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SACE 2005. T. Federico “Le basi scientifichedel negoziato internazionale sull’Ambiente e lo Sviluppo Sostenibile ” Istituto Sviluppo Sostenibile Italia SACE 2005. Il mondo affollato di Daly e Farley.
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SACE 2005 T. Federico “Le basi scientifichedel negoziato internazionale sull’Ambiente e lo Sviluppo Sostenibile” Istituto Sviluppo Sostenibile Italia SACE 2005
La questione ambientale si evolve nel secondo dopoguerra su una doppia via, da un lato i movimenti ambientalisti, dall’altro le istituzioni globali, segnatamente quelle nate nel e dal sistema delle Nazioni Unite. Il mondo scientifico reagisce in ritardo alle sollecitazioni di questa nuova problematica pur se la nuova conoscenza “ecologica” dei fenomeni viene indispensabilmente invocata a sostegno di una nuova visione del mondo. Accade così che molti ambientalisti sono scienziati ma pochi scienziati sono ecologi. Accade anche che si sviluppi una scienza dell’ambiente “non ufficiale”. Il ricongiungimento, lento e difficile, non è ancora del tutto avvenuto. Alcuni punti di sintesi importanti si trovano nelle fasi del negoziato internazionale sull’ambiente, una attività volta a fronteggiare problemi trans-nazionali spesso gravi puntando sul consenso. Il concetto simbolo di questo negoziato è lo “Sviluppo sostenibile” che restituisce all’ambiente una visione sistemica, basata su tre pilastri Sociale, Economico, Ambientale e prospetta un’ipotesi di governo globale dell’ambiente. Il negoziato internazionale sull’ambiente
Anche dopo molti anni il modo migliore per comprendere il dettato dello sviluppo sostenibile, più che le definizioni, è la lettura dei 27 principi operazionali condivisi stabiliti a Rio e solennemente confermati a Johannesburg nel World Summit UN WSSD del 2002. Fondamentale per i nostri fini è considerare i seguenti: • 1. Human beings are at the centre of concerns for sustainable development. They are entitled to a healthy and productive life in harmony with nature. • 4. In order to achieve sustainable development, environmental protection shall constitute an integral part of the development process and cannot be considered in isolation from it. • 5. All States and all people shall co-operate in the essential task of eradicating poverty as an indispensable requirement for sustainable development, in order to decrease the disparities in standards of living and better meet the needs of the majority of the people of the world. I principi operazionali dello sviluppo sostenibile
7. States shall co-operate in a spirit of global partnership to conserve, protect and restore the health and integrity of the Earth's ecosystem. In view of the different contributions to global environmental degradation, States have common but differentiated responsibilities. The developed countries acknowledge the responsibility that they bear in the international pursuit to sustainable development in view of the pressures their societies place on the global environment and of the technologies and financial resources they command. • 15. In order to protect the environment, the precautionary approach shall be widely applied by States according to their capabilities. Where there are threats of serious or irreversible damage, lack of full scientific certainty shall not be used as a reason for postponing cost-effective measures to prevent environmental degradation. • 25. Peace, development and environmental protection are interdependent and indivisible. Responsabilità e Precauzione
Lo sviluppo sostenibile è un concetto ormai generalmente compreso e condiviso; • Sono più chiare le implicazioni per economia, società ed ambiente; • Il Principio 7 di Rio delle “Responsabilità comuni ma differenziate” è ormai considerato ineludibile; • Sono molto migliorati monitoraggio, diagnostica e comprensione dei fenomeni dell’ecologia globale; • Le piattaforme programmatiche sono state sviluppate nelle appropriate sedi istituzionali; • Consapevolezza e partecipazione sono in crescita; • Benché non siano stati dati indirizzi espliciti per la scienza e la ricerca, grandi sono le implicazioni dei Principi di Responsabilità (7) e di Precauzione (15). Avanzamenti dello sviluppo sostenibile
