1 / 100

L’imperialismo in Africa

L’imperialismo in Africa. Una nuova forma di dipendenza. Dalla tratta al commercio lecito. La politica della sottomissione. Un modello di sfruttamento. Diamanti e oro. La resistenza degli africani. Dalla tratta al commercio lecito.

phuc
Download Presentation

L’imperialismo in Africa

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. L’imperialismo in Africa

  2. Una nuova forma di dipendenza Dalla tratta al commercio lecito La politica della sottomissione Un modello di sfruttamento Diamanti e oro La resistenza degli africani

  3. Dalla tratta al commercio lecito Gli inglesi portano agli africani l'annuncio che le grandi potenze hanno concluso nel 1815 un trattato sull'abolizione della tratta dei neri e che si apre una nuova era all'insegna dell'industria e del commercio. La rappresentazione degli africani che accolgono l'annuncio come una rivelazione, levando gli occhi al cielo, indica che questa immagine allegorica (una incisione inglese) venivadiffusa dagli evangelici.

  4. Guadagnando terreno sia nell'opinione pubblica che nei parlamenti, in un continuo aspro scontro con gli schiavisti, essi riuscirono, dagli inizi dell'Ottocento, a far varare leggi che proibivano la tratta degli schiavi: nel 1803 in Danimarca, nel 1807 in Inghilterra e negli Stati Uniti, nel 1814 in Olanda, nel 1818 in Francia, nel1830 in Portogallo. Ciò aprì la strada all'abolizione della schiavitù anche negli Stati Uniti, dove venne sancita, su tutto il territorio, nel 1865 al termine della guerra di secessione

  5. Il successo degli abolizionisti era dovuto non solo al loro impegno umanitario, ma al fatto che il loro obiettivo corrispondeva, sia in Europa che in Nord America, agli interessi economici del nascente capitalismo industriale.

  6. Già nella seconda metà del settecento, l'economia inglese aveva cominciato a trasformarsi da economia basata principalmente sull'importazione e riesportazione dei prodotti delle colonie americane (zucchero, cotone, rum, tabacco) in economia che, industrializzandosi, si basava sempre più sull'esportazione di prodotti finiti. • Tale processo era stato accelerato dal fatto che l'inghilterra aveva incontrato crescenti difficoltà nell'imporre il proprio monopolio commerciale alle colonie nordamericane che, ribellatesi, si erano rese indipendenti. Per di più, i proventi del commercio dello zucchero, importato dalle colonie inglesi delle indie Occidentali, erano fortemente calati a causa della concorrenza francese.

  7. Commercio delle colonie britanniche nord-americanecon la madrepatria nel periodo 1769-71(in migliaia di sterline)

  8. A differenza della vecchia borghesia mercantile (i West Indians) arricchitasi col commercio triangolare imperniato sulla tratta degli schiavi, la nuova borghesia industriale (i cui capitali provenivano anch'essi, in larga misura, dal commercio triangolare) non aveva bisogno di schiavi ma di materie prime e mercati esteri, disponendo in patria di una vasta riserva di manodopera a basso costo. Significativamente, tra i principali leader del movimento abolizionista figuravano molti banchieri e industriali.

  9. Nonostante l'abolizione ufficiale, la tratta proseguì (fino al 1870: qui si vede un gruppo di bambini e ragazzi africani destinati a essere venduti nelle Americhe.

  10. Si calcola che, tra il 1807 e il 1867, siano stati imbarcati su navi negriere europee e americane circa 1,9 milioni di schiavi africani. Meno del 10 per cento, all'incirca 160mila, fu liberato dalle squadre navali europee e statunitensi, il cui compito principale in realtà non era tanto quello di stroncare il commercio illecito di schiavi, quanto quello di proteggere il commercio "lecito" dei rispettivi paesi. • Alcune decine di migliaia di schiavi emancipati vennero inviate negli insediamenti appositamente creati da organizzazioni filantropiche britanniche e statunitensi sulla costa occidentale dell'Africa, a Freetown (in Sierra Leone) e in Liberia.

