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La Sardegna Posizione geograficaLa Sardegna si estende per 24090 km2, al centro del Mediterraneo occidentale. Dista dalle coste continentali più di qualunque altra isola di questo mare. La terra più vicina è quella di un'altra isola, la Corsica.La Sardegna ha più o meno la forma di un rettangolo e su ogni suo lato si apre un golfo: quello di Cagliari a sud, quello di Oristano ad ovest, quello di Orosei a est, quello dell'Asinara a nord.
La Sardegna è situata nel centro del mare Mediterraneo in una posizione intermedia tra la nostra penisola, l’Africa, la Francia e la Spagna. Rappresenta una forma rettangolare lunga 271 Km e larga 144 Km, con una superficie di 24.090 Kmq. • L’isola è divisa in due dal meridiano 9° di longitudine est da Greenwich e compresa entro il 38°52’ e 41°19’ parallelo di latitudine nord. • Il suo nome deriva dalla sua forma, a un’orma del piede umano che portava il nome di Ichnusa, che significa orma. • I Greci usavano accanto a Ichnusa il nome Sandaliotis. Poi Ichnusa fu tramutato in Sardo; alcuni scrittori introducono i nomi Sardonia e Sardania, invece i Romani, da Sardinia, lo fanno diventare Sardegna.
Lungo il litorale settentrionale, tra Capo Caccia e Capo Testa, esistono numerosi banchi di corallo, di cui ha richiamato pescatori liguri, livornesi e catalani. • In Sardegna sono evidenti i resti di formazioni dell’era primaria. La zona più antica della Sardegna è l’attuale Sulis Iglesiente le cui rocce appartengono ai periodi Cambrico e Silurico. Durante il Carbonifero un corrugamento determinò l’ascesa di masse magmatiche e granitiche che forma la struttura della Sardegna. Infine con il corrugamento alpino si generò il distacco dell’isola dal continente. • Con le emersioni del Quaternario le varie masse più antiche si saldarono tra loro mentre si verificò il distacco dalla Corsica, ottenendo la posizione attuale.
CLIMA Il clima della Sardegna è di tipo marittimo mediterraneo, temperato e mite. La Sardegna si trova nella traiettoria della masse d’aria tropicali provenienti delle coste africane, e dalle masse d’aria recate dai venti occidentali di origine atlantica, ma viene investita da correnti d’aria fredda provenienti dall’Artico. Il cielo della Sardegna è spesso terso: le giornate grigie e nuvolose sono rare e le precipitazioni, che si concentrano perlopiù tra novembre e febbraio, non sono frequenti. Il clima è mite: la temperatura raggiunge valori al di sotto dello zero solo nei mesi invernali e solo nelle zone interne e più elevate.I venti più frequenti sono il Maestrale, fresco e secco, da nord-ovest e lo Scirocco, caldo e umido, dall'Africa.
E' il libeccio a rendere vive le altissime dune di Piscinas. A sud di Marina di Arbus sulla costa occidentale della Sardegna. TEMPERATURA La temperatura media annua registra valori alquanto elevati. Nella stagione fredda le temperature medie dell’inverno sono attorno a 7°C. Durante la primavera si registrano temperature attorno ai 13-14°C; poi si passa rapidamente alla stagione estiva, nei primi di giugno. I mesi più caldi, luglio e agosto, ci sono temperature medie di circa 25°C, nella Sardegna meridionale, mentre nelle località degli altopiani dell’interno si arriva a 40-42°C.
La Sardegna presenta uno sviluppo costiero, incluso le isolette, di 1898 Km. Le coste sarde sono di formazione tettonica e per lunghi tratti sono alte, rocciose e rettilinee. Le coste più alte si trovano ad oriente, dove si affacciano sul mare di montagne di calcare, come l’Ogliastra. Alte e strapiombanti sono le coste a Capo Caccia e nel Basso Iglesiente. Lungo le coste calcaree il paesaggio è reso pittoresco dalle grotte di origine carsica, come la più importante, la Grotta di Nettuno ed anche quelle che si aprono del Golfo di Orosei. Nelle coste del nord-est e sud-ovest troviamo le rias, insenature che penetrano profondamente nella parete rocciosa. Tipici sono il piccolo e profondo golfo di Teulada, i golfi di Terranova, Cugnana e Arzachena. Lungo la costa occidentale si apre il golfo di Oristano, dove ci sono le pianure del Campidano e la Valle del Tirso; poi a sud il Golfo di Cagliari e a nord-ovest quello dell’Asinara, che ha coste basse e sabbiose nel fondo, che tornano ad essere alte e rocciose ad est. COSTE La Costa di Arbatax nell'Ogliastra, offre la natura incontaminata e acque cristalline scandite da una miriade di calette.
