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Liceo Scientifico “ M. Curie “ Savignano sul Rubicone

C A L O R I M T R I A. CALORIMETRIA. CALORIMETRIA. Liceo Scientifico “ M. Curie “ Savignano sul Rubicone. CALORIMETRIA. Capacità termica Calore specifico Calore latente Trasmissione del calore. Lo scambio di calore di un oggetto con l’ambiente

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Presentation Transcript


  1. C A L O R I M T R I A CALORIMETRIA CALORIMETRIA Liceo Scientifico “ M. Curie “ Savignano sul Rubicone

  2. CALORIMETRIA Capacità termica Calore specifico Calore latente Trasmissione del calore

  3. Lo scambio di calore di un oggetto con l’ambiente circostante provoca una variazione della sua temperatura: calore assorbito => T aumenta calore ceduto => T diminuisce Vale la relazione: Q = calore scambiato Q = C·(Tf– Ti) Tf = temperatura finale Ti = temperatura iniziale C = capacità termica Il nome capacità termica suggerisce l’analogia con un secchio che ha la capacità di contenere acqua è sbagliata perché fa riferimento alla vecchia teoria del calorico.

  4. La capacità termica è una grandezza estensiva e si misura in J/K oppure in cal /K La capacità termica di un corpo si determina misurando il calore fornito al corpo e determinando la sua variazione di temperatura: C = Q/DT

  5. A partire dalla capacità termica si può ricavare una grandezza intensiva che caratterizzi il corpo: il calore specifico. Questo si ottiene dividendo la capacità termica per la massa del corpo ed è caratteristico di ogni sostanza il calore specifico può essere funzione della temperatura c = C/m Allora si ha: Q = c·m·(Tf – Ti) Il calore specifico è l’energia necessaria per innalzare di 1 °C la temperatura di 1 Kg di una determinata sostanza.

  6. Come si osserva dalla tabella precedente il calore specifico dipende dalla temperatura. Ci vuole più energia termica per riscaldare l’acqua da10 a 11 °C di quanta ne occorre per riscaldare la stessa acqua da 32 a 33 °C. Il calore specifico aumenta con la temperatura; fa eccezione l’acqua. 4186 J/°C kg è il valore a 15 °C; Il minimo valore lo si ha a 35 °C.

  7. Mediante il calorimetro siamo in grado di trovare il calore specifico di una sostanza. Nel calorimetro mettiamo a contatto un corpo ad una certa temperatura con una certa quantità di acqua fredda; Se non vi è dispersione di calore il calore ceduto dal corpo caldo è uguale al calore acquistato dal corpo freddo. • Qceduto + Qacquistato = 0 • Qceduto = Qacquistato Questa quantità è positiva essendo Dt < 0 - m1·c1·Dt1= m2·c2·Dt2

  8. Laboratorio Più in generale: meq= equivalente in acqua del calorimetro; è la massa di acqua che ha la stessa capacità termica del calorimetro

  9. Laboratorio me= 10,9 g

  10. Esempio Paolo ha un campione metallico di materiale incognito di massa 100 g. lo riscalda fino a 100 °C, per immersione in acqua bollente. Velocemente lo immerge in 300 g di acqua contenuta in un thermos che ha una temperatura di 20 °C. Dopo un minuto misura la temperatura di equilibrio che è di 23 °C. Di quale materiale si tratta? DATI m1 = 100 g= 0,1 kg t1= 100 °C m1 = 300 g= 0,3 kg t2= 20 °C teq= 23 °C Ch2o= 4186J/kg °C DQtotale = DQ metallo + DQacqua = 0 Q ceduta dal metallo = Q acquistata dall’acqua m1·c1·( teq – t2 ) = m2·c2 ·(teq –t2 )