1948 : UN Declaration on Human Rights “Everyone has a right to a standard of living for health and well-being” 1950: Population Commission “Impact of development on population trends” 1974: UN Bucharest “Population, Resources and Environment” “Divergence in perception of population-environment linkages” 1984: Mexico City “Poverty, Food and Role of Population” “Integrated approach to population, resources, environment and development” 1994: UN Cairo “Population, Growth and Sustainable development” “Early stabilization of world population crucial for sustainable development” 1995 : Copenhagen “World Summit for Social Development” “Decisive National Actions and International Cooperation to Eradicate Poverty” Il pilastro sociale
Stockholm 1972 Preserving and Enhancing the Environment “Human Rights to a Healthy & Productive Environment“ Partecipazione dei Governi Boicottaggio dell’URSS edei Paesi dell’est per pregiudizi ideologici Viene istituito UNEP, il Programma ONU per l’Ambiente Il Club di Roma fa pubblicare lo studio del Massachussetts Institute of Technology “The limits to growth” Sviluppato dai coniugi Meadows dell’Istituto di Teoria dei Sistemi del MIT, Massachussets Institute of Technology , oggi diretto da Jay Forrester. E’ il primo saggio su basi scientifiche che mette in luce il conflitto tra la crescita e la dimensione finita delle risorse naturali. Il pilastro ambientale: Stoccolma 1972
Rio 1992 Earth Summit Sustainable Development “Integrating Environment and Development” Agenda 21, un Piano d’Azione Globale I 27 Principi dello Sviluppo sostenibile Viene istituito GEF, il Global Environment Fund della banca Mondiale Convenzioni Quadro su Cambiamenti Climatici, Desertificazione e Biodiversità Stabiliti i Principli delle Foreste. Partecipano le Associazioni della Società Civile Faillimenti : Finanziamento di Agenda 21 con lo 0,7% del Prodotto Interno Lordo dei paesi sviluppati Rio de Janeiro 1992
JOHANNESBURG WORLD SUMMIT WSSD 2002 Achieving Sustainable Development “Turning Plans into Actions” Lungo processo preparatorio Negotiationi con la tattica “Square Brackets” Partecipano le Associazioni della Società Civile Risultato prevalente: Partnership del settore privato per lo sviluppo sostenibile Background: Millennium Declaration and Goals Sept 2000 Financing for Development Summit Mexico March 2002 Johannesburg 2002
1946 Convention on the Regulation of Whaling United Nations • 1948 Declaration of Human Rights • 1958 Convention on fishing and Conservation of Living Resources of the High Seas • 1971 The Ramsar Convention on wetlands • 1972 Convention on Protection of the World Cultural and Natural heritage • 1973 Convention on International trade of endangered species of wild Fauna and Flora • 1979 Convention on the Conservation of Migratory Species of wild Animals; Convention on Long range transboundary Air pollution • 1985 Vienna convention for the protection of the Ozone Layer • 1982 UN Convention on the Law of the Sea • 1987 Montreal protocol on Substances that deplete the Ozone Layer • 1992 UN Convention on Biological Diversity UN CBD • 1992 UN Framework Convention on Climate Change UN FCCC • 1992 Rio Declaration on Environment and Development • 1994 UN Convention to combat Desertification • 1997 Kyoto Protocol to the UN FCCC • 2000 Montreal Protocol to UN CBD • 2001 Stockolm Convention on POP, Persistent Organic Pollutants. More than 300 International Environmental Agreements
