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La Lince nell’Appennino: possibile sottospecie della Lince euroasiatica ( Lynx lynx ) di Francesco Mossolin. OBIETTIVI. Valutare l’ipotesi della presenza di una sottospecie diversa dalla Lince euroasiatica nell’Appennino attraverso: l’analisi dell’evoluzione degli indici di presenza;
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La Lince nell’Appennino: possibile sottospecie della Lince euroasiatica (Lynx lynx) di Francesco Mossolin
OBIETTIVI • Valutare l’ipotesi della presenza di una sottospecie diversa dalla Lince euroasiatica nell’Appennino attraverso: • l’analisi dell’evoluzione degli indici di presenza; • individuazione dell’area di una possibile distribuzione.
Materiali e metodi • RICERCA BIBLIOGRAFICA • RICERCA DI REPERTI STORICI • RICERCA DIRETTA DI SEGNI DI PRESENZA • INTERVISTE Foto Francesco Mossolin
Distribuzione storica • DATI PALEONTOLOGICI I primi ritrovamenti di Lince (Lynx lynx) risalgono al Pleistocene medio superiore, diminuendo con il passaggio all’Olocene Figure tratte da “archeozoologia, atti del 1° Convegno Nazionale di Rovigo.”
DISTRIBUZIONE STORICA RECENTE • I primi due reperti risalgono al Medioevo, altre tre segnalazioni risalgono al XVI secolo, due nell’Appennino settentrionale, ed uno in Calabria. • Nei successivi tre secoli i dati sono numerosi, tra i più interessanti si ricordano: - l’accademia dei Lincei e uno dei suoi fondatori (Stelluti F.), che descrive la Lince, e ne afferma con sicurezza la presenza sui monti di Fabriano e negli Abruzzi; La Lince affrescata nel Palazzo Cesi di Acquasparta (Foto archivio Centro Parchi)
- nel 1735 una Lince viene abbattuta a Opi (Aq) e successivamente viene rappresentata in una Carta della Marsica, con a fianco l’iscrizione “ Felipardus prope Opium occisus mense aprile anni 1735”; • altre descrizioni ci arrivano da M. R. Besler “Lupus Cervarius, Italice magis proprie” e da C. U. De Salis Marschlins, che dedica numerose pagine “sulla lince, speciale, delle provincie dell'Abruzzi.” “Lupo Cerviero o Gatto Lupo” Besler M. R., 1716 – Gazophylacium
Testimonianze della presenza del nostro felino, nella penisola, si trovano in molti scritti di studiosi e viaggiatori stranieri, tra cui: G. Cuvier, W. Hamilton, J. Murray, N. Douglas, etc; Tra i ricercatori italiani del XIX secolo le principali informazioni sulla Lince ci pervengono da C. Lanza, L. Dorotea, O.G. Costa, Cornalia, A. Costa, Marinosci, M. Lessona.
Le segnalazioni storiche si concentrano in Abruzzo,ma coprono quasi tutte le regioni appenniniche La tipologia di segnalazione più frequente è la presenza generica, poi vengono le uccisioni e gli avvistamenti
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si segnala la relazione di E. Sipari, fondatore e primo Presidente del Parco Nazionale d’Abruzzo, che sul felino svolse un’accurata indagine. Riporta infatti numerose uccisioni e diversi avvistamenti, tanto che afferma con certezza la presenza della Lince nel suddetto Parco ; • Nel periodo compreso tra le due guerre mondiali (fino al 1950) troviamo i dati raccolti da A. M. Simonetta, F. Tassi, oltre a qualche segnalazione riportata da D. Badaloni.
Un altro documento significativo fa capo a L. Barucco (1938) che su Diana parla della caccia alla Lince in Lucania;
Anche in questo periodo le segnalazioni si concentrano in Abruzzo e si tratta soprattutto di avvistamenti;si rilevano anche numerose uccisioni e attacchi a carico del bestiame.
Tra il 1951 e il 1990 le segnalazioni sono poche, ma importanti, perché in contrasto con l’ipotesi di eventuali rilasci illegali, avanzata solo successivamente. Il maggior numero di segnalazioni si concentra dal 1991 al 2000, grazie alle indagini svolte dal Gruppo Lince Italia.
Il numero delle regioni a differenza della quantità di segnalazioni nell’ultimo decennio risulta in aumento, inducendo a supporre che si tratti di animali in movimento, e cioè di popolazioni diffuse.
Esistono tre principali ipotesi sulla presenza attuale della Lince nell’Appennino: 1ª IPOTESI: Esclude sia la presenza storica che attuale (Ghigi, 1917; Toschi, 1968) 2ª IPOTESI: Individui provenienti da rilasci illegali (Bologna et al , 2003; Molinari et al., 2001; Ragni B., 2004) 3ª IPOTESI: Individui di origine autoctona, sopravvissuti nelle zone più impervie della catena appenninica (Tassi F., 1969; Bruno S., 1981; Manzi et al., 2002; Bertarelli C., 2006; Todaro G., 2006) • Presenza Attuale
Sulla base della terza ipotesi, nel 1991 il Parco d’Abruzzo indice il convegno internazionale “Bentornato Gattopardo”, in seguito al quale nascerà il Gruppo Lince Italia. Da tutte queste indagini è emersa con certezza scientifica la presenza nel Parco Nazionale d’Abruzzo di diversi individui, in grado di riprodursi e di formare una popolazione stabile . Nel 2002 tutte le attività di ricerca sono state interrotte per i cambiamenti avvenuti nella dirigenza nel Parco. Nel 1993 viene infatti costituito il Gruppo Lince Italia, che in meno di 10 anni, ha raccolto più di 300 segnalazioni, per lo più nel Parco Nazionale d’Abruzzo e zone limitrofe. Dal 1999 al 2002 vengono chiamati a collaborare nelle ricerche gli specialisti francesi Luc Chazel e Muriel da Ros.
