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ISM-Italia Corso di formazione e training per attivisti “in e per” la Palestina Milano, 17-18 marzo 2012. L’industria del processo di pace di Alfredo Tradardi. Prima guerra mondiale. La guerra scoppia il 28 luglio 1914 La guerra termina l’11 settembre 1918
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ISM-ItaliaCorso di formazione e training per attivisti “in e per” la PalestinaMilano, 17-18 marzo 2012 L’industria del processo di pace di Alfredo Tradardi
Prima guerra mondiale La guerra scoppia il 28 luglio 1914 La guerra termina l’11 settembre 1918 Il trattato di pace è firmato a Versailles il 10 gennaio 1920
Seconda guerra mondiale La guerra scoppia l’1 settembre 1939 La guerra termina l’8 maggio 1945 in Europa La guerra termina il 2 settembre 1945 in Giappone Il trattato di pace è firmato a Parigi il 10 febbraio 1947
L’industria del processo di pace Un compito enorme: l’imperativo ebraico per la sopravvivenza la potente trama del sostegno occidentale l’incapacità degli arabi di farvi fronte la loro paralizzante dipendenza dal più fedele alleato di Israele, gli Stati Uniti
L’industria del processo di pace Imperativi che richiedono una azione urgente: • l'espropriazione subita sotto l’occupazione • l’inaccettabile prolungamento di una vita da profughi • il solco sempre più ampio tra le varie comunità palestinesi • la distruzione in corso della causa nazionale palestinese
L’industria del processo di pace “Mi venne in mente quanto preziosa sia la libertà di movimento, quanto impensabile sia l’idea di perderla, come noi tutti la diamo per scontata e come sia scandaloso che possa essere tolta a milioni di palestinesi come se fosse una inezia.” GhadaKarmi
L’industria del processo di pace La eccezionale indulgenza dell’Occidente: • forti sentimenti di invincibilità e di presunzione • una serie di idee esagerate sul loro ruolo nel mondo • il diritto internazionale non si applica a Israele IMMUNITA’ E IMPUNITA’
L’industria del processo di pace Per gli israeliani, dopo la vittoria del ’67: • l’intera Palestina storica gli appartiene • i palestinesi non hanno diritti su di essa • sono lì perché tollerati • le esigenze di Israele hanno la priorità
L’industria del processo di pace Il sostegno a una specie di entità palestinese in Cisgiordania e a Gaza: • una risposta, recente e pragmatica, dovuta alla paura del «terrorismo» palestinese • non è stato un tardivo riconoscimento dei diritti dei palestinesi • ogni offerta è una concessione e come un «doloroso sacrificio» per la pace Vi sono due narrazioni, una israeliana e una palestinese. Lo squilibrio di potere tra le due parti fa prevalere quella israeliana.
L’industria del processo di pace Come risolvere il problema? l’uomo di una vecchia storiella irlandese «Bene, io non avrei cominciato da qui». Ma da qui bisogna cominciare.
L’industria del processo di pace Nel 2006 la situazione lasciava poco spazio all’ottimismo: • i protagonisti principali diseguali • equilibrio delle forze a favore di Israele • unico sostegno dei palestinesi: governi arabi in preda all’influenza occidentale incapaci di affrontare Israele
L’industria del processo di pace è una reazione umana familiare come prendere a calci il gatto quando ci si sente allo stesso tempo provocati e impotenti.
L’industria del processo di pace • Conclusione: dato lo schieramento delle forze e l’imperativo occidentale di difendere il suo petrolio e i suoi interessi strategici, con Israele protagonista, l’esito è scontato. • Nulla può essere fatto a meno che l’intera struttura imperialista non sia smantellata e i servi arabi eliminati. • Solo allora si potrà risolvere il problema di Israele.
L’industria del processo di pace • il conflitto con Israele è diventato più insolubile che mai • vengono proposti molti piani di pace che non approdano a nulla • Israele consolida quotidianamente la presa sui territori palestinesi che restano
L’industria del processo di pace • Il coinvolgimento della numerosa popolazione musulmana dell’Europa, soprattutto in Francia e Germania. • L’invasione dell’Afghanistan aveva già acceso queste passioni e se l’Iran e la Siria diventeranno i prossimi bersagli verrebbe confermata la tesi di una crociata anti-islamica.
L’industria del processo di pace Gli Stati Uniti hanno voluto credere e convincere gli altri che «il terrorismo» è un fenomeno mondiale, come una epidemia, le cui cause non hanno nulla a che fare con la loro politica estera o con quella di alcuni dei suoi alleati.
