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La tassazione dei fondi pensione e del risparmio previdenziale LEZIONE 5. Tassazione internazionale delle società - PARTE II Clamep Economia della tassazione e della regolazione dei mercati finanziari-Clamfim 4 crediti – 30 ore 8.11.2008- 15.12.2008. Tre fasi di tassazione.
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La tassazione dei fondi pensione e del risparmio previdenziale LEZIONE 5 Tassazione internazionale delle società - PARTE II ClamepEconomia della tassazione e della regolazione dei mercati finanziari-Clamfim 4 crediti – 30 ore8.11.2008- 15.12.2008
Tre fasi di tassazione • Il risparmio previdenziale gode spesso di un trattamento di favore: meritorietà di questo tipo di risparmio (incentivo al risparmio volontario). • Per analizzare e comprendere il problema occorre assumere un’ottica pluriperiodale che tenga conto del periodo che va dalla contribuzione al fondo (o al piano pensionistico) fino al momento dell’ottenimento della pensione. • Occorre distinguere tre fasi: • la fase dell’accantonamento, in cui vengono versati i contributi; • la fase dell’accumulazione, in cui i contributi versati fruttano un rendimento; • la fase della prestazione, in cui si percepisce la rendita o pensione (ed eventualmente, anche una quota del risparmio accumulato, sotto forma di capitale o lump sum).
Esempio: individuo che versa contributi, in ammontare pari a 100 euro, per due periodi. All’inizio del terzo periodo va in pensione e riceve la pensione in un’unica soluzione. L’ammontare della pensione è pari ai contributi capitalizzati al tasso di interesse di mercato, che si ipotizza essere il 10%
Imposizione secondo il concetti di reddito entrata (t=20%)TTE (Tassazione-Tassazione-Esenzione)
Imposizione secondo il criterio di reddito entrata ma con esenzione nella fase iniziale (t=20%)ETT (Esenzione-Tassazione-Tassazione)
Imposizione secondo l’imposta sulla spesa (t=20%)EET (Esenzione-Esenzione-Tassazione)
Esenzione nella fase di accumulazione (t=20%)TEE (Tassazione-Esenzione-Esenzione)
Confronto fra regimi TTE = ETT TEE = EET • Uguaglianze valide in VA (se aliquote sono proporzionali e costanti; timing diverso) • Le condizioni che garantiscono l’equivalenza fra sistemi sono tuttavia difficilmente soddisfatte: • l’aliquota ordinaria a cui è assoggettato il contribuente durante il periodo di contribuzione è solitamente più alta di quella del periodo in cui percepisce le prestazioni; pertanto, un sistema che esenta da tassazione la prima fase invece della terza è tanto più vantaggioso per il contribuente, quanto più alto è il divario fra le aliquote di imposta a cui è soggetto nel tempo (tax averaging): • la tendenza a ridurre il numero degli scaglioni e ad ampliarne, ad un tempo, la dimensione ha però contribuito a ridimensionare questo fenomeno, se non a invertirne il segno. • EET (o TEE) sono più vantaggiosi di TTE (o ETT)
I regimi adottati nella realtà • Il modello di tassazione prevalentemente applicato ai fondi pensione è il cosiddetto modello anglosassone, e cioè un modello EET, ma spesso ci si scosta da questo modello puro: • vi sono limiti alla deducibilità dei contributi, • non sempre la fase di accumulazione è del tutto esente, • vi sono ulteriori agevolazioni fiscali, soprattutto per la parte delle prestazioni che viene erogata sotto forma di capitale • Il regime dei fondi pensione è comunque solitamente di vantaggio rispetto ad altri investitori istituzionali, fra cui in particolare i fondi comuni di investimento, assoggettati di solito ad un regime tipo reddito entrata: TTE (o TtE, come in Italia) o TET (molti paesi europei: deferral)
EET • Vantaggi • assunzione del rischio: lo stato diventa un partner nel fondo • posticipare la tassazione può allentare i vincoli di liquidità e sollecitare al risparmio pensionistico anche i soggetti più giovani e con un reddito più basso (questo effetto non va enfatizzato: l’esenzione nella fase della contribuzione non può eliminare il problema dei soggetti il cui reddito è così basso che oltre ad avere in generale poche o nessuna possibilità per alimentare un fondo, potrebbero anche non avere reddito sufficiente per usufruire dell’esenzione) • l’esenzione dei contributi rende più visibile e quindi più apprezzabile il beneficio fiscale e, per questa via, facilita il collocamento dei prodotti previdenziali presso il pubblico. In particolare, essa non espone il contribuente al “rischio politico” che l’agevolazione promessa oggi per i periodi futuri venga poi abbandonata quando sarebbe venuto il momento di goderne. • l’adozione di un sistema che esenti i contributi obbliga a sostenere subito il costo dell’agevolazione, invece che rinviarlo al futuro; dovrebbe stimolare l’assunzione di scelte politiche più attente e responsabili rispetto al costo effettivo dell’incentivo.
