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Formazione Stabilimento di Porto Torres. Protezione da agenti cancerogeni. Che cosa è il cancro?. Il cancro non è altro che una crescita anormale ed incontrollata delle cellule e viene anche chiamato neoplasia o tumore.
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FormazioneStabilimento di Porto Torres Protezione da agenti cancerogeni
Che cosa è il cancro? Il cancro non è altro che una crescita anormale ed incontrollata delle cellule e viene anche chiamato neoplasia o tumore. Purtroppo rappresenta una delle principali cause di morte nei Paesi Occidentali dove causa all’incirca il 20% dei decessi ed è spesso direttamente riconducibile a fattori ambientali associati sia allo stile di vita che all’esposizione lavorativa. In effetti nella comparsa delle neoplasie hanno una notevole influenza molti fattori individuali come il consumo dell’alcool, il fumo, l’alimentazione e l’ereditarietà, ma spesso il fattore scatenante di questa malattia è rappresentato dall’esposizione ad agenti presenti nel mondo professionale, in particolare a sostanze chimiche cancerogene.
Che cosa è una cancerogeno? In generale, agente cancerogeno è una sostanza o un preparato che, in base alle conoscenze scientifiche, si ritiene in grado di provocare il cancro o di aumentarne la frequenza di insorgenza nei soggetti che ne vengono esposti. In alcuni casi, quando esistono evidenze scientifiche che dimostrano che svolgere un determinato lavoro può comportare un maggiore rischio di tumore negli addetti ma non è possibile identificare con precisione un singolo agente cancerogeno, la "cancerogenicità" viene attribuita complessivamente al processo lavorativo o ad una esposizione (es. la raffinazione del nichel, la produzione della gomma, la verniciatura ecc.)
Che cosa è una cancerogeno? In particolare, però, il D.Lgs 626/94 definisce agente cancerogeno: una sostanza a cui la normativa europea attribuisce la sigla R 45 ("Può provocare il cancro") o la sigla R 49 ("Può provocare il cancro per inalazione"); un preparato su cui deve essere apposta l'etichetta con la sigla R 45 o R 49; Inoltre, la legge riporta un elenco, periodicamente aggiornato, di processi o lavori che espongono ad agenti cancerogeni, tra cui, ad esempio i lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) presenti nella fuliggine, nel catrame, nella pece, nel fumo o nelle polveri di carbone.
Classificazione dei cancerogeni? Sulla base della potenziale cancerogenicità delle sostanze sono state fatte numerose classificazioni. L’Unione Europea distingue tre diverse categorie:alla prima appartengono le sostanze sicuramente cancerogene per l’uomo; alla seconda quelle che devono essere assimilate ai cancerogeni umani sulla base degli studi condotti sugli animali; alla terza appartengono quelle per le quali gli studi hanno dato risultati preocupanti, ma non sufficienti ad iscriverle alla seconda categoria. Il Centro Internazionale per la Ricerca sul cancro (IARC) adotta invece la seguente classificazione: Gruppo1: l’agente è sicuramente cancerogeno per l’essere umano; Gruppo 2A: l’agente è probabilmente cancerogeno per l’essere umano; Gruppo 2B: l’agente è un possibile cancerogeno per l’essere umano; Gruppo 3: l’agente non può essere classificato come cancerogeno per l’essere umano; Gruppo 4: l’agente è probabilmente non cancerogeno per l’essere umano;
La classificazione IARC degli agenti cancerogeni IARC valuta gli studi scientifici esistenti in merito all’azione cancerogena di agenti, miscele e circostanze di esposizione e classifica le evidenze di cancerogenicità - in ordine decrescente - in: sufficiente, limitata, inadeguata, assente. Dopo aver valutato separatamente la cancerogenicità nell’uomo, la cancerogenicità negli animali da esperimento e tutti gli altri elementi rilevanti a questo proposito (mutagenesi, azioni sull’embrione, sul genoma, effetti su colture cellulari o altro), IARC conclude con una valutazione complessiva che classifica l’agente (miscela o circostanza di esposizione) in: gruppo 1, 2 (2A e 2B), 3 o 4
La classificazione IARC degli agenti cancerogeni In sintesi, il significato della classificazione di un agente (o miscela o circostanza di esposizione) è il seguente: Gruppo 1 L’agente (o miscela) è cancerogeno per l’uomo (oppure: la lavorazione comporta esposizioni che sono cancerogene per l’uomo). Gruppo 2(Questa categoria include agenti, miscele o circostanze di esposizione per cui, da una parte, il grado di evidenza di cancerogenicità nell’uomo è quasi sufficiente o, dall’altra, non ci sono non ci sono dati sull’uomo ma c’è evidenza di cancerogenicità per l’animale Gruppo 2A L’agente (o miscela) è probabilmente cancerogeno per l’uomo (oppure: la lavorazione comporta esposizioni che sono probabilmente cancerogene per l’uomo.) Gruppo 2B L’agente (o miscela) è un possibile cancerogeno per l’uomo (la lavorazione comporta esposizioni che sono possibili cancerogene per l’uomo). Gruppo 3 L’agente (o miscela o circostanza di esposizione) non è classificabile in relazione alla sua cancerogenicità per l’uomo. Gruppo 4 L’agente (o la miscele) probabilmente non agiscono come cancerogeni per l’uomo.