  11. Quest'ultimo insediamento fu creato nel 1821 da un'associazione umanitaria statunitense, l’American Colonization Society, che acquistò da alcuni re locali parte del territorio della Costa del Pepe e vi trasferì dagli Stati Uniti un gruppo di schiavi liberati. La sua tutela diretta sulla colonia, che inizialmente fu chiamata Monrovia (in onore del presidente degli Stati Uniti J. Monroe), durò fino al 1847, anno in cui essa fu dichiarata repubblica indipendente col nome di Liberia ed ebbe una Costituzione modellata su quella statunitense. • Il nuovo Stato, che nel 1857 inglobò un'altra colonia privata statunitense di schiavi affrancati formatasi al capo delle Palme, adottò l'inglese come lingua ufficiale e il protestantesimo come religione, realizzando sin dall'inizio il predominio dei neri americani su quelli autoctoni, che vennero discriminati ed esclusi dalla vita pubblica.

  12. Una nuova forma di dipendenza • La trasformazione dell'Africa da fornitrice principalmente di schiavi a fornitrice di materie prime determinò il passaggio a una nuova forma di dipendenza dall'Europa, che comportò, soprattutto nell'Africa subsahariana, un aumento della schiavitù e altre gravi conseguenze socioeconomiche.

  13. Particolarmente richiesto in Europa era l'olio di palma, che veniva usato come lubrificante per macchine. Molto ricercati erano anche altri oleaginosi africani, utilizzati sia come lubrificanti, sia come materia prima per la fabbricazione di saponi. Oltre a questi, l'Europa importava dall'Africa crescenti quantità dì gomma arabica (usata nell'industria tessile e in quella tipografica), spezie e legni tropicali.

  14. Una stazione commerciale britannica in Nigeria, specializzata nell'esportazione di olio di palma.

  15. Per far fronte alla crescente domanda europea di prodotti africani, le economie delle zone esportatrici di schiavi si riconvertirono gradualmente in economie esportatrici di materie prime agricole. • Mentre la regione del Golfo del Biafra produceva gran parte dell'olio di palma, il Senegambia iniziava la coltura su vasta scala delle arachidi e l'Angola cominciava a produrre caffè, zucchero e cotone.

  16. La transizione al commercio "lecito" determinò, in gran parte dell'Africa, una riorganizzazione non solo dei sistemi produttivi ma dei relativi sistemi sociali, accelerando la decadenza di antichi regni e la formazione di nuovi gruppi di potere che, basando la loro forza sulle armi da fuoco fornite dai mercanti europei, assunsero il controllo della forza lavoro e della terra. • L'espansione delle colture commerciali fu resa possibile dall'uso su vasta scala dal lavoro degli schiavi che, invece di essere esportati, venivano impiegati nelle piantagioni africane

  17. Secondo dati raccolti da funzionari francesi alla fine dell'Ottocento, nella grande fascia saheliana, che si estende dalla costa atlantica del Senegal fino alle rivedel Lago Ciad, il 30-50 per cento della popolazione era costituito da schiavi. Nei pressi dei centri commerciali, tale percentuale saliva fino all'80 per cento. Una situazione analoga venne a crearsi nell'Africa orientale

  18. Un'altra conseguenza dell'espansione delle colture commerciali fu che essa sottrasse forza lavoro e terre a quelle alimentari. Mentre gli uomini si dedicavano prevalentemente alle colture commerciali e alle attività connesse, o per propria scelta o perché costretti a farlo, la produzione di cibo per le famiglie diveniva mansione quasi esclusiva delle donne, aiutate da vecchi e bambini. • In molti casi, però, questa agricoltura di sussistenza, praticata su terre marginali, non era in grado di assicurare alle popolazioni I'autosufficienza, alimentare

  19. Commercianti di avorio a Zanzibar nell'Ottocento.

  20. Le carestie derivanti dal calo della produzione alimentare, la disgregazione dei sistemi comunitari, il conseguente massiccio spostamento di popolazioni, le razzie, i continui conflitti tra i gruppi di potere frammentarono e indebolirono le società africane, che non furono in grado di resistere alle potenze europee quando queste, l'una in competizione con l'altra, passarono dalla spartizione commerciale alla spartizione territoriale dell'Africa

  21. La politica della sottomissione • Un ruolo chiave nel determinare modalità e tempi della spartizione coloniale dell'Africa fu svolto dalla conquista del Congo, la regione centrale formata dal più grande bacino fluviale del continente, che re Leopoldo II del Belgio trasformò in suo possedimento personale.

