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LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA

LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA. Il Romano Pontefice e il Collegio dei Vescovi (330).

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LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA

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  1. LA SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA

  2. Il Romano Pontefice e il Collegio dei Vescovi (330) Come per istituzione del Signore, S. Pietro e gli altri Apostoli costituivano un unico Collegio, per il medesimo principio e in pari modo, il Romano Pontefice, successore di S. Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli, sono uniti fra di loro.

  3. Questo canone (330) introduce l'insegnamento del Vaticano II, contenuto nella LG e nella annessa Nota esplicativa previa. In esso viene affermato un duplice principio dogmatico. - Nel Collegio Episcopale si continua e perpetua il Collegio Apostolico istituito da N. S. Gesù Cristo, per cui tra i Vescovi vige ininterrottamente il principio della collegialità; - Tra il Romano Pontefice e i Vescovi esiste il medesimo vincolo che univa S. Pietro e gli Apostoli e di conseguenza, il Romano Pontefice è il Capo del collegio Episcopale, come S. Pietro era il Capo del Collegio Apostolico.

  4. Il collegio Episcopale Come, per volontà del Signore, S. Pietro e gli altri Apostoli costituivano un unico Collegio, per la medesima ragione, il Romano Pontefice, successore di S. Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli, sono tra di loro congiunti (330).

  5. IL ROMANO POTEFICE

  6. IL ROMANO PONTEFICE Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l'ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria, suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può essere sempre esercitata liberamente (331).

  7. Nel Collegio episcopale continua e si perpetua il Collegio Apostolico fondato da Cristo, per cui vige tra i Vescovi il principio della collegialità. Tra il Romano Pontefice e i Vescovi esiste il medesimo rapporto che univa Pietro e gli Apostoli. In conseguenza, il Romano Pontefice è il Capo del Collegio Episcopale, come Pietro era Capo del Collegio Apostolico.

  8. Il Romano Pontefice è il successore di S. Pietro e i Vescovi sono successori degli Apostoli, però il modo della successione ha un carattere diverso: -Il Romano Ponteficesuccede a Pietro direttamente, in quanto ne eredita gli uffici di Pastore universale della Chiesa e di Capo del Collegio Episcopale; -I Vescovi, invece, succedono agli Apostoli attraverso il Collegio Episcopale di cui fanno parte, e non ereditano le prerogative speciali che essi ebbero da Cristo.

  9. Di conseguenza, mentre la potestà di ogni singolo Apostolo si estendeva a tutta la Chiesa, quella dei singoli Vescovi è limitata ad una Chiesa particolare. La potestà dei Vescovi nella Chiesa universale è soltanto di natura collegiale ed ha come condizione la «comunione gerarchica» col Papa, capo del Collegio. Il c. 331 è denso di contenuto teologico e giuridico. In esso si afferma che il Romano Pontefice possiede la pienezza del potere pastorale, chiamato primato, il quale non è solo di onore né di carattere presidenziale, ma in senso proprio di giurisdizione e di governo su tutta la Chiesa.

  10. Per diritto divino il Romano Pontefice è: • Successore di S. Pietroe come tale, rivestito della stessa funzione di governo pastorale, conferita da Cristo individualmente all’Apostolo • Il capo del Collegio Episcopalecome Pietro era il capo del Collegio Apostolico • Vicario di Gesù Cristoper la Chiesa universale • Il Pastore della Chiesa Universale

  11. POTESTA’ DEL ROMANO PONTEFICE

  12. In forza del suo ufficio, il Romano Pontefice ha una potestà: Ordinaria, in quanto è annessa al suo ufficio; Suprema, in quanto nella Chiesa non esiste alcuna potestà che sia superiore o uguale o che non le sia soggetta. Per questo motivo, contro una decisione del Papa non si dà ricorso o appello: «Roma locuta est, causa finita est». Piena, perché non le manca nessun mezzo necessario o utile al raggiungimento del fine: comprende il potere dì insegnare, di santificare e dì governare in tutta la Chiesa e con tutte le relative funzioni.