I MEA costituiscono il frutto più maturo del negoziato internazionale sull’ambiente e sono nel complesso un patrimonio di valore per lo sviluppo sostenibile. L’ipotesi di un governo generale dell’ambiente per ora poggia soltanto sui MEA, per di più in misura alquanto variabile, dipendente dal consenso e dalla legittimazione di ciascuno di essi. • La crisi in atto del sistema delle Nazioni Unite non ha fermato il negoziato ma, ove non risolta, costituirebbe un grave handicap per la credibilità e la praticabilità di tutti gli accordi. • Si verificano alcune debolezze di natura strutturale nei MEA: • I protocolli non esprimono obiettivi quantitativi calcolati sulle capacità di carico ecosistemiche; • Non ci sono grandi sinergie tra i diversi accordi; • Si parte da condizioni spesso già compromesse; • Sussistono gravi carenze di visione e condivisione; • Alcuni punti di vista sono viziati da pregiudizi ed ideologie. MEA, gli Accordi Multilaterali sull’Ambiente
“Avoiding dangerous anthropogenic interference with the climate system” • Acquisizioni: • Gli obiettivi sono stati quantificati; • Le basi scientifiche sono solide; • Il Protocollo di Kyoto è divenuto il paradigma della fase di implementazione per tutti I MEA. Controversie: • Il target di Kyoto è insufficiente per l’equilibrio dell’atmosfera; • Nel negoziato prevalgono i conflitti politici e gli interessi dell’economia di alcuni paesi; • I processi di implementazione sono in ritardo. Convenzione ONU sui Cambiamenti Climatici
“Conservazione in situ; • uso sostenibile della biodiversità; • equa condivisione dei benefici delle risorse viventi” • Acquisizioni: • Buona tecnologia; • Accesso alle risorsegenetiche; • Finanziamenti; • “Clearing house mechanism” • Protocollo di Montreal sulla biosicurezza. Controversie: • Si è smarrito l’obiettivo primario della Convenzione; • Le COP non lavorano sulla conservazione in situ; • Prevale la tematica dell’accesso alle risorse genetiche; • La perdita di biodiversità non è stata arrestata; • Occorrono indicatori efficienti e target quantitativi • Occorre valorizzare i beni ed i servizi ambientali. Convenzione ONU sulla Biodiversità
I dati a medio termine dell’arretramento della sostenibilità
Stoccolma Rio de Janeiro Johannesburg Trent’anni di World Summit sull’Ambiente
AFTA CER Free Trade Agreement • ARAB MAGHREB UNION (AMU) • ASEAN Free Trade Area (AFTA) ASEAN-China • Free Trade Agreement Canada-Chile • Free Trade Agreement (CCFTA) Canada-Costa Rica • Free Trade Agreement (CCRFTA) Canada-Israel • Free Trade Agreement (CIFTA) Central European • Free Trade Association (EFTA) • Free Trade Agreement EFTA-Bulgaria; Czech Republic; Hungary; Poland • Free Trade Agreement EFTA-Israel • Free Trade Agreement European Community-Bulgaria; Hungary • Free Trade Agreements among CIS Countries • Free Trade Area of the Americas (FTAA); Singapore; Japan • Free Trade Agreement Mexico-EU • Free Trade Agreement North American • Free Trade Agreement (NAFTA) Three Mexico • Free Trade Agreements Mexico-Bolivia, Costa Rica, Nicaragua • Free Trade Agreement US-Jordan; US-Singapore Il pilastro economico: gli accordi per il libero scambio
La rivoluzione informatica : il “Digital Divide” Costo dell’accesso ad Internet in % del reddito: Bangladesh 200%; Stati Uniti 1% Utenti Internet (% della popolazione) USA 50%, Europa 35%, Asia & Africa 0.4% La rivoluzione scientifica e tecnologica : il “Capacity Divide” Scienziati e tecnologi per milione di abitanti: Giappone (4000), USA(3000), Europa(2000), America Latina(550), Asia(250), Africa(70) Rapporto degli investimenti pro-capite per la Scienza: Paesi sviluppati vs. paesi in via di sviluppo 220 : 1 Richieste di brevetti: 1985 : 1 milione 2000 : 7 Milioni Economia della conoscenza
Entro due generazioni, per il 2050, abbiamo bisogno di una scienza nuova, una “Teoria generale dell’equilibrio eco-sistemico per lo sviluppo economico-sociale sostenibile” il cui obiettivo è la condizione umana ed i bisogni alimentari, familiari, educazione, casa, lavoro con tre direttrici fondamentali: • Ridurre fame e povertà; • Preservare gli ecosistemi che supportano la vita del pianeta; • Fronteggiare il problema dell’esaurimento delle risorse. Abbiamo bisogno parimenti degli strumenti per la “Transizione” verso tecnologie nuove, segnatamente per la salute dell’uomo, per i fabbisogni energetici, per la mobilità e i trasporti e, con urgenza minore, per l’agricoltura. Va chiarito se alcune tecnologie sono sostenibili, ovvero se ed in che misura possono mettere a repentaglio la conservazione degli equilibri sociali ed ecosistemici. I dubbi maggiori, inutile dirlo, riguardano lo sfruttamento militare e civile delle forze subatomiche, l’ingegneria genetica, le tecnologie della comunicazione. I compiti della Scienza e della Tecnologia