Il fiume Cedrino Flumendosa - Il più grande dei fiumi sardi che scorre nella trexe Il fiume Cedrino Il letto del fiume Tirso Coghinas – L'unico fiume inportantedella sardegna settentrionale che scorreai piedi del monte Limbara Flumendosa - Il più grande dei fiumi sardi che scorre nella trexenta
La rete idrografica sarda è formata da quattro fiumi maggiori: Tirso, Flumendosa, Coghinas e Flumini Mannu. • Il Tirso è il maggiore fiume sardo: ha una lunghezza di 159 km, mentre l’ampiezza del bacino è 3375 kmq. Sbocca nel Golfo di Oristano e nasce dall’altopiano granitico di Buddusò. Andando verso sud-ovest scorre per un lungo tratto sui terreni basaltici segnati da una frattura tettonica posta ai margini delle catene del Goceano e del Marghine: di qui le acque sono scarse ma poi si arricchiscono con i tributi del Liscoi. Di qui si trasforma in un lago. Attraverso le pianure del Campidano e di Arborea, il Tirso si versa nel Golfo di Oristano, a circa 6 km dalla città.
Il Flumini Mannu è il quarto fiume della Sardegna per ampiezza di bacino e lunghezza. Questo fiume scende con molti rami sorgontiferi dell’altopiano calcareo del Sarcidano. Nella parte centrale della pianura di Samassi riceve il torrente Leni, mentre da sinistra riceve altri torrenti provenienti dall’altopiano del Gerrei. Ma l’affluente più ricco d’acqua è il Cixerri, che lo raggiunge da destra. Questo estende il suo alto bacino nella parte centrale dell’Iglesiente, dove dai calcari metalliferi che caratterizzano la zona sgorgono numerose sorgenti. Il fiume sbocca nel vasto stagno di Cagliari.
Il Flumendosa è il più importante fiume della Sardegna: lungo 122km e per ampiezza di bacino è 1826 kmq. Il Flumendosa ha origine nel vasto massiccio del Gennargentu. All’altezza del monte Perda Lina è stata creata una grande diga di sbarramento dove si forma il primo lago del Flumendosa. Inoltre il fiume bagna la Barbagia di Belvì e a sud di Gadoni. Nel corso medio del Flumendosa è stato costruito nel 1959 il lago denominato Antonio Maxia le cui acque vengono condotte nel Trexenta e poi con un lungo canale al Campidano per l’irrigazione della vasta ed arida pianura.
Il Coghinas si trova nella costa settentrionale. È una tra i maggiori dell’isola ed è formato da due corsi: il Rio Mannu di Berchidda e il Rio Mannu di Ozieri. Questi si incontrano nella depressione tettonica del Logudoro che, mediante uno sbarramento, è stato creato un serbatoio idrico. Il Coghinas è lungo 115 km e il suo bacino è di 2476 kmq, il secondo, per estensione, in Sardegna.
La Sardegna è priva di laghi naturali, mentre numerosi sono quelli artificiali, realizzati per raccogliere le acque dei fiumi sardi che sono a carattere torrentizio, spesso gonfi ed impetuosi d’inverno e ardi d’estate. • Come laghi naturali abbiamo un eccezione sul laghetto di Baratz. • Il lago di Baratz si trova nella Nurra orientale, ai piedi del monte dell’Acqua,ed ha una profondità di 20 metri.