  22. Il bacino del Congo, la cui superficie raggiunge i 3,7 milioni di chilometri quadrati, era abitato da più di duecento gruppi etnici, con oltre quattrocento lingue e dialetti, la cui organizzazione sociale e politica differiva da zona a zona in rapporto alle condizioni ambientali. Mentre nella savana, dove erano più facili gli spostamenti a lunga distanza, si erano formati diversi grandi regni con strutture statali e grossi insediamenti urbani come capitale, nella foresta pluviale, dove la fitta vegetazione rendeva difficili gli spostamenti, vivevano comunità molto più piccole, alcune delle quali, ad esempio quella dei pigmei, non avevano alcuna forma di governo. iggnica iggnica Formalmente, i trattati venivano stipulati in nome della fantomatica Associazione internazionale del Con­go, che, a sua volta, faceva sventolare sui villaggi e i territori acquisiti la bandiera blu con stella d'oro del­l'ormai defunta Associazione africana internazionale. Giocando su tale equivoco e distribuendo favori, re Leopoldo riusci a ottenere nel 1884 dal governo degli BECHUAMALAND Formalmente, i trattati venivano stipulati in nome della fantomatica Associazione internazionale del Con­go, che, a sua volta, faceva sventolare sui villaggi e i territori acquisiti la bandiera blu con stella d'oro del­l'ormai defunta Associazione africana internazionale. Giocando su tale equivoco e distribuendo favori, re Leopoldo riusci a ottenere nel 1884 dal governo degli BECHUAMALAND

  23. A mettere gli occhi sul Congo fu in particolare re Leopoldo II del Belgio. Ossessionato dall'idea di possedere una colonia (quando era principe ereditario, aveva tentato perfino di acquistare le isole Figi e le Filippine), una volta salito sul trono nel 1865, concentrò la sua attenzione su questa regione, raccogliendo metodicamente tutte le informazioni fornite da esploratori e missionari. Dato che la sua idea aveva scarso seguito nei circoli politici ed economici belgi, egli si mosse per realizzarla individualmente (attingendo però alle casse dello Stato).

  24. Nel settembre 1876 Leopoldo convocò a Bruxelles una Conferenza geografica, cui parteciparono, oltre a famosi esploratori, i presidenti delle più importanti società geografiche europee ed esponenti di organizzazioni missionarie e antischiaviste: in totale trentasette persone, tra cui ventiquattro stranieri. Scopo ufficiale della conferenza, che si svolse nello sfarzoso palazzo reale tra sontuosi banchetti e ricevimenti, era quello dell'esplorazione e civilizzazione dell'Africa centrale. «Aprire alla civiltà l'unica parte del nostro globo in cui essa non è ancora penetrata, per squarciare le tenebre che avvolgono interi popoli, è una crociata degna di questo secolo di progresso», proclamò il re nel discorso di apertura.

  25. Al termine della conferenza fu decisa la costituzione di una Associazione africana internazionale, presieduta dallo stesso re Leopoldo, con il compito di stabilire nella regione del Congo una serie di «basi scientifiche» per lo studio del clima, della fauna e della flora locali, il cui personale, disarmato, avrebbe anche fornito assistenza agli esploratori e svolto «un'opera di pacificazione per abolire il commercio degli schiavi, stabilire la pace tra i capi e fornire loro un giusto e imparziale arbitraggio».