La scienza è stata tradizionalmente intesa come fornitrice di verità assolute e di certezze. La tecnologia ne è stata lo strumento per il controllo della natura e lo sfruttamento delle risorse. Ora però, raggiunti i limiti della “carrying capacity” del pianeta, si palesa l’insufficiente conoscenza ecosistemica e la povertà dell’approccio riduzionista. Ciò che la scienza non conosce viene catalogato come “incerto”, ma l’urgenza dei problemi su scala globale ma anche locale è tale che importanti decisioni tecnologiche ed ambientali vanno prese in stato di incertezza. Maneggiare l’incertezza diviene pertanto un nuovo compito per gli scienziati. La qualità del dato scientifico diviene indispensabile per prendere decisioni e per stabilire piani e programmi. L’evidenza scientifica in regime di incertezza non può sempre essere tale da eliminare l’incertezza dalle decisioni politiche. Sussistono difficoltà gravi di comunicazione tra questi mondi e spesso i governanti tendono a selezionare e anche a condizionare un tipo di conoscenza che corrisponde alle proprie visioni. La scienza nuova, post-normale (da Kuhn a Funtowicz)
Incorporare le interazioni tra natura e società, con i tempi e le dinamiche che le caratterizzano, entro le teorie e i modelli della scienza della Terra, dello sviluppo e della sostenibilità. • Ridisegnare le interazioni tra natura e società in funzione dei trend a lungo termine dell’ambiente e dello sviluppo, in particolare della popolazione e degli stili di vita e di consumo, in modo da assicurare la sostenibilità. • Individuare i fattori che determinano la vulnerabilità e la resilienza degli eco-sistemi e degli ordinamenti socio-economici più critici. • Identificare confini e limiti significativi che siano precursori efficienti delle condizioni che pongono natura e società a rischio serio di degrado. • Ricercare sistemi efficienti, incentivi, strategie di mercato, regolazioni, norme e informazione scientifica capaci di equilibrare in maniera sostenibile natura e società. • Modificare i sistemi di governo, i rapporti internazionali, il reporting su ambiente e società per favorire la transizione. • Integrare meglio le attività internazionali di ricerca, monitoraggio, verifica e supporto alle decisioni per favorire l’apprendimento sociale e il governo adattativo dei sistemi. Problemi per la Scienza della Sostenibilità
Questo tipo di nuova scienza per la sostenibilità, per essere capace di fronteggiare i problemi posti, non può che differire considerevolmente in organizzazione, metodi e contenuti dalla scienza che ci è più familiare. In particolare dovrà avere i seguenti caratteri: • coprire una scala spaziale capace di comprendere fenomeni che vanno dalla globalizzazione alle pratiche agricole locali; • fornire strumenti di intervento per fenomeni a risposta sistemica lenta che hanno già oggi effetti rilevanti, come la fascia dell’ozono; • trattare la complessità e la multi-dimensionalità; • assicurare la utilizzabilità della conoscenza da parte della comunità scientifica non meno che della società. La ricerca non è più ordinata secondo il tradizionale flusso lineare, nel quale l’azione è posposta ai risultati, anzi l’acquisizione di conoscenza è molto spesso contemporanea all’azione, la influenza ma ne viene condizionata inevitabilmente. Caratteri della Scienza e della Tecnologia per la Sostenibilità
