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Decreto Legislativo 626/94 Titolo VII protezione da agenti cancerogeni e/o mutageni Decreto Legislativo 25 febbraio 2000, n. 66 ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE 97/42/CE E 1999/38/CE, CHE MODIFICANO LA DIRETTIVA 90/394/CEE, IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI LAVORATORI CONTRO I RISCHI DERIVANTI DA ESPOSIZIONE AD AGENTI CANCEROGENI O MUTAGENI DURANTE IL LAVOROLinee Guida del Coordinamento Tecnico per la Prevenzione degli Assessorati alla Sanità delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano
DECRETO LEGISLATIVO 19 settembre 1994 n. 626 ART. 60 - Campo di applicazione • 1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratorisono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa della loro attività lavorativa. • 2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività disciplinate da: ... Omissis ... ART. 61 - Definizioni • 1. Agli effetti del presente decreto si intende per agente cancerogeno: • a) una sostanza alla quale, nell'allegato 1 della direttiva 67/548/CEE, è attribuita la menzione R 45: "Può provocare il cancro" o la menzione R 49: "Può provocare il cancro per inalazione"; • b) un preparato su cui, a norma dell'art. 3, paragrafo 5, lettera j), della direttiva 88/379/CEE deve essere apposta l'etichetta con la menzione R 45: "Può provocare il cancro" o con la menzione R 49: "Può provocare il cancro per inalazione"; • c) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII nonché una sostanza od un preparato prodotti durante un processo previsto all'allegato VIII.
ALLEGATO VIII Elenco di sistemi, preparati e procedimenti • Produzione di auramina con il metodo Michler. • Lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame, nella pece, nel fumo o nelle polveri di carbone. • Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate. • Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico
D. L. 19 settembre 1994 n. 626 ART. 62 - Sostituzione e riduzione 1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non è o è meno nocivo alla salute e eventualmente alla sicurezza dei lavoratori. 2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno avvenga in un sistema chiuso sempre che ciò è tecnicamente possibile. 3. Se il ricorso a un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile. ART. 63 - Valutazione del rischio 1. ... Omissis ... 2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. 3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative. 4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti dati: • a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o di processi industriali di cui all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni; • b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti; • c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni; • d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa; • e) le misure preventive e protettive applicate e il tipo dei dispositivi di protezione individuali utilizzati; • f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti. 5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative .. Omissis ... 6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati ... Omissis ...
D. L. 19 settembre 1994 n. 626 ART. 64 - Misure tecniche, organizzative, procedurali 1. Il datore di lavoro: • a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative siano impiegati quantitativi di agenti cancerogeni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette; • b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali "vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare; • c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma 5, lett. n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale; • d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277; • e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti; • f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate; • g) assicura che gli agenti cancerogeni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza; • h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile; • i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari per quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni presenta rischi particolarmente elevati.
D. L. 19 settembre 1994 n. 626 ART. 65 - Misure igieniche 1. Il datore di lavoro: • a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati e adeguati; • b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili; • c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione. 2. E vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all'art. 64, lettera b). ART. 66 - Informazione e formazione 1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni in particolare per quanto riguarda: • a) gli agenti cancerogeni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare; • b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione; • c) le misure igieniche da osservare; • d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego; • e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze. 2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1. 3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verifichino nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi. 4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modifiche ed integrazioni.
D. L. 19 settembre 1994 n. 626 ART. 67 - Esposizione non prevedibile 1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza. 2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario. 3. Il datore di lavoro comunica al più presto all'organo di vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze. ART. 68 - Operazioni lavorative particolari 1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella di manutenzione, per le quali, nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, è prevedibile un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza: • a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni; • b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni. 2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al minimo compatibilmente con le necessità delle lavorazioni.
D. L. 19 settembre 1994 n. 626 ART. 69 - Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche 1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria. 2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati. 3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277. 4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo a uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro. 5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro dispone una nuova valutazione del rischio in conformità all'art. 63 e, ove tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dall'agente in aria, per verificare l'efficacia delle misure adottate. 6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa. ART. 70 - Registro di esposizione e cartelle sanitarie ... Omissis ... ART. 71 - Registrazione dei tumori 1. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente l'anamnesi lavorativa. 2. Presso l'ISPESL è tenuto, ai fini di analisi aggregate, un archivio nominativo dei casi di neoplasia di cui al comma 1. 3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente, sono determinate le caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di neoplasia accertata, ne stabiliscono la raccolta, l'acquisizione, l'elaborazione e l'archiviazione, nonché le modalità di registrazione di cui al comma 2, e le modalità di trasmissione di cui al comma 1. 4. Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione CE, informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.
DECRETO LEGISLATIVO 25 febbraio 2000, n. 66 ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE 97/42/CE E 1999/38/CE, CHE MODIFICANO LA DIRETTIVA 90/394/CEE, IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI LAVORATORI CONTRO I RISCHI DERIVANTI DA ESPOSIZIONE AD AGENTI CANCEROGENI O MUTAGENI DURANTE IL LAVORO Art. 1. - Disposizioni generali • Il titolo del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è sostituito dal seguente: "Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e 1999/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.". • La rubrica del titolo VII del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è sostituita dalla seguente: "Protezione da agenti cancerogeni mutageni". • Nelle disposizioni del titolo VII del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, fatta eccezione per gli articoli 61 e 71, dopo le parole: "cancerogeno" o: "cancerogeni" sono aggiunte, rispettivamente, le seguenti: "o mutageno" e "o mutageni".