Esempi di agenti cancerogeni presenti in alcune diffuse lavorazioni
Esempi di agenti cancerogeni presenti in alcune diffuse lavorazioni
Esempi di agenti cancerogeni presenti in alcune diffuse lavorazioni
Esempi di agenti cancerogeni presenti in alcune diffuse lavorazioni
Circostanza di esposizione o lavorazione class. IARC (Esposizione professionale come) verniciatore 1 (Esposizione professionale a) nebbie di acidi forti inorganici contenenti acido solforico 1 (Esposizione professionale come) parrucchiere/barbiere 2A (Esposizione professionale in ) lavanderia a secco 2B (Esposizioni professionali nei) processi di stampa 2B Applicazione di insetticidi (non arsenicati) 2A Carpenteria in legno 2B Fusione ferro/acciaio 1 Industria del mobile e falegnameria 1 Industria della gomma 1 Industria tessile 2B Produzione del vetro artistico, di contenitori in vetro e articoli pressati 2A Produzione dell’alluminio 1 Produzione e riparazione di calzature 1 Lavorazioni che, secondo IARC, comportano esposizione ad agenti cancerogeni.
Quando si devono applicare le norme per la protezione da agenti cancerogeni nei luoghi di lavoro? Le disposizioni specifiche del D.Lgs 626/94 (quelle del titolo VII) si applicano in tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa della loro attività lavorativa. Occorre ricordare che norme relative all’uso di alcuni agenti cancerogeni si trovano anche in altre leggi: per esempio quelle che riguardano le ammine aromatiche, l’amianto, le radiazioni ionizzanti ecc.. Altro esempio è quello del benzene, il cui impiego era già limitato in Italia dal 1963.
Come deve procedere il datore di lavoro per applicare il D.Lgs 626/94 relativamente ai cancerogeni? Il primo passo richiesto è quello di ricercare all’interno delle proprie lavorazioni l’eventuale presenza di "agenti cancerogeni". Per fare questo è possibile individuare le frasi di rischio R45/R49 nelle schede di sicurezza delle sostanze e dei preparati o direttamente sulle etichettature, consultare le liste degli agenti R45/R49 o fare riferimento a vari elenchi disponibili.
Cosa si deve fare quando si scopre che nelle lavorazioni dell’azienda esistono possibili esposizioni a cancerogeni? La prima cosa che il datore di lavoro deve verificare è se l’uso di quell’agente può essere evitato, ad esempio eliminandolo - se possibile - dalla lavorazione o sostituendolo con un altro agente meno pericoloso. Se l’agente non è eliminabile e sostituibile, si deve garantire che il suo utilizzo sia il più ridotto possibile e, comunque, verificare la possibilità di utilizzarlo in un sistemachiuso, in modo da ridurre al minimo l’esposizione. Il livello di esposizione dei lavoratori all’agente cancerogeno deve comunque essere condotto al più basso valore tecnicamente possibile.