Integrazione della scienza ambientale ed ecosistemica con la scienza dello sviluppo attraverso la modellazione delle interazioni ambiente-società; • Miglioramento on-site della capacità tecnico-scientifica nei paesi in via di sviluppo e supporto agli interventi locali a partire dalla vulnerabilità del territorio, degli ecosistemi e degli impatti sociali ed ambientali degli stili di vita; • Conoscenza del territorio e valorizzazione delle (bio)diversità delle culture locali dove si verificano i cambiamenti e dove la complessità può essere compresa; • Ricerca di base: conoscenza olistica e sistemica piuttosto che riduzionista; interiorizzazione metodologica dell’incertezza; identificazione dei limiti e delle soglie del degrado irreversibile;comprensione dei determinanti dei cambiamenti globali; analisi delle scale spaziali e temporali dei fenomeni; studio dei processi non-lineari e caotici e della complessità; nuova tecnologia per governare la transizione. Obiettivi della Scienza per la Sostenibilità
La disponibilità di dati di base, frutto di osservazioni e monitoraggi continui dei processi sociali, economici ed ambientali, è un requisito fondamentale di questo nuovo tipo di conoscenza. Da essi vengono sviluppati gli indicatori che descrivono fondamentalmente lo stato dei sistemi e i fattori di pressione. I dati vengono usati per sviluppare e validare i modelli che interpretano la dinamica e le interazioni dei sistemi alle varie scale spazio-temporali . Alcuni tipi di modelli vengono usati a scopo predittivo per la formulazione degli scenari e per definire gli intervalli di variabilità futura dei parametri. Dati e modelli vengono usati per il “risk assessment” in contesti probabilistici. Dalla nuova scienza ci si attende sostanzialmente: • Maggiore e migliore conoscenza; • Prospettive a lungo termine sfruttando lo studio storico di indicatori come le carote di ghiaccio, gli anelli vegetali, i fossili; • Un tipo di approcci su larghe basi interdisciplinari con elevati livelli di approfondimento e di partecipazione; • Scale globali per la ricerca, trasparenza, grande comunicazione. I metodi della scienza nuova
C’è un fronte mobile tra scienza ed ambiente determinato dalla necessità di conoscenze ecologiche che ancora non ci sono e dalla necessità di prendere decisioni rilevanti in condizioni di incertezza. Secondo la visione della Brundtland (Our Common Future, UN WCED; 1987), che costituì il background culturale del Vertice della Terra di Rio ’92, le politiche ambientali hanno bisogno della crescita economica sostenuta e del pieno sostegno scientifico. Da allora ad oggi l’ottimismo è in gran parte scemato. Lo scenario economico-sociale è dominato dai problemi della povertà e dell’accesso e lo scenario ambientale è così incerto da indurre autorevoli autori (U. Beck) a teorizzare il rischio come carattere prevalente degli attuali modelli di sviluppo. Tuttavia a Rio fu data con il Principio di precauzione (15) una sintesi operazionale per orientare le politiche ambientali in condizioni di risorse scarse, quando la conoscenza scientifica e le risultanze sperimentali non sono sufficienti. Incertezza e precauzione
Il medico J. Snow chiese la sospensione dell’erogazione dell’acqua per un’epidemia di colera che si riteneva contagioso per via aerea ed ebbe successo. Solo 30 anni dopo si comprese il collegamento della malattia con l’acqua. Il fondamento giuridico-scientifico del Principio è nella Germania degli anni ’70 con una norma (Vorsorge) per l’abbattimento delle emissioni delle centrali elettriche sospettate di essere all’origine delle piogge acide e del degrado delle foreste. La norma prescrive “… di agire per contenere i rischi potenziali prima che vi sia la prova incontestabile …”. La “certezza” viene così sostituita dal “ragionevole sospetto di pericolosità …”. L’impianto concettuale è quello che ispirerà il Principio 15 di Rio. Gli avversari dell’approccio precauzionale lo definiscono anti-scientifico ma si tratta in realtà di una modalità decisionale adottabile solo in caso di perdurante latenza della conoscenza dei fenomeni. Origini dell’atteggiamento precauzionale
