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MM: le dimensioni del problema. Malattia di derivazione B-linfocitaria le cui caratteristiche cliniche dipendono da accumulo di plasmacellule clonali e dalla produzione di immunoglobuline e di una varietà di citochine (tra cui IL-6, TNF a, IL-1b).
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MM: le dimensioni del problema • Malattia di derivazione B-linfocitaria le cui caratteristiche cliniche dipendono da accumulo di plasmacellule clonali e dalla produzione di immunoglobuline e di una varietà di citochine (tra cui IL-6, TNF a, IL-1b). • 1% di tutte le neoplasie maligne, 10-15% di tutte le malattie ematologiche neoplastiche; • Incidenza in incremento costante (4 nuovi casi annui / 100 000 abitanti; • Prevalentemente colpita la popolazione anziana (età mediana di insorgenza: 63-65 aa) • RILEVANTE PROBLEMA MEDICO ED ECONOMICO-SOCIALE
Meccanismi di espansione del clone PC Cellule mielomatose Cellule stromali VEGF IL-6 Neovasi
MM: storia naturale ESTREMAMENTE VARIABILE Continua ricerca di nuovi parametri prognostici (cariotipo, immunofenotipo, oncogeni ..) che si affianchino a quelli più tradizionali (stadio, b2 microglobulina, PCR, labelling index) Migliore previsione dell’ andamento clinico e migliore programmazione terapeutica
Alcuni aspetti terapeutici • CHEMIOTERAPIA CONVENZIONALE • TERAPIA DI SUPPORTO • Terapia e profilassi della malattia scheletrica mielomatosa • Terapia e profilassi dell’ anemia associata al mieloma • (Terapia e profilassi anti-infettiva)
Chemioterapia convenzionale Plasmacellule Monociti Eritrociti Neutrofili Linfociti
terapia orientata biologicamente Plasmacellule Monociti Eritrociti Neutrofili Linfociti
Chemioterapia convenzionale + EPO Progenitori eritroidi Plasmacellule Monociti Eritrociti Neutrofili Linfociti Eritrociti
Inizio della chemioterapia: orientamento attuale (1) • Vista l’ imprevedibilità del decorso e la dubbia possibilità di eradicare il clone neoplastico: inizio del trattamento solo in presenza diCHIARA SINTOMATOLOGIA O DI GRAVI ALTERAZIONI DEI PARAMETRI BIOCHIMICO-EMATOLOGICI. Dimostrazione derivante da almeno due studi randomizzati (Hjorth 93, Riccardi 2000).
Inizio della terapia:orientamento attuale (2) • La presenza di unalesione ossea alla radiologia standard indica elevato rischio di progressionee costituisce indicazione al trattamento pur in assenza di sintomatologia (Dimopoulos 1993). • Anche i pazienti con alterazioni scheletriche documentate solo con la risonanza magnetica sono a più elevato rischio di progressione soprattutto se associate ad alti livelli di paraproteina, isotipo IgA.
Caratteristiche ottimali di un regime di induzione in prospettiva trapiantologica • Non deve contenere alchilanti o nitrosouree, per i noti effetti negativi di questi farmaci sulla mobilizzazione di progenitori emopoietici ) • Deve ottenere una rapida e marcata riduzione della CM. I pazienti che giungono alla terapia ad alte dosi con bassi livelli di paraproteinemia hanno maggiore probabilità di ottenere una RC dopo il trapianto (Cunningam 94, Singhal 95) e quindi di migliorare significativamente la loro qualità di vita.
Alcuni schemi di induzione (1) • VAD originale, coninfusione continua di vincristina e doxorubicina, in relazione alla cinetica plasmacellulare (Barlogie, 1984) • In prima linea risposte nel 60-80% dei pazienti (RC nel 10-25%), in modo rapido (Samson 1989, Abrahamson 96) • Ben tollerato, non intacca la riserva di cellule staminali, utilizzabile anche in pazienti con insufficienza renale • Scomodo perché richiede l’ ospedalizzazione • VAMP: che utilizza metil-prednisolone al posto del desametazone (Forgeson 1988, McElwain 1989)
Alcuni schemi di induzione (2) • C-VAMP:in aggiunta al VAMP prevede la somministrazione endovenosa settimanale diciclofosfamide • VID: vincristina, idarubicina, desametazone (Glasmaker 1997). Risultati simili al VAD. • ID: idarubicina per os x 4 gg + desametazone (Cook 96): 80% di risposte, 7% RC.
