480 likes | 663 Views
Lezione II: Richiami di Microeconomia. La Curva di Domanda Immaginiamo la nostra ( massima ) Disponi-bilità a Spendere per un certo bene, per e-sempio un trancio di pizza nella pausa tra le lezioni.
E N D
Lezione II: Richiami di Microeconomia • La Curva di Domanda • Immaginiamo la nostra (massima) Disponi-bilità a Spendere per un certo bene, per e-sempio un trancio di pizza nella pausa tra le lezioni. • Una possibilità ragionevole è 3€ per il pri-mo trancio, 1,5€ per il secondo e 20 cente-simi per il terzo. IO: II Lezione (P. Bertoletti)
p 3 1,5 1 0,2 q 1 2 3 La Domanda di pizza IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Come usare la funzione di domanda Il grafico precedente consente di identifi-care la quantità acquistata a partire dal prez-zo del bene (ex: 2 tranci se il prezzo è 1€). Ma identifica anche, a partire dalla quantità acquistata, la disponibilità marginale a spendere di chi esprime la domanda (ex: 0,2€ per il terzo trancio). IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Formalmente: • Il primo utilizzo corrisponde a “leggere” la curva di domanda come: q = D(p) • Il secondo utilizza la sua inversa (nota come curva di domanda inversa): • p = P(q) (= D-1(q)) IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Surplus (netto) del consumatore - CS Com’è noto, l’utilizzo della disponibilità (marginale) a spendere conduce direttamen-te ad una misura di benessere del consuma-tore, determinata dalla somma, per ciascu-na delle unità acquistate, delle differenze tra disponibilità a spendere e prezzo effet-tivamente pagato (ex: 2,5€ nel caso di 2 uni-tà pagate 1€). IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Surplus lordo del consumatore Il surplus lordo è poi semplicemente la somma delle disponibilità (marginali) a pagare per tutte le unità acquistate (ex: 4,5€ nel caso di 2 unità). Da notare che il surplus è dunque rappresentato dall’area che giace sotto la curva di domanda (e sopra la linea del prezzo nel caso del surplus netto). IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Com’è noto: • Le curve di domanda di mercato (o aggregate) si ottengono per “somma orizzontale” di quelle individuali. • Sono usualmente rappresentate da curve “lisce” decrescenti (spesso lineari per semplicità). • I surplus sono dunque definiti da aree (ovvero opportuni integrali della funzione di domanda). IO: II Lezione (P. Bertoletti)
p a P(q) CS(q) p D(p) q 0 q a/b Ex: la domanda lineare D(p) = (a - p)/b P(q) = a – bq tg = b CS(q) = (a - p)q/2 IO: II Lezione (P. Bertoletti)
L’elasticità della domanda • L’elasticità della domanda è definita da: (p) = - (dq/dp)p/q = - D’(p)p/ D(p) • - (q/q)/(p/p) Perciò può essere interpretata come valore della variazione percentuale (in valore assoluto) della quantità che corrispondenza ad una variazione percentuale unitaria del prezzo. IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Si noti che: • In generale non ha un valore costante ma esso dipende dal punto della funzione di domanda in cui si computa. • Usando il fatto che D’(p) = 1/P’(D(p)) per il teore-ma della funzione inversa, l’elasticità può essere valutata equivalentemente partendo dal valore della quantità come segue: (q) = - P(q)/(P’(q)q) IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Si noti che: • Dall’ultimo risultato segue che c’è una relazione precisa tra il valore di e l’andamento della spesa (dei consumatori), R(q) = P(q)q (ovvero pD(p)), noto come ricavo totale (delle imprese): d(P(q)q)/dq = R’(q) = P’(q)q + P(q) = P(q)(1 – 1/(q)) Perciò la spesa sarà crescente rispetto alla quantità (e quindi decrescente rispetto al prezzo), ovvero il ricavo marginaleR’(q) sarà positivo, se e solo se l’elasticità è superiore a 1. IO: II Lezione (P. Bertoletti)
