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Percezione interpersonale

Percezione interpersonale. dare senso agli altri e alle loro azioni (parte prima). Percezione interpersonale. studio del modo in cui le persone arrivano a formulare idee circa le altre persone , i loro sentimenti, le loro intenzioni e le loro disposizioni stabili. Due aree:

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Percezione interpersonale

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Presentation Transcript


  1. Percezione interpersonale dare senso agli altri e alle loro azioni(parte prima)

  2. Percezione interpersonale • studio del modo in cui le persone arrivano a formulare idee circa le altre persone, i loro sentimenti, le loro intenzioni e le loro disposizioni stabili. • Due aree: • A) riconoscimento o identificazione delle emozioni negli altri comunicazione non verbale • B) giudizio o percezione di personalità

  3. Comunicazione non verbale • elementi che possono esprimere emozioni, manifestare atteggiamenti, esibire tratti di personalità e facilitare la conversazione: • espressione del volto, • tono della voce, • i gesti, • la posizione corporea, • i movimenti, • il contatto, • lo sguardo

  4. Comunicazione non verbale • La prospettiva evoluzionistica nello studio della comunicazione non verbale. • Il primo contributo “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali” scritto nel 1872 da Charles Darwin: • le espressioni del volto veicolano gli stessi stati emotivi in tutte le culture, • si sono sviluppate a causa della loro utilità per la sopravvivenza

  5. Comunicazione non verbale: prospettiva evoluzionista • psicologi sociali evoluzionisti cercano di individuare gli aspetti universali (innati) della comunicazione non verbale. • espressioni facciali ben definite che corrispondono alle sei emozioni di base (rabbia, paura, felicità, tristezza, sorpresa e disgusto), vengono universalmente riconosciute in culture molto diverse (Ekman e coll., Izard)

  6. Comunicazione non verbale : prospettiva antropologica • antropologi si interessano alle specificità delle singole culture • Efron (1941): Italiani ed Ebrei gesticolano di più di cittadini Nord Europei (ad es. Norvegesi)? • Italiani ed Ebrei assimilati / non assimilati (che continuavano a vivere a Little Italy e Jewish Lower East Side). • Italiani ed Ebrei assimilati gesticolavano molto meno di Italiani ed Ebrei non assimilati e gesticolavano di più mentre parlavano in Italiano o in Yiddish

  7. Comunicazione non verbale : prospettiva antropologica • Regole di esibizione variano da una cultura all’altra e per diverse categorie di persone • La linea di ricerca forse più nota tra quelle influenzate dall’antropologia culturale è quella sviluppata da Hall (1959, 1966) sull’uso della distanza interpersonale, da lui definita “la dimensione nascosta” (hidden dimension).

  8. la distanza intima che caratterizza le relazioni d’amore o di lotta, che consente sguardi ravvicinati, percezione reciproca degli odori e contatto • la distanza personale usata per le discussioni private, che consente uno studio dettagliato del volto dell’altro, ma non del suo corpo; • la distanza sociale è quella adottata per la maggior parte delle conversazioni diadiche (ad esempio ad una festa)

  9. la distanza pubblica che consente a terze persone di osservare e ascoltare l’interazione e richiede un uso esagerato dei gesti. • La distinzione proposta da Hall consente di effettuare confronti fra culture diverse

  10. Ruolo di indicatori non verbali in percezione sociale • tutti gli individui normali mostrano una notevole capacità di interpretazione dei segnali non verbali • capacità varia ma non è correlata con le tradizionali misure di intelligenza • Le donne sono più accurate nel riconoscere espressioni del volto spontanee ma meno capaci di riconoscere espressioni del volto artefatte o ingannevoli

  11. Ruolo di indicatori non verbali in percezione sociale • Cosa determina difficoltà delle donne a scoprire menzogne? • Sono più gentili • Teoria del ruolo sociale (Eagly): la tendenza delle donne a mostrarsi gentili è maggiore in società nelle quali c’è maggiore disparità di status (Hall, 1979)

  12. Ruolo di indicatori non verbali in percezione sociale • in effetti le persone riconoscono le emozioni utilizzando sia l’espressione del volto che gli elementi del contesto nel quale l’espressione del volto si manifesta. (Russel, 1994; Caroll e Russell, 1996) • Social Interpretation Task (Archer e Akert)