L’industria del processo di pace «Il processo di pace arabo-israeliano» un termine abusato e privo di significato. Come un poveraccio è sempre con noi ma senza una soluzione in vista.
L’industria del processo di pace dal 1949 non è stato raggiunto nessun accordo che metta fine alle ostilità e assicuri una pace duratura nella regione. numerose proposte di pace si sono susseguite nel tempo. nessuna è riuscita a mettere fine in modo positivo alle molteplici ostilità tra Israele e gli arabi.
L’industria del processo di pace Perché nessuna soluzione ha funzionato? Perché tutti gli sforzi internazionali e regionali non sono riusciti a risolvere il conflitto? L’esame delle principali proposte di pace presentate fino ad oggi potrebbe aiutare a rispondere a queste domande.
L’industria del processo di pace Fino al 1993, quando furono firmati gli Accordi di Oslo tra Israele e l’OLP, i negoziati di pace non riguardavano esclusivamente il problema palestinese. Sola eccezione il Piano di pace Fahd del 1981 nel quale si faceva riferimento alla necessità di uno Stato palestinese.
L’industria del processo di pace In qualche modo i palestinesi erano diventati come un parente povero che tu sai di dover aiutare e, sentendoti in imbarazzo, gli dai qualcosa ogni tanto per permettergli di andare avanti.
L’industria del processo di pace Il nodo cruciale: i profughi palestinesi • in teoria tutti sanno che c'è bisogno di una giusta soluzione • ma in pratica vengono ignorati e trattati con condiscendenza • guardati dall’alto in basso come individui inferiori Questo principio è stato costantemente presente nell’approccio al processo di pace arabo-israeliano.
L’industria del processo di pace La risoluzione 242 Il primo esempio è rappresentato dalla famosa, ma inapplicata, Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvata dopo la guerra del 1967.
L’industria del processo di pace • La Risoluzione 242 creò le premesse per i successivi tentativi di pace arabo-israeliani ponendo ai margini il problema palestinese. • Le ostinate manovre di Israele, nel periodo immediatamente successivo alla Risoluzione, hanno anche rappresentato un modello per il futuro.
L’industria del processo di pace • Nelle more Israele ha continuato a occupare le terre arabe e a costruirvi insediamenti rimandando la soluzione del problema palestinese. • La comunità internazionale ha fatto poco per opporsi con efficacia a questi stratagemmi israeliani - anzi ha avuto una posizione molto vicina a quella israeliana – le cui conseguenze ci perseguitano da allora. • Non è mai stato istituito alcun meccanismo internazionale per costringere Israele a ritirarsi dai territori arabi, né per ingiungergli di rispettare i diritti umani e politici dei palestinesi.
L’industria del processo di pace • Un’ampia attività diplomatica seguì l’approvazione della Risoluzione 242. • Le Nazioni Unite nominarono un negoziatore speciale, GunnarJarring.
L’industria del processo di pace • Israele insisteva perché si facesse ogni sforzo per condurre separatamente negoziati di pace diretti con ciascuno dei paesi arabi . • Gli Stati arabi e l’Unione Sovietica sostenevano che il ritiro fosse la pre-condizione per ogni ulteriore colloquio. • Jarring non fu in grado di superare questo scoglio e la sua missione fallì.
L’industria del processo di pace • Gli Stati Uniti proposero il Piano Rogers nel 1969, cercando di favorire il desiderio di Israele di colloqui bilaterali con l’Egitto, chiedendo il ritiro dai territori egiziani in cambio di una pace completa, ma Israele rifiutò anche questa proposta. • Dal 1970 gli Stati Uniti si erano allineati al punto di vista israeliano, cioè che fossero possibili solo accordi di pace limitati con singoli Stati arabi. • GoldaMeir, il Primo Ministro israeliano del tempo, dichiarò che anche se era intenzionata a restituire il territorio di Sharmal-Sheikh e Gaza o le colline del Golan siriano, Israele avrebbe continuato a tenere saldamente sia Gerusalemme sia la Cisgiordania, dove entro il 1972 aveva già installato 44 colonie.
L’industria del processo di pace • Intanto, in queste frenetiche attività, il problema palestinese era stato accantonato. • L’OLP si vendicò di questa emarginazione della causa palestinese iniziando la campagna di resistenza armata contro obiettivi israeliani, prima dalla Giordania. • Quando le sue forze furono cacciate dalla Giordania, continuò la sua campagna dal sud del Libano. • L’effetto negativo di questa mossa sulla stabilità del Libano, sulla sua economia e sulla sua popolazione nei decenni seguenti, è ben noto.
