1 / 47

Lezione II: Richiami di Microeconomia

Lezione II: Richiami di Microeconomia. La Curva di Domanda Immaginiamo la nostra ( massima ) Disponi-bilità a Spendere per un certo bene, per e-sempio un trancio di pizza nella pausa tra le lezioni.

cathy
Download Presentation

Lezione II: Richiami di Microeconomia

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Lezione II: Richiami di Microeconomia • La Curva di Domanda • Immaginiamo la nostra (massima) Disponi-bilità a Spendere per un certo bene, per e-sempio un trancio di pizza nella pausa tra le lezioni. • Una possibilità ragionevole è 3€ per il pri-mo trancio, 1,5€ per il secondo e 20 cente-simi per il terzo. IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  2. p 3 1,5 1 0,2 q 1 2 3 La Domanda di pizza IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  3. Come usare la funzione di domanda Il grafico precedente consente di identifi-care la quantità acquistata a partire dal prez-zo del bene (ex: 2 tranci se il prezzo è 1€). Ma identifica anche, a partire dalla quantità acquistata, la disponibilità marginale a spendere di chi esprime la domanda (ex: 0,2€ per il terzo trancio). IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  4. Formalmente: • Il primo utilizzo corrisponde a “leggere” la curva di domanda come: q = D(p) • Il secondo utilizza la sua inversa (nota come curva di domanda inversa): • p = P(q) (= D-1(q)) IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  5. Surplus (netto) del consumatore - CS Com’è noto, l’utilizzo della disponibilità (marginale) a spendere conduce direttamen-te ad una misura di benessere del consuma-tore, determinata dalla somma, per ciascu-na delle unità acquistate, delle differenze tra disponibilità a spendere e prezzo effet-tivamente pagato (ex: 2,5€ nel caso di 2 uni-tà pagate 1€). IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  6. Surplus lordo del consumatore Il surplus lordo è poi semplicemente la somma delle disponibilità (marginali) a pagare per tutte le unità acquistate (ex: 4,5€ nel caso di 2 unità). Da notare che il surplus è dunque rappresentato dall’area che giace sotto la curva di domanda (e sopra la linea del prezzo nel caso del surplus netto). IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  7. Com’è noto: • Le curve di domanda di mercato (o aggregate) si ottengono per “somma orizzontale” di quelle individuali. • Sono usualmente rappresentate da curve “lisce” decrescenti (spesso lineari per semplicità). • I surplus sono dunque definiti da aree (ovvero opportuni integrali della funzione di domanda). IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  8. p a P(q) CS(q) p D(p)  q 0 q a/b Ex: la domanda lineare D(p) = (a - p)/b P(q) = a – bq tg = b CS(q) = (a - p)q/2 IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  9. L’elasticità della domanda • L’elasticità della domanda è definita da: (p) = - (dq/dp)p/q = - D’(p)p/ D(p) • - (q/q)/(p/p) Perciò può essere interpretata come valore della variazione percentuale (in valore assoluto) della quantità che corrispondenza ad una variazione percentuale unitaria del prezzo. IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  10. Si noti che: • In generale  non ha un valore costante ma esso dipende dal punto della funzione di domanda in cui si computa. • Usando il fatto che D’(p) = 1/P’(D(p)) per il teore-ma della funzione inversa, l’elasticità può essere valutata equivalentemente partendo dal valore della quantità come segue: (q) = - P(q)/(P’(q)q) IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  11. Si noti che: • Dall’ultimo risultato segue che c’è una relazione precisa tra il valore di  e l’andamento della spesa (dei consumatori), R(q) = P(q)q (ovvero pD(p)), noto come ricavo totale (delle imprese): d(P(q)q)/dq = R’(q) = P’(q)q + P(q) = P(q)(1 – 1/(q)) Perciò la spesa sarà crescente rispetto alla quantità (e quindi decrescente rispetto al prezzo), ovvero il ricavo marginaleR’(q) sarà positivo, se e solo se