EET • Problemi • Il difetto peggiore del sistema di esenzione dei contributi riguarda i suoi effetti distributivi: il risparmio di imposta è tanto più elevato quanto più ricco è il soggetto che contribuisce al fondo. Questo risparmio di imposta non è generalmente annullato da una maggiore imposta equivalente nella fase della prestazione. La tassazione complessiva che ne deriva è dunque solitamente regressiva. • Specializzazione del portafoglio del fondo • Credito di imposta ai dividendi • Discriminazione nei confronti degli investimenti in titoli esteri (impossibilità di recupero della ritenuta)
Problemi di coordinamento nella UE • La non convergenza verso un modello di tassazione comune, e, in particolare, l’adozione di un modello EET da parte di alcuni stati e TEE, o altro, da parte di altri stati, può generare fenomeni di doppia tassazione o di doppia esenzione in capo ai lavoratori che mutino la propria residenza nel corso della vita, versando i contributi quando residenti in uno stato e fruendo delle prestazioni quando residenti in un altro stato. • La Commissione non ha proposto alcuna direttiva, ma ricorre allora alla moral suasion, sollecitando la convergenza dei modelli di tassazione dei diversi stati membri verso il modello EET, sulla base dell’assunto che tale modello sia già di gran lunga prevalente in seno alla Comunità.
L’imposta si applica sul risultato netto maturato della gestione in ciascun periodo d’imposta,che è pari alla seguente differenza:
I proventi che derivano da quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio concorrono a formare il risultato della gestione se percepiti o se iscritti nel rendiconto del fondo. Su di essi compete un credito d’imposta del 15 per cento. Detto credito d’imposta concorre a formare il risultato della gestione ed è detratto dall'imposta sostitutiva dovuta. • Quando in un periodo d’imposta matura un risultato negativo, lo stesso è computato in diminuzione del risultato della gestione dei periodi d'imposta successivi, per l'intero importo che trova in essi capienza.
Nessuno dei sistemi è del tutto coerente con i modelli teorici richiamati in precedenza in quanto, pur muovendosi tutti nell’ambito della famiglia ETT, prevedono una tassazione, nella seconda e terza fase, inferiore a quella ordinaria sui redditi (Ett). • Al di là di questo tratto comune, è però diverso il grado di razionalità sottostante a ciascuno di questi schemi. • Essi testimoniano scelte politiche diverse, nel corso del tempo, che hanno dato luogo ad un percorso incerto e altalenante, dove fasi di razionalizzazione sono state seguite da fasi in cui è prevalsa la preoccupazione di potenziare le agevolazioni anche a costo di perdere la razionalità del sistema. • Queste continue modifiche di percorso non possono che nuocere allo sviluppo del settore e alla coerenza complessiva del sistema tributario.
Il nuovo regime del d.lgs.252/2005 • Non adotta EET • Invece di agire abbassando la tassazione nella fase di contribuzione come lasciava intendere la legge delega, abbassa fortemente la tassazione nella fase di prestazione • La neutralità fiscale nei confronti delle diverse forme di risparmio previdenziale, ivi incluso il Tfr, sancita con il decreto legislativo 47/2000, viene abbandonata. • Si rendono totalmente asimmetriche l’esenzione iniziale dei contributi, che è a fronte della aliquota personale del soggetto, e la tassazione delle prestazioni, che, essendo ad aliquota proporzionale e notevolmente più bassa anche della prima aliquota dell’Irpef, accentua enormemente il vantaggio già concesso dal precedente regime ai contribuenti a reddito più elevato. Il peso dell’imposizione è costante, al crescere del reddito e quindi il prelievo è regressivo. • Il vantaggio fiscale cresce al crescere del periodo di contribuzione, data la previsione dell’abbattimento dell’aliquota al crescere degli anni di contribuzione oltre il quindicesimo.
Servono le agevolazioni fiscali? • Piuttosto che stimolare un comportamento virtuoso da parte di soggetti miopi od opportunisti, le agevolazioni fiscali rischiano di tradursi per lo più in un bonus, particolarmente costoso per la collettività, a favore di soggetti più agiati, che risparmierebbero comunque. • Alla generosa deducibilità usualmente consentita ai contributi versati - che beneficia maggiormente i soggetti ad alta aliquota di imposta, e quindi ad alto reddito - non corrisponde quasi mai una tassazione piena delle prestazioni ottenute. • Questo effetto è in parte attenuato attraverso l’imposizione di limiti superiori alla quota di reddito che può essere indirizzata verso questa forma di risparmio, godendo delle agevolazioni fiscali.
Riferimenti bibliografici • M.C.Guerra, Lezione 10 La tassazione dei fondi pensione e del risparmio previdenziale, www.unimore.it (e sito lezioni) • Agenzia delle entrate, Vantaggi fiscali della previdenza complementare, http://www.finanze.it/export/download/altri2/Previdenza_complementare.pdf (e sito lezioni) • Giannini S., e M.C.Guerra, Alla ricerca di una disciplina fiscale per la previdenza complementare, in M.Messori (a cura di), La previdenza complementare in Italia, Il Mulino 2006.