  13. Immediata, in quanto la può esercitare direttamente per sé o per mezzo dei suoi Vicari su persone, luoghi e cose e non è tenuto ad esercitarla mediante i rispettivi Vescovi locali. Universale, in quanto si estende su tutta la Chiesa: -circa il territorio: Chiesa Universale e Chiese particolari; -circa le persone: pastori e fedeli; -circa le cose: fede, costumi, disciplina, amministrazione ecc

  14. Indipendentenella sua origine, perché la riceve direttamente da Dio; e non tramite il Collegio dei Cardinali riuniti in conclave • Indipendentenel suo esercizio valido e lecito, perché giuridicamente non è responsabile dinanzi ad alcuna potestà umana • Libera, perché la può esercitare sempre liberamente

  15. In rapporto alla potestà di governo o pastorale, il Romano Pontefice ha: • il potere legislativosu tutta la Chiesa: nel 1983 ha promulgato il nuovo CIC per la Chiesa Latina e nel 1990 il nuovo CIC per le Chiese Orientali; • il potere giudiziarioche esercita su tutta la Chiesa, mediante i suoi Tribunali, che sono il Tribunale della Rota Romana, il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e la Penitenzeria Apostolica; • il potere amministrativo, in quanto, in virtù del suo primato, il Romano Pontefice è il Supremo Amministratore. POTESTA’ DI GOVERNO .

  16. TITOLI DEL ROMANO PONTEFICE Vescovo di Roma ROMANO PONTEFICE, perché è il successore di S. Pietro nella sede di Roma e come tale è rivestito della stessa potestà conferita da Cristo a S. Pietro. CAPO DEL COLLEGIO EPISCOPALE, come S. Pietro era capo del Collegio Apostolico. VICARIO DI CRISTO, perché è il Vicario del Capo invisibile della Chiesa, che è Cristo. PASTORE DELLA CHIESA UNIVERSALE, come i Vescovi sono pastori per le singole Chiese particolari (LG 21/334) Patriarca d'Occidente PRIMATE d'Italia Sovrano dello Stato Città del Vaticano

  17. Cause Maggiori riservate al Pontefice Uno dei modi di esercitare il Primato è la riserva di alcune causeche devono essere trattate esclusivamente dal Romano Pontefice. Il Romano Pontefice, come Vescovo della Chiesa Universale, ha la potestà diretta e immediata nelle singole Chiese e sui singoli Vescovi, la cui potestà è propria ed anche piena, però subordinata nell'esercizio. Le cause maggiori direttamente o indirettamente riguardano più la Chiesa Universale come tale che le singole Diocesi e i singoli Vescovi.

  18. Le cause maggiori sono di due specie: • Cause maggiori «ex natura sua», in quanto spettano alla suprema potestà per loro natura intrinseca • B) Cause maggiori per diritto positivo perché riguardano il bene della Chiesa Universale

  19. Le cause ex natura sua sono le seguenti: • Quelle che suppongono la infallibilitào sono connesse con la fede o con i costumi: definizione di dogmi, canonizzazioni, condanna di errori ...; • b) Quelle che richiedono la suprema potestà: regime della Chiesa Universale, promulgazione ed abrogazione di leggi universali, convocazione e celebrazione di concili ecumenici ecc.; • c) Quelle che riguardano la costituzione della Chiesao le relazioni delle Chiese particolari con la suprema Autorità o tra di loro: erezione o innovazioni di Diocesi e di Province ecclesiastiche, nomina e trasferimento di Vescovi

  20. Le cause per diritto positivo sono le seguenti: • quelle che riguardano la dottrina: Beatificazione di Servi di Dio, approvazione di libri liturgici ecc. • b) quelle che riguardano il governo: esenzione degli IVC e il loro regime interno, la costituzione di impedimenti per tutta la Chiesa; • c) quelle che riguardano i giudizinei quali sono parte in causa persone di una dignità speciale: cause circa la sacra Ordinazione, la dispensa super matrimonio rato et non consummato • d) quelle che riguardano peneda infliggersi a certe persone

  21. Inoltre al Sommo Pontefice compete anche una potestà particolare: • Primate d'Italia e delle Isole adiacenti; • Patriarca di tutto Occidente (già dal secolo IV°); • Metropolita della Provincia Romana; • Vescovo della Diocesi di Roma, potestà che esercita per mezzo del Cardinale Vicario; • Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, potestà che esercita per mezzo della Commissione Cardinalizia per la Città del Vaticano.