DECRETO LEGISLATIVO 25 febbraio 2000, n. 66 Una delle innovazioni più significative introdotte dal D.L. 66/2000 è l’introduzione dei mutageni nei criteri per l’applicazione del titolo VII del D.L. 626/94 ART. 60 (626/94) - Campo di applicazione 1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa della loro attività lavorativa. • La rubrica del titolo VII del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è sostituita dalla seguente: "Protezione da agenti cancerogeni e mutageni".
D. L. 25 febbraio 2000, n. 66 Art. 2. - Campo di applicazione ... Omissis ... Art. 3. - Definizioni L'articolo 61 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è sostituito dal seguente: "Art. 61 (Definizioni). - 1. Agli effetti del presente decreto si intende per: a) agente cancerogeno: • 1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni; • 2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285; • 3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII, nonché una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato VIII; b) agente mutageno: • 1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni; • 2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285; c) valore limite: • se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato VIII-bis.".
D. Lgs. n. 52 del 3 febbraio1997 . Attuazione della direttiva 92/32/CEE concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose D. Lgs. n. 285 del 16 luglio 1998 . Attuazione di direttive comunitarie in materia di classificazione, imballaggio ed etichettatura dei preparati pericolosi, a norma dell'articolo 38 della legge 24 aprile 1998, n. 128
D. L. 25 febbraio 2000, n. 66 Art. 4 - Valore limite di esposizione • All'articolo 62, comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è aggiunto il seguente periodo: "L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato VIII-bis". Art. 5 - Valutazione del rischio • 1. All'articolo 63, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è aggiunto il seguente periodo: "La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo.“ Art. 6 - Registro di esposizione e cartelle sanitarie • 1. L'articolo 70 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è sostituito dal seguente: "Art. 70 (Registro di esposizione e cartelle sanitarie) ... Art. 7 - Monitoraggio dei tumori. ... sistemi di monitoraggio dei rischi cancerogeni di origine professionale utilizzando i flussi informativi ... Art. 8 - Adeguamenti normativi • ... Omissis ... Art. 9 - Sostanze, preparati e processi che espongono ad agenti cancerogeni • L'allegato VIII del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è sostituito dal seguente: • Allegato VIII - ELENCO DI SOSTANZE, PREPARATI E PROCESSI • Produzione di auramina col metodo Michler. • I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone. • Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate. • Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico. • Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno duro.
D. L. 25 febbraio 2000, n. 66 Art. 10 - Elenco dei valori limite di esposizione professionale • 1. Al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è aggiunto il seguente allegato VIII-bis: • Allegato VIII-bis - VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE • Benzene • Cloruro di vinile monomero • Polveri di legno NOTA -va sottolineata l’importanza di stabilire Valori Limite di Esposizione anche se attualmente solo relativi a 3 agenti, in quanto questi permettono un grado minimo di protezione e consentono di avere un riferimento di partenza con cui valutare l’esposizione dei lavoratori e il rischio per la salute che ne deriva. I Valori Limite introdotti non vanno però intesi come valori che tutelano la salute dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, ma come valori che comunque non possono mai essere superati; è fatto salvo che permane l’obbligo di provvedere affinchè il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore possibile indipendentemente dal rispetto dei Valori Limite. Successivamente sono state introdotte altre tabelle riportanti i VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE, ma la loro utilità rimane, per quanto detto, limitata ed essendo materia di costante aggiornamento risulta superfluo riprodurle in questa sede Art. 11 - Sanzioni • ... Omissis ... Art. 12 - Norme transitorie ... Omissis ... Art. 13 - Abrogazione • ... Omissis ... NOTE • ... Omissis ...
Linee Guida del Coordinamento Tecnico per la Prevenzione degli Assessorati alla Sanità delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano DEFINIZIONI DI CANCEROGENO E/O MUTAGENO • Il campo di applicazione della norma si estende a tutti i luoghi di lavoro dove siano presenti agenti cancerogeni e/o mutageni, senza limitazione alcuna. • Le sostanze, i preparati, le miscele, le lavorazioni e i processi che possono essere compresi nella definizione di cancerogeno e/o mutageno sono molti. • E’ essenziale quindi richiamare le definizioni per la loro identificazione, così come sono riportate dal D.Lgs. 66/00 ed integrate quindi nel Titolo VII del D.Lgs. 626/94 Si deve intendere per "agente cancerogeno" • una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del D.Lgs. 52/97, e successive modifiche ed integrazioni, in attuazione di corrispondenti Direttive Comunitarie; • un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1., quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi dei D.Lgs. 52/97, e D.Lgs. 285/98; • una sostanza, un preparato o un processo di cui all’allegato VIII, nonché una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall’allegato VIII. Si deve intendere per "agente mutageno" • una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie mutagene 1 o 2, ai sensi del D.Lgs. 52/97, e successive modifiche ed integrazioni, in attuazione di corrispondenti Direttive Comunitarie; • un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 4., quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti ai sensi dei D.Lgs.52/97 e D.Lgs.285/98.