p a (p) = p/(a –p) R’(q) = a – 2bq > 1 a/2 = 1 < 1 = 0 q 0 a/b a/(2b) R’(q) Ex: elasticità e domanda lineare IO: II Lezione (P. Bertoletti)
La Funzione di Costo • La funzione di costo sintetizza “come” gli input sono trasformati in output dall’impresa: C(q) = costo totale degli input necessari a produrre il livello q di prodotto IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Ci sono poi diverse nozioni di costo rilevanti: • C. fisso: CF • C. variabile: CV(q) (C(q) = CF + CV(q)), con CV(0) = 0. • C. unitario (o medio): CU(q) = C(q)/q (C. unitario variabile: CUV(q) = CV(q)/q) • C. marginale: C’(q) = CV’(q) C(q + 1) - C(q) = C. incrementale IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Ex 1: la fabbrica di magliette Il leasing di una macchina costa 20€ alla settima-na. La macchina, utilizzata da un operaio, produce una maglietta all’ora. Il costo della manodopera è 1€ l’ora nei giorni fe-riali (prime 40 ore settimanali, 8 ore giornaliere), poi 2€ l’ora al sabato (massimo 8 ore) e 3€ l’ora alla domenica (massimo 8 ore). IO: II Lezione (P. Bertoletti)
CU(q) C’(q) 3 2 1,5 1 CUV(q) q 0 40 48 56 CU(56) = 25/14, CUV(56) = 10/7 L’andamento dei costi: IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Nell’esempio della fabbrica delle magliette: • L’attività non è economicamente redditizia se il prezzo delle magliette non è almeno 1,5€, iden-tificato dal punto di minimo della curva CU (se il macchinario in leasing non può essere immedia-tamente restituito (cioè il suo costo è irrecupera-bile) il prezzo minimo al quale conviene produrre scende a 1€, punto di minimo di CUV). • Superata tale soglia la quantità che conviene pro-durre è identificata dalla condizione prezzo delle magliette = C’. IO: II Lezione (P. Bertoletti)
C’(q) CU(q) O(p) p C’(0) q 0 q Un caso più generale: IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Nel grafico precedente: • p e q sono rispettivamente il prezzo minimo e la quantità minima producibili in maniera econo-micamente redditizia. • O(p), cosiddetta funzione di offerta, è il tratto della curva di costo marginale al di sopra del prezzo minimo, e indica la quantità (positiva) offerta dall’impresa in funzione del prezzo (per semplicità abbiamo supposto che nessun costo sia irrecuperabile). IO: II Lezione (P. Bertoletti)
In generale (per un’impresa price-taker): • Il costo marginale determina quanto è econo-micamente conveniente produrre (un’impresa può ragionare al margine per vedere che per la quantità ottima q* deve essere p = C’(q*)). Il livello del costo unitario (relativo ai costi recuperabili) determina se è conveniente pro-durre (se p < CU allora deve essere R = pq < qCU = C, ovvero profitto = R - C < 0). IO: II Lezione (P. Bertoletti)
C’2 CU2 CU1 = C’1 q 0 q q’ q’’ Ex 2: la scelta degli impianti IO: II Lezione (P. Bertoletti)
La scelta degli impianti ….. • Supponiamo che si debba ripartire la quantità di produzione q* tra gli impianti 1 e 2, con q* > q’’. • Qual è il riparto ottimale (ovvero che minimizza i costi)? • Quello che eguaglia i costi marginali, ovvero: q2 = q’ e q1 = q* - q’! IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Ex 3: penne rosse e penne blu Supponiamo che si possano produrre 8000 penne al giorno con un CF = 1000€ e CV(q) = 0,15q. Le prime 5000 penne rosse si possono vendere a 30 centesimi l’una, e le successive a 20 cen-tesimi. Le penne blu si vendono a 25 centesimi l’una. IO: II Lezione (P. Bertoletti)