  22. Elezione del Romano Pontefice Il modo della elezionedel Romano Pontefice non è stato determinato dal diritto divino ma essa avviene per elezione canonica: appena l'eletto dichiara di volere accettare, immediatamente riceve da Dio la piena e suprema potestà sulla Chiesa Universale (332/1). La disciplina vigente per l'elezione del Romano Pontefice è contenuta nella Costituzione Apostolica «Universi DominiciGregis» emanata da Giovanni Paolo II il 22 febbraio1996.

  23. Requisiti del candidato • deve essere uomo • deve ricevere l'Ordine sacro se ne è privo • deve godere l'uso di ragione • deve essere membro della Chiesa • Elettori del Sommo Pontefice sono i Cardinali che non hanno superato 1'800 anno di età • (Cost. Ap., art. 33).

  24. Forme della elezione Aboliti i modi di elezione detti «per acclamationem seu inspirationem» e «per compromissum», la forma di elezione del Romano Pontefice è unicamente «per scrutinium». Per la valida elezione del Romano Pontefice si richiedono i due terzi dei suffragi, computati sulla totalità degli elettori presenti (Cost Ap., art. 62).

  25. Cessazione dell’ Ufficio Il Romano Pontefice ottiene potestà piena e suprema nella Chiesa con la legittima elezione, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale. Pertanto, l'eletto al sommo pontificato, il quale è già insignito del carattere episcopale, ottiene tale potestà dal momento dell'accettazione. Se l'eletto fosse privo del carattere episcopale, sia ordinato Vescovo immediatamente (332). La cessazione dall'ufficio ordinariamente avviene per la morte del Pontefice.

  26. Nel caso che il Romano Pontefice rinunzi al suo ufficio, per la validità si richiede che la rinunzia sia fatta liberamente e sia debitamente manifestata, ma non si richiede che sia accettata da alcuno (332/2). Il Romano Pontefice accetta liberamente il suo ufficio e liberamente può rinunziarvi, supposta, per la liceità una causa giusta e proporzionata Celebre è la rinunzia fatta da Papa Celestino V, dopo 5 mesi ed 8 giorni dalla sua elezione (13 dicembre1294) e quella più recente di Benedetto XVI l’11 febbraio 2013.

  27. Poiché la rinunzia non ha bisogno di accettazione da parte di alcuno, non è determinata alcuna formalità concreta. Si richiede soltanto che sia fatta liberamente, ai sensi del can. 188 e che sia manifestata debitamente, nella forma che lo stesso Romano Pontefice riterrà più opportuna. Fatta la rinunzia, ipso iure divino, la persona viene privata della suprema potestà. Il Collegio dei Cardinali dovrà soltanto constatare l'avvenuta rinunzia per procedere alla elezione del nuovo Pontefice.

  28. La cessazione dall'ufficio può verificarsi anche per altre due cause: insania perpetua lapsu in haeresi publica et manifesta ut persona privata

  29. Sede Vacante Durante la Sede vacante la Chiesa viene retta collegialmente dal Collegio dei Cardinali, «in rebus ordinariis». Le norme sulla «Vacanza della Sede Apostolica» sono contenute nella parte prima della Cost. Ap. «Romano Pontifici eligendo». «Durante la vacanza della Sede Apostolica, il governo della Chiesa rimane affidato al Sacro Collegio dei Cardinali per il solo disbrigo degli affari ordinari e di quelli indilazionabili, e per la preparazione di tutto ciò che è necessario all'elezione del nuovo Papa, nei termini e nei limiti indicati da questa Costituzione» (art. l).