Nei termini formali della teoria statistica delle decisioni in condizioni di incertezza (si badi però che spesso si tratta di semplice ignoranza) il Principio sposta l’attenzione sugli errori di Tipo I, i cosiddetti falsi negativi, mentre l’atteggiamento degli oppositori mette l’accento sugli errori di Tipo II, i falsi positivi, che possono mettere a rischio lo sfruttamento dei benefici di talune tecnologie. In termini scientifici la questione è però irrisolvibile ove non si sappiano calcolare le probabilità associate ai due tipi di errore. Al Convegno di Wingspread (Racine, USA; 1998) il Principio 15 viene riformulato limitandone l’applicazione ai casi “where preliminary objective scientific evaluations indicate that there is reasonable ground for concern …” ma stabilendo per l’onere della prova che “… in this context the proponent of an activity, rather than the public, should bear the burden of proof”. L’adozione del Principio nel negoziato internazionale sull’ambiente ovviamente tutt’altro che scontata. L’onere della prova
L’approccio precauzionale ha scavato una voragine tra USA ed UE in tutto il negoziato. Il primo conflitto si fa risalire al divieto di importazione di bovini trattati negli USA con le somatotropine. Siamo nel 1997, l’anno di Kyoto. Il WTO diede un anno di tempo all’UE per produrre le prove del rischio ma poi rinviò ogni decisione, probabilmente per evitare che venisse stabilito un precedente. Sullo sfondo si mostrò evidente un atteggiamento opposto rispetto ai rischio da parte dei due contendenti. Per parte sua l’Unione, aveva introdotto la questione nei Trattati di Maastricht (art. 130) e di Amsterdam (174): “Community policy shall aim at a high level of protection taking into account the diversity of situations in the various regions of the Community. It shall be based on the precautionary principle and on the principles that preventive action should be taken that environmental damage should, as a priority, be rectified and that the polluter should pay …“ USA, EU e il rischio ambientale 56
La comunicazione della Commissione del 2000 estende la protezione alla salute degli animali e delle piante e definisce con precisione i presupposti scientifici del Principio di Precauzione che dovrà essere applicato quando siano stati identificati “… potentially dangerous effects deriving from a phenomenon, product or process” e quando “… a scientific evaluation of the risk which, because of the insufficiency of the data, their inconclusive imprecise nature, makes it impossible to determine with sufficient certainty the risk in question” . La Commissione precisa che: “measures should be reviewed in light of scientific progress and amended as necessary”,e che esse devono essere proporzionate ai costi dell’azione ed ai rischi potenziali dell’inazione. Infine evidenzia che è necessario “… to avoid unwarranted recourse to the precautionary principle, which in certain cases could serve as a justification for disguised protectionism”. Il Consiglio di Nizza nello stesso anno chiarisce che la valutazione del rischio potrebbe talvolta non essere possibile per mancanza di dati o per motivi di urgenza. Le Linee Guida dell’Unione Europea
Alcuni dei problemi scientifici posti dalla questione ambientale sono per natura globali, originati in misura assai diversa dalle diverse comunità nazionali ma egualmente impattanti su tutta l’umanità, come nel caso dei cambiamenti climatici e della fascia dell’ozono. Altri hanno carattere comunque trans-nazionale, molti assumono specificità associate al territorio, alla cultura ed all’economia locali. Appare ragionevole che la ricerca di nuova conoscenza dei fenomeni coinvolti sia affidata a strutture con la medesima composizione geo-politica dei problemi. Appare anche ragionevole che tale ricerca si mantenga indipendente dai processi negoziali pur sottoponendosi a stretti rapporti dialettici con le amministrazioni, le associazioni ed il pubblico, unica via per superare alcuni tipi di ostilità popolare e di diffidenza istituzionale verso la scienza, ma anche per assicurare la totale trasparenza e l’effettiva integrazione con la comunità scientifica internazionale. Quest’ultima dovrà essere coinvolta a fondo, anzitutto per il necessario apporto di esperti e di tecnici che essa deve estrarre dal proprio seno selezionando i candidati dagli istituti più attivi ed organizzati che operano nel mondo su attività affini. Organizzare la conoscenza a livello internazionale