Cosa si deve fare quando si scopre che nelle lavorazioni dell’azienda esistono possibili esposizioni a cancerogeni? Il datore di lavoro dovrà valutare quali sono i livelli dell’agente cui i lavoratori sono esposti malgrado l’applicazione delle misure preventive. Riassumendo, il datore di lavoro che abbia identificato un agente cancerogeno cui i lavoratori possono essere esposti si preoccupa innanzitutto di eliminarlo, di ridurne l’utilizzazione e, comunque, di rendere più basso possibile il livello di esposizione dei lavoratori. Successivamente, dovrà conoscere qual è il livello di esposizione dei lavoratori. Diversamente da quello che succede per altre condizioni di esposizione, nel caso dei cancerogeni la valutazione è richiesta dopo l’applicazione di alcuni interventi preventivi, ritenuti indispensabili.
Come si deve comportare il datore di lavoro nei riguardi di agenti ritenuti cancerogeni ma che non riportano le frasi "R45" o "R49"? Il datore di lavoro è tenuto ad applicare quanto previsto nel D.Lgs 626/94 per agenti cancerogeni come definiti da quella legge. Nei riguardi di altri agenti (o situazioni di esposizione) per i quali esistano evidenze scientifiche di cancerogenicità, il datore di lavoro dovrà comunque attuare delle precauzioni per effetto di obblighi che derivano dalla norme generali di tutela (art. 3 e art. 4 D.Lgs 626/94), le quali impongono di considerare tutti i rischi per la salute, indipendentemente dalla loro natura. Oltre alle leggi specifiche e alle situazioni sopra richiamate relative alla possibile insorgenza di malattie professionali "tabellate", è utile ricordare l’obbligo generale stabilito dal Codice civile per cui "l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro" (C.C. Art. 2087 Tutela delle condizioni di lavoro).
Cosa si può fare concretamente per la prevenzione e protezione da agenti cancerogeni? Le azioni che il datore di lavoro deve mettere in atto sono finalizzate alla eliminazione o riduzione del rischio, ad esempio: l’eliminazione o riduzione al minimo dell’emissione di agenti cancerogeni, mediante aspirazione localizzata; l’utilizzo di quantitativi limitati; la limitazione delle quantità in deposito; la riduzione del numero dei lavoratori esposti, anche isolando le lavorazioni; la regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;
Cosa si può fare concretamente per la prevenzione e protezione da agenti cancerogeni? l’ adozione di procedure per i casi di emergenza con possibili esposizioni elevate; conservazione, manipolazione, trasporto e smaltimento in condizioni di sicurezza; l’adozione indumenti protettivi e di dispositivi di protezione individuale. Accanto a questi interventi di carattere tecnico, procedurale ed organizzativo si ricorda la necessità di informare e formare i lavoratori relativamente ai rischi e alle misure di protezione, di considerare la sorveglianza sanitaria nei casi previsti, di predisporre misure di emergenza ecc.
Quale può essere il "più basso valore tecnicamente possibile" di esposizione? In altre parole, c’è un livello di esposizione che può essere considerato sicuro? Per gli agenti cancerogeni la scienza ammette che il vero livello sicuro è il livello "zero", cioè l’assenza di esposizione. Non a caso gli interventi di prevenzione richiesti devono tendere a eliminare il rischio, a prescindere dal livello di esposizione. Per alcune sostanze, peraltro, anche organismi scientifici internazionali individuano dei livelli "accettabili" al di sotto dei quali il rischio potrebbe essere ritenuto "non significativo", ma solo in pochi casi tali livelli sono univoci o condivisi. In altri casi, il livello "zero" non è oggi raggiungibile: si dovrà in tali casi cercare di arrivare al valore più basso di esposizione che le tecniche produttive e di bonifica permettono di ottenere
La valutazione dell’esposizione deve essere fatta sempre? Sì, il datore di lavoro deve sempre valutare per sapere qual è livello di esposizione dei lavoratori all’agente cancerogeno. Questo non significa che si debba misurare in ogni caso per avere una stima dell’esposizione
Quando si deve misurare per valutare l’esposizione? Si deve misurare (mediante analisi diretta o analisi su prelievi ambientali) ogni volta che questo sia tecnicamente possibile e utile al fine di valutare l’entità dell’esposizione. In particolare, la misurazione potrebbe essere utilmente effettuata per valutare l’efficacia delle misure di prevenzione adottate, per dimostrare l’esiguità del rischio o per accertare l’assenza di un agente.