La terapia di induzione nel paziente non candidato a terapia ad alte dosi • Pz > 70-75 anni • Pz con compromissione cardiorespiratoria grave o altre comorbidità
Alchilanti ± prednisone (1) Introdotti in terapia agli inizi degli anni 60. • Melphalan ± prednisone: (Alexanian 1969) • Intermittente (0,25 mg/Kg/die per os x 4 gg ogni 4-6 settimane; oppure 16 mg/mq ev ogni 2 settimane) • Continua (0,07 mg/Kg/die fino a citopenia, poi 1-3 mg/die, mantenendo i GB tra 2-3,5 x 10 9/ l) • Risposte nel 40-50% (parziali) • Fase di plateau di 18-24 mesi; non serve terapia continuativa oltre il plateau; • Survival: 2-4 anni (Bergsagel 1995) • Assorbimento intestinale variabile, influenzato dagli alimenti, prevalente escrezione renale • Terapia semplice, di basso costo e limitata tossicità ma CON RISPOSTA LENTA,in pazienti spesso sintomatici
Alchilanti ± prednisone (2) • Ciclofosfamide-prednisone (Brandes e Israel 1987) • Sovrapponibile a MP per quanto riguarda response rate e survival • Ciclofosfamide non cross-resistente con melphalan • Minore mielotossicità: farmaco ideale nei pazienti trombocitopenici e neutropenici • Eliminazione anche per via extrarenale: farmaco di elezione nei pazienti con IRC.
Chemioterapia di combinazione (1) Schema Farmaci Dosaggio Freq Risp Survival a 5 aa VBMCP Vincristina 1,2 mg/mq d 1 5 sett 78% 38% BCNU 20 mg/mq d 1 Melphalan 8 mg/mq po d1-4 ciclofosfamide 400 mg/mq d 1 prednisone 40 mg/mq po d 1-7 poi scalato ABCM Adriamicina 30 mg/mq d 1 3 sett 61% 42% BCNU 30 mg/mq d 1 ciclofosfamide 100 mg/mq po d 1-4 melphalan 6 mg/mq po d 1-4
Chemioterapia di combinazione (2) Schema Farmaci Dosaggio Freq Risp Survival a 5 aa VCAP Vincristina 1 mg/mq d 1 3 sett 64% 28% Ciclofosfamide 100 mg/mq po d 1-4 Adriamicina 25 mg/mq ev d 1 Prednisone 100 mg/mq po d 1-4
Chemioterapia di combinazione (3) • Richiedono maggior impegno delle strutture assistenziali • Presentano maggiore tossicità • Possono compromettere la raccolta di progenitori emopoietici • Analisi del Myeloma Trialist’ Collaborative Group (1998): rispetto a MP, con chemio di combinazione: • Aumento delle risposte • Nessun vantaggio di sopravvivenza, né complessivamente né per particolari sottogruppi
MM: caratteristiche cliniche all’ esordio(Majo Clinic, 869 pts 1960-71) • Età > 40 aa 98% • Sesso maschile 61% • Dolori scheletrici 68% • Anemia 62% • Insufficienza renale 55% • Ipercalcemia 30% • Proteinuria 88% • BJ proteinuria 49% • Lesioni scheletriche 79% • Ipogammaglobulinemia 9%
Tessuto osseo • Si rinnova molte volte nel corso della vita • Gli osteoblasti-osteociti sono le cellule che producono la matrice proteica (osteoide) che poi calcifica: sono responsabili della formazione di osso nuovo • Gli osteoclasti sono cellule multinucleate di derivazione monocitaria che distruggono l’ osso invecchiato
Nell’ osso normale c’è equilibrio fra: Distruzione Formazione
Nella malattia ossea mielomatosa c’è marcato sbilanciamento: Distruzione Formazione
Meccanismi della malattia ossea mielomatosa • Le lesioni osteolitiche derivano da un’ aumentata attività degli osteoclasti associata ad una una ridotta neoformazione di osso • Il riassorbimento osseo si verifica in aree adiacenti alle cellule mielomatose e non nelle aree di midollo normale • I mediatori di questo processo, prodotti dalle cellule mielomatose e dalle cellule stromali, sono oggi ben conosciuti
MIP-1alfa IL-1, TNF a Cellule mielomatose + + OCL Cellule stromali IL-6, RANKL
RANK, RANKL, OPG • RANK: recettore espresso sugli osteoclasti, attivante NFkB; • NFkB: fattore di attivazione osteoclastica • RANKL: ligando di RANK, prodotto da cellule stromali ed osteoblasti • OPG: osteoprotegerina, recettore non funzionale, che blocca RANKL e pertanto inibisce formazione e attivazione osteoclastica (prodotto da cellule stromali e osteoblasti).