Invece, come laghi artificiali troviamo: Lago Omodeo: dovuto allo sbarramento del Tirso grazie ad una diga di tipo rettilineo. Nel 1923 rappresentò la più grande diga del mondo che racchiudeva il più grande lago artificiale d’Europa. All’interno della diga vi è una centrale idroelettrica. Lago del Coghinas: dovuto allo sbarramento del fiume Coghinas, grazie a una diga di tipo a gravità. Questa diga ha funzioni idroelettriche.
Lago alto Gusana: dovuto allo sbarramento del torrente Gusana, affluente del fiume Talora, nei pressi di Gavoi per mezzo di una diga lunga 320 m. • Lago Flumendosa – Arcu S. Stefano: dovuto allo sbarramento del fiume Flumendosa presso Orroli con una diga ad arco-gravità. • Lago del Mulargia: dovuto allo sbarramento del rio Mulargia poco prima della sua confluenza con il Flumendosa, per mezzo di una diga d arco-gravità.
Numerosi sono gli stagni e gli acquitrini. Gli stagni sono insenature del mare che sono state isolate da cordoni di dune. I maggiori sono quelli di Quartu, Cagliari, Cabras, Alghero e Sassari. Gli acquitrini sono formati dalle depressioni di terreno e spesso raccolgono acque salate inutilizzabili ai fini dell’irrigazione. I maggiori sono quelli di Simbirizzi, Perdiana, Nuraminis, Samatzai.
Il lago del Mulargia - dovuto allo sbarramento del Rio Mulargia E' il lago artificiale sul coghinas uno dei pochi laghi della Sardegna. Il Lago Omodeo – Il Più vasto lago artificiale della Sardegna e d'Italia creato con lo sbarramento del fiume tirso nell'alto Oristanese
PIANURE Le pianure sono di natura alluvionale, formatesi attraverso l’erosione dei rilievi da parte delle acque che hanno provocato una sedimentazione sul fondo. Le principali sono il Campidano e la Nurra. Il Campidano, o meglio I Campidani, è la grande pianura sarda che si suddivide in alcune sub-regioni, che is stendono dal golfo di Cagliari a quello di Oristano per una lunghezza di 110 km, mentre la larghezza varia tra 15 e 25 km. I Campidani sono stati per lunghi secoli una terra semideserta dominata dalla miseria e dalla malaria, la cui causa era rappresentata dagli acquitrini, paludi e stagni costieri.
La Nurra è di origine tettonica e si stende a nord tra il golfo dell’Asinara e la rada di Alghero. La parte settentrionale è ampia e distesa attorno a Porto Torres, ricca di apporti alluvionali recati dal fiume Mannu o Turritano, mentre la parte meridionale è chiusa tra le alte colline del Logudoro, e in Monte Doglia si affaccia al mare con una fascia di terreno fertile limitata.
Abbiamo altre pianure minori, alcune interne ed altre periferiche, costiere. Quelle interne, chiamate campi, hanno avuto origine dallo svuotamento per l’erosione dei corsi d’acqua, dai bacini pieni di tufi vulcanici o sedimenti marnosi. I più noti sono quello di Ozieri, Santa Lucia di Bonorva, della Trexenta e della Marmilla. Altre ristrette pianure sono quelle di Olbia, la valle del Cixerri e la stretta fascia del litorale sulcitano.
Il territorio Il territorio è prevalentemente montuoso anche se l'alta montagna è assente: il picco più elevato, Punta Lamarmora, si eleva per 1834 metri al centro dell'isola, nel massiccio del Gennargentu. L'unica vera pianura è il Campidano che attraversa l'isola da ovest a sud, collegando il golfo di Oristano con quello di Cagliari.
La Sardegna è la più antica tra le terre emerse nel bacino mediterraneo meridionale. È costituita da terreni formatisi nelle epoche dell’era paleozoica, del cambriano e del siluriano. Le rocce del cambriano hanno costituito il primo blocco di terra emersa dal mare nell’era paleozoica, ed è costituita da scisti, arenarie e calcari metalliferi, invece la parte orientale dell’isola è costituita da graniti, porfidi e scisti. • Il terziario fu caratterizzato da eruzioni vulcaniche che ricoprono il Nuorese e il Sarcidano da strati di trachiti e da basalti liberati dal vulcano Montiferru. • La fase centrale dell’isola si è formata nel miocene medio con depositi di marne e calcari. • Durante il quaternario riebbe l’emersione che saldò in un complesso le due fasce antiche all’isola l’aspetto attuale.