  26. Quale fosse la motivazione reale che spingeva Leopoldo a questa impresa emergeva chiaramente da una lettera riservata in cui, nel novembre 1877, scriveva: «Dobbiamo ottenere una fetta di questa magnifica torta africana». • Mentre granduchi, principi e finanzieri di tutta Europa aderivano all'Associazione, re Leopoldo, che aveva ormai acquistato fama di monarca filantropo, effettuava un'altra importante mossa, inviando in Congo nel 1879 una sua spedizione guidata dal giornalista ed esploratore inglese Henry Morton Stanley.Divenuto famoso per aver rintracciato nel 1871, nella regione del lago Tanganica, l'esploratore e missionario scozzese David Livingstone di cui da anni non si avevano più notizie

  27. A ciascuno dei partecipanti alla Conferenza geografica, svoltasi a Bruxelles nel settembre 1876, re Leopoldo II del Belgio donò il proprio ritratto, montato in una preziosa cornice dorata.

  28. L'esploratore inglese Henry Morton Stanley.

  29. Stanley era l'uomo giusto per gli scopi che Leopoldo perseguiva nel continente africano. Spietato con i portatori africani, che faceva frustare per costringerli a marce forzate con pesanti carichi, nei suoi viaggi di esplorazione si lasciava alle spalle una scia di sangue. Nel diario della spedizione del 1874-77, scriveva: «Abbiamo attaccato e distrutto 28 grandi città e 60-80 villaggi», lì ancora: «Sulla riva (del lago Tanganica) c'era una folla di infuriati che si facevano beffe di noi. Ho aperto il fuoco su di loro con il fucile a ripetizione Winchester. Sei colpi e quattro morti sono bastati a calmare gli schernitori».

  30. In base a un contratto che gli assicurava 50mila franchi l'anno più altre cospicue entrate, Stanley aprì le porte del Congo a re Leopoldo, che nel frattempo aveva creato un'altra organizzazione di copertura, l'Associazione internazionale del Congo, «una sorta di Società della Croce Rossa, formata al nobile scopo dì rendere un duraturo e disinteressato servizio alla causa del progresso».

  31. Stanley cominciò a stipulare trattati con i capi dei territori che via via raggiungeva. Tali trattati, il cui numero sali a oltre 450 nel giro di pochi anni, erano congegnati, come aveva ordinato Leopoldo, in modo da '«garantirci ogni cosa in un paio di articoli». • La validità dei trattati, redatti in linguaggio giuridico francese e sottoscritti dai capi africani quasi sempre con una X, era garantita dal fatto che Stanley aveva costituito, grazie agli ingenti mezzi fornitigli da re Leopoldo, un piccolo ma possente esercito privato, formato da africani reclutati a Zanzibar e in altre zone, armato di un migliaio di fucili a fuoco rapido, una decina di cannoncini Krupp e quattro mitragliatrici.

  32. Formalmente, i trattati venivano stipulati in nome della fantomatica Associazione internazionale del Congo, che, a sua volta, faceva sventolare sui villaggi e i territori acquisiti la bandiera blu con stella d'oro dell'ormai defunta Associazione africana internazionale • Giocando su tale equivoco e distribuendo favori, re Leopoldo riuscì a ottenere nel 1884 dal governo degliStati Uniti «l'approvazione degli scopi umanitari e benevoli perseguiti dall'Associazione internazionale del Congo nel-l'amministrare gli interessi dei Liberi Stati colà stabiliti» e «il riconoscimento della bandiera dell'Associazione africana internazionale quale bandiera di un governo amico».

  33. Il riconoscimento decisivo re Leopoldo lo ottenne alla Conferenza che, su iniziativa del cancelliere Bismarck, si svolse a Berlino nel 1884-85 allo scopo di tracciare le linee della spartizione europea dell'Africa • Il 29 maggio 1885, Leopoldo proclamava il territorio da lui controllato "Stato indipendente del Congo", e ne assumeva la sovranità. Nello stesso giorno, emetteva un decreto reale in base al quale la «terra non occupata» diveniva, in Congo, proprietà dello Stato (ossia dello stesso Leopoldo).

  34. L'Atto di Berlino, sottoscritto dai partecipanti alla Conferenza protrattasi per un anno (dal 15 novembre 1884 al 26 novembre 1885), stabiliva all'articolo 34 che qualsiasi paese europeo avesse occupato un territorio sulle coste africane o vi avesse istituito un «protettorato", avrebbe dovuto informare gli altri paesi firmatari per ottenerne la ratifica. Veniva così applicata la dottrina delle "sfere di influenza». A questa si collegava la dottrina dell'"occupazione effettiva»: in base all'articolo 35, il paese che possedeva una zona costiera aveva diritto a possedere tutto l'hinterland, senza alcun limite territoriale verso l'interno.