  11. Esempio Una quantità di calore pari a Q = 300 kJ viene fornita ad una massa m = 720 g di ghiaccio posta inizialmente alla temperatura -10° C. Calcolare la temperatura finale dell’acqua. Soluzione: Per scaldare il blocco di ghiaccio fino alla temperatura di 0°C è necessaria la quantità di calore Q1 = mGH. cGH . Dt = 0,720 · 2260 ·( 0 – (– 10 ) )=16272J Per fare sciogliere tutto il ghiaccio ( passaggio di stato ) Q2= mGH. lGH = 0,720 · 334·103= 240480 J Dati : Q = 300 KJ = 3.10 5 J m = 720 g = 0,720 Kg La quantità di calore che rimane per scaldare l’acqua è: Q3 = Q – Q1 – Q2 = 3 . 105 – (16272 +240480) = 43248J Q3 = mac·cac·Dt= mac·cac·(tf – ti) tf= 14°C

  12. Se si divide la capacità termica per il numero di moli di un corpo, si ha il calore specifico molare. • - 1 mole = 6.02·1023 unità [numero di] • 1 mole di gas = 6.02·1023 molecole • cm = C/ n • Nel caso dei gas occorre specificare la modalità con cui viene fornito il calore: ad esempio a volume costante o a pressione costante. I calori specifici (molari) sono diversi nei due casi.

  13. Prima che ci si rendesse conto che il calore è energia trasferita, il calore veniva misurato in funzione della sua capacità di innalzare la temperatura dell’acqua. La caloria (cal) è la quantità di calore che occorre fornire ad 1 g di acqua (a pressione atmosferica) per innalzare la sua temperatura da 14.5 a 15.5 °C. La kilocaloria (oppure grande caloria) corrisponde a 1000 (piccole) calorie. Il contenuto energetico dei cibi si misura in kilocalorie. Dato che il calore è un trasferimento di energia, l’unità di misura nel S.I. è il joule. L’equivalenza tra joule e calorie è stata determinata da Joule e vale: 1 cal = 4.186 J 1 J = 0.2389 cal

  14. LE PROPRIETA’ DELLA MATERIA

  15. Gli aspetti macroscopico, microscopico e particellare della materia La materia è tutto ciò che possiede una massa e occupa un volume, cioè una porzione di spazio Un campione macroscopicodi materia può essere visto a occhio nudo Una o più particelledi materia non si possono vedere nemmeno con i più potenti microscopi Un campione microscopico di materia può essere visto con il microscopio ottico

  16. Gli stati della materia: solido, liquido e gassoso Stato solido Stato liquido Stato gassoso vibrano attorno a delle posizioni fisse

  17. I passaggi di stato brinamento condensazione solidificazione aeriforme liquido evaporazione solido fusione sublimazione

  18. I passaggi di stato La curva di fusione dell’acqua (curva di riscaldamento di un solido) acqua Temperatura (°C) acqua ghiaccio ghiaccio + acqua Tf (0°C a P=1 atm) ghiaccio + acqua SOSTA TERMICA ghiaccio tempo di riscaldamento (min)

  19. La curva di ebollizione dell’acqua (curva di riscaldamento di un liquido) vapore Temperatura (°C) acqua + vapore Te(100°C a P=1 atm) acqua SOSTA TERMICA tempo di riscaldamento (min)

  20. La curva di raffreddamento del vapor acqueo Il grafico della condensazione ha un andamento inverso rispetto all’ebollizione SOSTA TERMICA Temperatura (°C) vapore liquido + vapore T=100°C (P=1atm) liquido tempo di raffreddamento(min)

  21. Curva di raffreddamento dell’acqua Il grafico della solidificazione ha un andamento inverso rispetto alla fusione SOSTA TERMICA Temperatura (°C) liquido liquido + solido T=0°C solido tempo di raffreddamento (min)

  22. L’evaporazione L’evaporazione è un fenomeno che riguarda solo la superficie del liquido, le particelle con energia cinetica sufficiente possono vincere le forze di attrazione che le legano alle altre particelle e diventare vapore. Forze di coesione Le particelle in superficie devono vincere forze di attrazione di minore entità rispetto a quelle presenti all’interno del liquido L’evaporazione è favorita dall’aumento della superficie delliquido, dalla ventilazione, dall’incremento della temperatura. La velocità con cui il liquido evapora è diversa da liquido a liquido. Se il recipiente è aperto il liquido si raffredda e cala di livello.