E’ ovvio che è il caso di produrre 5000 R e 3000 B, ottenendo un profitto di 50 €: = (0,15 · 5000) + (0,10 · 3000) - 1000 = 750 + 300 – 1000 = 50 Ma conviene vendere le B? Computando una quota di costo fisso pari a 3/8 · 1000 = 375 si ottiene: B = (0,10 · 3000) - 375 = - 75 < 0 ! Quale riparto tra penne rosse e blu? IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Ma se si facesse così: R’ = (0,15 · 5000) + (0,05 · 3000) - 1000 = 750 + 150 – 1000 = -100! Non ha senso economico imputare i costi fissi comuni nel decidere cosa produrre!!!! Si direbbe che sia il caso di vendere solo le R … IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Ancora sulle tipologie di costo rilevanti: • I costi economicamente rilevanti sono quelli co-siddetti opportunità (o ombra), misurati dai bene-fici cui si rinuncia non usando nel miglior modo alternativo le risorse (ex: risorse imprenditoriali e profitti “normali”). • Perciò i costiirrecuperabili (o affondati (sunk)), ovvero quelli sostenuti per attività senza usi alter-nativi (cioè altamente specifiche), sono irrilevanti nel prendere decisioni una volta che siano già stati effettuati. IO: II Lezione (P. Bertoletti)
CU Economie di scala Diseconomie di scala Rendimenti costanti di scala q q q’ q è la cosiddetta Scala Minima Efficiente dell’impresa Se Q è la dimensione del mercato, allora SMS/Q è un indicatore della sua concentrazioneattesa Economie di scala IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Economie di scopo (o varietà) Si dice che vi sono per un’impresa Economie di scopo nella produzione di due output (le cui quantità sono indicate da q1 e q2) se: C(q1,q2) < C(q1,0) + C(0,q2) (ovvero se la funzione di costo è sub-additiva). Naturalmente in presenza di economie di scopo ci si aspetta una produzione congiunta. IO: II Lezione (P. Bertoletti)
La massimizzazione del profitto Assumendo che le imprese scelgano i prezzi per massimizzare i profitti (ipotesi che sarà discussa nel Cap. 3), in presenza di una curva di domanda decrescente è sempre possibile discutere come se scegliessero le quantità, operando sulla curva di domanda inversa P(q) (per ogni quantità c’è un solo prezzo “ottimo”). IO: II Lezione (P. Bertoletti)
I profitti si possono sempre scrivere come Ricavi – Costi, ovvero: (q) = R(q) - C(q) dove: R(q) = P(q)q. La “condizione del primo ordine” (FOC) richiede dunque che il profitto marginale’(q) sia nullo, e cioè che il ricavo marginale sia uguale al costo marginale. La condizione del secondo ordine (SOC) richiede che il profitto marginale sia decre-scente. IO: II Lezione (P. Bertoletti)
q q* ’(q*) = 0 R’(q*) = C’(q*) FOC ’’(q*) 0 R’’(q*) C’’(q*) SOC Graficamente, la situazione è del tipo: IO: II Lezione (P. Bertoletti)
p O(p) CU(q) p CU(q*) C’(q) q q* p = C’(q*), q* = O(p), * = (p - CU(q*)) q* Nel caso di un’impresa competitiva, , perciò R’ p e la precedente condizione im-plica p = C’ (non c’è potere di mercato) IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Si ricordi che, come nel caso della domanda: • La curva di offerta di mercato si ottiene poi per aggregazione orizzontale delle curve di offerta delle singole imprese, e dunque in ciascun punto l’Offerta riflette il costo marginale delle imprese attive a quel prezzo. • Nei grafici seguenti, dunque, il costo marginale potrebbe essere sostituito dalle funzione di offerta aggregata rilevante (nel caso di una molteplicità di imprese). IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Surplus del produttore - PS Il surplus del produttore è convenientemente misurato dal profitto variabile (al lordo dei costi fissi): v(q) = (q) + CF = R(q) - CV(q) Si tratta di una misura analoga al CS, ricavabile dalla funzione di offerta e definibile come somma, per ciascuna delle unità vendute, delle differen-ze tra prezzo ricevuto e Disponibilità (marginale) a Vendere (quest’ultima misurata dal costo mar-ginale). IO: II Lezione (P. Bertoletti)