La Sardegna è dunque una zona montuosa, percorsa da rilievi isolati, separati da altopiani e affossamenti, di origine tettonica e di varia ampiezza. • Il complesso montuoso più importante è il massiccio del Gennargentu. Si estende nella parte centro-orientale dell’isola. È formato per la maggior parte da rocce metamorfiche e da filladi quarzifere, ricoperte da colate di porfidi e da intrusioni granitiche.
Lungo la costa occidentale troviamo Montiferru, il più importante apparato vulcanico dell’isola e domina gli altopiani basaltici della costa e dell’entroterra.
Verso settentrione abbiamo la catena che comprende da est verso ovest l’Altopiano granitico di Alà, quello del Goceano e l’Altopiano del Marghine. Ad est nella fossa del Tirso abbiamo i pianori calcarei del Nuorese che, grazie alla propria porosità, raccolgono le acque piovane e sono ricchi di acque sotterranee in scorrimento.
All’estremo nord si estende la montuosa Gallura, formata da altopiani granitici. È dominata dal massiccio del Limbara. L’angolo di nord-ovest è caratterizzato da rilievi rachitici, alternati a modeste collinette di origine vulcanica. Gli altopiani granitici più grandi, che si estendono dal Limbara al Gennargentu, sono quelli di Buddusò, di Bitti, del Nuorese e di Fonni. Gli altopiani basaltici maggiori sono quelli di Abbasanta, il Campidano di Oristano e il Marghine, mentre quelli minori sono le giare di Gesturi,di Serri e di Siddi.
Nella valle del Flumendosa abbiamo gli altopiani calcarei. Questi raggiungono le massime dimensioni nell’altopiano del Sarcidano. I più noti sono Perda Liana e quello di Aritzo, a forma di fungo e chiamati Texile.
I rilievi granitici vengono attaccati dagli agenti atmosferici, scolpendovi nicchie e cavità di ogni grandezza. Questo scolpimento può dare origine a strane forme, come è l’orso tagliato nel granito di Capo d’Orso, di fronte a Caprera.
I rilievi granitici vengono attaccati dagli agenti atmosferici, scolpendovi nicchie e cavità di ogni grandezza. Questo scolpimento può dare origine a strane forme, come è l’orso tagliato nel granito di Capo d’Orso, di fronte a Caprera. Monte Gennargentu Capo d'Orso Monte Ferru Monte Limbara
Monte Texile Monte Minerva
Sorgenti • I particolari caratteri del clima e del suolo si riflettono sa sulle sorgenti che sui corsi d’acqua. Le sorgenti sono numerose, ma piccole e spesso temporanee e vengono indicate con nomi diversi: Mitza per le sorgenti d’emergenza o di contatto nel Campidano, Bullone nel Capo di Sopra, per emergenze e Funtana per indicare una sorgente o fonte. • Esistono anche serbatoi naturali costituiti da piccoli massicci montuosi calcarei o tavolati.
Dalle zone calcaree abbiamo le acque del Gologone, nella valle del rio Oliena e le falde settentrionali del Monte Alba. Meno grandi ma numerose sono quelle del tavolato calcareo del Sarcidano ed ai borghi vicino a Sadali e Seui. Abbiamo sorgenti dalla base di rilievi calcarei cambrici e sono quelle di Pubusino e quella di San Giovanni, a Domusnovas. Oltre a queste ne abbiamo vicino al Sassarese e quelle di Montiferru. • In Sardegna abbiamo le sorgenti termali, grazie ai minerali e la vulcanismo recente. Le terme sono quelle di Sardara, di Acquacotta, di Fodrongianus, di Saturnino e di Casteldaria. • Infine abbiamo le sorgenti minerali bicarbonato-sodiche, in corrispondenza nelle rocce vulcaniche esistenti; da ricordare sono quelle di S. Lucia di Bonorva e San Marino presso Torralba.