RANKL, OPG e formazione-attivazione osteoclastica • Nel MM esiste sbilanciamento fra produzione di RANKL e di OPG RANKL > formazione e attivazione OCL OPG
MIP-1a • Sostanza prodotta dalle cellule mielomatose • Incrementa le interazioni con le cellule stromali (con susseguente > produzione di IL-6 e RANKL) • E’ in grado di attrarre gli OCL • È in grado di aumentare la crescita di CFU-GM, i più precoci precursori identificabili degli OCL
Altri attivatori osteoclastici • TNF b • IL-1 • IL-6 e recettore solubile dell’ IL-6 • Metalloproteinasi: degradano la matrice ossea e espongono il minerale osseo al riassorbimento osteoclastico • PTHrP (parathyroid hormone-related peptide) in una minoranza di pazienti. • VEGF: anche fattore di crescita per le cellule mielomatose
Riassorbimento osseo e crescita mielomatosa • Durante il riassorbimento osseo c’è liberazione di numerosi fattori di crescita neoplastici presenti in forma latente (TGF, IGF, FGF) • Gli OCL inoltre producono molta IL-6 Esiste quindi una relazione simbiotica fra riassorbimento osseo e crescita mielomatosa
Osteoclasti RANK Cellule stromali SC OC IL-6 IGF-1 PC VEC RANKL Cellule endoteliali OB L osteoblasti linfociti
RANKL Osteoclasti RANK OC SC Cellule stromali IL-6 IGF-1 VEGF MIP-1a PC VEC VEGF Cellule endoteliali OB L osteoblasti linfociti
Pirofosfato e bisfosfonati O P OH OH O P OH OH R 1 O C O P OH OH O P OH OH R 2 Pirofosfato Bisfosfonati
Struttura chimica ed azione (1) • Simile a quella del pirofosfato inorganico (Ppi), un regolatore endogeno della mineralizzazione ossea. • La struttura P-C-P è molto resistente all’ idrolisi in ambiente acido o all’ azione delle pirofosfatasi ed è indispensabile per l’ azione farmacologica • Le catene R1 ed R2 possono essere molto variabili: • Cl : clodronato • H3C: etidronato • H2N e OH : pamidronato • anello imidazolico: zolendronato • Possiedono grande affinità per il Ca++ (base della selettività per l’ osso di questi composti)
Struttura chimica ed azione (2) • La capacità di inibire il riassorbimento osseo non è proporzionale all’ affinità con Ca++ • Una maggior potenza è stata ottenuta inserendo in R2: • Catena alchilica (fino a 4 C: alendronato) • gruppo amminico primario (pamidronato) • Gruppo amminico terziaro con struttura ad anello (risendronato, zolendronato)
Rapida clearance del farmaco e localizzazione e concentrazione sulle superfici di idrossiapatite dell’ osso (più esposte nelle lacume di riassorbimento) Nell’ ambiente acido della lacuna i bisfosfonati sono parzialmente rilasciati in soluzione Gli osteoclastiinternalizzano i bifosfonati in vacuoli di endocitosi Meccanismo d’ azione prevalentemente intracellulare
Modalità d’ azione dei bisfosfonati • Azioni dirette sugli osteoclasti • Azione sulla formazione di osteoclasti • Azione sugli osteoblasti
1: effetti sugli osteoclasti • Effetti tossici sugli osteoclasti: • Alterazioni apoptotiche morfologiche (retrazione, condensazione nucleare, frammentazione cellulare) e biochimiche (frammentazione del DNA e attivazione delle caspasi) • Alterazioni submicroscopiche (sulla formazione dell’ increspatura citoplasmatica adiacente alla superficie ossea, sulla formazione degli anelli di F-actina e a carico del citoscheletro) • Interferenze col metabolismo (enzimi lisosomiali, acidificazione delle lacune) • Interferenza con l’ adesione osteoclastica a proteine della matrice ossea