Linee GuidaCategorie di sostanze cancerogene e relative frasi di rischio Categoria 1 • Sostanze note per gli effetti cancerogeni sull’uomo. • Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione dell’uomo ad una sostanza e lo sviluppo di tumori. Categoria 2 • Sostanze che dovrebbero considerarsi cancerogene per l’uomo. • Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione dell’uomo ad una sostanza possa provocare lo sviluppo di tumori, in generale sulla base di: • adeguati studi a lungo termine effettuati sugli animali, • altre informazioni specifiche. Una sostanza viene inserita nella categoria 1 di cancerogenicità in base ai dati epidemiologici; la collocazione nella categoria 2 si basa fondamentalmente sugli esperimenti animali. Per le categorie 1 e 2 sono utilizzati i seguenti simboli e le seguenti specifiche frasi di rischio: R 45 Può provocare il cancro. Per le sostanze ed i preparati che presentano un rischio cancerogeno soltanto per inalazione (ad esempio sottoforma di polveri, vapori o fumi) devono essere utilizzati il seguente simbolo e specifica frase di rischio: R 49 Può provocare il cancro per inalazione
Linee GuidaCategorie di sostanze mutagene e relative frasi di rischio Categoria 1 • Sostanze note per gli effetti mutageni sugli esseri umani. • Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione degli esseri umani ad una sostanza e alterazioni genetiche ereditarie Categoria 2 • Sostanze che dovrebbero considerarsi mutagene per gli esseri umani. • Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione dell’uomo ad una sostanza possa provocare lo sviluppo di alterazioni genetiche ereditarie, in generale sulla base di: • - adeguati studi a lungo termine effettuati sugli animali, • - altre informazioni specifiche. Per le categorie 1 e 2 sono utilizzati i seguenti simboli e le seguenti specifiche frasi di rischio: R 46 Può provocare alterazioni genetiche ereditarie Una mutazione è l’alterazione permanente di un tratto o della struttura del materiale genetico di un organismo che provoca un mutamento delle caratteristiche fenotipiche dell’organismo stesso. Le alterazioni possono coinvolgere un unico gene, un raggruppamento di geni o un intero cromosoma. Gli effetti sui singoli geni possono essere la conseguenza di mutazioni su singole basi del DNA (mutazioni puntiformi) o di alterazioni di tratti più ampi, incluse le delezioni, all’interno di un gene. Gli effetti su interi cromosomi possono comportare alterazioni della struttura o del numero di cromosomi. Una mutazione delle cellule germinali degli organismi a riproduzione sessuata può essere trasmessa alla progenie.
Linee GuidaDefinizioni di preparato cancerogeno e/o mutageno e relative frasi di rischio • I preparati sono cancerogeni e/o mutageni sulla base della percentuale di presenza di sostanze cancerogene e/o mutagene. • Se in Allegato I alla Direttiva 67/548/CEE non sono riportati limiti di concentrazione specifici, valgono le seguenti regole generali: • un preparato è cancerogeno quando contiene una o più sostanze cancerogene appartenenti alle categorie 1 o 2 in concentrazione maggiore o uguale a 0,1% • un preparato è mutageno quando contiene una o più sostanze mutagene appartenenti alle categorie 1 o 2 in concentrazione maggiore o uguale a 0,1%. Un preparato, come previsto dal D.Lgs.285/98è considerato cancerogeno e/o mutageno quando contiene almeno una sostanza cancerogena e/o mutagena in percentuale maggiore o uguale allo 0,1%, salvo limiti diversi e specifici di concentrazione di cancerogenicità riportati nella scheda delle singole sostanze nell’Allegato I alla Direttiva 67/548 CEE e successive modifiche
Linee GuidaLe frasi di rischio associate sono anche: • R 39 Pericolo di effetti irreversibili molto gravi. • R 40 Possibilità di effetti cancerogeni - prove insufficienti. • R 48 Pericolo di gravi danni per la salute in caso di esposizione prolungata. • R 60 Puo' ridurre la fertilita'. • R 61 Puo' danneggiare i bambini non ancora nati. • R 62 Possibile rischio di ridotta fertilita'. • R 63 Possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati. • R 68 Possibilità di effetti irreversibili. La Direttiva 67/548/CEE (l’ultimo adeguamento è stato pubblicato sul supplemento ordinario n. 100 della GAZZETTA UFFICIALE n. 92 del 20 aprile 2006 è strato pubblicato il D.Lgs. 28 febbraio 2006: Recepimento della direttiva 2004/74/CE recante il XXIX adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE in materia di classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose) concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio, e all’etichettatura delle sostanze pericolose) viene periodicamente aggiornata sulla base di nuove conoscenze scientifiche e costituisce una lista di riferimento ufficiale e sicura.