Cascata nel parco di laconi Ingresso della grotta di San Giovanni a Domusnovas Sa Spendula una cascata piccola a Villacidro
COME É NATA LA SARDEGNA?La Sardegna è la regione più antica d'Italia.Insieme alla Corsica fa parte di un unico basamento di roccia che, dal punto di vista geologico, è molto simile a certe zone della penisola iberica (Meseta) e della Francia meridionale (Montagna Nera). Da quando emersero i primi lembi di roccia (circa 570 milioni di anni fa) fino all'Eocene (circa 40 milioni di anni fa) la Sardegna fu saldata con l'Europa continentale in corrispondenza delle coste mediterranee della Spagna e della Francia.
Le rocce più antichele rocce più antiche si formarono agli inizi dell'era Paleozoica (570-225 Ma) nel periodo Cambrico (570-500 Ma), per accumulo di sedimenti sui fondali marini profondi.La struttura di queste rocce subì una metamorfosi dovuta alle elevate temperature dei magmi e alle gigantesche pressioni legate ai movimenti della crosta terrestre, per questo sono chiamate rocce metamorfiche.Le rocce metamorfiche del periodo Cambrico (arenarie, calcari, dolomie, scisti) sono visibili nelle zone del Sulcis-Iglesiente (sud ovest dell'isola).Queste zone furono le prime terre emerse della Sardegna e dunque hanno un'età di circa 600 Ma.[foto: Pan di Zucchero, grosso scoglio calcareo al largo della costa Iglesiente;
Nasce il Gennargentunei periodi successivi, Silurico (435-395 Ma) e Devonico (395-345 Ma) si formarono le rocce metamorfiche scistose del massiccio del Gennargentu.[foto: Punta Paulinu, massiccio del Gennargentu;
Il granitonel Carbonifero (345-280 Ma) imponenti masse di roccia fusa fuoriuscirono attraverso la crosta terrestre consolidandosi però sempre nel sottosuolo: si formarono i graniti che costituiscono la vera ossatura geologica della Sardegna.[foto: vette Sette Fratelli, massiccio granitico del Sarrabus;
Nascono i Toneris e il Supramonte nell'era Mesozoica, nei periodi Triassico (225-190 Ma) e Giurassico (190-136 Ma) le terre emerse della Sardegna furono nuovamente sommerse dal mare: sui fondali, a grandi profondità, si depositò una gran quantità di sedimenti carbonatici.Nacquero così i vasti e spessi depositi di sedimenti calcarei che poi riemersero dando origine alle spettacolari formazioni dei tacchi e dei toneri della Barbagia (NU), del Sarcidano (NU) e dell'Ogliastra (NU).Nel Cretaceo (136-65 Ma) si formarono i calcari del Supramonte di Oliena (NU), del Golfo di Orosei (NU) e quelli della Nurra-CapoCaccia (SS). [foto: Perda Liana, imponente torrione calcareo, fra Ogliastra e Barbagie;
La Sardegna diventa un'isola fra il Cretaceo medio e l'Oligocene si formano i depositi vegetali nella zona del Sulcis (CA) che si trasformeranno nel tempo in lignite (un tipo di carbone fossile).Nell'Oligocene (38-26 Ma) per un complesso evento tettonico (l'orogenesi alpina) nacquero le Alpi, l'Appennino, i Pirenei, la catena dell'Atlante. La Sardegna e la Corsica, che fino a quel momento erano saldate alla massa continentale, si staccarono dal resto del continente e, spostandosi in senso rotatorio antiorario, andarono a collocarsi nella posizione attuale al centro del Mediterraneo Occidentale. Nel Miocene (26-5.2 Ma) una vasta zona dell'isola fu nuovamente invasa dal mare: la crosta terrestre si distese e si formò una fossa (la Fossa Sarda), estesa dal Golfo dell'Asinara al Golfo di Cagliari, che fu invasa dal mare.