In tutte le fasi organizzative hanno voce in capitolo primariamente i rappresentanti delle amministrazioni e della società civile; è dunque evidente il ruolo predominante del “consenso” per il successo delle iniziative. Non è mai semplice il lavoro all’interfaccia tra politica e scienza, ma dalla politica i ricercatori hanno imparato a stabilire obiettivi precisi, target e tempi, ed a rispettarli. Il finanziamento dei gruppi dovrà necessariamente rispettare il principio 7 di Rio delle “Responsabilità comuni ma differenziate”, come è del tutto naturale dal momento che i paesi più ricchi sono quelli che hanno i gruppi scientifici più numerosi e più organizzati. E’ del pari indispensabile comprendere che gli obiettivi della nuova scienza attengono sostanzialmente sempre a questioni di interesse collettivo e che quindi è pubblica tutta la responsabilità e sono di natura pubblica gli obblighi relativi. È impensabile ipotizzare un ruolo serio del mercato e dell’iniziativa privata su questi temi, se non per sostenere eventualmente lo sforzo economico. Definire responsabilità, obiettivi e finanziamenti
IPCC è un IGO, gruppo di esperti internazionale a struttura inter-governativa istituito da ONU e WMO (World Meteorological Organization), incaricato della raccolta dei dati scientifici rilevanti ed anche della produzione di dati mancanti. Il gruppo si serve dei dati e dell’esperienza dei panelist per valutare le conseguenze fisiche, chimiche, ecologiche e socio-economiche del cambiamento climatico. Gli esperti vengono scelti dai governi sulla base dei meriti scientifici. Il loro lavoro è su base continuativa. I sottogruppi producono rapporti provvisori che vengono discussi con i governi e le NGO pur restando sotto la responsabilità degli estensori. Tre sono i rapporti ufficiali finora pubblicati (1990, 1995, 2001). Secondo la comunità scientifica questo gruppo si è guadagnato sul campo la capacità di contribuire alla conoscenza scientifica in maniera sistematica, organizzata, controllata e rigorosa, sia dal punto di vista teorico che sperimentale. Merita notare che l’amministrazione USA, forzata dalle sue scelte ostili al multilateralismo, ha dichiarato “scientificamente infondato” il lavoro di IPPC ed ha affidato a propri esperti un programma di studi indipendente. Come opera lo International Panel on Climate Change
Il NY Times del 1 marzo 2003 riferisce il giudizio espresso dall’expert panel istituito dalla US National Academy of Sciences “… the panel described Mr. Bush’ plan as a redundant examination of issues that had largely been settled, bereft of vision, executable goals and timetables in short, little more than a coverup for inaction”. La metodologia di approccio ai problemi incarna in modo originale la visione ed i principi operativi dello sviluppo sostenibile ed opera con metodi rigorosamente scientifici. E’ chiaro che la ricerca è condotta in condizioni di incertezza e che non si riesce a dare misure di probabilità attendibili data la grandezza e l’estensione spazio-temporale dei fenomeni. Tuttavia l’incertezza viene confinata entro limiti, che non vengono calcolati con le tecniche usuali degli esperimenti di laboratorio in ambienti controllati, quanto piuttosto mediante processi di elaborazione metodici, sistematici, puntuali, fortemente controllati dai gruppi interni di esperti, discussi a fondo con gli interlocutori istituzionali, che non lasciano spazio alcuno a fantasiose illazioni. Il metodo scientifico nuovo viene dunque costruito da IPCC come ulteriore prodotto originale della scienza nuova. Ricerca scientifica in condizioni di incertezza.