Linee GuidaSostanze emesse durante le attività lavorative • Sono altresì da identificare e classificare (seguendo i criteri previsti all’art. 61 del D.Lgs. 626/94) le sostanze e le miscele che non entrano nel ciclo lavorativo, come materie prime, ma che si producono e si possono liberare durante il processo. • In questo caso si tratta di agenti sprovvisti di etichettatura e di scheda di sicurezza, ma per i quali deve essere disponibile o prodotta della documentazione tecnica
Linee GuidaIndividuazione degli agenti CANCEROGENI e/o MUTAGENI nell’ambiente di lavoro La valutazione, e le corrispondenti misure di prevenzione, come è stato già detto, devono essere predisposte preventivamente, quindi prima dell’inizio dell’attività lavorativa e ciò ai sensi dell’art.72-quater comma 6. Titolo VII-bis D.Lgs. 626/94. E’ indispensabile seguire un percorso in ogni singola azienda per sapere preliminarmente se: • un agente, tra tutti quelli individuati, possa essere cancerogeno e/o mutageno, • se si debba approfondire se è cancerogeno e/o mutageno, • se si può escludere che vi siano detti agenti nel ciclo lavorativo e nell’ambiente di lavoro. L’attenzione deve essere rivolta prima di tutto alle materie prime impiegate, prevedendo come primo passo la lettura attenta dell’etichettatura di pericolo del prodotto utilizzato e, principalmente, della relativa scheda di sicurezza, per verificare se siano riportate le frasi di rischio e/o le loro esplicitazioni più estese: "Può provocare il cancro"(R 45), "Può provocare il cancro per inalazione" (R 49); "Può provocare alterazioni genetiche ereditarie" (R 46). In caso di dubbio rimane in capo al datore di lavoro l’impegno/obbligo di identificare le sostanze chimiche attraverso il numero del Chemical Abstract Service (CAS), il numero CEE o numero Indice, il numero EC corrispondente al numero dell’European INventory of Existing Commercial chemical Substances (EINECS) e dell’European List of Notified Chemical Substances (ELINCS), in modo da poter chiedere su questa base ai produttori le ulteriori informazioni disponibili, senza escludere, se è il caso, la consultazione di banche dati specializzate
Linee GuidaIndividuazione degli agenti CANCEROGENI e/o MUTAGENI nell’ambiente di lavoro Per l’identificazione come cancerogene e/o mutagene di sostanze non impiegate come materie prime ma prodotte durante i processi lavorativi occorre un’analisi accurata del ciclo lavorativo prendendo in particolare considerazione i processi di sviluppo ed emissione di agenti chimici in alcune lavorazioni (ad esempio saldatura, eliminazione o trattamento dei rifiuti, fusione o tempra dei metalli, uso di fluidi lubrorefrigeranti, combustioni, lavorazioni a caldo di materie plastiche). Inoltre possono essere indicative, ma non esaustive, le informazioni contenute nelle schede informative in materia di sicurezza (schede di sicurezza) di sostanze e preparati, impiegati nelle lavorazioni considerate, per quanto attiene la liberazione di sostanze nei relativi processi chimici o fisici. Per l’individuazione di tali sostanze risulta indispensabile la competenza di tecnici di processo e di igienisti industriali.
Linee GuidaSostituzione e riduzione • La particolare attenzione posta dal legislatore e lo specifico approccio previsto al rischio da sostanze cancerogene e/o mutagene sono evidenti e lo dimostra in particolare il contenuto dell’art. 62 del D.Lgs. 626/94, che prevede, in primis, in una sorta di gerarchia comportamentale, che si sostituisca l’agente cancerogeno con ciò che non lo è; in subordine che si ricorra ad un "sistema chiuso", ulteriormente in subordine che si riduca l’esposizione al più basso valore tecnicamente possibile. • Il primo comma dell’art. 62 del D.Lgs. 626/94, "sostituzione e riduzione", prevede in effetti l’eliminazione o la riduzione dell’utilizzazione di un agente cancerogeno e/o mutageno mediante sostituzione di sostanza, di preparato o di procedimento, "sempre che ciò" sia "tecnicamente possibile". • Il secondo comma dello stesso articolo prevede il ricorso ad un "sistema chiuso" per la produzione o l’utilizzazione dell’agente cancerogeno e/o mutageno, "sempre che ciò" sia "tecnicamente possibile • Il terzo comma dell’art. 62 del D.Lgs. 626/94 prevede "la riduzione del livello di esposizione dei lavoratori al più basso valore tecnicamente possibile. L’esposizione non deve comunque superare il valore limite dell’agente stabilito nell’allegato VIII-bis". • Nel perseguire il più basso livello di esposizione tecnicamente possibile, si devono impiegare tutte le misure preventive tecniche, organizzative e procedurali, come indicato nell’art. 64 del D.Lgs. 626/94, in pratica secondo norme di buona tecnica. Per valutare i risultati raggiunti occorre determinare il livello di esposizione all’agente cancerogeno e mutageno, e confrontarlo con uno standard. Nel caso specifico lo standard, equivalente "al più basso valore tecnicamente possibile" per una determinata condizione di esposizione lavorativa, è, nella maggioranza dei casi non facile da definire.
Linee GuidaSostanze per le quali sono vietati produzione, lavorazione ed impiego A proposito di sostituzione è importante ricordare che nell’art. 72-novies e nell’allegato VIII-quinquies del D.Lgs. 25/02, vengono in più espressamente previsti divieti di produzione, lavorazione e impiego di agenti chimici e attività. Attualmente l’allegato VIII-quinquies comprende quattro ammine aromatiche cancerogene e mutagene. • Il comma 3 dell’articolo 72-novies del D.Lgs. 25/02 prevede le seguenti possibilità di deroga al divieto: • attività a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione scientifica, ivi comprese le analisi; • attività volte ad eliminare gli agenti chimici che sono presenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti; • produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati come intermedi.
