1 / 44

IRENE RIEZZO Sezione Dipartimentale di Medicina Legale Università degli Studi di Foggia

IRENE RIEZZO Sezione Dipartimentale di Medicina Legale Università degli Studi di Foggia.

waldo
Download Presentation

IRENE RIEZZO Sezione Dipartimentale di Medicina Legale Università degli Studi di Foggia

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. IRENE RIEZZO Sezione Dipartimentale di Medicina Legale Università degli Studi di Foggia

  2. “Dicano i consulenti esaminati gli atti di causa e tutta la documentazione ritenuta utile quali sono state le cause dei decessi di F. T. …. Indichino inoltre se gli interventi sanitari sono stati adeguati e proporzionati in relazione alle condizioni di salute in cui versavano i citati soggetti specificando da un lato se l’intervento praticato era o meno indispensabile e dall’altro ove possibile, se il paziente ricevette una completa informazione sui rischi e sulla natura dell’intervento. Svolgano infine i consulenti i medesimi accertamenti anche con riferimento agli interventi praticati sui pazienti … specificando se costoro ebbero danni a cagione dei citati interventi indicando in caso affermativo la natura e l’entità di tali danni”.

  3. Anamnesi: da 10 giorni (marzo 2000) aumento di volume dell’addome e dolori addominali crampiformi. Ricovero in altro Ospedale: CA 125 = 218,3 (V.N. < 30); ecografia addominale eseguita il 20 marzo 2000, TAC addome eseguita il 22 marzo 2000: “… rilevante quantità di ascite, peritoneo ispessito che contiene noduli solidi voluminosi nel peritoneo pelvico. In regione sotto ombelicale è presente voluminosa massa solida, disomogenea del diametro di 11 cm … in entrambi gli annessi sono visibili masse solide, disomogenee del diametro di 10 cm circa a margini bozzuti…”. Donna di anni 27 Ricoverata c/o il reparto di Chirurgia dell’Ospedale …. con diagnosi di ammissione: Carcinosi peritoneale, dal 22 marzo 2000 (ore 22.45) al 7 aprile 2000

  4. Il 23 marzo esegue paracentesi di 4800 cc di “ascite torbida”. Es. citrico: “… numerosissime cellule infiammatorie (granulociti neutrofili, macrofagi) e rare cellule mesoteliali “attivate”. Negativa la ricerca di cellule neoplastiche…”.

  5. Il 23 marzo 2000 intervento chirurgico con inizio alle ore 14.30 e fine alle ore 18.30: intervento di Debulking: annessiectomia, colectomia subtotale con Hartmann, resezione ileale, omentectomia, linfectomiaparaaortocavale, ileostomia. (modulo di consenso per l’anestesia firmato). Il giorno dell’intervento, alle ore 13.36, Hb=12.8. Nella scheda anestesiologica la paziente viene descritta ASA II, condizioni generali discrete, PAO 120/80, polso 110.

  6. L’esame istologico intraoperatoriodimostra la presenza di Linfoma non Hodgkin nel prelievo di ovaio sinistro. Durante l’intervento il primo emocromo viene effettuato alle ore 16,03 (Hb=8.3, che nei successivi controlli continua a scendere). Successivamente vengono effettuate delle trasfusioni (la prima alle ore 16.40).

  7. Trasfusione di emazie concentrate: 7966 ore 16.30; 7939 ore 17.15; 7976 ore 17.45.

  8. Nel periodo post – operatorio la paziente veniva seguita mediante controlli strumentali ed ematochimici, con terapia medica e nutrizionale.

  9. Il 29 marzo Rx torace:

  10. Consulenza ematologia in data 29 marzo e 5 aprile 2000. 6 giorni dopo 13 giorni dopo

  11. Il 14 aprile per la comparsa di idronefrosi bilaterale esegue cistoscopia con posizionamento bilaterale di stent nelle vie escretrici. Il 15 aprile esegue un Rx torace di controllo.

  12. Successivamente ricoverata in Ematologia (dal frontespizio della cartella il ricovero sembra partire dal 9 aprile al 29 aprile, anche se dagli esami eseguiti si può far risalire il ricovero al 17 di aprile, nel diario il 17 viene scritto che la paz. è trasferita in Ematologia per polichemioterapia). Il trasferimento nel reparto di ematologia avviene in condizioni cliniche generali scadute, basi polmonari non espansibili, FVT non trasmesso, MV ridotto.