Quando si deve misurare per valutare l’esposizione? Nei casi in cui non è possibile misurare, la valutazione potrà essere effettuata integrando varie fonti di informazione, ad esempio confrontando situazioni lavorative simili, assumendo criticamente dati di letteratura, considerando i quantitativi utilizzati o le modalità di uso, l’esistenza di mezzi di prevenzione o protezione ecc. La valutazione tiene conto comunque delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni prodotti o utilizzati, della loro concentrazione e della capacità di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento.
Sono obbligatori controlli medici per i lavoratori esposti? Sono obbligatoriamente sottoposti a sorveglianza sanitaria i lavoratori per i quali la valutazione abbia evidenziato un rischio per la salute: gli stessi lavoratori devono allora essere iscritti in un registro. L’esistenza di rischi per la salute è valutata dal medico competente.
LA SORVEGLIANZA SANITARIA Le modalità di effettuazione della sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a cancerogeni e/o mutageni sono oggetto di un ampio dibattito di lunga durata tra i medici del lavoro, sia nel ruolo di medico competente, sia tra i medici dei servizi pubblici di prevenzione nei luoghi di lavoro, e, più in generale, tra tutti i tecnici impegnati nella prevenzione nei luoghi di lavoro. La normativa prevede che gli accertamenti preventivi siano orientati a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica; il controllo delle condizioni di salute dei lavoratori e quindi il mantenimento dell’idoneità alla mansione specifica dovrebbe essere l’obiettivo delle successive visite periodiche.
LA SORVEGLIANZA SANITARIA Solo i lavoratori esposti sono sottoposti a sorveglianza sanitaria. Nella valutazione dell’idoneità alla mansione specifica è necessario adottare la massima cautela in riferimento a condizioni di esposizione a taluni agenti cancerogeni e/o mutageni che presentano rischi particolarmente elevati per alcune categorie di lavoratori. Eventuali proposte di screening per identificare "quelle categorie di lavoratori per i quali l’esposizione a taluni agenti cancerogeni presenta rischi particolarmente elevati" (art. 64 comma 1. del D.Lgs. 626/94) vanno considerate con estrema cautela, sia che si alluda a una ipersuscettibilità acquisita (ad es. fumatori, condizioni patologiche comportanti una facilitazione dell’assorbimento o difficoltà nell’escrezione delle sostanze estranee), sia che si alluda a una ipersuscettibilità genetica, spesso ignota al portatore.
LA SORVEGLIANZA SANITARIA I test genetici relativi alla suscettibilità a cancerogeni possono essere distinti in test per varianti genetiche ad alta o a bassa penetranza. Schematicamente, le varianti ad alta penetranza sono rare, sono associate a rischi molto elevati di cancro, riguardano funzioni cellulari cruciali (replicazione, apoptosi) e abitualmente non coinvolgono interazioni con esposizioni ambientali (es. BRCA1, sindrome di Li-Fraumeni, Von Hippel-Lindau). Si tratta pertanto di situazioni non pertinenti al caso della suscettibilità professionale. Le varianti (genotipi) a bassa penetranza sono associate a un modesto aumento del rischio di cancro, agiscono principalmente modulando l’azione di cancerogeni ambientali (attraverso il metabolismo o la riparazione del DNA) e sono frequenti (esempi, GSTM1, GSTT1, CYP1A1, XRCC1, XRCC3 …). In questo caso è possibile dimostrare che è più efficace la riduzione delle esposizioni ambientali piuttosto che la selezione dei "non suscettibili".
LA SORVEGLIANZA SANITARIA Pertanto non ha senso sottoporre i lavoratori a screening genetico per i tumori, sulla base delle conoscenze attuali. La potenziale intrusività nella sfera privata di una tale pratica richiede che le decisioni vengano prese a un livello più alto - e partecipato - di quello del medico competente; inoltre, di volta in volta, è necessario stimare la misura in cui il rischio è più elevato per gli ipersuscettibili. Nel rispetto del principio che l’esposizione a cancerogeni e/o mutageni deve comunque essere tenuta al più basso livello possibile, è ragionevole identificare alcune situazioni (verosimilmente poche) in cui particolari condizioni patologiche individuali sconsiglino comunque un’esposizione a concentrazioni ancorché minime nell’ambiente di lavoro. Tali orientamenti, come ovvio, dovranno essere costantemente aggiornati alla luce dell’evoluzione scientifica dell’immunologia e della "epidemiologia molecolare".
