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PREMIO DI STUDIO "Giuseppe e Carina d’Auria" II edizione

PREMIO DI STUDIO "Giuseppe e Carina d’Auria" II edizione. NOCICOLTURA E CASTANICOLTURA: ANALISI E PROSPETTIVE PER IL LAGONEGRESE. Lauria, 08/04/2010 Cantile Claudia. L’idea (1 / 2). L'idea nasce dall'analisi delle risorse ambientali e delle produzioni

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PREMIO DI STUDIO "Giuseppe e Carina d’Auria" II edizione

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  1. PREMIO DI STUDIO "Giuseppe e Carina d’Auria" II edizione NOCICOLTURA E CASTANICOLTURA: ANALISI E PROSPETTIVE PER IL LAGONEGRESE Lauria, 08/04/2010 CantileClaudia

  2. L’idea (1 / 2) L'idea nasce dall'analisi delle risorse ambientali e delle produzioni gastronomiche dell'area sud-ovest della Basilicata nella prospettiva finale diun’adeguata valorizzazione. • Considerando: • la vocazione territoriale della Valle del Noce alla NOCICOLTURA • - la definizione del marchio della C.M. del Lagonegrese per i biscotti alle noci • Trecchinesi • si intende con tale progetto chiudere la filiera nocicola individuando • e selezionando cultivars di noci autoctone mediante studi genetici ed agronomici sul germoplasma e, parallelamente, dati i tempi di realizzazione medio-lunghi, proporre il parallelo impianto di noceti specializzati scelti sulla base degli aspetti vegeto-produttivi delle cvs e sulle caratteristiche pedoclimatiche del territorio.

  3. L’idea (2 / 2) E’ auspicabile la creazione di un apparato di figure professionali (agronomi, forestali, addetti alla gestione del noceto e all'industria del legno) che, supportate da specialisti della trasformazione del prodotto “noce” (tecnologi alimentari e addetti alla trasformazione industriale), valorizzino non solo i prodotti dolciari tipici, ma promuovano anche altre attività di trasformazione alimentare (noci sgusciate e imbustate, distillati ed intermedi di lavorazione da destinare ad industrie terze). Gli stessi macchinari acquistati per la gestione dei noceti e relativa trasformazione industriale troverebbero poi impiego in un altro potenziale settore, quello della CASTANICOLTURA, dal quale dare avvio a realtà industriali della lavorazione del legno e della trasformazione alimentare della castagna (es. castagne tipiche al liquore ed intermedi di lavorazione). In tal modo si avvierebbero per entrambi i settori (noci- e castanicoltura) concrete possibilità lavorative per i giovani dell'area.

  4. Beneficiari del progetto • Beneficiari diretti: • figure professionali inerenti la trasformazione delle materie prime • noci e castagne (tecnologi alimentari e operai dell'industria alimentare) • figure professionali inerenti l'impianto e la gestione • dei noceti e castagneti (agronomi, forestali, operai addetti all’impianto, • alla potatura, alle concimazioni, alla raccolta). • Beneficiari indiretti: • proprietari dei terreni sui cui impiantare i noceti e i castagneti dai quali • percepirebbero compensi di natura affittuaria • (utilizzare anche terre demaniali). Per entrambe le categorie di beneficiari non vi è alcuna distinzione di sesso, nazionalità, religione e possono essere coinvolte anche persone disabili. In tal modo si avvierebbero per entrambi i settori (noci- e castanicoltura) concrete ricadute in termini lavorativi per i giovani dell'area.

  5. Fattibilità e sostenibilità del progetto Per la messa a punto del progetto si auspica la realizzazione di una cooperativa che gestisca - con gli stessi mezzi e macchinari – sia il settore nocicolo che quello castanicolo, dalla gestione degli impianti alla trasformazione del legno e delle materie prime relative. Dati i tempi di messa a dimora e entrata in produzione delle colture, è necessario che soci e proprietari terrieri (demanio statale compreso) siano vincolati da contratti quindecennali rinnovabili. La corretta gestione di queste due colture, entrambe con altissima vocazione territoriale, valorizzerebbe al meglio tradizioni gastronomiche tipiche ed avvierebbe altre produzioni industriali ad esse connesse. Non ultima l'attenzione all'aspetto ambientale in termini di salvaguardia della biodiversità e di contenimento dei fenomeni erosivi.