  23. La tensione di vapore Situazione iniziale Equilibrio a 25°C Equilibrio a 40°C 55 torr 24 torr In un recipiente chiuso, le particelle di vapore si concentrano sempre più nello spazio sovrastante il liquido, opponendosi all’evaporazione e favorendo la condensazione: la velocità di evaporazione gradualmente diminuisce, quella di condensazione aumenta, finché diventano uguali; si è raggiunto uno stato di equilibrio dinamico, cioè il numero di particelle che evaporano è uguale al numerodi particelle che condensano in un dato intervallo di tempo, e il vapore viene definito saturo Si chiama tensione divapore la pressione esercitata dal vapore saturo sul proprio liquido.

  24. La tensione di vapore indica la tendenza di un liquido a passare allo stato di vapore (volatilità). Essa interessa tutti i liquidi e dipende, oltre che dalla natura delle particelle e dall’intensità delle loro reciprocheinterazioni, anche dalla temperatura e dalla pressione cui si trova il liquido (l’evaporazione è favorita da un aumento della temperatura e dalla diminuzione della pressione). variazione della tensione di vapore di alcuni liquidi in funzione della temperatura alcol etilico benzene acqua Tensione di vapore (mm Hg) 1600 1400 1200 1000 800 600 400 200 0 760 50 60 70 80 90 100 Temperatura (°C)

  25. L’ebollizione L’acqua bolle a 100°C perché, a tale temperatura, la tensione di vapore dell’acqua diventa pari a 1 atmosfera: in questa situazione la pressione esterna non riesce più a schiacciare le bolle di vapore che si originano dentro il liquido, che così comincia a bollire Pressione atmosferica Pressione esercitata dalle molecole di vapore che urtano contro le pareti della bolla Pressione dell’atmosfera verso l’interno

  26. Prende nome di ebollizione la vaporizzazione che avviene in ogni punto del liquido, quando la tensione di vapore eguaglia la pressione esterna. A una data pressione, l’ebollizione di ogni liquido avviene ad una temperatura caratteristica e costante che prende il nome di punto diebollizione (o temperatura di ebollizione). Il punto di ebollizione normale di un liquido è la temperatura alla quale la sua tensione di vapore è pari ad una atmosfera. I liquidi più volatili dell’acqua come l’alcol etilico e l’etere etilico, hanno un punto di ebollizione normale minore di quello dell’acqua, perché la loro tensione di vapore raggiunge il valore di un’atmosfera a temperature inferiori a 100°C. Ebollizione

  27. Proprietà e trasformazioni fisiche Le proprietà fisiche di una sostanza possono essere colte attraverso i sensi (colore, odore, consistenza al tatto) o essere misurate in laboratorio come la temperatura di fusione (la temperatura alla quale una sostanza fonde) o la temperatura di ebollizione (la temperatura alla quale la sostanza bolle). Le proprietà fisiche possono essere osservate senzaalterare la sostanza, cioè senza cambiare la sua composizione. I cambiamenti che alterano solo la forma fisica della materia senza cambiare la sua identità chimica sono chiamati trasformazionifisiche

  28. Non sempre ad un assorbimento di calore da parte di un solido o di un liquido corrisponde un aumento di temperatura. A volte la sostanza può passare da una fase ad un’altra (cambiamento di stato). Ad esempio: solido – liquido (fusione) liquido – vapore (evaporazione) La quantità di calore che deve essere fornita per massa unitaria si chiama calore latente [λ]. Q = λ·m λV= calore latente di evaporazione lf = calore latente di fusione

