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Johann Gottlieb Fichte

Johann Gottlieb Fichte. I tre principi. Attività conoscitiva e morale. Idealismo e dogmatismo. I tre principi. Con la “dottrina della scienza” Fichte identifica i principi fondamentali di tutto il sapere. Il primo principio.

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Presentation Transcript


  1. Johann Gottlieb Fichte I tre principi. Attività conoscitiva e morale. Idealismo e dogmatismo

  2. I tre principi Con la “dottrina della scienza” Fichte identifica i principi fondamentali di tutto il sapere.

  3. Il primo principio • Ai tempi di Kant (cf. Wolff) si considerava principio fondamentale della scienza quello di identità (A=A). • Per Fichte non è originario; l’identità presuppone un io che la pensi; • e l’io non può porre nulla se prima non pone se stesso: • l’Io, infatti, non è posto da altro (altrimenti si andrebbe all’infinito) ma si autopone.

  4. L’Io • E’ attività; intuizione intellettuale di sé (quella che Kant attribuiva solo ad un intelletto creatore). • Non è un ente attivo: l’essere non precede l’operare, ma al contrario, segue l’operare, consiste in esso. • Non coincide con l’io empirico, individuale, che nasce solo in seguito, ma è un Io assoluto, originario.

  5. Primo principio: L’Io pone se stesso.

  6. Il secondo principio • Per Fichte non c’è posizione senza opposizione; il porsi come Io implica il contrapporsi a qualcosa d’altro, infatti: • Nell’Io che pone se stesso occorre distinguere tra ponente e posto; • il soggetto può essere cosciente di qualcosa, (anche di se stesso) in quanto lo distingue da sé, come altro da sé: (“oggetto”, “non-Io”).

  7. Secondo principio: L’Io oppone a sé un non-Io.

  8. L’opposizione • Non è esterna all’Io: il non-Io sussiste nell’Io (non c'è nulla al di fuori di esso), • infatti: ciò di cui ho coscienza sussiste nel mio io (è una mia rappresentazione) pur essendo distinta dal mio io. • Non è posteriore cronologicamente alla posizione dell’Io: i due momenti sono distinguibili solo logicamente, come due polarità.

  9. Terzo principio • L’opposizione non elimina nessuno dei due “poli”, l’uno non toglie l’altro ma lo delimita, lo determina, lo “divide”; • È a questo punto che nascono le varie coscienze empiriche e i loro contenuti: • l’Io infinito, infatti, non esiste accanto agli io finiti, ma in essi, mediante in essi, giacché la autoposizione dell’Io implica necessariamente l’opposizione.

  10. Terzo principio: L’Io oppone nell’Io all’io divisibile* un non-io divisibile*. * = determinato, finito

  11. Conseguenze • Sulla base dei principi Fichte è in grado di fondare la filosofia kantiana: • può dedurre le categorie (in senso logico) senza bisogno di rifarsi alle forme del giudizio (conosciute per via empirica). • Può spiegare in modo unitario l’attività conoscitiva e quella morale superando il dualismo kantiano.

  12. Attività conoscitiva e attività morale Grazie ai principi, ambito conoscitivo e pratico non sono più separati da un “abisso incolmabile” ma sono due aspetti complementari del rapporto tra Io e non-Io

  13. Attività conoscitiva • Non esiste realtà in sé, ciò che conosciamo non esiste al di fuori dell’Io: il non-Io deriva dall’Io e sussiste in esso. • Tuttavia gli oggettici appaiono comeesterni a noi ed agenti sul nostroio; • ciò accade perché sono il prodotto di un’attività inconscia (la coscienza implica l’oggetto: l’attività che produce l’oggetto non può essere consapevole).

  14. Autocoscienza • L’attività conoscitiva ha proprio come scopo riappropriarsi dell’oggetto, ossia comprendere che tutto deriva dall’Io. • L’Io infinito, attraverso gli io finiti, si avvicina per gradi alla piena autocoscienzache però non può mai raggiungere. • L’ “autocoscienza pura” è infatti solo un limite ideale: raggiungerla significherebbe togliere la coscienza stessa.

  15. Attività morale • Mentre nella conoscenza il non-io (l’oggetto) determina l’io, nell’attività morale è l’io che determina il non-io. • Qui, infatti, il non-io appare all’io come un ostacolo da superare: agire significa cioè vincere una opposizione, una resistenza, • e superare l’ostacolo significa per l’io affermare sé, realizzare la propria libertà.

  16. Libertà « Frei sein ist nichts; frei werden ist der Himmel.» « Essere libero è nulla; diventare libero è il paradiso. » • Per Fichte la libertà non è una condizione acquisita (sein) ma un divenire (werden) che si realizza nell’azione. • L’azione ha bisogno di un oggetto, perciò il non-iorisultanecessario all’affermazione della libertà dell’io.

  17. Primato della ragion pratica • Sul piano morale si rivela perciò ilmotivo dell’opposizione: • L’io si oppone un non io per potersi realizzare nella libertà; • la stessa attività conoscitiva esiste in funzione di quella morale. « Noi agiamo perché conosciamo, ma conosciamo perché siamo destinati ad agire. »

  18. Dover essere • Ma per Fichte (come per Kant) l’attività morale è un compito infinito; togliere ogni ostacolo significherebbe togliere la libertà: • perciò la perfezione assoluta, cioè Dio stesso, non esiste in sé, separatamente dagli io finiti, • ma si realizza solo nell’agire umano come “ordine morale del mondo”, ossia come “dover essere”, come meta ideale.

  19. L’ultimo Fichte • Negli anni trascorsi a Berlino (dal 1800) sino alla fine dalla vita il pensiero di Fichte subisce una svolta: • si accentua l’interesse alle tematichemetafisiche, religiose, o addirittura mistiche: • Dio diviene una realtà sussistente e non solo ideale.

  20. La scelta dell’idealismo “Il contrasto tra idealista e dogmatico consiste propriamente in ciò: se l’autonomia dell’io debba essere sacrificata a quella della cosa o viceversa”.

  21. Idealismo e dogmatismo • Secondo Fichte sono possibilisolo due filosofie: • L’idealismo che fa del soggetto il principio formale e materiale del conoscere, • e il dogmatismo che assume l’esistenza delle cose in sé, esterne al soggetto. • Nessunodei due sistemipuò confutare l’altro: i principi da cui partono sono infatti eterogenei.

  22. L’opzione • Fichte è convinto della superiorità teoretica dell’idealismo sul dogmatismo. • Tuttavia afferma che si aderisce all’uno o all’altro non per convinzione razionale ma per un’opzione: la scelta tra due modi di spiegare l’esperienza. • E la scelta presuppone un certo tipo d’uomo.

  23. L’uomo e la sua filosofia • Il dogmatismo, che lega il soggetto alle cose e finisce per considerarlo determinato in tutto, è adatto agli “spiriti fiacchi”. • L’idealismo, invece, sceglie l’assoluta libertà dell’io che nulla di esterno può condizionare, e richiede forza e grandezza d’animo.

  24. La scelta di una filosofia dipende da quel che si è come uomo, perché un sistema filosofico non è un’inerte suppellettile, che si può lasciare o prendere a piacere, ma è animato dallo spirito che un uomo ha. Un carattere fiacco di natura o infiacchito e piegato dalle frivolezze, dal lusso raffinato e dalla servitú spirituale, non potrà mai elevarsi all’idealismo. Prima introduzione alla Dottrina della Scienza

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