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Il governo della Repubblica di Genova passò da un Doge all’altro. Le sue condizioni politiche caddero in tale disordine e smarrimento, che parve ad alcuni la soluzione migliore cedere il governo cittadino ad Amedeo VI., invece il Doge Antoniotto Adorno preferì cedere il governo al re di Francia. La debolezza della classe politica genovese non si riscontrò fortunatamente nella vita commerciale, che continuò con intensità e con profitto per merito di nuove “Maone”, che provvedevano al traffico mercantile ed al governo delle colonie. Il governatore francese Boucicault mantenne severamente l’ordine nella città e diede unità ai rapporti finanziari del mondo commerciale genovese, riordinando il Banco di S. Giorgio, che si stabilì nell’antico palazzo dei Capitani del Popolo.
Ma la quiete non durò a lungo in questa repubblica. Il comune aveva in passato cercato di togliere di mezzo ogni ragione di litigio, acquistando i feudi delle grandi casate ed unificandone i privilegi; ma queste famiglie si erano munite di altre terre in cui si rifugiavano quando dovevano fuoriuscire, in seguito alla vittoria della parte avversa. Così non mancarono le congiure ed i tentativi di rioccupare la città, fino a che il tentativo riuscì. Genova non ottenne tuttavia la sua indipendenza, perché dai vincitori fu ceduta al Marchese del Monferrato. Ci furono quindi nuove congiure e guerre che indebolirono Genova. Dopo una breve guerra, essa cadde sotto il dominio dei Visconti. Durante la guerra fra Aragonesi ed Angioini, essendo i Visconti alleati con questi ultimi, l’armata genovese dovette prendere il mare, dove riportò sull’armata aragonese la famosa vittoria di Ponza (1435). I Genovesi fecero prigionieri il re d’Aragona, suo fratello, numerosi principi, ma non ne trassero alcun vantaggio per la loro città, anzi furono offesi quando il Visconti liberò i prigionieri.
Per questo il popolo di Genova si sollevò, uccise il governatore visconteo e nominò prima un governo di Capitani di libertà, poi tornò ai Dogi. Riprese l’alternarsi dei Dogi e la lite fra famiglie potenti.
Genova, costretta a sostenere tristi lotte con città della Riviera, col marchesato di Finale, dovette fare l’ inutile sacrificio di cedere le sue colonie al banco di San Giorgio. Tra il 1450 e il 1452 era nato a Genova Cristoforo Colombo. Le vicende storiche intanto precipitarono. Dopo un breve dominio del re di Francia, Genova cadde nelle mani del duca di Milano. Mentre le colonie cadevano una dopo l’altra in mano ai Turchi, le lotte intestine continuarono e ne approfittarono le potenze straniere. Tutto questo sollevò un’altra volta lo sdegno popolare,che nel 1505 si manifestò in un’aperta ribellione al governatore francese, che fu cacciato e sostituito con un governo cittadino. Tale intervallo di indipendenza fu tuttavia breve, perché Luigi XII aiutato da alcune famiglie genovesi, avanzò col suo esercito per occupare la città. Genova perse la sua autonomia ed entrò con la Francia nella lunga contesa tra Francia e Spagna, restando in balia dei due contendenti, fino alla definitiva sconfitta di Francesco I.
Durante queste lotte franco- spagnole, si era segnalato come abilissimo ammiraglio ed astuto politico Andrea Doria, che, dopo un lungo tirocinio come “assentista”, cioè come appaltatore di navi, a servizio ora dell’una ora dell’altra potenza, strinse un patto con Carlo V, che liberò Genova da ogni dominazione straniera.. La città ebbe così, dopo tante lotte intestine, un lungo periodo di pace e di ordine. Il grande ammiraglio si rivelò abile legislatore e, ricordando il lungo disordine da cui era stata travagliata la sua città, stabilì un nuovo ordinamento per evitare altri pericoli.. La nobiltà fu riunita in “alberghi” formando il “Liber Civitatis”; dagli iscritti in essi si traevano i membri del Consiglio maggiore e quelli del Consiglio minore, che rappresentavano il potere legislativo, il quale, con una forma di elezione doppia, sceglieva il doge, assistito da otto governatori.
Durante il governo di Andrea Doria, Genova subì una splendida e profonda trasformazione edilizia; si arricchì dei più bei palazzi , di magnifiche ville e chiese grandiose. Andrea Doria si era costruita la principessa villa di Fassolo, decorata da valentissimi pittori e ben degna dell’ imperatore Carlo V che vi fu ospitato, inoltre egli possedeva una Casa, sita in piazza S. Matteo al n. 17. Genova godette della pace fino alla congiura dei Fieschi (1547); mentre le navi genovesi, comandate prima da Andrea e poi da Giannettino, suo nipote, tennero testa quasi sempre vittoriosamente alle incursioni piratesche. La congiura dei Fieschi fu sanguinosamente repressa e la costituzione modificata in modo da escludere dal governo i nobili del “ Portico di S. Pietro”, sospetti di aver favorito i Fieschi, che agivano a vantaggio dei Francesi. Morto il valoroso Giannettino nella congiura dei Fieschi, Andrea Doria, ormai vecchio, non poté più condurre le sue spedizioni contro i pirati. Andrea Doria morì nel 1560, vinto più dal dolore che dagli anni: il Mediterraneo era tornato preda dei pirati barbareschi, mentre le discordie interne avevano ridotto la città in tristi condizioni.
Intanto al governo della Repubblica era succeduto Gian Andrea Doria, che, privo delle doti militari e delle virtù politiche del prozio, rinfocolò, con le sue imprudenze, gli odi vecchi e ne accese di nuovi, per reprimere i quali egli non ebbe né forza né autorità. Nel 1573, scoppiato il malcontento, Gian Andrea Doria, nonostante avesse radunato in città soldati suoi e spagnoli, non riuscì a mantenere il potere, che fu assunto da una magistratura popolare. Il Doria chiamò in aiuto don Giovanni d’Austria, ma infine dovette accettare la mediazione del Papa, che riunì i rappresentanti delle due parti del convegno. Fu allora modificata la costituzione, abolendo gli “alberghi” e istituendo nuove magistrature, fra cui il Senato.
Il malcontento tuttavia non cessò e ne approfittarono le potenze straniere, incitando rivolte e suscitando congiure. Più famosa restò quella di Giulio Cesare Vacchero, che cercò invano di provocare una sommossa per favorire le intenzioni del Duca di Savoia; egli fu scoperto e decapitato nel 1628. Cinque anni dopo un altro Vacchero tentò una nuova congiura ed anche lui fu condannato a morte. La Repubblica decise di premunirsi, alzando una nuova cinta di mura fortificate, ma non tralasciò le opere pubbliche, poiché in quel tempo fece costruire il nuovo molo ed aprì nuove strade. Né vennero meno le utili opere di beneficenza: il genovese B. Bosco, nel secolo prima, aveva fondato l’Ospedale di Pammatone, in seguito Ettore Vernazza aveva istituito la società di soccorso “del Mandiletto”, e, poco dopo, aveva fondato l’ospedale degli incurabili. Nel 1656 Genova fu colpita da una gravissima epidemia di peste. A questa calamità si aggiunsero altre congiure e lotte intestine; in seguito si verificò il prepotente intervento di Luigi XIV nelle cose interne e nei commerci di Genova, a cui voleva imporre la sua volontà. La Repubblica rifiutò fieramente di accettare tali pretese e sostenne un lungo bombardamento dell’armata francese, infine, spossata ed affamata, dovette cedere.