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GIURISPRUDENZA SUL “ MADE IN ITALY”

GIURISPRUDENZA SUL “ MADE IN ITALY”. AVV. FABIO BRUSA. Art. 517 c.p. modificato dalla legge n. 99/2009 c.d. “legge sviluppo”. Art. 517 c.p. Vendita di prodotti industriali con segni mendaci

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GIURISPRUDENZA SUL “ MADE IN ITALY”

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Presentation Transcript


  1. GIURISPRUDENZA SUL “MADE IN ITALY” AVV. FABIO BRUSA

  2. Art. 517 c.p. modificato dalla legge n. 99/2009 c.d. “legge sviluppo” Art. 517 c.p. Vendita di prodotti industriali con segni mendaci • Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o qualità dell'opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro.

  3. Il testo dell’art. 4, co. 49 ss.legge 350/2003 Comma 49 • L'importazione e l'esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine costituisce reato ed è punita ai sensi dell’articolo 517 del codice penale. Costituisce falsa indicazione la stampigliatura “made in Italy" su prodotti e merci non originari dall'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l'uso di segni, figure, o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana incluso l’uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevolifatto salvo quanto previsto dal comma 49-bis. Le fattispecie sono commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio. La fallace indicazione delle merci può essere sanata sul piano amministrativo con l'asportazione a cura ed a spese del contravventore dei segni o delle figure o di quant’altro induca a ritenere che si tratti di un prodotto di origine italiana. La falsa indicazione sull'origine o sulla provenienza di prodotti o merci può essere sanata sul piano amministrativo attraverso l'esatta indicazione dell'origine o l'asportazione della stampigliatura “made in Italy“.

  4. Il testo dell’art. 4, co. 49 ss.legge 350/2003 Comma 49 - bis • Costituisce fallace indicazione l’uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa europea sull’origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull’origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull’effettiva origine del prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione, resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva origine estera del prodotto. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000.

  5. Il testo dell’art. 4, co. 49 ss.legge 350/2003 Comma 49 - ter • E’ sempre disposta la confisca amministrativa del prodotto o della merce di cui al comma 49-bis, salvo che le indicazioni ivi previste siano apposte, a cura e spese del titolare o del licenziatario responsabile dell’illecito, sul prodotto o sulla confezione o sui documenti di corredo per il consumatore.

  6. 2500/199 Thun (ceramiche) Fallace indicazione • 3352/2005FRO (elettrodi)Fallace indicazione • 13712/2005 Legea (abbigliamento sportivo) Fallace indicazione • 34103/2005 IGAM (magliette) Falsa indicazione • 2648/2006 Tasci (abbigliamento) Fallace indicazione • 3669/2006 Moda Lisa (abbigliamento) Fallace indicazione • 12451/2006 Olio (olio d’oliva) Falsa indicazione • 21797/2006Vidivici (occhiali)Fallace indicazione • 24043/2006 B&D (abbigliamento) Fallace indicazione • 8684/2006 Italian Design (orologi) Fallace indicazione • 27250/2007 Contarmi (macedonia di frutta) Falsa indicazione • 35720/2007Fila (shorts)Fallace indicazione • 46886/2007Trenti (occhiali)Falsa indicazione • 166/2008 Griffe Montenapoleone (ceramiche) Fallace indicazione • 2466/2008Calligaris (coprisedili)Fallace indicazione • 27063/2008Sinergy Group (jeans)Fallace indicazione

  7. CASSAZIONE 27063/08Sinergy Group(abstract) • Questa Corte ha ripetutamente affermato, con giurisprudenza ormai costante, che per provenienza ed origine della merce non deve intendersi la provenienza della stessa da un certo luogo di fabbricazione, totale o parziale, bensì la sua provenienza da un determinato imprenditore che si assume la responsabilità giuridica, economica e tecnica della produzione e si rende garante della qualità del prodotto nei confronti degli acquirenti.

  8. CASSAZIONE 46886/07Trenti (abstract) • Il marchio “Made in Italy” non tutela soltanto le produzioni interamente effettuate in territorio italiano e si riferisce anche a quelle produzioni che, in parte delocalizzate,trovano però il proprio elemento qualificante nelle caratteristiche che ad esse vengono conferite dal produttore italiano. • Tali caratteristiche possono consistere in plurimi elementi, che variano a seconda della natura dei prodotti e che non possono essere codificate in via generale ed astratta.

  9. CASSAZIONE 46886/07Trenti(abstract) • In alcuni casi l’elemento preponderante, che qualifica il prodotto come “italiano” deriverà dalla sua progettazione o dal design, in altri dalla brevettazione della scoperta che costituisce “l’anima” del prodotto, e cioè il suo elemento qualificante, in altri dalla qualità della materia prima impiegata, in altri ancora dalla qualità e specializzazione della lavorazione. • Ogni modello di occhiale oggetto del provvedimento di sequestro esige specifiche lavorazioni, con la conseguenza che una valutazione complessiva e indifferenziata dell’intero materiale in relazione a tutti i modelli di occhiale, non appare corrispondente alla eterogeneità delle situazioni di fatto.

  10. CASSAZIONE 46886/07Trenti(abstract) • Va poi tenuto conto del fatto che, a parere di questa Corte, il giudizio circa la correttezza del marchio “Made in Italy” deve avere riguardo non solo alle attività svolte dal produttore italiano successivamente all’importazione delle componenti, ma all’intero processo produttivo, ivi ricomprendendo, ad esempio, la progettazione, le istruzioni impartite per le lavorazioni svolte altrove, la qualità dei materiali impiegati ed il livello di tecnologia necessario per giungere al risultato finale. • Escluso che la “semplice riunione di parti di prodotti per costituire un prodotto completo” sia considerabile sufficiente per conferire il “carattere originario”, e che possano costituirlo le operazioni di confezionamento e marchiatura del prodotto finale. • Ciò che occorre verificare è se dall’intero processo di produzione emerga o meno la specificità essenziale dell’apporto dell’impresa italiana.

  11. CGCE, CAUSA C-325/2000Sent. 05.11.2002Commissione delle comunità europee contro Repubblica Federale di Germania(abstract) • Orbene, la disciplina controversa ha, quantomeno potenzialmente, effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci tra Stati membri. Infatti una simile disciplina, introdotta al fine di promuovere la commercializzazione dei prodotti agroalimentari realizzati in Germania ed il cui messaggio pubblicitario sottolinea la provenienza tedesca dei prodotti interessati, può indurre i consumatori ad acquistare i prodotti che portano il marchio CMA, escludendo i prodotti importati (v., in tal senso, citate sentenze Commissione/Irlanda, punto 25, e Apple and Pear Development Council, punto 18). • Il fatto che l'uso del marchio CMA sia facoltativo non ne elimina il carattere di ostacolo per gli scambi, dato che l'uso di questo marchio favorisce, o è atto a favorire, lo smercio dei prodotti in questione rispetto ai prodotti che non possono fregiarsene (v., in tal senso, sentenza 12 ottobre 1978, causa 13/78, Eggers, Racc. pag. 1935, punto 26). • Si deve quindi, del pari, respingere l'argomento secondo cui il fatto che la disciplina controversa persegua una politica di qualità la escluderebbe dal campo d'applicazione dell'art. 30 del Trattato. Infatti, l'esistenza di una restrizione ai sensi dell'art. 30 del Trattato dev'essere valutata con riferimento all'effetto della misura interessata sugli scambi.

  12. FINE Avv. Fabio Brusa

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