L’industria del processo di pace • Qualsiasi progresso nella soluzione del conflitto tra Israele e gli arabi è avvenuto soltanto attraverso una miscela di lusinghe, di corruzione e di coercizione, sempre viziato dalla scarsa attenzione data alla questione palestinese. • Benché varie parti tentassero di fare qualcosa per loro, ogni accordo di pace veniva raggiunto a spese dei palestinesi.
L’industria del processo di pace • Il presidente egiziano Anwar Sadat, nella sua fallita offerta di un accordo di pace con Israele, inserì una condizione relativa alla soluzione del problema dei profughi palestinesi che fu respinta da Israele.
L’industria del processo di pace • In modo simile, in un insolito ed incisivo documento del 1975, William Saunders, Sottosegretario di Stato con Henry Kissinger, sottolineò la centralità del problema palestinese nel conflitto e dichiarò che «i legittimi interessi» dei palestinesi dovevano avere un ruolo importante in tutti i negoziati di pace arabo-israeliani. • Israele respinse anche questa proposta che venne abbandonata.
L’industria del processo di pace • Con lo stesso spirito, il Presidente Jimmy Carter mostrò una iniziale volontà di risolvere il problema palestinese. • Nel 1977 propose, insieme all’Unione Sovietica, una conferenza di pace internazionale sulla base della Risoluzione 242 per una soluzione del problema palestinese e per il riconoscimento dei «legittimi diritti del popolo palestinese». • Israele doveva ritirarsi dai territori occupati nel 1967, sebbene non da tutti, e ogni stato di belligeranza sarebbe finito, portando ad una pace completa e al riconoscimento reciproco tra Israele e gli Stati arabi.
L’industria del processo di pace • Carter era andato anche oltre parlando lo stesso anno della necessità di una «patria palestinese». • Benché questo concetto fosse riferito solo ai profughi e fosse inteso come un gesto umanitario e non politico, Carter cominciò a subire forti pressioni da parte del Dipartimento di Stato, di Israele e della lobby degli ebrei americani e fu costretto a ritirare la nota e il riconoscimento dell’OLP con cui aveva iniziato a trattare. • Per le stesse ragioni dovette anche abbandonare l’idea di una conferenza di pace internazionale perché, come è diventato consueto fino ad oggi nelle relazioni degli Stati Uniti con Israele, non era preparato a esercitare una qualche pressione affinché Israele accettasse. • La storia della marcia indietro di Carter di fronte alle pressioni israeliane è deprimente: dopo aver espresso simili ideali sul conflitto li ha abbandonati, in modo vile, di fronte alle pressioni israeliane.
L’industria del processo di pace Gli accordi di Camp David • Alla fine, Egitto e Israele finirono per concludere un accordo di pace separato nel 1979. • Anche così, la situazione palestinese giocò un ruolo nei colloqui di pace. • Nel corso di faticosi negoziati che andarono avanti fino al 1980 venne discusso un piano di autonomia per i territori occupati. • Il piano prevedeva che dopo un periodo di cinque anni, durante il quale i palestinesi della Cisgiordania e di Gaza, Gerusalemme Est era «off-limits», si sarebbero preparati a una piena autonomia, sarebbe stata istituita una autorità di auto-governo, risultato di libere elezioni. Quando ciò fosse avvenuto e i poteri dell’Autorità fossero stati definiti, Israele avrebbe «trasferito» - trasferito non ritirato - le sue forze nei territori palestinesi.
L’industria del processo di pace • Dopo tre anni sarebbero iniziati i colloqui definitivi su questioni come la sicurezza, i confini e altro. • Nel frattempo l’Autorità avrebbe potuto avere una forza di polizia dotata di armi leggere che avrebbe agito in coordinamento con Israele, Egitto e Giordania e i cui compiti avrebbero contemplato, interalia, quello di proteggere Israele da attacchi palestinesi. • Non si faceva menzione del ritiro israeliano dalla Cisgiordania o da Gaza • Lo status di Gerusalemme era lasciato nell’incertezza • Non vi erano riferimenti né agli insediamenti illegali di Israele, né ai diritti nazionali dei palestinesi.
L’industria del processo di pace • Nei cinque anni tra il 1977 e il 1983 il numero di insediamenti illegali passò da 47 a 149, non contando le sei colonie sorte intorno a Gerusalemme. • Questa sequenza di avvenimenti – le richieste americane o anche solo le sollecitazioni sul programma degli insediamenti si scontrano con l’inflessibilità israeliana che porta ad una situazione di stallo – si sarebbe ripetuta in seguito numerose volte.