  13. Il 17 aprile esegue una Ecocardiografia che evidenzia la presenza di versamento pericardio e pleurico. Nella stessa data esegue ecografia addome – pelvi che evidenziava abbondante ascite, reni non dilatati ma con scarsa differenziazione tra corticale e midollare. Vengono eseguiti altresì controlli radiologici del torace e dell’apparato urinario.

  14. Biopsia ossea il 18 aprile: “… midollo normocellulare sede di compromissione focale interstiziale di linfoma non Hodgkin di tipo Burkitt …”. 25 giorni dopo

  15. Una consulenza nefrologica del 18 aprile, evidenzia una insufficienza renale acuta (forse da danno tubulare), uno stato anasarcatico ed una nefrosi. Inizia terapia antiblastica, secondo il protocollo B-NHL 86 il 18 aprile. 25 giorni dopo

  16.  CP (Endoxan) 300 mg gg 18-19.4 Vincristina 2 mg 18.4 Metotrexate 2.250 mg 18.4 Ifosfamide 1200 20, 21,22,23.4 VM 26 150 idem ARA-C 200 idem In data 19 aprile viene annotato “in considerazione della ingravescenza delle condizioni generali e del reperto TAC si anticipa chemioterapia antiblastica” (cioè viene anticipato di 3 gg il “blocco A”).

  17. Il 23 aprile ad una visita urologica viene evidenziata una ematuria (cistite da ifosfamide/piastrinopenia). Le emocolture eseguite il 21 ed il 25 aprile, mostravano una positività per l’E. Coli e per l’EnterococcusFaecalis. Le condizioni peggiorano ulteriormente, la paziente in coma con stato di shock ipotensivo, decede il 29 aprile 2000 alle ore 4.15. Exitus

  18. Da segnalare, in atti, la presenza di: modulo di consenso firmato in data 17 aprile, per biopsia ossea e puntato sternale, modulo di consenso firmato in data 18 aprile per inizio chemioterapia.

  19. Capo di imputazione:

  20. Conclusioni consulenti PM “T F è deceduta all’età di 26 anni a seguito di intervento chirurgico effettuato per diagnosi di Linfoma non Hodgkin. … nel caso in specie … trattasi di paziente affetta da malattia di competenza elettivamente medica e non chirurgica, limitandosi la terapia chirurgica alla risoluzione delle sole complicanze. In concreto sussisteva una complicanza chirurgica (visto il reperto di abbondante emoperitoneo) e pertanto esisteva l’indicazione all’intervento chirurgico. Tuttavia, a fronte della corretta indicazione all’intervento, si registra nella fattispecie un over-treatment chirurgico in quanto l’asportazione dell’intestino non trova in concreto indicazione- così come evidenziatosi all’esame istologico- né in rapporto alla descrizione intra-operatoria né, come si è detto, all’esame istologico, da cui non emergevano valide motivazioni per l’esecuzione dell’estesa resezione intestinale praticata. Peraltro le condizioni generali della paziente, in stato di grave anemia, e la macroscopica diffusione della patologia nella fase operatoria, consigliavano di limitarsi a trattare semplicemente la causa della complicanza emorragica, modulando l’intervento in base alle reali necessità della paziente. Si segnala infine l’assenza di consenso scritto all’intervento chirurgico.”

  21. Difesa -la CT non contesta la diagnosi di linfoma non Hodking -si riconosce che pur trattandosi di malattia di per sé curabile con chemioterapia, nel concreto si è reso necessario ed urgente, il giorno dopo il ricovero, cioè in data 23 marzo 2000, un intervento chirurgico per la presenza di emoperitoneo massivo misto ad ascite da linfoma ovarico diffuso a sede bilaterale a tutto l’omento mesocolon dx, trasverso, al legamento gastrocolico con voluminose ripetizioni (ndr metastasi) lomboaortiche; -la diagnosi anatomo-patologica macroscopica ed istologica sui pezzi prelevati nel corso dell’intervento chirurgico ha confermato la “massiva compromissione di linfoma non Hodking di tipo Burkitt” a carico di “ovaie, tube, tessuti molli paraovarici, mesocolon, appendice cecale,omento “e vescica. la CT ritiene che l’intervento chirurgico sia stato eccessivo (over treatment) ma senza alcuna analisi tecnica e conseguente motivazione ed in particolare senza considerare che in caso come questo è impossibile arrestare la emorragia - se proveniente, come nella fattispecie, da plurime fonti - senza legare i vasi con la conseguente necessità, per salvare la paziente dal rischio di morte imminente per shock emorragico, di asportare gli organi irrorati dai predetti vasi. Pertanto le estese asportazioni sono state causate dalla necessità di arrestare l’emorragia e non avevano l’intento di asportare il linfoma curabile di per sé con chemioterapia nell’immediato l’intervento chirurgico ha salvato la vita della paziente. La CT omette di segnalare che vi è stato un buon decorso post-operatorio tanto da consentire l’esecuzione di cicli di chemioterapia durante i quali è sopravvenuta la morte a causa della diffusione del processo neoplastico e dell’abituale evoluzione di questa peculiare varietà di linfoma non Hodking tipo Burkitt La CT, del resto, non si azzarda a prospettare un nesso causale tra l’intervento e la morte della paziente e quanto all’estensione dell’intervento si limita a censure generiche e pertanto inaccettabili.