  35. Per meglio controllare e sfruttare il territorio il sovrano ordinò che fosse costruita una ferrovia a scartamento ridotto che, dal porto di Matadi (alla foce del Congo) doveva raggiungere lo Stanley Pool (un lago formato dal fiume a monte delle rapide), da dove partivano i battelli a vapore per risalirne il corso. A causa degli enormi ostacoli naturali, che resero necessaria la costruzione di un centinaio di ponti metallici, la realizzazione dei 388 chiilometri di strada ferrata richiese otto anni, dal 1890 al 1898.

  36. Vennero impiegati nella costruzione della ferrovia fino a 60mila uomini alla volta, quasi tutti africani, ai quali furono affiancati centinaia di cinesi e caraibici dell'isola di Barbados, portati in Congo o con la costrizione o con l'inganno. Il massacrante lavoro sotto la frusta dei militi della ferrovia, la scarsità dì cibo, la mancanza di ripari per la notte, i frequenti incidenti, le malattie infettive e parassitarle provocarono una vera e propria strage

  37. All'inaugurazione della ferrovia, salutata da ventun colpi di cannone e dalle sirene dei battelli a vapore ormeggiati nello Stanley Pool, parteciparono alti funzionari statali e ufficiali dell'esercito che, insieme a un vescovo, brindarono con lo champagne alla salute di re Leopoldo. Fu anche scoperto un monumento, che raffigurava tre portatori africani, uno con un grosso carico sulla testa e due a terra spossati. Sulla targa era scritto: «La ferrovia li ha liberati dalla fatica del facchinaggio».

  38. Fu invece proprio la ferrovia, simbolo di modernità e progresso, che permise a re Leopoldo di aggiungere nuovi pesi sulle spalle delle popolazioni congolesi in quanto, agevolando i trasporti tra la costa e l'interno, rese più efficiente il sistema di sfruttamento delle risorse umane e materiali della regione.

  39. Un modello di sfruttamento • II sistema usato per sfruttare le risorse del Congo, dandolo in concessione a compagnie private e schiavizzandone le popolazioni, divenne un vero e proprio modello di dominio coloniale che, apprezzato dagli azionisti europei, fu applicato in altre parti dell'Africa

  40. L’immenso territorio dello "Stato indipendente del Congo" - 2 milioni e mezzo di chilometri quadrati con 2700 km di fiumi navigabili e una popolazione di circa 20 milioni - fu diviso da re Leopoldo del Belgio in grandi blocchi, che furono dati in concessione per lunghi periodi a compagnie private. In ciascuna lo Stato (ossia lo stesso Leopoldo) possedeva in genere il 50 per cento delle azioni, mentre il resto era ripartito tra investitori del Belgio e altri paesi europei.

  41. Le compagnie spremevano dal territorio della propria concessione, nella massima quantità possibile, tutto ciò che poteva essere esportato e venduto principalmente sul mercato europeo: avorio, olio di palma, rame, legno tropicale e, soprattutto, gomma naturale. Quest'ultima, in seguito alla crescente domanda proveniente dall'industria automobilistica e da altri attori manifatturieri, divenne nell'ultimo decennio del secolo la principale fonte di reddito delle compagnie che operavano nello "Stato indipendente del Congo

  42. Tra il 1890 e il 1901, i guadagni realizzati dalle compagnie aumentarono in media di quasi cento volte. Una di queste, la Compagnia anglo-belga, spendeva nel 1897 per un chilo di gomma raccolto in Congo e trasportato in Europa 1,35 franchi e lo vendeva a 10 franchi, realizzando un profitto del 640 per cento. Essa aveva ricevuto in concessione un'area del Congo grande quattro volte il Belgio, con il diritto esclusivo di sfruttarne tutte le risorse, soprattutto la gomma, per un periodo di trent'anni