Il vulcanismo del Pliocenenel Pliocene (5.2-1.8 Ma) sprofondò la parte di suolo nella quale oggi si trova la piana del Campidano.Fu quello un periodo di intensa attività vulcanica riscontrabile nelle vaste colate basaltiche della Nurra (SS), dell'Anglona (SS), del Logudoro-Meilogu (SS), della Planargia (NU), della Marmilla (CA) e del Sulcis (CA).[foto: Giara di Genoni, altopiano basaltico della Marmilla;
Formazione del Campidano nel Pleistocene (1.8-0.01 Ma) la fossa tettonica del Campidano (CA; OR) fu colmata dai detriti alluvionali trasportati dai fiumi che sfociavano in quel mare.Sempre nel Pleistocene (1.8-0.01 Ma) ci furono diverse variazioni della linea di costa, in seguito all'avanzare e al regredire dei ghiacci che modellarono definitivamente il profilo costiero dell'isola.[foto: pianura del Campidano, campo di grano e colza;
Ambienti selvaggi e incontaminatiNATURA SARDAMare, montagna, boschi, deserti, paludi e altipiani.Mufloni, cervi, cavalli selvatici, grandi rapaci. 100, 1000 specie di uccelli. L'imprendibile foca monaca.Grandi foreste mai tagliate, boschi di leccio, cespugli di corbezzolo alti 5 metri, macchia impenetrabile. Piante rare. Colori pieni. E l'uomo è una rara presenza. La natura in Sardegna è tutto questo.
I Predoni del cielo Rimaniamo nel campo dei rapaci e diamo per scontate la presenza di gheppio(Falco tinnunculus), poiana(Buteo buteo) e sparviero(A ccipiter nisus).Qualche nota in più la meritano l'astore(Acci piter gerttilis) e il pellegrino(Falco peregrinus).Il primo trova casa nei boschi austeri del tormentato interno, dov'è facile vederlo quando è in amore o insegue a zig-zag colombacci di passo.Il secondo, invece, lo troviamo sia nelle zone più alte che nelle falesie sul mare.
Golfo di Orosei.Questa era la casa della Foca Monaca (Monachus monachus), ancora comune negli anni cinquanta nelle calette della costa tra Dorgali e Baunei.Un incontro "ravvicinato":Primavera del 1956: studiosi e inviati di varie riviste venivano spesso in Sardegna per documentarsi sulla foca monaca e loro accompagnatori ufficiali erano gli esperti del Gruppo Grotte Nuorese.Bruno Piredda, uno di questi, nel corso di una spedizione vide all'ingresso di una grotta le tracce fresche di una foca e subito la seguì infilandosi carponi dentro un piccolo harem di foche!Il maschio, dopo aver osservato a lungo l'intruso, lanciò un latrato violento e si avviò rapidamente verso l'uscita ma Piredda, temerario e abbastanza incosciente, gli saltò addosso e si fece trascinare per un certo tratto. Finirono in acqua insieme con tutt'intorno cinque o sei femmine che osservavano la scena più incuriosite che spaventate.
la lepre sardaDove il bosco si apre nelle ampie radure è possibile incontrare qualche rara lepre sarda (Lepus capensis meridionalis). • il ghiro sardoE dove il bosco è ancora una cosa seria si trova il ghiro(Glis glis), chiamato in sardo «su sorighe 'e padente», il topo di foresta, che fa incetta di ghiande nei suoi ricoveri situati dentro i grandi tronchi cavi. Per lui i problemi erano, quando l'uomo abitavail bosco, di carattere culinario: infatti il ghiro veniva considerato un piatto prelibato di pastori del Supramonte!