l’elasticità è superiore a 1. IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  12. p    a (p) = p/(a –p) R’(q) = a – 2bq  > 1 a/2  = 1  < 1  = 0 q 0 a/b a/(2b) R’(q) Ex: elasticità e domanda lineare IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  13. La Funzione di Costo • La funzione di costo sintetizza “come” gli input sono trasformati in output dall’impresa: C(q) = costo totale degli input necessari a produrre il livello q di prodotto IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  14. Ci sono poi diverse nozioni di costo rilevanti: • C. fisso: CF • C. variabile: CV(q) (C(q) = CF + CV(q)), con CV(0) = 0. • C. unitario (o medio): CU(q) = C(q)/q (C. unitario variabile: CUV(q) = CV(q)/q) • C. marginale: C’(q) = CV’(q)  C(q + 1) - C(q) = C. incrementale IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  15. Ex 1: la fabbrica di magliette Il leasing di una macchina costa 20€ alla settima-na. La macchina, utilizzata da un operaio, produce una maglietta all’ora. Il costo della manodopera è 1€ l’ora nei giorni fe-riali (prime 40 ore settimanali, 8 ore giornaliere), poi 2€ l’ora al sabato (massimo 8 ore) e 3€ l’ora alla domenica (massimo 8 ore). IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  16. CU(q) C’(q) 3 2 1,5 1 CUV(q) q 0 40 48 56 CU(56) = 25/14, CUV(56) = 10/7 L’andamento dei costi: IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  17. Nell’esempio della fabbrica delle magliette: • L’attività non è economicamente redditizia se il prezzo delle magliette non è almeno 1,5€, iden-tificato dal punto di minimo della curva CU (se il macchinario in leasing non può essere immedia-tamente restituito (cioè il suo costo è irrecupera-bile) il prezzo minimo al quale conviene produrre scende a 1€, punto di minimo di CUV). • Superata tale soglia la quantità che conviene pro-durre è identificata dalla condizione prezzo delle magliette = C’. IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  18. C’(q) CU(q) O(p) p C’(0) q 0 q Un caso più generale: IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  19. Nel grafico precedente: • p e q sono rispettivamente il prezzo minimo e la quantità minima producibili in maniera econo-micamente redditizia. • O(p), cosiddetta funzione di offerta, è il tratto della curva di costo marginale al di sopra del prezzo minimo, e indica la quantità (positiva) offerta dall’impresa in funzione del prezzo (per semplicità abbiamo supposto che nessun costo sia irrecuperabile). IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  20. In generale (per un’impresa price-taker): • Il costo marginale determina quanto è econo-micamente conveniente produrre (un’impresa può ragionare al margine per vedere che per la quantità ottima q* deve essere p = C’(q*)). Il livello del costo unitario (relativo ai costi recuperabili) determina se è conveniente pro-durre (se p < CU allora deve essere R = pq < qCU = C, ovvero profitto = R - C < 0). IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  21. C’2 CU2 CU1 = C’1 q 0 q q’ q’’ Ex 2: la scelta degli impianti IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  22. La scelta degli impianti ….. • Supponiamo che si debba ripartire la quantità di produzione q* tra gli impianti 1 e 2, con q* > q’’. • Qual è il riparto ottimale (ovvero che minimizza i costi)? • Quello che eguaglia i costi marginali, ovvero: q2 = q’ e q1 = q* - q’! IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  23. Ex 3: penne rosse e penne blu Supponiamo che si possano produrre 8000 penne al giorno con un CF = 1000€ e CV(q) = 0,15q. Le prime 5000 penne rosse si possono vendere a 30 centesimi l’una, e le successive a 20 cen-tesimi. Le penne blu si vendono a 25 centesimi l’una. IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  24. E’ ovvio che è il caso di produrre 5000 R e 3000 B, ottenendo un profitto di 50 €:  = (0,15 · 5000) + (0,10 · 3000) - 1000 = 750 + 300 – 1000 = 50 Ma conviene vendere le B? Computando una quota di costo fisso