  29. Togliendo calore alla sostanza avviene il passaggio inverso: liquido – solido (solidificazione) vapore – liquido (liquefazione) Ad una data pressione i passaggi di stato avvengono ad una temperatura fissata. Nel caso dell’acqua: Fusione t=0 °C : λF=79.5 cal/g =6.01 kg/mol =333 kJ/kg Evaporazione t=100 °C; λV=539 cal/g =40.7 kJ/mol =2.26 MJ/kg N.B. I passaggi di stato sono trasformazioni reversibili

  30. Scaldiamo una certa massa di una sostanza che si Trova allo stato solido fino a portarla allo stato di vapore

  31. Le misure di quantità di calore ricorrono sia in ricerche intese a determinare i valori dei calori latenti di fusione, di evaporazione, di reazione, ecc.., sia nella determinazione dei calori specifici delle sostanze. Gli apparecchi adatti a questi scopi sono molto numerosi e spesso appositamente progettati per particolari necessità, ma possono essere suddivisi, almeno grossolanamente nelle due seguenti categorie: • Calorimetri il cui funzionamento si basa sulla conoscenza del • calore latente • 2. Calorimetri nei quali sono essenziali le misure di temperatura

  32. Calorimetri il cui funzionamento si basa sulla conoscenza del calore latente in gioco in un determinato cambiamento di stato. • In essi non sono essenziali misure di temperatura; dei due sistemi che si scambiano calore almeno uno è a temperatura costante. La misura della quantità di calore si fa misurando la quantità di sostanza che ha cambiato stato • Un esempio di questi è il calorimetro di Bunsen. • Calorimetri nei quali sono essenziali delle misure di temperatura. • Fanno parte di questa categoria i cosiddetti calorimetri delle mescolanze (o di Regnault), nei quali la quantità di calore scambiata fra due corpi può essere determinata attraverso la conoscenza della capacità termica di uno di essi e la misura di temperature.

  33. Naturalmente il funzionamento di tutti i calorimetri è sempre compromesso dalla possibilità di scambi di calore con l’esterno, sia per conduzione che per irraggiamento. Questa dispersione di calore è particolarmente sentita negli apparecchi del gruppo B. • Al fine di minimizzare gli scambi di calore si seguono particolari tecniche costruttive del calorimetro, quali ad esempio recipienti con intercapedine, pareti riflettenti e uso di materiali con bassa conducibilità termica.

  34. Questo dispositivo è formato da un'ampolla R a cui è saldata una provetta E. L'ampolla, contenente acqua, è in comunicazione con un capillare T a mezzo di un condotto pieno di mercurio. Facendo evaporare un po’ di etere nella provetta, intorno ad essa si forma uno strato di ghiaccio a causa del raffreddamento dovuto all'evaporazione. Il calorimetro è pronto e viene immerso in un recipiente ben isolato contenente ghiaccio fondente, in modo che tutto il dispositivo si porti a 0°C. Se si immerge un corpo caldo nella provetta, si nota che una parte del ghiaccio fonde a causa del calore cedutagli dal corpo. Nella fusione del ghiaccio si ha una diminuzione di volume del sistema ghiaccio-acqua contenuta nell'ampolla e di conseguenza il mercurio del capillare indietreggia verso sinistra. Sul capillare sono segnate alcune divisioni ugualmente distanziate. Il numero di divisioni di cui arretra il mercurio è proporzionale alla massa di ghiaccio fusa, proporzionale alla quantità di calore cedutagli dal corpo immerso nella provetta.

  35. E’ costituito da un vaso calorimetrico, circondato da pareti adiabatiche realizzate con materiale con bassa conducibilità termica (legno o materiale plastico) e con le pareti riflettenti, in modo da minimizzare la perdita di calore per irraggiamento. Nel vaso calorimetrico è contenuta una certa quantità di liquido, di solito acqua, in cui sono immersi il bulbo di un termometro molto sensibile ed un agitatore. Il termometro è destinato a misurare solo differenze di temperatura e pertanto non è necessario conoscere con grande cura il valore effettivo delle temperature. Con questo dispositivo si possono misurare delle quantità di calore.