Nei cieli lasciati liberi dagli avvoltoi volano invece bande di grandi uccelli neri:sono i corvi imperiali (Corvus corax) che pattugliano il territorio sfruttando ogni occasione alimentare.Alle coppie, fedeli nell'occupare siti tradizionali di nidificazione, si aggiungono periodicamente i gruppi degli immaturi, vagabondi e chiassosi.Una mano d'aiuto, involontaria quanto generosa, ai corvi imperiali viene data dai gruppi del WWF che alimentano i carnai nei monti di Oliena con la speranza di attirarvi e trattenervi gli ultimi avvoltoi.Non so quanto funzionerà con i grifoni, comunque è certo che quelle carcasse sono una vera manna per i corvi del circondario.In primavera, anche nelle zone più alte, arriva e nidifica il passero solitario (Monticola solitarius), sicuramente qualche coppia di sordone(Prunella collaris) e forse alcune di culbianco (Oenanthe oenanthe). • Recenti e ripetuti avvistamenti di picchio muraiolo (Tichodroma muraria), in periodo primaverile e sempre nella stessa zona, fanno pensare alla probabilità di una nidificazione, fatto assolutamente nuovo per questa specie non segnalata in loco neanche come occasionale mentre fin sotto le cime più alte e isolate vive la pernice sarda (Alectoris barbara; nella foto),davvero straordinaria nell'adattarsi al niente chepuò offrire quell'ambiente roccioso.
il cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus),anche se forse mai numeroso.Abitava le valli basse, ombrose, chiuse da impraticabili costoni.La sua scomparsa si perde nel tempo, risale certamente al tardo secolo scorso e delle ultime catture si hanno oramai racconti sbiaditi, spesso tramandati e solo raramente vissuti in diretta. • C'era il daino (Dama dama), sicuramente molto meno numeroso del cervo per via dell'asperità dei luoghi.L'ultima daina pare l'abbiano uccisa negli anni trenta nei boschi di Fundales, sotto il Supramonte di Orgosolo.
L'uomo ha vissuto in Supramonte da tempi remoti. • La sua presenza, la sua attività hanno modellato e modificato, quello che doveva essere lo splendore delle vestigia arboree originarie. • Secoli di pastorizia arcaica e marginale, giust'appena di sopravvivenza, hanno lasciato segni ben visibili in particolare per l'uso ripetuto del fuoco, d'altronde irrinunciabile per quel tipo di attività. • Non v'è dubbio, però, che le ferite più profonde e dolorose alle immense leccete siano state inferte dai grandi tagli che dalla seconda metà dell'ottocento ai primi decenni del novecento hanno interessato tutta la Sardegna
I dirupi e le falesie delle costesono il regno del ginepro fenicio (Juniperus phoenicea), dell'euforbia (Euphorbia dendroides), dei rudi macchioni di lentisco(Pistacia lentiscus), generose dispense di bacche per uccelli e cinghiali, profumati rosmarini(Rosmarinus officinalis), rustici olivastri(Olea oleaster) che negli angoli più nascosti raggiungono dimensioni considerevoli. • Inoltrandoci nell'internotroviamo vaste estensioni di foreste miste, successive per lo più ai grandi tagli.Domina il leccio(Quercus ilex), con abbondanza di erica(Enea arborea), verdissime filliree(Phillyrea tatifilia), splendidi corbezzoli(Arbutus unedo).
Alcuni frammenti superstiti, sparsi qua e là nel Supramonte, non hanno mai conosciuto la violenza della scure. • Sono autentici santuari della natura, silenziosi testimoni, austeri e tenebrosi, di quello che doveva essere il patrimonio boschivo appena un secolo fa. • Sono alberi enormi, altissimi, e tronchi rugosi con circonferenze sui quindici metri non sono un'eccezione. • Molte piante sono ferite, scavate, contorte, sofferenti;portano i segni delle folgori, dei venti, della neve e dell'età. • Eppure sopravvivono, anche se molte sono cadute e giacciono,giganti inermi, in pose scheletriche.
la peonia(Paeonia mascula), vanitosa nel suo splendore quando annuncia l'arrivo della primavera. • Poi c'è il narciso(Narcissus tazetta) che ingentilisce ruvidi balconi e buie fessure con i suoi mazzetti gialli, il bel lissimo giglio stella (Pancratium ittyricum) che colonizza anche le zone più degradate e i tappeti continui, fitti, fitti, dei ciclamini (Cyclamen repandum) che paiono dar luce alle tenebre delle leccete. • Ancora per lo spettacolo di colore, merita una nota a parte l'oleandro (Nerium oleander) che da maggio a settembre inventa un ininterrotto serpente rosa che segue il tortuoso percorso delle «codule».