  30. IL COLLEGIO DEI VESCOVI

  31. Principi Teologico-giuridici 1. Il Collegio Episcopale non è da intendersi in senso strettamente giuridico, come di un gruppo di eguali che demandano il loro potere al Presidente, ma di un gruppo stabile, la cui struttura e attività devono essere dedotte dalla Rivelazione (nep l). 2. Il Collegio è di istituzione divina: il suo capo è il Romano Pontefice, successore di S. Pietro; i membri sono i Vescovi, successori degli Apostoli.

  32. 3. Come tale, il Collegio dei Vescovi continua e perpetua ininterrottamente il Collegio Apostolico. 4. I Vescovi sono membri del Collegio ad una duplice condizione: - che abbiano ricevuto la consacrazione episcopale; - che abbiano l'effettiva comunione gerarchica con il Capo e con i membri del Collegio Episcopale.

  33. 5. Il Collegio Episcopale suppone necessariamente e sempre il Capo, senza del quale non può esistere. Il Capo può compiere alcuni atti che non competono in alcun modo ai Vescovi: convocare il Concilio ecumenico, approvare le norme di azione. 6. Il soggetto della piena e suprema potestà è duplice nella Chiesa universale: Romano Pontefice e Collegio Episcopale.

  34. Essi, però,non sono separati né separabili perché il Romano Pontefice, per diritto divino, è anche membro del Collegio Episcopale e Capo di esso. Il Collegio non esiste né può esistere senza di lui. Ciononostante i due soggetti sono distinti, poiché il Capo può agire da sé senza il Collegio, mentre il Collegio non potrebbe agire senza il Capo.

  35. Esercizio della Potestà I Vescovi esercitano la loro potestà piena e suprema su tutta la Chiesa in una duplice forma: In forma solenne, quando sono riuniti collegialmente nel Concilio Ecumenico o Universale In forma non solenne, se sparsi in tutto il mondo, operano insieme con azione congiunta, indetta o accettata come tale dal Romano Pontefice, in modo da risultare un vero atto collegiale

  36. Spetta al Romano Pontefice, tenuto conto delle necessità della Chiesa, scegliere e promuovere la forma concreta di tale azione collegiale dei Vescovi, per il governo pastorale della Chiesa. Esempi del secondo tipo sono le consultazioni a livello mondiale scelte dai vari Papi negli ultimi due secoli: - da Pio IX, per la proclamazione del dogma dell 'Immacolata Concezione; - da S. Pio X, per la compilazione del Codex Iuris Canonici; - da Pio XII, per la proclamazione del dogma dell' Assunzione di Maria SS. al cielo; - da Paolo VI e da Giovanni Paolo Il, per la revisione del Codex Iuris Canonici.

  37. I CONCILI (cc. 336-341; 439-446)

  38. Il CIC tratta dei Concili perché la potestà di governo nella Chiesa può essere esercitata • individualmente, ossia da persone singole (Romano Pontefice e Vescovi) • collegialmente, ossia per mezzo di organismi che non sono di diritto divino ma solo di diritto ecclesiastico, organismi che non sono strettamente necessari, ma che si rivelano molto utili per il bene della Chiesa Universale e per il bene anche delle Chiese particolari.

  39. I Concili, in genere, sono organi collegiali straordinari e non necessari nella Chiesa. Anticamente si chiamavano indifferentemente Concili o Sinodi; da Benedetto XIV la voce Sinodo venne usata per indicare il solo Sinodo Diocesano

  40. Organi di governo individuali: Romano Pontefice Vescovi

  41. Organi di governo Collegiali • -Deliberativi Concili Ecumenici • Particolari (Plenari- Provinciali) • Congregazioni • Tribunali • Consultivi Sinodo dei Vescovi • Conferenze Episcopali • Sinodi Diocesani • Consiglio Presbiteriale • Consiglio Pastorale

  42. Nozione generale Il Concilio è la riunione legittima dei Vescovi e di altri Prelati sotto il Romano Pontefice per trattare e deliberare cose che riguardano la Chiesa. È la riunione di un organo collegiale straordinario di diritto ecclesiastico. legittima: il Concilio riceve la potestà dal diritto e non immediatamente da Dio; come tale deve svolgersi secondo la legge dalla quale riceve la potestà;