L’industria del processo di pace La sola volta che un presidente americano si allontanò da questo modello fu nel 1991, quando George Bush senior bloccò la garanzia per un prestito di dieci miliardi di dollari a Israele per impedire che venissero costruite nuove colonie. Il risultato fu che Israele incrementò il programma di costruzioni e che Bush non fu rieletto per un secondo mandato.
L’industria del processo di pace • L’accordo di Camp David significò anche che Israele era riuscito a sviare ogni tentativo di convocare una conferenza di pace, internazionale o regionale, dando il via alla pratica di colloqui di pace separati con i singoli Stati arabi, secondo la sua volontà iniziale. • Ma la conseguenza più grave degli accordi di Camp David, dal punto di vista palestinese, fu il fatto che garantivano al possesso israeliano dei territori palestinesi una falsa legittimità retroattiva.
L’industria del processo di pace • Era come se l’Egitto, stringendo con Israele un accordo che riguardava solo il territorio egiziano, avesse dato il suo assenso a ogni azione in altri territori. • Questo non sarebbe accaduto se l’Egitto avesse vincolato la firma del trattato all’accettazione, da parte israeliana, delle sue condizioni riguardanti il problema palestinese.
L’industria del processo di pace Dopo Camp David • Con l’arrivo di Ronald Reagan nel 1980, il più filo-israeliano dei Presidenti americani fino a quel momento, Israele divenne più forte. • Il Segretario di Stato di Reagan, George Schultz, strinse una alleanza strategica con lo Stato ebraico, così forte che, come disse in seguito, gli accordi istituzionali da lui creati, che legavano gli Stati Uniti a Israele, avrebbero reso impossibile a un futuro incaricato meno ben disposto nei confronti di Israele di lui di annullarli.
L’industria del processo di pace • Nel 1982 l’Arabia Saudita avanzò la proposta di un piano di pace «arabo» nella forma del Piano Fahd, Israele lo ignorò. • Era un primo passo importante verso l’accettazione di Israele da parte degli arabi suggerito dagli arabi stessi. • Il piano proponeva che, in linea con la Risoluzione 242: Israele si ritirasse dai territori conquistati nel 1967 che ai palestinesi fosse garantito uno Stato in Cisgiordania e a Gaza, con Gerusalemme Est capitale • Così gli Stati della regione «avrebbero vissuto in pace».
L’industria del processo di pace • 1987 cessione della Cisgiordania all’OLP da parte di re Hussein di Giordania 1988 incontro di Algeri • Il Consiglio Nazionale Palestinese (PNC) offre a Israele il riconoscimento reciproco • Accetta ciò che l’OLP aveva sempre respinto, ovvero le Risoluzioni 242 e 338
L’industria del processo di pace La Conferenza di Pace di Madrid, 1991 • La strategia israeliana, appoggiata dagli Stati Uniti, di privare la causa palestinese di ogni significato o di ogni importanza a fronte di una opposizione araba inefficace, sembrò avere successo. • I tentativi di convocare una conferenza di pace internazionale non erano approdati a nulla fino a quel momento e Israele era stato lasciato indisturbato mentre consolidava il suo possesso sui territori arabi occupati.
L’industria del processo di pace • Nel 1991 gli Stati Uniti, sotto il presidente George Bush Senior, erano determinati a risolvere il conflitto arabo-israeliano come parte di quel «nuovo ordine mondiale» che Bush aveva sposato. • Era anche ansioso di dare qualche soddisfazione, nel periodo immediatamente successivo alla prima guerra del Golfo, agli Stati arabi i quali, avendo aiutato la coalizione occidentale ad attaccare l’Iraq, si aspettavano qualche cosa.
L’industria del processo di pace La conferenza di Madrid • Una grande conferenza di pace fu convocata a Madrid nell’ottobre del 1991. • James Baker, il Segretario di Stato americano, si batté in modo determinato per coinvolgere i palestinesi in questo tentativo. • Israele, con un Primo Ministro duro e riluttante come YtzhakShamir, fu convinto a prendervi parte usando tutte le lusinghe possibili. • A questo scopo l’Unione Sovietica si offrì di riaprire le relazioni diplomatiche con Israele sospese dal 1967 e al team di Shamir fu permesso di trattare con ogni Stato arabo separatamente in incontri a quattr’occhi all’interno della conferenza.