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VAJONT. LONGARONE ANNI ‘50. La stazione. Frazione di Vajont. LONGARONE LA VALLE DEL VAJONT. Il Il progetto della SADE. Scavi per il tampone di fondazione . . . Il profilo della diga. La diga vista dalla cabina di comando. La diga del Vajont vista dalla valle del Piave.
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LONGARONE ANNI ‘50 La stazione Frazione di Vajont
Il Il progetto della SADE Scavi per il tampone di fondazione . Il profilo della diga
La diga vista dalla cabina di comando La diga del Vajont vista dalla valle del Piave
Telegramma inviato da Erto e Casso a Venezia . 22 luglio 1963 inspiegabileacque torbide lago. Continui boati et tremiti …
La diga del Vajont La Diga del Vajont prima del disastro16 marzo 1962 • I lavori cominciarono nell'estate del 1957 e terminarono tre anni dopo, nel 1960 • Diga e frana del Vajont subito dopo la catastrofe • ottobre1963
Telegramma dell’ingegnere Biadene all’ingegnere Pacini. 10 ottobre, ore 19:45 … DIGA HA RESISTITO BENE.
… sono sopravvissuti solo coloro che erano emigrati all’estero La tragedia del 9 ottobre 1963 ha cambiato la vita di tantissime persone e secondo me è stato più terribile per coloro che sono rimasti vivi in quanto hanno perso tutto e rimangono anche con il devastante ricordo sempre nella mente. Per la logica del profitto sono morte 2000 persone. A parte questa c’è anche l’incuria con cui furono gestiti i lavori da parte dell’ingegner Biadene e prima ancora di Carlo Semenza, ideatore e progettista morto prima del disastro, forse per il dispiacere di sapere cosa sarebbe successo e doverlo tenerlo dentro. Secondo me da questo fatto si può dedurre che la giustizia non è uguale per tutti, infatti il maggior colpevole, Biadene, dei quattro anni di galera ne ha scontato meno di uno per aver ucciso 2000 persone. Questa storia è un po’ l’emblema di come vanno le cose in Italia. DrajneanuMiru na Sono in Italia già da un anno e non conosco bene la storia locale però c’è un evento che mi ha veramente colpito: la morte di duemila persone, tra le quali quattrocento bambini, a Longarone, Erto, Casso, Codissago, Castellavazzo e frazioni attorno. Avendo visitato Longarone, paese ricostruito dopo essere stato raso al suolo dalla famosa onda di 50 milioni di metri cubi d’acqua che è stata provocata dal crollo di un pezzo di montagna di 260-270 milioni di metri cubi di terra e fango, la notte del 9 ottobre 1963 alle ore 22:39, mi sono accorta che la città è il perfetto esempio di una classe politica che non prende in considerazione i desideri degli abitanti. Prima del disastro Longarone era un paese molto ricco e sviluppato perchè c’erano varie segherie e Venezia aveva bisogno di legno, dato che è costruita sui pali di legno; così Longarone facendo cambi di merce con Venezia, città ricchissima a quel tempo, si era pian piano arricchita. Dopo la catastrofe ogni segno di vita a Longarone, città considerata la “ Milano del Nord”, era completamente scomparso; di Longarone sono sopravvissuti solo coloro che erano emigrati all’estero. La giornalista Clementina Merlin è stata l’unica giornalista che ha avuto il coraggio di ribellarsi contro la SADE attraverso i suoi articoli pubblicati sul giornale “L’unita”.
… si scatenò l’apocalisse Qualche giorno fa io e la mia classe siamo andati alla diga del Vajont, in occasione del cinquantesimo anniversario dalla più grande tragedia al mondo provocata dall’uomo. Nelle settimane precedenti, a scuola, se n’era parlato tanto di questa catastrofe, ma andarci e vedere con i propri occhi quelle cose è stato incredibile. Arrivati a Longarone la guida ci ha detto che la vita si svolgeva tranquilla prima della catastrofe, nessuno pensava che tra il monte Toc e il monte Salta ci sarebbe stata una diga la cui costruzione li avrebbe uccisi. Ma a un certo punto arrivò la SADE che decise di costruircela una diga. Ai dirigenti della società non importava nulla della natura e delle conseguenze della creazione di un bacino artificiale. Di fatto il 9 ottobre 1963 alle 22:39 si scatenò l’apocalisse: nel lago cadde una grandissima frana che creò un’onda che scavalcò la diga provocando 1910 vittime. Chi era sopravvissuto fisicamente, era morto emotivamente. (…) All’entrata del Cimitero Monumentale di Fortogna c’è una specie di museo, dove ho visto molte foto e molti oggetti tra cui delle bambole, orologi, strumenti musicali. Ma la cosa che mi ha fatto più indignare è stato il telegramma che Biadene mandò a Pancini, che era in vacanza in America, nel quale diceva che c’erano stati dei danni ai paesi, ma che la diga aveva resistito. Antonio Perissinotto
… questa tragedia ha segnato per sempre la storia d’Italia … Questo viaggio di istruzione ha suscitato in me molte emozioni. Ho capito che questa tragedia ha segnato e segnerà per sempre la storia d’Italia; che parecchi uomini non hanno pensato a quello che facevano e a quello che poteva causare la costruzione di quella diga. Ho capito che l’uomo, o devo dire lo Stato, non è stato giusto nei confronti delle persone che vivevano lì e che sarebbero poi morte: noi le abbiamo onorate studiando la vicenda in classe e compiendo un viaggio della memoria. Marco Deiuri