rappresentano oggetti o concetti della vita . Per permettere una scelta fra due pietanze può essere posto il disegno di esse su un foglio di carta e chiesto al bambino di indicare quale delle due vorrebbe per pranzo.
L'indicazione può essere fatta manualmente, se ci sono le capacità, o altrimenti anche attraverso lo sguardo. Diamo in questo modo al bambino la possibilità di essere protagonista della propria vita dal momento del pranzo a quello del gioco e così via. Questa sotto è una delle prime tabelle di un bambino affetto da tetraparesi spastica per il momento della merenda
I simboli possono essere rappresentati da disegni, foto prese dai giornali, foto fatte da noi o da sistemi già predisposti come per esempio il "Picture Communication Symbols" il quale comprende 2400 simboli che spaziano dagli oggetti, ai sentimenti ecc. Il PCS è al momento il sistema più diffuso ma ci sono altri sistemi più difficili da trovare in commercio. Può sembrare difficile insegnare ad un bambino che cos'è il concetto di simbolo e infatti solo la pratica può aiutarci: se il bambino sperimenta che indicare il bicchiere dell'acqua gli fa ottenere un vero bicchiere di acqua non ci metterà molto ad apprendere.