  6. NOCICOLTURA Juglans regia: origine, diffusione e inquadramento sistematico del genere • Origine geografica: Sud-Est asiatico • Diffusione geografica: zone a clima temperato (800-1000 m di altitudine) • Ordine Juglandifloree • Famiglia Juglandaceae • Genere Juglans • Specie Juglansregia

  7. Caratteristiche botaniche della specie • - Altezza: 25-30 m di altezza; • - Fusto: diritto e vigoroso • - Chioma: globosa e robusta. • - Apparato radicale: robusto e fittonante (riduce il rischio di fenomeni erosivi) • - Legno: compatto e con molte venature, apprezzato in ebanisteria. • - Foglie: caduche, composte, alterne, formate da 5-7-9 e, più raramente, 11 foglioline di forma ovale, lunghe 6-10 cm, di colore verde brillante. • - Frutto: drupa di forma globosa, composta da un esocarpo verde e carnoso detto mallo (per la produzione di liquori a base di noce) che a maturità diventa legnosa e fragile, tale da aprirsi e lasciar cadere a terra la noce vera e propria, costituita da un endocarpo legnoso (il guscio), formato a sua volta da due valve chiuse lungo la linea di sutura, al cui interno si trova la parte edibile ovvero il gheriglio (= seme). • - Gheriglio: ricco di lipidi (60% della composizione del seme), costituisce un alimento ad alto valore energetico (650 kcal/100 g di sostanza secca). In 100 g di prodotto sono presenti in media 6,3 g di carboidrati; 15,8 g di proteine; 63,7 g di grassi.

  8. Stadi fenologici della noce: dalla fase erbacea del mallo alla fase legnosa del gheriglio

  9. Perché produrre noci? La coltura del noce è un settore tradizionale nella frutticoltura italiana. Da alcuni anni presenta crisi ricorrenti che ne hanno condizionato lo sviluppo e limitata la presenza anche nelle aree di antica tradizione come Noci (BA), Noceto (BO) e la nostra Valle del Noce (PZ). Da secondo produttore al mondo con quasi 85.000 t/anno di noci nei primi anni ’70, l’Italia si trova oggi solo al sedicesimo posto con circa 16.000 t/anno, e la contrazione non sembra fermarsi a fronte di un’aumentata richiesta del mercato.

  10. Le cause della crisi • mancata specializzazione degli impianti • limitata conoscenza delle tecniche agronomiche e deIle esigenze colturali • mancato rinnovamento varietale nelle zone di antica tradizione • forte disomogeneità delle produzioni, riscontrabile anche all’interno delle singole varietà, con ripercussioni negative sul valore commerciale • limitata promozione commerciale del prodotto presso i consumatori • scarsa conoscenza delle caratteristiche qualitative ed organolettiche del prodotto • coltivazione di noceti per la produzione di legno da impiegare in ebanisteria a scapito della produzione nocicola

  11. Le conseguenze della crisi • Nel giro di pochi decenni l’Italia è diventata, da Paese autosufficiente, a Paese importatore di noci in guscio provenienti soprattutto dal Nord America (California, 83%). • A livello europeo, di contro, la nocicoltura si è sviluppata ampiamente. In Francia, in particolare (attualmente primo produttore europeo), ciò è avvenuto grazie all’innovazione tecnologica e alla valorizzazione delle cultivar autoctone. • Di contro le produzioni italiane, pur se apprezzate localmente, per la loro disformità non trovano adeguate collocazioni sia a livello nazionale che internazionale.

  12. La nocicoltura in Basilicata PRODUZIONE NAZIONALE 2008 La Basilicata, pur avendo una produzione che si colloca al terzo posto a livello nazionale, presenta una nocicoltura costituita per lo più da piante sparse e solo in pochi casi come coltura specializzata.