Linee GuidaVALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE Il D.Lgs. 626/94 richiede per i cancerogeni e/o mutageni una valutazione particolarmente approfondita e documentata dell’esposizione, "di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo", ricorrendo quindi, dove possibile, anche a tecniche di valutazione dell’esposizione cutanea e agli indicatori biologici di esposizione. La valutazione deve essere integrata con i dati previsti dal comma 4 dell’art. 63 del D.Lgs. 626/94: • le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni e/o mutageni, o di processi industriali di cui all’allegato VIII, con l’indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni e/o mutageni; • i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni e/o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti; • il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni e/o mutageni; • l’esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota, e il grado della stessa; • le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati; • le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e/o mutageni, le caratteristiche chimico-fisiche e tossicologiche delle sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
Linee GuidaLe misure di igiene industriale • Per accertare e documentare la situazione di esposizione lavorativa a cancerogeni e/o mutageni, sia il D.Lgs.25/02 sia il D.Lgs.66/00 prevedono il ricorso a misurazioni degli agenti mediante campionamenti ambientali allo scopo di determinare il livello di esposizione per via inalatoria e studiare l’efficacia delle misure di prevenzione adottate. • Inoltre, è bene ripeterlo, il datore di lavoro effettua la misurazione ogni volta che siano modificate le condizioni che possono far variare l’esposizione all’agente chimico (in termini di quantità, modalità d’uso, modifiche di tecnologie ed impianti) oppure periodicamente per controllare l’esposizione dei lavoratori.
Linee GuidaI valori limite • In generale per i cancerogeni e/o mutageni non è possibile evidenziare una "soglia" di esposizione sicura, anche se bassa o molto bassa; ciò porta a dire che è verosimile che per tali sostanze la soglia non debba esistere, e ciò risulta particolarmente vero per i fini pratici della prevenzione. • Tuttavia il D.Lgs. 66/00 ha introdotto i valori limite per cloruro di vinile monomero, benzene e polveri di legno. • Il D.Lgs. 25/02 richiama la definizione di valore limite di esposizione professionale e di valore limite biologico. Sia i valori limite ambientali che quelli biologici non devono mai essere superati.
Linee GuidaI livelli di esposizione Alla fine del processo di valutazione è di grande utilità arrivare alla stima dell’esposizione dei lavoratori assegnando una categoria quali-quantitativa dell’esposizione. La valutazione dell’esposizione dei lavoratori deve permettere la loro classificazione in: • esposti. • potenzialmente esposti; LAVORATORI ESPOSTI: il valore di esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni potrebbe risultare superiore a quello della popolazione generale. LAVORATORI POTENZIALMENTE ESPOSTI (articolo 63 comma 4. lettera c) D.Lgs. 626/94): il valore di esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni risulta superiore a quello della popolazione generale, solo per eventi imprevedibili e non sistematici.
Linee GuidaI livelli di esposizione • Questo criterio classificativo, che presuppone la definizione di valori di riferimento nell’aria per sostanze cancerogene e mutagene nella popolazione generale, è utile e praticabile per le sostanze ubiquitarie nell’ambiente di vita, per le quali di fatto tali valori di riferimento esistono e sono generalmente fissati in normative. • Per le sostanze per le quali non è stato stabilito un valore di riferimento si può affermare che si ha esposizione quando esse siano rintracciabili nell’ambiente in presenza di una lavorazione che specificamente le utilizza/produce e in concentrazioni plausibilmente ad essa riconducibili. • Un ulteriore criterio, particolarmente utile quando si valuti l’esposizione a sostanze che possono penetrare nell’organismo per via cutanea, può essere fornito dai valori limite della Società Italiana Valori di Riferimento (SIVR), coi quali ci si può confrontare con tecniche di monitoraggio biologico.
Linee GuidaDivieti per lavorazioni con esposizione a cancerogeni • E’ opportuno ricordare che non tutti i lavoratori possono essere adibiti a lavori che comportino l’esposizione ad agenti cancerogeni e tra questi ricordiamo:
La valutazione del rischio cancerogenetico La valutazione del rischio cancerogenetico richiede la disponibilità di livelli di informazione sia qualitativi che quantitativi, in altre parole oltre ad individuare la presenza e a conoscere la potenza di una sostanza cancerogena che può essere impiegata in un luogo di lavoro, è necessario conoscerne anche il livello di esposizione professionale. La stima del rischio cancerogenetico, sia dal punto di vista scientifico che socio-politico, sta diventando sempre più un’esigenza per la popolazione occidentale, dove l’insorgenza della malattia neoplastica è la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari.