LA SORVEGLIANZA SANITARIA Il medico competente, analogamente a quanto accade per tutti gli altri rischi lavorativi, stabilisce il programma di sorveglianza sanitaria ed epidemiologica e lo attua secondo criteri e protocolli basati sull’evidenza. Nella definizione di tali protocolli si pone anche il problema di impiegare accertamenti finalizzati alla ricerca degli effetti biologici precoci, mediante idonei indicatori. La giustificazione di tale pratica è costituita fondamentalmente dal valore predittivo di tali indicatori rispetto alle condizioni patologiche (nel caso specifico i tumori maligni). Ad oggi, tuttavia non sono disponibili indicatori idonei per la sorveglianza sanitaria degli esposti a cancerogeni e/o mutageni. Sono tuttora sconsigliate, perché non suffragate dall’evidenza scientifica, pratiche di sorveglianza sanitaria che rivestano il significato di "screening" per la diagnosi precoce di tumori su specifici organi bersaglio.
LA SORVEGLIANZA SANITARIA Il medico competente, in alcune situazioni, può proporre o aderire a progetti di indagine disegnati in maniera scientificamente ed eticamente adeguata, per approfondire il significato di indicatori o test, e partecipare a ricerche per la valutazione di efficacia degli stessi, sia nel caso si tratti di soggetti esposti sia di ex-esposti; queste indagini, che rivestono nella massima parte dei casi il carattere di ricerche o studi. Data la delicatezza dell’argomento ed il grande coinvolgimento emotivo dei soggetti, occorre sempre adeguatamente informare i lavoratori dei limiti delle indagini cui vengono sottoposti.
LA SORVEGLIANZA SANITARIA La visita medica costituisce anche un’occasione opportuna per il medico competente per provvedere alla informazione dettagliata sul rischio e sulle modalità per ridurlo al minimo, alla azione di "counseling" per la riduzione di rischi aggiuntivi (il fumo di tabacco), alla informazione sul significato ed i limiti delle pratiche di diagnosi precoce attualmente disponibili, e al controllo sanitario di altri rischi concomitanti. Anche durante la visita medica il medico competente può verificare l’adattabilità del lavoratore ai dispositivi di protezione individuale in dotazione.
T.W.A ACGIH M.A.C. T.L.V. Indagine ambientale I.B.E.
ACGIH - (American Conference of Governamental Industrial Hygienist) • TLV - (Threshold Limit Value) Valore limite di soglia • TWA - (Time Weight Average) Media ponderata nel tempo: concentrazione media ponderata nel tempo per una giornata lavorativa di 8 ore e per 40 ore lavorative settimanali • TLV - STEL (Threshold Limit Value)- (Short Term Exposure Limit) Valore limite di soglia- Limite per breve tempo di esposizione: concentrazione a cui i lavoratori possono essere esposti continuativamente per un breve periodo di tempo, purché il TLV - TWA giornaliero non venga superato) • TLV-C - (Threshold Limit Value - Ceiling) Concentrazione che non deve essere superata durante l’esposizione lavorativa nemmeno per un brevissimo periodo di tempo
Piano di campionamento Quali sostanze sono presenti? Registro dei dati ambientali In che quantità? Sorveglianza Sanitaria Libretto Sanitario individuale Con quali effetti?
Doveri dei lavoratori Deve leggere e osservare le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti anche al fine della protezione individuale e collettiva; Deve utilizzare e manipolare in maniera corretta le sostanze e i preparati pericolosi in uso; Deve indossare i DPI messi a disposizione; Deve rispettare scrupolosamente i divieti e gli avvertimenti evidenziati da apposita segnaletica.
Doveri dei lavoratori non fumare, non assumere cibi o bevande fuori dai locali autorizzati al termine dell’attività, prima della consumazione del pasto e per fine orario di lavoro, provvedere ad un’accurata pulizia personale gli indumenti da lavoro dovranno essere riposti in armadi diversi da quelli dove vengono conservati gli indumenti personali “civili” qualora gli indumenti da lavoro venissero interessati da contatto con il prodotto, si dovrà provvedere ad un accurato lavaggio del corpo (doccia) e alla sostituzione degli indumenti