  13. Perchè rilanciare la nocicoltura? • Oltre che rinomato in ebanisteria per il suo legno pregiato, il noce (Juglans regia L.) è da millenni coltivato essenzialmente per la produzione del frutto. Quest’ultimo, tuttavia, è ancora oggi guardato con sospetto dal momento che se ne considera solo l’elevato contenuto calorico, derivante in gran parte dalla presenza dei lipidi, così distinti: • 10% grassi saturi • 13% grassi polinsaturi omega-3 • 60% grassi polinsaturi omega-6 • 17% grassi monoinsaturi • Nella dieta giornaliera fondamentale è il rapporto tra gli acidi grassi delle serie ω-6 ed ω-3 che, secondo studi recenti, deve essere di 4:1 perché l’alimento possa contribuire validamente alla prevenzione delle patologie cardiovascolari (40% della mortalità in Italia). • Mediamente 100 g di noci contengono 9 g di ω-3e 38 g di ω-6. • Il consumo regolare di 3 noci al giorno, abbinato ad una sana e mirata alimentazione, riduce fino a 20 punti in un mese il livello di colesterolo LDL nel sangue, allontanando il rischio di infarto.

  14. Valutazione tecnico-economica • - Entrata in produzione: 5° anno dalla messa a dimora, raggiungendo la piena produzione il 9° anno, che viene mantenuta oltre il 30° anno. • - Produzione unitaria: 4-5 t/ha. • Valore delle noci in campagna: circa 1,5 €/kg, pari ad una PLV di circa 7.500-10.000 €/ha • Costo di produzione va da circa 8.000 €/ha all’impianto a circa 3.000 €/ha a regime. In piena produzione si ottiene, pertanto, una produzione lorda vendibile di un utile netto di oltre 4.500 €/ha. • - Punto critico: alto investimento iniziale, determinato soprattutto dagli alti costi del materiale vivaistico (11-13 € per una pianta di noce innestata e con altezza di 80-120 cm) • Dall'entrata in produzione, i costi si spostano sull'acquisto dei macchinari per la raccolta e trasformazione della materia prima (variabili in base alla specificità della lavorazione e comunque non inferiori a 1.000 €). • Una cospicua parte dei costi di investimento può essere coperta da iniziative regionali (es. fondi per la prima occupazione e l'imprenditoria femminile) e locali. Gli addetti andrebbero infine reclutati mediante concorsi pubblici e agenzie del lavoro.

  15. Scelta delle cultivars SCOPO:garantire una buona scalarità di produzione e la disponibilità di tipologie di noci dalle caratteristiche organolettiche ben bilanciate (attitudine alla trasformazione, idonea % di umidità, contenuto lipidico) necessità di disporre di varietà diverse all’interno dei noceti specializzati da impiantare nella collina lucana e, nello specifico, del Lagonegrese. • VALUTAZIONE BASATA SU: • - indici fenologici delle piante (epoche di germogliamento, fioritura e raccolta), • vegetativi (sviluppo diametrale del tronco) • carpometrici (altezza, larghezza, spessore, peso fresco, peso secco dei frutti) • analisi dell’aspetto nutrizionale: rapporto tra gli acidi grassi delle serie ω-6 ed ω-3

  16. L’analisi campione • Da un’analisi campione condotta su noceti spontanei è emerso che: • - I noceti presenti sono abbastanza simili tra di loro e riconducibili • alle cultivars nazionali e francesi, diffusamente descritte in letteratura. - Data l’assenza di fonti agronomiche locali attendibili, le varietà di noce del Lagonegrese presumibilmente derivano da innesti su varietà nazionali ed estere, ben inserite nelle nostre condizioni pedoclimatiche. • L’impianto di noceti specializzati nel Lagonegrese deve basarsi, • nel breve-lungo termine, sull’impiego di cultivars già selezionate. • Evidente necessità di condurre studi genetici per escludere • eventuali cloni e selezionare cvs più resistenti alle fitopatie.

  17. Principali cultivars nocicole • Cultivars italianecostituite da popolazioni di individui simili tra loro • (“cultivar popolazione”): Sorrento, Bleggiana, Noce di Cerreto, Grossa • di Volprana, Noce di Feltrino, Corniola, Noce di Benevento. • b) Cultivars francesicaratterizzate dagermogliamento e maturazione • tardivi, buon vigore e pregiate caratteristiche dei frutti: Franquette, • Ronde de Montignac, Soleze, Meylannaise, Parisienne, Grandjean. • c) Cultivars americanecaratterizzate da germogliamento e maturazione • precoci, produzione di noci di grosso calibro, con gusci sottili e • debole chiusura delle valve: Chandler, Midland, Amigo, Chase D9, • Pedro, Chico, Tehama, Cheinovo.