Linee Guidaevidenza di cancerogenicità e la potenza del cancerogeno I VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PER GLI AGENTI CANCEROGENI NELLE LISTE INTERNAZIONALI Esistono due diverse modalità di caratterizzazione degli agenti cancerogeni: l'evidenza di cancerogenicità e la potenza del cancerogeno Evidenza di cancerogenicita' • E' dovuta alla "sicurezza" con la quale si può affermare che una sostanza può provocare effetti cancerogeni sull'uomo. Queste considerazioni derivano da studi epidemiologici, da esperimenti su animali o da tests "in vitro" (su cellule). • Le sostanze cancerogene vengono classificate in diverse fasce a seconda dell'evidenza, fondata su queste prove, dell'effetto cancerogeno sull'uomo (cancerogeno sicuro, sospetto, su cui non si hanno prove...) o sull'animale. Molti enti hanno classificato le sostanze secondo questo criterio (IARC, EPA, ACGIH, MAK, la stessa CEE, la CCTN); queste classificazioni non coincidono in quanto sono effettuate sulla base di prove e criteri che possono essere differenti. Potenza di un cancerogeno • Indipendentemente dall'evidenza della sua cancerogenicità, una sostanza cancerogena è più o meno potente quanto è maggiore la probabilità che un certo livello di esposizione possa provocare il cancro. E' ancora controversa l'opinione in base alla quale si può ritenere che esista, per le sostanze cancerogene, un livello di soglia al di sotto del quale il rischio di contrarre il tumore sia nullo. • Esistono dei modelli matematici che descrivono la relazione dose-risposta per queste sostanze. Tramite questi modelli, è possibile calcolare, estrapolando alle basse dosi, il livello al di sotto del quale il rischio è pari a zero. Tuttavia, il comportamento di molte sostanze cancerogene è difficilmente classificabile in modelli comportamentali netti; la risposta individuale a tali sostanze è molto variabile; adottare un modello matematico al posto di un altro, alle basse dosi, può portare a notevoli differenze nella stima della soglia di rischio. • Nonostante vi siano dei dubbi sulla loro efficacia, alcune liste hanno adottato valori limite per le sostanze cancerogene
Livelli di esposizione Partendo dalla certezza che tutti noi indistintamente conviviamo ogni giorno con un’enorme varietà di agenti cancerogeni ambientali, iatrogeni e comportamentali, chi si trova nella condizione di essere esposto ogni giorno ad agenti cancerogeni anche sul posto di lavoro, deve avere la possibilità di essere messo in condizione di conoscere quantomeno il suo livello di esposizione, dato che la permanenza negli ambienti di lavoro è estremamente rilevante, rappresentando quasi un terzo del tempo di vita a sua disposizione.
Riduzione dell’esposizione Pertanto considerando che il rischio cancerogenetico uguale a zero non esiste, conoscere il livello delle esposizioni permette di definire un ordine di priorità di interventi di rimozione, riduzione e controllo delle esposizioni professionali ed ambientali, e anche di verificare l’efficacia di tali interventi. È evidente che la riduzione dell’esposizione ad agenti cancerogeni rappresenta una priorità da raggiungere sia nell’ambiente di lavoro che di vita!
Riduzione dell’esposizione L’esposizione professionale ai cancerogeni più noti, quali l’amianto, le amine aromatiche, il benzene, il cloruro di vinile monomero ed altri, è, se non eliminata, per lo meno fortemente ridotta rispetto al passato (anche se gli effetti delle esposizioni passate continuano a manifestarsi ancor oggi). Sono stati attuati interventi importanti per il controllo del rischio in moltissimi ambienti di lavoro, in funzione di una migliore gestione dell’esposizione ad agenti chimici e fisici in generale. Tutto ciò però non ci permette di sostenere che il rischio sia stato eliminato e quindi è necessario non sottovalutare il reale rischio da agenti cancerogeni e mutageni. Il numero di lavoratori esposti è certamente tutt’altro che trascurabile.
Esposizione dei lavoratori ad agenti cancerogeni Nel caso di presenza di sostanze cancerogene in azienda al datore di lavoro è richiesta non tanto una valutazione del rischio intesa come stima delle probabilità di accadimento dell’evento (sul singolo lavoratore ? Sul gruppo di lavoratori ?) quanto una valutazione particolarmente approfondita e documentabile dell’esposizione (o meglio dell’avvenuto controllo dell’assenza di esposizione) di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo, ricorrendo anche ad indicatori di assorbimento validati (metodiche del monitoraggio biologico). Il Titolo VII del D.L. 626/94 è una norma tecnica che si deve applicare in relazione al fatto che il datore di lavoro si avvale di una sorta di “deroga” autocertificata, ma pur sempre una deroga, in quanto ricorre all’impiego di sostanze che in realtà dovrebbero essere bandite in quanto cancerogene o delle quali è quantomeno fortemente disincentivato l’uso. L’impiego di dette sostanze è ammissibile a patto che si realizzino condizioni accertate e documentate che possano escludere l’assorbimento, per qualsiasi via, di queste sostanze da parte dei lavoratori addetti e quindi potenzialmente esposti. È indispensabile il ricorso sistematico a campionamenti ambientali, sia per escludere che gli addetti possano assorbire le sostanze per via aerea, sia per studiare la “tenuta” del sistema. Il sistema dovrebbe essere tale da poter escludere qualsiasi tipo di assorbimento.
Esposizione dei lavoratori ad agenti cancerogeni Nel caso che sia impossibile il ricorso ad un “sistema chiuso” l’obiettivo da raggiungere è quello di provvedere affinchè il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile. Il livello di esposizione ridotto al più basso valore tecnicamente possibile è cosa diversa dall’esposizione nulla, specialmente se riferita agli effetti di un’interpretazione estensiva di una nozione presente nella norma secondo la quale: “l’esposizione non deve comunque superare il valore limite dell’agente stabilito” (allegato VIII-bis) L’ammissione da parte del datore di lavoro di aver “creato e mantenuto” dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni è un’ammissione di responsabilità che necessita di un accertamento più approfondito in termini penali, ma anche, come più spesso avviene in altri paesi, in termini civili e assicurativi.