  13. Ruolo di indicatori non verbali in percezione sociale • le persone più espressive: • a) vengono percepite in modo più positivo sia all’inizio che nel corso dell’interazione • b) piacciono di più e sono considerate più attraenti • c) catturano più facilmente l’attenzione

  14. Ruolo di indicatori non verbali in percezione sociale • l’espressività non verbale è una caratteristica centrale di ciò che vuol dire essere umani • assenza di espressività si associa a disturbi psicopatologici

  15. Ruolo di indicatori non verbali in percezione sociale • segnali non verbali variano in funzione delle persone alle quali sono rivolti e del tipo di relazione esistente tra chi li emette e chi li riceve: • Status • Natura della relazione • Età • Livello di istruzione

  16. Indicatori non verbali della menzogna • chi mente ha maggiore probabilità di: • sbattere le palpebre, • avere pupille dilatate, • usare una tonalità di voce più alta, • esibire contraddittorietà tra segnali di diversi canali (ad esempio guarda l’interlocutore negli occhi, ma si allontana da lui col corpo), • parlare in modo più esitante

  17. Indicatori non verbali della menzogna • sorriso “vero” : oltre alla curvatura verso l’alto della bocca sono presenti anche delle piccole arricciature attorno agli occhi, che invece sono assenti nel caso di sorriso “finto”, in quanto i muscoli del contorno degli occhi sono difficilmente controllabili volontariamente (Ekman, 1985).

  18. comunicazione non verbale influenza i destinatari? • rispecchiamento o imitazione reciproca (LaFrance, 1979, Morris, 1977). • progressiva convergenza verso uno stile di comunicazione comune: uguale frequenza e coordinamento dei sorrisi, velocità e volume della comunicazione verbale, lunghezza e frequenza delle pause (Cappella, Palmer e Donzella, 1996).

  19. comunicazione non verbale influenza i destinatari? • Stereotipo influenza comunicazione non verbale (interviste di selezione con bianco e afro-americano) • quando intervistato era Afro Americano gli intervistatori mantenevano una maggiore distanza fisica, facevano più errori di linguaggio e concludevano prima l’intervista.

  20. comunicazione non verbale influenza i destinatari? • II FASE :I veri partecipanti alla ricerca, tutti bianchi, si trovavano nel ruolo di persone che affrontano una intervista di lavoro e venivano assegnati casualmente o al trattamento “da Afro Americano” o a quello “da bianco”.

  21. comunicazione non verbale influenza i destinatari? • due valutatori, che ignoravano le ipotesi e le condizioni sperimentali, osservavano le videoregistrazioni relative unicamente al comportamento degli intervistati, e attribuivano loro un punteggio di competenza. • I partecipanti che avevano subito il trattamento “da Afro Americano” venivano valutati come significativamente meno competenti di quelli che avevano subito un trattamento “da bianco”.

  22. Come conosciamo i “tratti”delle altre persone • Tipi di domande: • 1) Quanto sono accurate tali conoscenze? • 2) In che misura tali conoscenze sono influenzate dalle teorie implicite alle quali gli osservatori fanno riferimento? • 3) In base a quali regole sono costruite? • 4) E’ possibile individuare la sequenza di operazioni cognitive utilizzata? • 5) Quali sono gli errori principali e da quali fattori dipendono?

  23. Accuratezza • Nisbett e Kunda (1985): studenti dell’Università del Michigan stimano le opinioni degli studenti della loro università (hamburger di McDonald, il film Star Wars, gli abitanti dell’Arabia Saudita, ecc..). • Partecipanti esprimevano la propria personale opinione sui diversi temi, • e immaginavano come si distribuivano le opinioni di 100 studenti della loro università

  24. Accuratezza • la correlazione tra la media delle opinioni personali e la media delle stime delle opinioni della popolazione variava da .42 a .73. • le medie stimate differivano da quelle reali per circa mezzo punto • accuratezza maggiore per gli argomenti che gli studenti conoscevano meglio

  25. Accuratezza • Judd, Ryan e Park (1991): • stimare la distribuzione di caratteristiche disposizionali tra studenti di ingegneria e studenti di economia (utilizzando tratti tipici delle due categorie • Per stimare caratteristiche personali di membri di un gruppo diverso dal nostro (out-group, gruppo esterno), facciamo maggiore affidamento sulle definizioni stereotipiche di tale gruppo.