2: effetti sulla formazione degli osteoclasti Non sono certi; verosimilmente sono meno importanti • Basse concentrazioni di pamidronato inibiscono il recruitment, la differenziazione e la fusione dei precursori osteoclastici (importanza del farmaco legato alla superficie minerale) • Dimostrata da altri ricercatori inibizione della formazione in vitro di colonie di osteoclasti
3: effetti sugli osteoblasti • Poco chiari gli effetti sulla proliferazione osteoblastica e privi di significato fisiologico (i bisfosfonati non inibiscono la formazione ossea) • Induzione della secrezione osteoblastica di fattori inibenti la formazione e la funzione osteoclastica
OIF (sostanze inibenti gli OCL Effetto sui precursori osteoclastici INIBIZIONE FORMAZIONE Effetto diretto sugli osteoclasti maturi Effetto sugli osteoblasti PERDITA FUNZIONE OSTEOCLASTICA APOPTOSI
Osteoclasto senza BP Osteoclasto con BP BP BP BP BP Catene lipidiche BP GTPasi Perdita di anelli di actina e del bordo increspato Perdita di segnali di sopravvivenza Formazione di osteoclasti Increspatura membrana osteoclastica Sopravvivenza degli osteoclasti apoptosi Perdita funzioni osteoclasti
Bisfosfonati ed ipercalcemia (1) • Effetti relativamente lenti: sono necessari 2-3 giorni. Ma i farmaci vanno associati all’ idratazione e alla terapia diuretica. • Per la terapia endovenosa sono disponibili: • Pamidronato : singola dose di 60-90 mg • Etidronato: 300 mg/die x diversi giorni • Clodronato: 1500 mg in singola infusione o ripartiti in 5 giorni consecutivi. • Ibandronato Con l’ eccezione dell’ ibandronato, gli altri BP vanno somministrati in soluzione salina in più di 2 ore (possibili danni renali con infusione rapida).
Bisfosfonati ed ipercalcemia (2) • Non disponibili studi comparativi sui diversi bisfosfonati nell’ ipercalcemia da MM • L’ ipercalcemia del MM risponde meglio di quella dovuta a metastasi di neoplasie epiteliali • Etidronato sembra meno efficace di pamidronato e clodronato. • Da studi in neoplasie solide pare che una singola dose di pamidronato (90 mg) sia più efficace di una singola dose di clodronato (1500 mg).
Bisfosfonati e dolore osseo • La chemioterapia è certamente efficace nel ridurre il dolore osseo: la percentuale di pazienti con dolore decresce dal 75%, alla diagnosi, a meno del 15% al raggiungimento del plateau (Malpas 1995). • Diversi studi in neoplasie epiteliali e nel MM hanno indicato l’ utilità dei bisfosfonati nel < dolore osseo. • marcata < dolore: 1/3; • moderata < del dolore: 1/3; • scarsa risposta: 1/3.
Clodronato 300 mg / die ev x 10 gg- alendronato 2.5 mg / die ev x 5 gg(da Attardo-Pariniello 1987; studio aperto, non controllato) % pazienti con dolore osseo
Bisfosfonati e trattamento a lungo termine della malattia ossea nel MM • La chemioterapia è la terapia più efficace della malattia scheletrica mielomatosa; • Tuttavia la malattia ossea può progredire anche nelle fasi di stabilizzazione del mieloma; • La dimostrazione dell’ utilità “in acuto” dei bisfosfonati nell’ ipercalcemia e nel controllo del dolore osseo ha stimolato l’ interesse per la sperimentazione clinica sugli effetti a lungo termine dei bifosfonati nella malattia ossea del MM.