  18. Quali cultivars per il Lagonegrese? • Considerando: • - la valutazione fenologico-vegetativa delle principali cvs nocicole • le condizioni pedoclimatiche del territorio Lagonegrese • la necessità di ridurre la stagionalità delle produzioni • i possibili noceti da impiantare potrebbero annoverare le seguenti cvs: • Noce di Sorrento, Franquette, Meylannaise, Ronde de Montignac, Soleze, • Amigo, Chase D9, Cheinovo, Midland, Pedro, Tehama, Vina. Questa proposta trova concretezza auspicando di avviare, in collaborazione con centri di ricerca e università, uno studio volto all’individuazione di cultivars autoctone.

  19. Rilievi carpometrici

  20. Capacità produttiva

  21. Profilo lipidico

  22. Impianto e gestione del noceto • media collina, esposizione a sud-ovest • terreno di medio impasto tendente allo sciolto, tessitura • franco-argillosa, pH prossimo alla neutralità, tenore calcareo medio-alto • - sesto di impianto: 8x8 m – 12x12m • densità delle piante: 100/200 piante/ha • portinnesto: Juglans nigra (sesti stretti), Juglans regia (sesti larghi) • potatura di allevamento (fino al 3° anno) e di produzione (dal 4° anno) • entrambe meccanizzabili • - concimazione organica annuale • - concimazione fosfo-potassica invernale e concimazione azotata • prima del germogliamento • fabbisogno idrico: 1500-2000 m3/ha, soddisfatto da precipitazioni • eventuali irrigazioni di soccorso nel periodo estivo • la raccolta dei frutti è totalmente meccanizzata mediante scuotitori, • andanatrici e raccattatrici meccaniche semoventi o trainate da trattrici

  23. Utilizzazione del prodotto Una pianta in piena produzione fornisce 50-70 kg (4-5 t/ha) di noci in guscio, che trovano impiego non solo nelle industrie alimentari (mercato della frutta secca, liquoreria, industria dolciaria) ma anche nell’industria cosmetica. A prescindere dalla destinazione d’uso, sui frutti raccolti si effettuano: - smallatura, per evitare l'annerimento del guscio; - lavaggio, per eliminare ogni residuo del mallo; - imbiancatura con anidride solforosa; - essiccazione graduale allo scopo di abbassare l'umidità al 4-5%; - selezione, calibratura e confezionamento; - conservazione a 0 °C con UR di 60-75% per prevenire l’irrancidimento dei grassi.

  24. Dall’analisi campione, si può affermare che la Basilicata, e in particolare il Lagonegrese, volendo tendere nel medio-lungo periodo ad un rilancio e ad un miglioramento della nocicoltura (con frutti che presentino buone rese allo sgusciato e profili lipidici nutrizionalmente corretti), deve privilegiare non solo le cultivars europee e nazionali ma anche quelle americane; combinando difatti cultivars che presentano diverse epoche di raccolta, si ha una minore stagionalità delle produzioni e si permane sul mercato per periodi più lunghi. • In particolare,le cvs americane (Pedro e Amigo) sono quelle che, in termini di capacità produttiva, presentano i risultati più interessanti; fa eccezione la cv Cheinovo (a causa della sua epoca di germogliamento anticipata) che, tuttavia, presenta un interessante rapporto ω-6/ω-3. • Quanto al profilo lipidico (rapporto ω-6/ω-3), si differenzia tra le cultivar americane la Cheinovo, mentre tra le cultivar francesi la Ronde de Montignac. • Parallelamente è necessario valutare, mediante studi genetici ed agronomici sul germoplasma, l’eventuale presenza di cloni per la selezione delle varietà locali più interessanti.

  25. Castanicoltura nel Lagonegrese

  26. Diffusione della castanicoltura • SCENARIO INTERNAZIONALE: • I principali poli castanicoli: • europeo (Italia, Spagna, Portogallo, Francia e Grecia.) • asiatico (Cina, Turchia, Corea, Giappone): 70% • Meno importanti: America (essenzialmente Stati Uniti e Cile) • e Oceania (Australia e Nuova Zelanda). • SCENARIO NAZIONALE: 70 mila aziende, su circa 76 mila ha • Il castagno è presente nei boschi con tre distinte tipologie: • il castagneto da frutto • le altre fustaie • i cedui castanili • Principale regione castanicola italiana: Campania (56,3% della produzione nazionale)

  27. Crisi nella castanicoltura • Nel periodo 1980-2008 si è assistito ad una forte contrazione nel settore, • rispettivamente del -51,3% per le aziende e del -47,5% per la superficie • coltivata a castagneto. • Cause: • - diminuito vigore vegetativo degli impianti • sfavorevole andamento climatico • forte sviluppo di patogeni.