  43. dei Vescovi: in quanto differisce dal Sinodo diocesano che è la riunione dei presbiteri e di altri ecclesiastici e laici di una diocesi, fatta dal Vescovo per trattare cose che riguardano la vita pastorale e la disciplina ecclesiastica; • e di altri Prelati: secondo il diritto vigente, vi partecipano anche altri Prelati equiparati ai Vescovi • per trattare e deliberare: in questo differisce dal Sinodo, dai Consigli, che in genere sono organi semplicemente consultivi; • di affari che riguardano la Chiesa: la Chiesa Universale (Concilio Ecumenico), o le Chiese particolari (Concilio plenario e Provinciale).

  44. Divisione Il Concilio è di due specie: Ecumenico Particolare

  45. Concilio Ecumenico E’ la riunione di tutta la Chiesa col Romano Pontefice per trattare e deliberare di cose che riguardano la Chiesa universale. Convocazione fatta dal Romano Pontefice (338/1; L022/336-37); Rappresentanza morale di tutta la Chiesa mediante la partecipazione di molti Vescovi. Il giudizio circa il numero dei partecipanti spetta al Papa Approvazione da parte del Romano Pontefice: senza di questo requisito gli atti collegiali anche di tutti i Vescovi non possono essere atti del Concilio ecumenico (LO 22/336-37).

  46. Concilio Particolare E’la riunione legittima di tutti i Vescovi di una circoscrizione territoriale (Nazione o Provincia), sotto il legittimo superiore, per trattare e deliberare di cose riguardanti la medesima. Le deliberazioni devono essere approvate dalla Sede Apostolica (446). Il Concilio particolare è duplice: - Plenario: la riunione dei Vescovi di una Conferenza Episcopale, sotto la presidenza di un Vescovo eletto dalla medesima e approvato dal Papa (441); - Provinciale: la riunione dei Vescovi di una Provincia ecclesiastica col proprio Metropolita (442).

  47. Necessità Il Concilio ecumenico non è necessario «Iure divino» perché Gesù Cristo non ha prescritto azioni collegiali e perché il Romano Pontefice possiede la pienezza della potestà; non è necessario neppure «Iure canonico» perché l'eventuale celebrazione viene decisa liberamente dal Papa. I Concili particolarinon sono necessari «iure divino» e neppure «dure canonico»: vengono celebrati ogni volta che risultino necessari o utili alla Conferenza Episcopale, con l'approvazione della Sede Apostolica (439/1). I Concili, anche se non assolutamente necessari, possono essere molto utili e a volte anche necessari per promuovere l'unità di azione interna ed esterna .

  48. Natura Concili particolari sono Collegi canonici «simpliciter». Perciò devono applicare le norme generali dei Collegi: devono constare almeno di tre persone fisiche tra di loro uguali, che hanno gli stessi diritti e doveri, distinti dai diritti e dai doveri dei singoli; essi devono essere esercitati collegialmente ed a maggioranza di suffragi (119). Il Concilio ecumenico è un collegio canonico «sui generis». Non bastano tre persone fisiche, le decisioni hanno valore non dalla semplice maggioranza dei suffragi, ma dall'approvazione e conferma del Romano Pontefice.

  49. Origine della potestà negativamente non procede dalla volontà dei singoli fedeli, poiché ad essi Gesù Cristo non affidò alcuna potestà da trasmettere alla Gerarchia; non è la somma delle Potestà individuali ed è distinta dall'Ufficio episcopale in sé circa le Chiese particolari: la potestà del Concilio è collegiale e suprema e tende alla Chiesa Universale; non deriva da un patto comune, poiché il diritto non consente che la potestà di governare le Chiese particolari venga delegata.

  50. Origine della potestà positivamente Nei Concili ecumenici è di diritto divino, in quanto è un modo di esercitare il primato; Nei Concili particolari deriva «ex iure canonico».

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