Lavoratori esposti Come abbiamo già visto i lavoratori possono esser suddivisi in • Lavoratori non esposti, in quanto non addetti, • Lavoratori potenzialmente esposti, • Lavoratori esposti, • Lavoratori ex-esposti A sua volta i lavoratori esposti possono ulteriormente essere suddivisi in • Esposti a bassissimi livelli - esposizione che si situa a concentrazioni ambientali inferiori al 30% del valore limite • Esposti a bassi livelli - esposizione che si situa a concentrazioni ambientali inferiori al 50% del valore limite • Esposti a più alti livelli - esposizione che si situa a concentrazioni ambientali comprese tra il 50% del valore limite ed il limite stesso Una esposizione anomala, causata da un evento non prevedibile o da un incidente, può far si che i lavoratori non esposti o potenzialmente esposti diventino lavoratori esposti per il periodo in cui si sono svolti i fenomeni e successivamente diventino lavoratori ex-esposti
Alcuni punti critici Posto che sia verosimile che non esista una soglia di esposizione corrispondente ad un rischio zero: • Eventuali proposte di screening per identificare “quelle categorie di lavoratori per i quali l’esposizione a taluni agenti cancerogeni presenta rischi particolarmente elevati” (D.L. 66/2000 art. 64 comma j) vanno considerate con estrema cautela, sia che si alluda ad una ipersuscettibilità acquisita (ad esempio i fumatori), sia che si alluda ad una ipersuscettibilità genetica, spesso ignorata dal portatore. Il tutto nel rispetto del principio che l’esposizione a cancerogeni deve comunque essere più bassa possibile. • Per nessun tipo di tumore, alla cui eziologia possano contribuire esposizioni professionali, sono disponibili test adeguati per essere utilizzati in programmi di screening per la diagnosi precoce rivolti a soggetti asintomatici
A proposito di Sorveglianza sanitaria • Il controllo sanitario, completo di indagine anamnestica accurata e di esame clinico, particolarmente mirato sugli organi bersaglio, se noti, del cancerogeno cui il lavoratore è esposto, va effettuato al meno una volta l’anno. • La visita medica potrà, se ritenuto necessario, essere integrata da accertamenti complementari. • In occasione di tale controllo sarà rinnovata ai lavoratori l’informazione sul significato e sui limiti della sorveglianza sanitaria stessa, sui fattori favorenti l’instaurarsi della malattia, sul riconoscimento precoce dei sintomi ad essa riferibili, sul corretto uso dei dispositivi di protezione individuale e collettivi, sulle corrette procedure di lavoro. Questo terzo elemento è il più pregante dal punto di vista delle reali ricadute in termini di efficacia preventiva.
Criticità della Sorveglianza sanitaria La sorveglianza sanitaria presenta notevoli aspetti critici, in quanto non riesce ancora ad esprimere efficaci contenuti preventivi, limitandosi, nel migliore dei casi, alla diagnosi precoce dei tumori professionali. Al medico del lavoro, oggi chiamato medico competente, è affidata la responsabilità della sorveglianza sanitaria degli esposti a rischio cancerogeno e/o mutageno, azione sicuramente molto complessa, densa di attese, che esprime non solo valenze cliniche, ma ben più importanti e decisive valenze atte a migliorare la gestione del rischio.
Prevenzione secondaria Per prevenzione secondaria dei tumori professionali (Forni 1966) si intende la diagnosi precoce delle neoplasie, in una fase che permetta ancora un trattamento risolutivo della malattia. Ricordo che le linee guida dichiarano: “per nessun tipo di tumore alla cui eziologia possano contribuire esposizioni professionali sono disponibili adeguati test per essere utilizzati in programmi di screening per la diagnosi precoce, rivolti a soggetti asintomatici. ... Omissis ... In linea di principio, i medici competenti vanno scoraggiati dal porre in opera qualsiasi intervento di screening per la diagnosi di tumori, rivolto a soggetti asintomatici. Possono invece essere incoraggiati (se si verificassero gli adeguati presupposti scientifici e logistici) a partecipare a ricerche per la valutazione dell’efficacia di nuove proposte di screening”. Risultati più validi si ottengono con sistemi di intervento mirati associati alla citologia esfoliativa (ETP dell’utero, del polmone e della vescica)
Criticità della Sorveglianza sanitaria Nel percorso applicativo del Titolo VII del D.Lgs. 626/94, così come modificato dal D.Lgs. 66/2000, si incontrano alcuni nodi critici che possono interferire nella resa della sorveglianza sanitaria: • La classificazione degli agenti cancerogeni e/o mutageni • L’incertezza nella caratterizzazione dei cancerogeni e dei mutageni • Il processo di valutazione del rischio.