  28. Scenario regionale: la situazione lucana • numerosi castagneti spontanei in territori collinari e montani • zona del Melfese particolarmente vocata, dove è presente la varietà Marroncino di Melfi • Interessanti le diverse iniziative a carattere regionale promosse da alcuni enti per il rilancio della castanicoltura in altre aree della Basilicata: è del 2008 l’iniziativa promossa dall’ALSIA volta a diffondere la cultura della castagna attraverso corsi di formazione per la valorizzazione delle produzioni castanicole lucane. I corsi, con sedi a Trecchina e a S. Costantino Albanese, hanno fornito nozioni sia sulla coltivazione delle piante (dall’impianto di nuovi castagneti al recupero dei cedui e loro conversione in castagneti da frutto) che sulla valorizzazione commerciale della castagna.

  29. Inquadramento botanico del genere La Castanea sativa è originaria dell’Europa meridionale, Nord Africa e Asia occidentale. Il genere Castanea comprende: - Castanea sativa Mill o castagno europeo, diffuso in Europa; - Castanea crenata Sieb e Zucc, o castagno giapponese, diffuso in Asia e resistente al mal di inchiostro e al cancro della corteccia - Castanea pumila Mill, o castagno americano, diffuso nell’America del Nord. Nell’ambito delle cultivars castanicole, vengono considerati 4 gruppi varietali ben distinti: Marroni, Castagne, Ibridi Eurogiapponesi, Giapponesi.

  30. Raccoglitrici. Vaglio calibratore. Pelatrice Produzioni castanicole La raccolta, scalare come la maturazione, viene attuata mediante la raccattatura o una leggera bacchiatura; la produzione può andare dai 10 q.li/ha nei castagneti delle zone marginali ai 40–50 q.li/ha in quelli intensivi. Le castagne possono essere destinate alla trasformazione industriale (marron glacés, marmellate di castagne, farine e frutti secchi) o al consumo fresco. Le fasi di raccolta, vagliatura e pelatura possono essere meccanizzate accelerando i tempi di lavorazione.

  31. La castanicoltura nel Lagonegrese • Nel territorio del Lagonegrese, in cui sono presenti ben 1395 ha ricoperti da castagneti, pari al 16% dei castagneti regionali (fonte: C.M. Lagonegrese) l’avvio di una attività castanicola dovrebbe passare attraverso due possibile vie: • 1) aumentare la produzione unitaria del castagno da frutto e migliorarne la qualità, immettendo cultivars pregiate anche locali, che assommino all’alta qualità merceologica, la resistenza alle malattie parassitarie (cancro corticale e mal dell'inchiostro); • 2) valorizzare la materia prima mediante: • - il miglioramento e il controllo della qualità e tipicità del prodotto: • l'associazionismo tra i proprietari per l’acquisto dei macchinari; • la continuazione dell'opera di conversione della fustaia da frutto in ceduo dove non esistono le condizioni per la produzione del frutto, tali da produrre legni di castagno di elevata qualità in turni relativamente

  32. Conclusioni • - Per poter concretamente investire sul nostro territorio occorre sfruttare (“trarre profitto da qualcosa”) ciò che offre il territorio stesso migliorandolo: se quindi è di ettari di montagna ciò di cui disponiamo (di cui ben 17196 ha ricoperti da boschi nei soli territori facenti parte della Comunità Montana del Lagonegrese), è dalle montagne che dobbiamo partire. • Da qui l’idea di sviluppare due filiere, quella nocicola e quella castanicola, per le quali il nostro territorio è già tradizionalmente vocato. • Coinvolgendo diverse figure professionali e creando forme di associazionismo per l’acquisto dei macchinari, si potrebbero sostenere due trainanti filiere agro- alimentari per l’economia dell’area sud della regione. • Si ridurrebbe così, almeno in parte, la continua ondata migratoria di noi giovani (diventata nei decenni tanto normale quanto necessaria) per la ricerca di lavoro fuori regione. Investiamo allora sul nostro territorio. Investiamo su noi stessi.

  33. Grazie per la cortese attenzione

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