pari a 3/8 · 1000 = 375 si ottiene: B = (0,10 · 3000) - 375 = - 75 < 0 ! Quale riparto tra penne rosse e blu? IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  25. Ma se si facesse così: R’ = (0,15 · 5000) + (0,05 · 3000) - 1000 = 750 + 150 – 1000 = -100! Non ha senso economico imputare i costi fissi comuni nel decidere cosa produrre!!!! Si direbbe che sia il caso di vendere solo le R … IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  26. Ancora sulle tipologie di costo rilevanti: • I costi economicamente rilevanti sono quelli co-siddetti opportunità (o ombra), misurati dai bene-fici cui si rinuncia non usando nel miglior modo alternativo le risorse (ex: risorse imprenditoriali e profitti “normali”). • Perciò i costiirrecuperabili (o affondati (sunk)), ovvero quelli sostenuti per attività senza usi alter-nativi (cioè altamente specifiche), sono irrilevanti nel prendere decisioni una volta che siano già stati effettuati. IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  27. CU Economie di scala Diseconomie di scala Rendimenti costanti di scala q q q’ q è la cosiddetta Scala Minima Efficiente dell’impresa Se Q è la dimensione del mercato, allora SMS/Q è un indicatore della sua concentrazioneattesa Economie di scala IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  28. Economie di scopo (o varietà) Si dice che vi sono per un’impresa Economie di scopo nella produzione di due output (le cui quantità sono indicate da q1 e q2) se: C(q1,q2) < C(q1,0) + C(0,q2) (ovvero se la funzione di costo è sub-additiva). Naturalmente in presenza di economie di scopo ci si aspetta una produzione congiunta. IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  29. La massimizzazione del profitto Assumendo che le imprese scelgano i prezzi per massimizzare i profitti (ipotesi che sarà discussa nel Cap. 3), in presenza di una curva di domanda decrescente è sempre possibile discutere come se scegliessero le quantità, operando sulla curva di domanda inversa P(q) (per ogni quantità c’è un solo prezzo “ottimo”). IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  30. I profitti si possono sempre scrivere come Ricavi – Costi, ovvero: (q) = R(q) - C(q) dove: R(q) = P(q)q. La “condizione del primo ordine” (FOC) richiede dunque che il profitto marginale’(q) sia nullo, e cioè che il ricavo marginale sia uguale al costo marginale. La condizione del secondo ordine (SOC) richiede che il profitto marginale sia decre-scente. IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  31. q q* ’(q*) = 0  R’(q*) = C’(q*) FOC ’’(q*)  0  R’’(q*)  C’’(q*) SOC Graficamente, la situazione è del tipo: IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  32. p O(p) CU(q) p CU(q*) C’(q) q q* p = C’(q*), q* = O(p), * = (p - CU(q*)) q* Nel caso di un’impresa competitiva,   , perciò R’  p e la precedente condizione im-plica p = C’ (non c’è potere di mercato) IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  33. Si ricordi che, come nel caso della domanda: • La curva di offerta di mercato si ottiene poi per aggregazione orizzontale delle curve di offerta delle singole imprese, e dunque in ciascun punto l’Offerta riflette il costo marginale delle imprese attive a quel prezzo. • Nei grafici seguenti, dunque, il costo marginale potrebbe essere sostituito dalle funzione di offerta aggregata rilevante (nel caso di una molteplicità di imprese). IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  34. Surplus del produttore - PS Il surplus del produttore è convenientemente misurato dal profitto variabile (al lordo dei costi fissi): v(q) = (q) + CF = R(q) - CV(q) Si tratta di una misura analoga al CS, ricavabile dalla funzione di offerta e definibile come somma, per ciascuna delle unità vendute, delle differen-ze tra prezzo ricevuto e Disponibilità (marginale) a Vendere (quest’ultima misurata dal costo mar-ginale). IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  35. p p C’(q) =D. a V. v CV(q) q q Il PS è dunque l’area