  36. Infatti sia: C= capacità termica complessiva del liquido e del vaso calorimetrico, del termometro e dell’agitatore, Q = una quantità di calore incognita e somministrata, in un modo qualsiasi, al calorimetro; DT = il corrispondente salto di temperatura; si ha allora: Q=C·DΤ La capacità termica C si determina somministrando al calorimetro una quantità di calore nota e misurando il corrispondente salto di temperatura. Si usa spesso dividere la capacità termica C del calorimetro in due termini: Ca = ma·ca[capacità termica della massa di acqua nel calorimetro] Cc = m*·ca[capacità termica del resto del calorimetro] ca = calore specifico dell’acqua m* = equivalente in acqua del calorimetro.

  37. Il calorimetro delle mescolanze non può considerarsi un sistema termicamente isolato dall’ambiente esterno. La legge che regola gli scambi di calore con l’esterno può essere scritta, con buona approssimazione e per temperature del calorimetro non molto diverse da quelle dell’ambiente (dell’ordine di decine di gradi) nella forma seguente: in cui la costante δ può essere considerata come conducibilità delle pareti del calorimetro per conduzione, convenzione e irraggiamento e tiene conto inoltre dell’evaporazione del liquido.

  38. Ne segue che la temperatura del sistema calorimetrico, per effetto delle perdite di calore verso l’esterno, varia secondo la legge esponenziale: Per intervalli di tempo piccoli rispetto a t, vale la seguente formula approssimata: dove t è la costante di tempo del calorimetro e TA la temperatura ambiente. In prima approssimazione si ha quindi un andamento lineare della temperatura in funzione del tempo. Mediante una serie di misurazioni è possibile valutare la costante di tempo t o un suo limite inferiore, e decidere di conseguenza se tenere conto o meno della perdita di calore verso l’esterno durante una misurazione, a seconda della durata di quest’ultima.

  39. Riprendiamo in esame la relazione Q=C·DT per una valutazione degli elementi che concorrono alla individuazione della capacità termica C del sistema calorimetrico. • Il sistema descritto è costituito da: • Una massa nota Madi acqua, di calore specifico noto ca, • per cui la capacità termica è Ca = Ma·ca • 2. un insieme di altri corpi (parte immersa del termometro, • parte immersa dell’agitatore, parete del thermos a • contatto con l’acqua) di masse e calori specifici • incogniti, che si suppongono tutti in equilibrio termico • fra loro e con l’acqua all’atto di ogni lettura di temperatura. • Sia Cc la capacità termica di quest’insieme di corpi • (somma delle singole capacità), che chiameremo capacità • termica del calorimetro. • La sua conoscenza è necessaria per la misura di Q in • quanto C = Ca + Cc

  40. Un modo per misurare Cc può essere il seguente: si introduce nel calorimetro una quantità nota di acqua di massa M1 che una volta raggiunto l’equilibrio termico con il calorimetro, ha temperatura T1; successivamente si aggiunge una quantità di acqua di massa M2 a temperatura T2<T1. Raggiunto l’equilibrio a temperatura T* si avrà, trascurando le perdite di calore verso l’ambiente: Si può ora introdurre l’equivalente in acqua del calorimetro ponendo Cc = M*·ca per cui, non tenendo conto delle variazioni del calore specifico con la temperatura, si ha:

  41. Si noti che la grandezza M* dipende dalla natura del liquido calorimetrico, mentre non ne dipende la capacità termica ad essa associata. Se t fosse infinito, se cioè l’isolamento del thermos fosse perfetto, T1 resterebbe costante e la sua misurazione sarebbe ovvia;in questo caso per poter misurare T* basterebbe aspettare il completamento degli scambi di calore all’interno del calorimetro. In realtà, poiché gli scambi di calore con l’esterno ci sono, un modo per tener conto delle loro influenze sulle temperature dei diversi sistemi interagenti, è quello di determinare gli andamenti nel tempo della temperatura all’interno del calorimetro prima e dopo il mescolamento ed estrapolarli all’istante t0 del mescolamento per ottenere i valori T1 e T* definiti in precedenza

  42. In modo analogo è opportuno operare per trovare T2. N.B. è opportuno che la misura di M* avvenga in condizioni vicine a quelle di lavoro successive.