  43. Era stato stabilito che la popolazione locale, invece di pagare le tasse allo Stato, doveva raccogliere gomma per la compagnia. Per costringerla a farlo, era stato conferito alla compagnia stessa il potere di costituire una propria milizia, alla quale lo Stato forniva fucili e munizioni. In cambio, lo Stato (ossia Leopoldo) riceveva il 50 per cento delle azioni della compagnia

  44. Nei territori dati in concessione alle compagnie, la raccolta della gomma era organizzata assegnando a ciascun villaggio una determinata quota: in genere, 4 chiili di lattice essiccato per uomo adulto ogni due settimane. Per raccogliere tale quantità, gli uomini dovevano addentrarsi sempre più in profondità nella foresta alla ricerca delle piante rampicanti (principale fonte della gomma in Congo) che incidevano per estrarne il lattice, salendo sugli alberi fino a oltre trenta metri di altezza. Era un lavoro molto faticoso e pericoloso, praticamente a tempo pieno: i raccoglitori dovevano stare in media nella foresta ventiquattro giorni al mese.

  45. Per costringere la popolazione dei villaggi a raccogliere la gomma secondo le quote stabilite, Leopoldo istituì un sistema militarizzato, di cui erano solerti esecutori i funzionari statali e gli agenti delle compagnie, che ricevevano, oltre alla paga, una commissione (in genere superiore alla paga stessa) in proporzione alla quantità di gomma raccolta nella propria zona. Nerbo del sistema era la Forza pubblica, costituita da soldati africani agli ordini di ufficiali europei, affiancata dalle milizie private delle compagnie.

  46. Se un villaggio si rifiutava di raccogliere la gomma per la compagnia da cui dipendeva, interveniva la Forza pubblica, che sparava a vista sugli abitanti e radeva al suolo le loro abitazioni. Per essere sicuri che ogni cartuccia fosse usata per uccidere una persona (e non "sprecata" per la caccia o, peggio, messa da parte per un ammutinamento), gli ufficiali imponevano ai soldati di portare come prova la mano destra della persona uccisa. Nelle unità vi era un .soldato addetto alla conservazione delle mani recise, che venivano affumicate per non farle imputridire prima di portarle al commissario che le contava.

  47. Le mani recise dai soldati della Forza pubblica a due abitanti di un villaggio congolese, Bolenge e Lingomo. nel 1904. L'europeo ritratto nella foto è uno dei missionari britannici che raccoglievano le prove delle atrocità commesse nello "Stato indipendente del Congo".

  48. A sinistra: due bambini congolesi, Mola e Yoka. amputati della mano destra dai soldati della Forza pubblica. L'articolo VI dell'Atto di Berlino, sottoscritto nel 1885 anche da re Leopoldo II del Belgio, dichiarava: "In nome di Dio Onnipotente, tutte le Potenze che esercitano diritti di sovranità, o hanno influenza, nei suddetti territori africani si impegnano a vegliare sulla preservazione delle razze native e sul miglioramento delle condizioni morali e materiali della loro esistenza»,A destra: due donne congolesi tenute in ostaggio da un soldato della Forza pubblica. La pena che le attendeva, nel caso che i loro uomini non fossero rientrati dalla raccolta della gomma entro il tempo stabilito, era l'amputazione di una mano, un orecchio o il naso.

  49. Analoghe rappresaglie venivano attuate quando un villaggio si rifiutava di fornire gratuitamente vettovaglie alla Forza pubblica. Raccontava un ufficiale nel 1894: «Quando i villaggi circostanti non rifornirono i miei cinquecento soldati del pesce e della manioca che avevo richiesto, bastò una punizione esemplare - cento teste tagliate - per avere da allora sempre abbondanti provviste alla guarnigione. Il mio scopo era stato in definitiva umanitario: avevo ucciso cento persone, ma avevo permesso ad altre cinquecento di vivere».

  50. I raccoglitori che rientravano al villaggio con una quantità di gomma minore rispetto a quella stabilita venivano duramente puniti. Lo strumento più usato era la chicotte, una lunga frusta fatta con pelle di ippopotamo essiccata e attorcigliata. I colpi venivano in genere inferiti sulle natiche nude: oltre venticinque provocavano la perdita di coscienza; oltre cento, la morte.

More Related