Come si vede, gli anni di maggior successo (1992, 1995, 1998, 2001) corrispondono a quelli di più intensa ricerca da parte del Gruppo Lince Italia. Dal 2002 in poi non sono state più effettuate ricerche approfondite sul felino, e questo spiega il drastico calo delle segnalazioni.
La tipologia più frequente è l’avvistamento, seguono poi le vocalizzazioni, le orme, gli escrementi e gli attacchi. I rinvenimenti di peli sono solo 10 e le analisi hanno confermato l’appartenenza al genere Lynx. La presenza di tane, graffi e latrine potrebbe indicare popolazioni stabili e in grado di riprodursi. Inoltre nonostante l’animale sia legalmente tutelato ci sono ben 8 segnalazioni di abbattimenti clandestini.
Partendo dall’ipotesi che la teoria della sopravvivenza di nuclei residuali sia valida, ci si è chiesti se questi esemplari di Lince potessero essere diversi dagli individui presenti sulle Alpi. Elementi a sostegno di questa ipotesi sarebbero: 1- I racconti dei testimoni che hanno riferito con buona precisione l’avvistamento, e che descrivono un animale di medie dimensioni, d’aspetto snello, solitamente con mantello molto maculato. 2- I lavori degli studiosi dei secoli scorsi in cui, a proposito della Lince, si accenna spesso al fatto che la Lince appenninica differisce da quella alpina (cfr. M. R. Besler, O.G. Costa).
Si ricorda in particolare C. U. De SalisMarschlins, che nel 1790 parlando del felino si esprime così: «…sulla lince, speciale, delle provincie dell'Abruzzo. Si trova questa spesso, nei boschi dell'Abruzzo Ultra, dove vien chiamata comunemente il “Gatto Pardo” ed è un poco più piccola di quella che è stata vista non di rado nelle montagne dei Grigioni (…) La lince dell'Abruzzo è un poco più scura, è alta dai diciotto ai venti pollici, (45-50 cm) ed è lunga dai ventiquattro ai ventisette pollici (60-68 cm), sino alla radice della coda, la quale è lunga quattro pollici (10cm).(…) Dopo tutto ciò, io credo che la lince dell'Abruzzo si possa classificare in quella specie che lo Schreber chiama lince-gatto: è in verità più piccola ed ha le macchie più distinte (...).»
Dalla tabella si nota chiaramente che le misure riportate da C. U. De Salis Marschlins si discostano da quelle consuete della Lince europea, come anche da quelle del gatto selvatico, facendo pensare a un animale più corto, snello, ma con la coda proporzionalmente più lunga. Anche nel disegno dello Stelluti si ritrova un animale slanciato, leggero, probabilmente con peso che non supera i 15 kg.
Sulla base di queste considerazioni, dei numerosi dati raccolti da diversi osservatori su esemplari viventi o su resti di varia origine e provenienza, dopo adeguati approfondimenti con illustri specialisti e sistematici stranieri, è stata messa a fuoco e sommariamente descritta la possibile sottospecie, autoctona della penisola italiana, denominandola apennina (Tassi F. 2004). 3 - La terza prova a sostegno di questa ipotesi si ottiene da uno studio ecologico ed etologico sugli altri animali diffusi nell’Appennino centro-meridionale, in particolare l’orso e il lupo, ivi presenti con sottospecie caratterizzate dalle dimensioni ridotte e dal manto più scuro. C’è quindi motivo di credere che anche la Lince sia andata incontro al medesimo tipo di evoluzione, differenziandosi in una sottospecie meridionale, più adatta ai fitti boschi appenninici.
Di ciò è stata data notizia in occasione di vari convegni internazionali: • Roma 1999; • Washington 2003; • Ischia 2004; • Orléans 2008; passando così dalla semplice definizione in litteris con un semplice nomen nudum ad una più ampia descrizione e illustrazione (in via di completamento).
Conclusioni • E’ molto probabile che la Lince sia sopravvissuta nell’intero Appennino almeno fino all’inizio del XX secolo, mentre la presenza attuale è stata dimostrata con certezza da reperti attendibili sottoposti ad analisi scientifica. • L’origine della Lince é incerta, mancando prove genetiche in grado di stabilirla: tuttavia, la continuità di segnalazioni, riscontrata in particolare in Abruzzo, autorizza a sostenere l’ipotesi che una piccola popolazione di individui autoctoni possa essere sopravvissuta fin ai giorni nostri.
La presenza della Lince è auspicabile in tutto l’Appennino, in particolare nelle aree protette, dove non viene praticata la caccia. • Allo scopo di conservare e sviluppare questa popolazione è necessario portare avanti un piano d’azione articolato su più punti: • avviare una ricerca approfondita su tutto il territorio appenninico; • - aumentare il controllo e la vigilanza; • - stanziare un fondo adeguato per il rimborso di eventuali danni; • - effettuare una campagna di sensibilizzazione anche attraverso la creazione di nuove aree faunistiche; • approfondire gli aspetti genetici; • - creare corridoi ecologici tra le aree protette.