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LE MOTIVAZIONI DELLE PROFESSIONI D’AIUTO Riscatto/Salute Aspetti etici (Ruolo del Salvatore)

LE MOTIVAZIONI DELLE PROFESSIONI D’AIUTO Riscatto/Salute Aspetti etici (Ruolo del Salvatore) Potere. RISCATTO/SALUTE Spesso “aver bisogno” di aiutare significa allontanarsi dalla soglia del bisogno di essere aiutati.

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LE MOTIVAZIONI DELLE PROFESSIONI D’AIUTO Riscatto/Salute Aspetti etici (Ruolo del Salvatore)

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Presentation Transcript


  1. LE MOTIVAZIONI DELLE PROFESSIONI D’AIUTO • Riscatto/Salute • Aspetti etici (Ruolo del Salvatore) • Potere

  2. RISCATTO/SALUTE Spesso “aver bisogno” di aiutare significa allontanarsi dalla soglia del bisogno di essere aiutati. Essere preposti alla cura e al prendersi cura delle persone può significare “Pensare la propria salute come inattaccabile”. Assistere un soggetto in stato di bisogno nasconde spesso la consapevolezza del proprio bisogno e questo assume un valore di riscatto.

  3. ASPETTI ETICI (RUOLO DEL SALVATORE) Considerare se stessi da un punto di vista etico: porsi in un ruolo di “bonificatore, benefattore, salvatore” non solo esorcizza la paura del male esterno ma garantisce una buona immagine di sé.

  4. POTERE Dinamica della “Grande madre accogliente e del Grande padre onnipotente”. Chi ha bisogno di aiuto è sempre in stato di inferiorità, è sempre come un “bambino malato”. Il professionista d’aiuto può fare da contenitore di ogni male del paziente, controllarlo con il suo potere per aiutarlo. IL PROFESSIONISTA PiU’ UTILE E’ QUELLO CHE RIUSCIRA’ A DIVENTARE INUTILE

  5. Queste tre motivazioni sono legittime , come tante altre, e possono essere utili alla professione, ove siano consapevoli e consapevolmente gestite. L’incontro con il bisogno, il disagio, il dolore e la morte attacca l’immagine del potente salvatore e produce depressione e sentimenti di impotenza. L’impossibilità di aiutare facilita l’insorgenza del dubbio circa la propria “bontà” fino a trasformarsi in un vissuto di incapacità e “malvagità”. Infine la scoperta dell’impotenza fa vivere come diabolico e persecutorio il “potere maligno” di cui il paziente è portatore.

  6. Questo groviglio di possibili vissuti colgono l’operatore, che è partito da un’enorme idealizzazione della professione, e lo portano alla frustrazione prima e al burn-out poi.

  7. Capello e Fenoglio sostengono che “… gli educatori tendono a prendere le distanze da un’immagine vocazionale del lavoro di assistenza a cui vengono contrapposte con enfasi la qualità professionali (buona formazione, capacità di operare in gruppo, saper gestire le relazioni interpersonali, ecc.), quasi a sottolineare la modernità e la laicità dei loro compiti …. Sembrano restii a prendere in considerazione gli aspetti specificatamente emotivi connessi alla loro attività: definizioni diagnostiche o osservazioni/descrizioni del lavoro svolto, in cui non emerge né la specificità umana del soggetto con disagio (che pare senza volto né corpo) né quella dell’operatore: raramente sono messe in evidenza l’affettività e le problematiche della relazione d’aiuto”. (“Perché mai mi curo di te?”)

  8. IL RUOLO DELL’OPERATORE Svolgere empaticamente una relazione di accudimento e di aiuto/sostegno nei confronti di un altro individuo, mantenendo una distanza emotiva ottimale e funzionale al raggiungimento di determinati obiettivi che in genere riguardano la modificazione di uno o più situazioni problematiche, lo sviluppo dell’abilità di autonomia, l’incremento della capacità di comunicazione e di socializzazione ed infine il perseguimento di obiettivi didattici legati ai Bisogni educativi speciali.

  9. Sidney Wolf indica dieci dimensioni o caratteristiche di personalità che facilitano l’efficacia nei rapporti interpersonali: • EMPATIA • RISPETTO • GENUINITA’ • CONCRETEZZA • CONFRONTO • APERTURA • IMMEDIATEZZA • CALORE • FORZA • AUTOREALIZZAZIONE

  10. LA SINDROME DEL BURN-OUT E’ un insieme di sintomi che testimoniano la evenienza di una patologia comportamentale a carico di tutte le professioni ad elevata implicazione relazionale. Si distingue dallo Stress, che può eventualmente esserne una concausa, così come si distingue dalle diverse forme di Disturbo della personalità, in quanto disturbo del ruolo lavorativo.

  11. LE FASI DEL BURN-OUT • ENTUSIASMO IDEALISTICO • STAGNAZIONE • FRUSTRAZIONE • APATIA • I SINTOMI DEL BURN-OUT • SINTOMI ASPECIFICI: irrequietezza, senso di stanchezza, apatia, insonnia; • SINTOMI SOMATICI: cefalee, nausea, tachicardia; • SINTOMI PSICOLOGICI: depressione, bassa stima di sé, rabbia, risentimento.

  12. AREA COGNITIVO-EMOZIONALE • Collasso delle energie psichiche (sintomi ansioso-depressivi, apatia, demoralizzazione, difficoltà di concentrazione, irritabilità, disturbi del sonno, sensi di colpa, di frustrazione e di fallimento) • Collasso della motivazione (depersonalizzazione dell’utente- scadimento della qualità professionale, distacco emotivo, rigidità normativa, cinismo, disinteresse, ostilità, pessimismo) • Caduta dell’autostima (svalutazione sul piano professionale e personale) • Perdita di controllo ( sensazione di essere invasi dal proprio lavoro, non riuscire a staccare mentalmente)

  13. AREA COMPORTAMENTALE • Assenteismo • Fuga dalla relazione (trascorrere tempo al telefono, uscire e svolgere attività diverse) • Disinvestimento (progressivo ritiro dalla realtà lavorativa • Difficoltà a scherzare sul lavoro • Ricorso a misure di controllo o allontanamento nei confronti degli utenti (sedazione, contenzione fisica, espulsione) • Perdita dell’autocontrollo

  14. Un operatore che voglia prevenire il burn-out, deve considerare come irrazionali e quindi rifiutare: L’idea che sia necessario essere amato da ogni utente; L’idea che sia necessario avere la simpatia dei superiori; L’idea che si debba sempre essere competenti e avere sempre successo; L’idea che chiunque sia in disaccordo su certe idee o metodi, sia “cattivo” e diventi un nemico da combattere; L’idea che ci si debba occupare di tutti i problemi di tutti; L’idea che la propria infelicità sia causata dagli utenti o dalla istituzione; L’idea che se gli utenti o l’istituzione non fanno ciò che ci aspettiamo da loro, sia una catastrofe; L’idea che ci sia sempre una giusta e precisa soluzione ai problemi umani e che non trovarla sia una catastrofe.

  15. Caratteristiche del buon operatore • Senso dello Humor (più è bizzarro meglio è!) • Cambiare il comportamento, non la persona! • Sensibilità percettiva ( detective dei comportamenti e degli stati d’animo) • Essere un tenace ricercatore dei cambiamenti positivi • Vedere il bicchiere mezzo pieno! • Riconoscere e sostenersi negli aspetti personali-professionali • Essere autonomi a livello psicologico (non solo autosufficienti).

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