  43. Si vuole misurare il calore specifico di una sostanza solida e non solubile in acqua, oppure liquida che sia miscibile con l’acqua e non reagisca chimicamente con essa. A questo scopo si può utilizzare il calorimetro delle mescolanze il quale contiene inizialmente una quantità di acqua di massa M1 alla temperatura T1. Si introduce nel calorimetro una certa quantità, di massa Mx e di temperatura T2 ≠ T1, della sostanza il cui calore specifico cx è da determinare. Indicando con T* la temperatura di equilibrio del sistema così ottenuto, si ha: Da cui

  44. Per misurare il calore latente di fusione del ghiaccio si può utilizzare un calorimetro contenente inizialmente una certa massa Ma di acqua ad una temperatura Ta > 0 ºC. Nel calorimetro viene poi introdotto del ghiaccio fondente. Dopo la fusione completa la massa totale di acqua raggiunge una temperatura di equilibrio T*. A parte gli scambi di calore con l’esterno, la quantità di calore Q ceduta complessivamente dall’acqua inizialmente presente e dal calorimetro, risulta uguale alla somma della quantità di calore Q1 necessaria per fondere il ghiaccio e della quantità di calore Q2necessaria per portare la massa di acqua derivante dal ghiaccio dalla temperatura di fusione Tg alla temperatura di equilibrio T*.

  45. Mg = massa ghiaccio fondente l = calore latente di fusione del ghiaccio La determinazione di Mg può essere effettuata, a fusione completata, per differenza rispetto alla massa complessiva del calorimetro e dell’acqua inizialmente in esso contenuta, che dovrà essere preventivamente misurata. Per la determinazione di T* è opportuno procedere per via grafica, tenendo presente che in questo caso il valore da assumere per la temperatura di equilibrio T* è il minimo valore che avrebbe assunto la temperatura della miscela all’interno del calorimetro in assenza di scambi di calore con l’esterno.

  46. Per misurare il calore latente di fusione del ghiaccio si può utilizzare un calorimetro contenente inizialmente una certa massa Ma di acqua ad una temperatura Ta > 0 ºC. Nel calorimetro viene poi introdotto del ghiaccio fondente. Dopo la fusione completa la massa totale di acqua raggiunge una temperatura di equilibrio T*. A parte gli scambi di calore con l’esterno, la quantità di calore Q ceduta complessivamente dall’acqua inizialmente presente e dal calorimetro, risulta uguale alla somma della quantità di calore Q1 necessaria per fondere il ghiaccio e della quantità di calore Q2 necessaria per portare la massa di acquaderivante dal ghiaccio dalla temperatura di fusione Tg alla temperatura di quilibrio T*. Avremo:

  47. Se Mg è la massa del ghiaccio fondente e λ il calore latente di fusione del ghiaccio, si ha: La determinazione di Mg può essere effettuata, a fusione completata, per differenza rispetto alla massa complessiva del calorimetro e dell’acqua inizialmente in esso contenuta, che dovrà essere preventivamente misurata. Per la determinazione di T* è opportuno procedere per via grafica, tenendo presente che in questo caso il valore da assumere per la temperatura di equilibrio T* è il minimo valore che avrebbe assunto la temperatura della miscela all’interno del calorimetro in assenza di scambi di calore con l’esterno.

  48. Caso ideale in cui il calorimetro non scambia calore con l’esterno Caso reale. T* va determinato per estrapolazione

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