che giace sotto la linea del prez-zo e sopra la curva del costo marginale/funzione di offerta: IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  36. Formalmente: Come illustrato nel grafico precedente, il costo variabile è dato dall’area sottostante il costo marginale: • Perciò: • v= pq - CV(q) = PS(q) IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  37. Il Benessere collettivo o Surplus Totale - W • Sommando il CS e il PS si ottiene il Surplus To-tale (o benessere collettivo, o socialwelfare): W(q) = CS(q) + PS(q) Si noti che si può definirlo come la somma, per ciascuna unità scambiata, delle differenze tra di-sponibilità a spendere e disponibilità a vendere (ovvero, si tratta dell’area compresa tra la curva di domanda e quella di offerta). E’ anche pari al surplus lordo del consumatore meno il costo variabile. IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  38. p C’(q) W(q) EL(q) P(q) CV(q) q q qe W(q) = CS(q) + PS(q) Graficamente, supponendo che il prezzo P(q) sia superiore al costo marginale C’(q) : IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  39. Il welfare è una misura (monetaria) aggregata del valore di un mercato per i soggetti coin-volti. • Si noti che non dipende direttamente dal prezzo di mercato, che svolge però il ruolo cruciale di determinarlo indirettamente attraverso la determinazione della quantità scambiata, e di dividerlo tra la componente che spetta ai consumatori e quella che va ai produttori. IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  40. Non è difficile capire che: Il massimo benessere collettivo si ottiene se la quantità prodotta eguaglia prezzo e costo marginale. Poiché: deve essere IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  41. Dunque: La precedente FOC implica che il be-neficio sociale marginale W’(q) = (P(q) – C’(q)) di produrre un’unità in più sia nullo per la quantità che massimizza il welfa-re, indicata graficamente con qe. IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  42. Efficienza I • La quantità scambiata qecorrisponde ad una situazione diefficienza paretiana (se il prezzo fosse diverso dal costo marginale sarebbe teoricamente possibile per un con-sumatore e un’impresa scambiare ulterior-mente con reciproco vantaggio). • L’area di Perdita di efficienza EL (dovuta al potere di mercato) è dunque una misura ra-gionevole di inefficienza (cosiddetta allo-cativa). IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  43. Inefficienza produttiva • Per efficienza produttiva s’intende che la quantità prodotta è realizzata al costo mi-nimo. • Deviazioni sono possibili per • Errori nel mix produttivo (inefficienza tecni-ca) • Sprechi nell’uso dei fattori (cosiddetta ineffi-cienza di tipo X) IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  44. p CI’ C’  P(q) C q qI q In generale possiamo rappresentare l’inefficienza produttiva come un aumento dei costi marginali: Dove l’area C misura il maggior costo (variabile) di produrre qI IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  45. Efficienza II • Si noti che l’inefficienza produttiva “impli-ca” quella allocativa: anche se l’impresa fosse competitiva pro-durrebbe troppo poco (qI invece che q). IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  46. Efficienza dinamica • L’idea di efficienza dinamica può poi essere catturata: a) dalla capacità di ridurre il costo marginale nel corso del tempo (attraverso l’introduzione di opportune innovazioni di processo) b) dalla capacità di introdurre adeguatamente nuovi prodotti (innovazioni di prodotto) IO: II Lezione (P. Bertoletti)

  47. Efficienza III • Anche l’inefficienza di tipo dinamico impli-ca quella allocativa, in senso stretto. • Tuttavia essa è più difficile da considerare di quella di tipo statico (che prende per date le tecnologie a disposizione), e vi potreb-bero essere dei trade-off tra le due (come suggerito dal citato punto di vista “schumpeteriano”). IO: II Lezione (P. Bertoletti)

More Related