  22. Perizia Sulla base pertanto della ricostruzione clinica così come ripercorsa alla luce della mera analisi della documentazione in atti, in relazione dunque alla causa che determinò il decesso della T., è possibile affermare che essa sia verosimilmente da ricondurre ad una progressiva insufficienza d’organo (MODS) che venne a complicare l’iter clinico della T., affetta da una patologia neoplastica del sistema linfocitario, ad alta aggressività, in stadio avanzato (IV) e trattata con intervento chirurgico di Debulking e successiva chemioterapia.

  23. Lo stadio avanzato della neoplasia, l’ampio intervento chirurgico subito, congiuntamente alle complicanze del trattamento chemioterapico, hanno determinato lo sviluppo di una progressiva insufficienza renale, stato anasarcatico, una condizione di anemizzazione, di trombocitopenia, una riduzione delle difese immunitarie che favorirono lo sviluppo di uno stato settico diffuso (febbre, emocoltura positiva per lo Escherichia Coli e per l’EnterococcusFaecalis), cui conseguì la cascata di eventi clinici che, con ininterrotto nesso causale, condusse a morte la giovane donna.

  24. Si deve, quindi, affermare che nel caso di specie le particolari condizioni cliniche (linfoma non Hodgink ad alto grado di malignità in stadio avanzato (IV), con coinvolgimento addominale, toracico e midollare), l’intervento chirurgico di debulking, la prolungata degenza ospedaliera, nonché specifiche procedure (chemioterapia, cateterismo venoso centrale, ecc.), hanno condotto alla progressiva disfunzione multiorgano ed all’instaurarsi di uno shock settico.

  25. Il tipo e lo stadio del linfoma condizionano notevolmente la prognosi e quindi il tipo e la durata della terapia, che varia a seconda del tipo di linfoma. Nei pazienti affetti da linfoma è necessario eseguire la biopsia di altri organi: se positiva, la malattia è classificata direttamente allo stadio IV; ci troviamo di fronte cioè ad una malattia diffusa. La prognosi (e la terapia) di un paziente con linfoma dipende essenzialmente dai seguenti fattori: Stadio della malattia. Tipo istologico. Eventuali alterazioni di alcuni esami di laboratorio (soprattutto LDH, beta2-microglobulina). Età del paziente. Condizioni generali del paziente ed eventuale presenza di malattie concomitanti.

  26. La paziente era affetta da linfoma non Hodgkin ad alto grado di malignità tipo Burkitt. La malattia si è presentata con un quadro di marcato impegno addominale, evidenziato dai dati clinici e dalla TAC e dei radiogrammi toracici. A poche ore dal ricovero veniva sottoposta ad una paracentesi che portava al drenaggio di circa 4800 cc di liquido torbido, senza cellule tumorali. Subito dopo (a meno di 24 ore dal ricovero) veniva sottoposta ad un intervento chirurgico di debulking.

  27. La motivazione che ha condotto a tale tipo di intervento non risulta ben chiara, non essendovi in cartella clinica riferimenti alla presenza di una complicanza in atto (quale l’emoperitoneo che viene descritto all’apertura dell’addome).

  28. il liquido della paracentesi (effettuata poche ore prima dell’intervento) è descritto “torbido” e non emorragico. L’esame del sedimento non mostra la presenza di globuli rossi. La cartella dell’anestesia (si presume compilata poco prima dell’intervento) descrive una paziente in condizioni “discrete”, ASA II, pressione arteriosa 120/80. Nella cartella dell’anestesia non è segnata la annotazione “Urgenza” come appare in altri casi di intervento di urgenza. Nella cartella dell’anestesia la diagnosi pre-operatoria è di “massa addominale di n.d.d.”, non di emorragia addominale.

