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MASTER DI 1° LIVELLO MANAGEMENT INFERMIERISTICO PER LE FUNZIONI DI COORDINAMENTO

MASTER DI 1° LIVELLO MANAGEMENT INFERMIERISTICO PER LE FUNZIONI DI COORDINAMENTO. Strumenti di integrazione: aspetti operativi Luigia Salamina. STRUMENTI D’INTEGRAZIONE. PROTOCOLLI PROCEDURE LINEE GUIDA PIANI DI LAVORO. PROCEDURA.

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Presentation Transcript


  1. MASTER DI 1° LIVELLOMANAGEMENT INFERMIERISTICO PER LE FUNZIONI DI COORDINAMENTO Strumenti di integrazione: aspetti operativi Luigia Salamina

  2. STRUMENTI D’INTEGRAZIONE • PROTOCOLLI • PROCEDURE • LINEE GUIDA • PIANI DI LAVORO

  3. PROCEDURA • Azione elementare utile per una tecnica infermieristica semplice • Utile per standardizzare l’assistenza • Riduce la variabilità/individualità ed aumenta l’uniformità assistenziale

  4. LINEE GUIDA • Insieme di raccomandazioni basate su prove scientifiche (EBM o EBN) • Non più schema rigido di azioni ma sintesi di informazioni disponibili per l’assistenza • Lascia discrezionalità e scelta decisionale (decision making)

  5. PROTOCOLLO • Insieme di azioni finalizzate ad un percorso clinico specifico • Strumento metodologico di pianificazione dell’assistenza • Più flessibile e maggiore adattamento alla persona da assistere

  6. PROTOCOLLO • Strumento di informazione • Definisce lo scopo, le modalità ed il campo di applicazione dell’assistenza infermieristica • Regola ed uniforma il modo di lavorare dioperatori diversi tra loro

  7. SCOPO DEL PROTOCOLLO • Prevenire errori e deviazioni • Ottenere riproducibilità delle azioni • Conservare la conoscenza delle prestazioni • Formare ed informare personale nuovo • Definire le responsabilità • Strumento di consapevolezza per l’utente

  8. PRINCIPI ISPIRATORI • QUALITA’ DELLE PRESTAZIONI • Aumenta la responsabilità nei confronti dell’utente • CONTROLLO DEI PROCESSI • Costante miglioramento del livello assistenziale

  9. COME NASCE UN PROTOCOLLO • OBIETTIVO: • RISOLVERE UN PROBLEMA (organizzativo, assistenziale, ecc…) • CRITERI: • Quanto migliorare • Cosa migliorare • Come migliorare • Chi è responsabile del processo

  10. STESURA DEI PROTOCOLLICOME? • Coinvolgimento delle parti interessate: se sono imposte l’insuccesso è assicurato • Applicazione con discrezionalità: scegliere tra comportamenti di uguale efficacia ma di diversa evidenza scientifica

  11. FASI DI DEFINIZIONE • FASE GESTIONALE O DI PROGETTAZIONE • Obiettivi (quanto migliorare e perché) • Contenuti (cosa migliorare e come) • Strumenti (sono presenti o bisogna reperirli) • Personale (motivazione, preparazione)

  12. FASI DI DEFINIZIONE • FASE OPERATIVA: • Ricerca bibliografica validità scientifica • Presidio delle condizioni per l’attuazione • Introduzione a titolo sperimentale • Verifica a breve-medio termine

  13. RISCHI NELL’UTILIZZO DEI PROTOCOLLI • Irrigidire il sistema • Diminuire la responsabilità individuale • Aumentare il “proceduralismo” paralisi dell’organizzazione

  14. MODALITA’ DI STRUTTURA DEI PROTOCOLLI • Revisione sistematica della letteratura • Contestualizzazione delle indicazioni • Dimensione dell’evidenza • Implicazioni organizzative: risorse umane e materiali

  15. PIANI DI LAVORO • Strumento organizzativo • Esplicita gli obiettivi, le azioni, le condizioni organizzative e gli indicatori di verifica risultati

  16. PIANI DI LAVORO • L’attenzione si sposta dagli “umori sociali” e rapporti informali ai dati oggettivi e prestazioni professionali • I ruoli direttivi si spostano da “capi di individui” a “gestori di organizzazione”

  17. COMPOSIZIONE DEI PIANI • Non c’è una “ricetta formale” ogni unità organizzativa ha una sua specificità • E’ consigliabile (non vincolante) uno schema di fondo comune • Leggibilità omogenea • Confronto e dialogo tra organizzazioni diverse (linguaggio comune)

  18. COMPOSIZIONE DEI PIANI SCHEMA GENERALIZZABILE: • Obiettivi generali • Sottobiettivi di risultato • Azioni utili al raggiungimento obiettivi • Condizioni organizzative • Indicatori di processo e di verifica risultati

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