  26. Falso consenso • ritenere che le proprie idee, i propri atteggiamenti, le proprie scelte siano relativamente più diffuse e comuni di idee, atteggiamenti e scelte diverse dalle proprie. • Ross, Green e House (1977) hanno chiesto ad un certo numero di studenti dell’Università di Stanford, di partecipare ad una ricerca con compito imbarazzante e di indicare la percentuale di coloro che avevano accettato

  27. Falso consenso • Accettarono realmente circa il 50% degli studenti. • coloro che avevano accettato ritenevano che avessero accettato anche il 63% dei loro colleghi, • mentre coloro che non avevano accettato ritenevano che avessero accettato solo il 23% • Il fenomeno del falso consenso consiste proprio nella differenza tra le due percentuali di accordo

  28. Possibili cause del falso consenso • la tendenza a formulare stime sulla base delle nostre opinioni quando non conosciamo opinioni e comportamenti degli altri; • conosciamo opinioni e comportamenti persone, simili a noi, per l’euristica della disponibilità le consideriamo più frequenti • bisogno di convalidare le nostre scelte e le nostre azioni • particolari teorie che possiamo avere circa l’origine della nostra condotta

  29. Ignoranza pluralistica • ritenere che noi siamo gli unici che hanno pensato, fatto o desiderato una determinata cosa. • termine introdotto da Floyd Allport (1933) per descrivere la situazione nella quale la maggior parte dei membri di un gruppo ritiene superata una determinata norma, ma ciascuno ritiene che tutti gli altri considerino ancora tale norma del tutto appropriata • Matza (1964): gruppi di giovani delinquenti

  30. Teorie implicite di personalità • Ricerche su accuratezza: • i tratti = caratteristiche fisiche misurabili oggettivamente. • Ben presto tuttavia questo approccio è stato sottoposto a dure critiche • Sostituito con studio di T.I. e errori da esse prodotti

  31. Teorie implicite di personalità • Le T.I. sottovalutano la variabilità del comportamento delle persone prodotta dai fattori situazionali, • Contengono assunzioni circa la covariazione fra tratti. • Es.: Se Andrea sia è una persona gentile: • mi aspetto che si comporti in modo coerente con questo tratto in diverse situazioni • mi aspetto anche che sia generoso e paziente.

  32. Teorie implicite • T.I. agiscono come schemi • Ad esempio: valutazioni di studenti nei confronti di un supplente che si aspettano caldo o freddo

  33. T.I. • T.I. sono molto spesso teorie largamente condivise nell’ambito di uno stesso contesto storico e culturale. • T.I. dipendono da modo di concettualizzare la persona : individualismo /collettivismo

  34. T.I. • Hoffman, Lau e Johnson 1986: • In occidente: • “persona con temperamento artistico” = non convenzionale, dotata di forte temperamento, creativa. • In Cina: “persona con temperamento artistico” = ? Persona “shi gu” = senso pratico, affezionata alla propria famiglia, socialmente abile, in una certa misura riservata.

  35. T.I. • Hoffman, Lau e Johnson (1986) ipotizzarono che questi due schemi di personalità potessero influenzare la formazione di impressioni in soggetti appartenenti alle due culture. • storie “persona di temperamento artistico” e, persona “shi gù”, senza etichette • I partecipanti alla ricerca erano per metà inglesi e per metà cinesi e le due storie erano state preparate sia in inglese che in cinese.

  36. T.I. • Il disegno della ricerca prevedeva tre condizioni sperimentali: • 1) un gruppo di partecipanti inglesi che leggevano le storie in inglese; • 2) un gruppo di partecipanti cinesi che leggevano le storie in cinese; • 3) un secondo gruppo di partecipanti cinesi che leggevano le storie in inglese.

  37. T.I. • Dopo lettura delle storie, i partecipanti dovevano scrivere impressioni delle persone • Conteggio dei tratti coerenti con le due T.I.

  38. T.I.

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