  29. L’emoglobina controllata circa un’ora prima dell’intervento è di 12,8 (valore normale e uguale a quello della sera prima, al momento del ricovero). Sino a questo momento non si è verificata anemizzazione. Nella grafica giornaliera non sono presenti annotazioni circa una improvvisa emorragia. Nel corso dell’intervento la paziente si anemizza: l’intervento inizia alle ore 14.30; alle ore 15.40 (più di un’ora dopo l’inizio) viene effettuato un emocromo con emoglobina di 8,6; la prima trasfusione viene effettuata alle ore 16.40 (più di due ore dopo l’inizio). Nel referto dell’esame istologico non viene fatta menzione di emorragie a carico dei diversi organi asportati.

  30. Veniva eseguito un intervento di colectomia sub totale con ileostomia, resezione ileale, ovariectomia bilaterale, omentectomia, linfoadenectomiaparaaortica. L’esame istologico sia intraoperatorio che definitivo mostrava trattarsi di linfoma di Burkitt. Nel corso dell’intervento la paziente si anemizzava: l’intervento iniziava alle ore 14.30; alle ore 16.03 (più di un’ora dopo l’inizio) veniva effettuato un emocromo con emoglobina di 8,6; la prima trasfusione veniva effettuata alle ore 16.40 (più di due ore dopo l’inizio). Tuttavia nel referto dell’esame istologico non veniva fatta menzione di emorragie a carico dei diversi organi asportati.

  31. Dopo l’intervento la paziente presentava condizioni scadute, necessitando pertanto di terapia di supporto di vario genere. Il 5 aprile l’Ematologo disponeva l’inizio della terapia dopo una decina di giorni. Il 17 aprile (25 giorni dopo l’intervento) venivano effettuate le indagini necessarie a programmare un trattamento (biopsia ossea e TAC total body). La prima mostrava infiltrazione da cellule linfomatose, la seconda un quadro di grave diffusione della malattia non solo a livello addominale, ma anche toracico, confermando il quadro preoperatorio. In data 18 aprile (26 giorni dopo l’intervento) iniziava la chemioterapia secondo uno schema di provata efficacia per questo tipo di linfomi, che tuttavia non consentiva di controllare la evoluzione della malattia.

  32. Il quadro presentato dalla paziente al momento del ricovero era sicuramente serio; effettuata la paracentesi, senza che questa avesse consentito la definizione della diagnosi di malattia, era necessario procedere con altri accertamenti che consentissero di definire il tipo di malattia: per esempio biopsia ecoguidata o agoaspirato di una delle masse, ecc. È da aggiungere che il quadro clinico presentato (masse ovariche, noduli peritoneali multipli, ecc) in una paziente in giovane età (27 anni) doveva far prendere in considerazione, fra le possibili diagnosi differenziali, la presenza di un linfoma addominale. Sicuramente l’età ed il quadro clinico depongono contro una neoplasia epiteliale dell’ovaio o di altri organi addominali.

  33. Il tipo di intervento chirurgico effettuato non trova motivazioni in una paziente affetta da linfoma di Burkitt in stadio avanzato, in assenza di complicanze. A causa dell’intervento, e delle sue sequele, la paziente ha potuto essere ricoverata in idoneo ambiente specialistico circa 25 giorni dopo l’ingresso in ospedale. In questa sede una TAC mostra un quadro di diffusione della malattia ulteriormente peggiorato e più esteso che all’esordio. E’ verosimile che lo stesso trauma operatorio e le scadute condizioni generali possano avere determinato un decorso particolarmente accelerato della malattia. Il trattamento intrapreso secondo lo schema B-NHL 86 era un trattamento corretto e adeguato. In estrema sintesi, i risultati ottenibili con questo e analoghi schemi, riferiti alla fine degli anni ’90, sono riassumibili nei seguenti dati: circa il 60-80% dei pazienti che presentano, all’esordio, un quadro simile a quello della paziente in esame, sono vivi (in assenza di segni di malattia) a 2 anni e circa il 40-60% a 5 anni. Per questi ultimi è corretto parlare di guarigione.

  34. Il ritardo con cui la paziente ha potuto iniziare un trattamento adeguato, ritardo causato dall’intervento chirurgico, e in particolare dalla sua estensione e relative conseguenze, ha gravemente ridotto le probabilità che la paziente potesse ottenere i risultati sperati.

  35. Tabella 1. - Principali fattori prognostici e loro significato

More Related