La classificazione degli agenti cancerogeni e/o mutageni Il D.Lgs. 626/94 aveva definito cancerogeno la sostanza o il preparato a cui la Direttiva 67/548/CEE attribuisce la menzione R 45 e R 49 e una sostanza, un preparato ed un processo di cui all’allegato VIII, nonchè una sostanza ed un preparato prodotti durante un processo di cui all’allegato VIII Il D.Lgs. 66/2000 sostituisce la presente classificazione conferendole altro spessore. Infatti per agente cancerogeno e/o mutageno si deve intendere: • Una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie cancerogene 7 mutagene 1 o 2, stabilite ai sensi del D.Lgs. 52/1997 e successive modifiche • Un preparato contenete una o più sostanze di cui al punto 1, quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene / mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai DD.LLgs. 52/1997 e 285/1998 • Una sostanza, un preparato o un processo di cui all’allegato VIII, nonchè una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto nell’allegato VIII
La classificazione degli agenti cancerogeni e/o mutageni In pratica, oltre a sostanze e preparati già etichettati con al frase di rischio R 45, R 49 e R 46, rientrano tutti quegli agenti che rispondono ai criteri classificativi pur non essendo classificati ancora ufficialmente. Viene così attribuita la menzione di cancerogeno / mutageno a molte sostanze non ancora classificate ufficialmente , spesso però senza chiarire la fonte dei dati scientifici usati. Una ulteriore difficoltà insorge poi quando si ha a che fare con sostanze classificate cancerogene / mutagene da Istituzioni diverse dall’unione Europea, come le autorevoli ACGIH, OSHA, IARC e la nostra CCTN. Ricordo che le frasi associate al rischio cancerogeno / mutageno sono anche: • R 39 Pericolo di effetti irreversibili molto gravi. • R 40 Possibilità di effetti cancerogeni - prove insufficienti. • R 48 Pericolo di gravi danni per la salute in caso di esposizione prolungata. • R 60 Puo' ridurre la fertilita'. • R 61 Puo' danneggiare i bambini non ancora nati. • R 62 Possibile rischio di ridotta fertilita'. • R 63 Possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati. • R 68 Possibilità di effetti irreversibili.
La classificazione degli agenti cancerogeni e/o mutageni Gaffuri sostiene che l’applicazione delle prescrizioni del D.Lgs. 626/94 e del D.Lgs. 66/2000 nell’ambito dell’esposizione ad agenti cancerogeni nell’ambiente di lavoro abbia bisogno di riflessioni e del ricorso ad un’informazione scientifica più completa di quella ottenibile dalla sola lettura dei due decreti. Secondo l’autore un punto critico sembra essere in primo luogo la definizione di cancerogeno e di mutageno, che appare troppo schematica, e che non tirnr conto delle varie classificazioni che ben otto agenzie internazionali hanno applicato alla materia e alle quali Gaffuri consiglia di ricorrere per un intervento più consapevole.
L’incertezza nella caratterizzazione dei cancerogeni e dei mutageni La normativa prevede criteri dettagliati per una corretta valutazione del rischio al fine di evidenziare le caratteristiche dell’esposizione, valutando la èpossibilità cha ha la sostanza cancerogena di penetrare nell’organismo, secondo le diverse vie di assorbimento. Tenendo conto che (A. Forni 1966) • gli organi bersaglio dei cancerogeni diretti sono rappresentati prevalentemente dalle vie di ingresso, • mentre gli organi bersaglio dei cancerogeni indiretti possono essere rappresentati sia dalle vie di ingresso (se l’attivazione avviene direttamente a livello degli epiteli con cui viene in contatto), sia nelle sedi di trasformazione metabolica (prevalentemente a livello epatico e in minor misura renale) sia a livello delle sedi di accumulo e di eliminazione (esempio vescica), Ne deriva che spesso la valutazione dell’esposizione risponde a criteri approssimativi incapaci di dettagliare le effettive condizioni di esposizione e l’effettivo rischio cui sono sottoposti i lavoratori. Ne deriva inoltre che la misura del rischio risponde a considerazioni precauzionali (come d’altra parte è giusto che sia) piuttosto che a criteri scientificamente basati.
Il processo di valutazione del rischio Stabilito che il contenuto della sorveglianza sanitaria scaturisce direttamente dalla valutazione del rischio effettuata, senza per altro voler generalizzare, si assiste spesso alla marginalizzazione del medico competente rispetto al processo di valutazione del rischio. Ci sentiamo quindi autorizzati ad affermare che spesso il medico competente si trova a prendere visione di documenti di valutazione del rischio che non sono sufficienti a definire correttamente il programma di intervento sanitario.
Quale soveglianza sanitaria ? Fermo restando che la sorveglianza sanitaria è un obbligo sancito per legge e la cui omissione è sanzionata penalmente, rimane il quesito su quale debba essere il suo contenuto e sulle attese che in essa vengono riposte. Bisogna inoltre ricordare che uno degli obiettivi della sorveglianza sanitaria è l’espressione del giudizio di idoneità alla mansione specifica (art. 16 D.Lgs. 626/94). In questo scenario di incertezze anche il giudizio di idoneità per gli esposti a cancerogeni e mutageni, comporta per il medico competente difficoltà etiche e pratiche ben più pesanti rispetto alla gestione di altri rischi professionali. Al medico del lavoro si chiede di accollarsi un gravoso “debito sociale” le cui conseguenze sono tutte e solo a carico di questo sanitario. Fonte: intervento ANMA – Convegno Modena 28/settembre/2001
Prevenzione primaria Stante l’evidenza che le attuali conoscenze non sono assolutamente in grado di soddisfare le attese di una sorveglianza sanitaria degli esposti ad agenti cancerogeni e mutageni come richiesta dal da D.Lgs. 626/94 e successive modifiche: È attuabile invece una prevenzione primaria intesa come individuazione di fattori di rischio individuali e la loro correzione attraverso consigli comportamentali, informazione, educazione sanitaria, ecc.