p p C’(q) =D. a V. v CV(q) q q Il PS è dunque l’area che giace sotto la linea del prez-zo e sopra la curva del costo marginale/funzione di offerta: IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Formalmente: Come illustrato nel grafico precedente, il costo variabile è dato dall’area sottostante il costo marginale: • Perciò: • v= pq - CV(q) = PS(q) IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Il Benessere collettivo o Surplus Totale - W • Sommando il CS e il PS si ottiene il Surplus To-tale (o benessere collettivo, o socialwelfare): W(q) = CS(q) + PS(q) Si noti che si può definirlo come la somma, per ciascuna unità scambiata, delle differenze tra di-sponibilità a spendere e disponibilità a vendere (ovvero, si tratta dell’area compresa tra la curva di domanda e quella di offerta). E’ anche pari al surplus lordo del consumatore meno il costo variabile. IO: II Lezione (P. Bertoletti)
p C’(q) W(q) EL(q) P(q) CV(q) q q qe W(q) = CS(q) + PS(q) Graficamente, supponendo che il prezzo P(q) sia superiore al costo marginale C’(q) : IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Il welfare è una misura (monetaria) aggregata del valore di un mercato per i soggetti coin-volti. • Si noti che non dipende direttamente dal prezzo di mercato, che svolge però il ruolo cruciale di determinarlo indirettamente attraverso la determinazione della quantità scambiata, e di dividerlo tra la componente che spetta ai consumatori e quella che va ai produttori. IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Non è difficile capire che: Il massimo benessere collettivo si ottiene se la quantità prodotta eguaglia prezzo e costo marginale. Poiché: deve essere IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Dunque: La precedente FOC implica che il be-neficio sociale marginale W’(q) = (P(q) – C’(q)) di produrre un’unità in più sia nullo per la quantità che massimizza il welfa-re, indicata graficamente con qe. IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Efficienza I • La quantità scambiata qecorrisponde ad una situazione diefficienza paretiana (se il prezzo fosse diverso dal costo marginale sarebbe teoricamente possibile per un con-sumatore e un’impresa scambiare ulterior-mente con reciproco vantaggio). • L’area di Perdita di efficienza EL (dovuta al potere di mercato) è dunque una misura ra-gionevole di inefficienza (cosiddetta allo-cativa). IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Inefficienza produttiva • Per efficienza produttiva s’intende che la quantità prodotta è realizzata al costo mi-nimo. • Deviazioni sono possibili per • Errori nel mix produttivo (inefficienza tecni-ca) • Sprechi nell’uso dei fattori (cosiddetta ineffi-cienza di tipo X) IO: II Lezione (P. Bertoletti)
p CI’ C’ P(q) C q qI q In generale possiamo rappresentare l’inefficienza produttiva come un aumento dei costi marginali: Dove l’area C misura il maggior costo (variabile) di produrre qI IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Efficienza II • Si noti che l’inefficienza produttiva “impli-ca” quella allocativa: anche se l’impresa fosse competitiva pro-durrebbe troppo poco (qI invece che q). IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Efficienza dinamica • L’idea di efficienza dinamica può poi essere catturata: a) dalla capacità di ridurre il costo marginale nel corso del tempo (attraverso l’introduzione di opportune innovazioni di processo) b) dalla capacità di introdurre adeguatamente nuovi prodotti (innovazioni di prodotto) IO: II Lezione (P. Bertoletti)
Efficienza III • Anche l’inefficienza di tipo dinamico impli-ca quella allocativa, in senso stretto. • Tuttavia essa è più difficile da considerare di quella di tipo statico (che prende per date le tecnologie a disposizione), e vi potreb-bero essere dei trade-off tra le due (come suggerito dal citato punto di vista “schumpeteriano”). IO: II Lezione (P. Bertoletti)