280 likes | 455 Views
Progetto Policoro 27° Corso di Formazione Nazionale. La reciprocità: fondamenti epistemologici, scientifici e dottrinali Domenico Cersosimo Unical , 4 maggio 2013. Profilo basso. Applicazione operativa La reciprocità in azione La reciprocità nel policy making territoriale
E N D
Progetto Policoro27° Corso di Formazione Nazionale La reciprocità: fondamenti epistemologici, scientifici e dottrinali Domenico Cersosimo Unical, 4 maggio 2013
Profilo basso • Applicazione operativa • La reciprocità in azione • La reciprocità nel policy making territoriale • La reciprocità nella cassetta degli attrezzi concettuali dell’economista applicato locale
Nel “retrobottega” 1. che succede nel mondo reale 2. cosa pensano gli scienziati sociali 3. paradigmi emergenti
E’ cambiato il mondo e il modo di vedere il mondo • prevedibilità vs incertezza ontologica [se prima riuscivi a prevedere tutto ora non sei assolutamente di grado di fare un quadro esaustivo della situazione e di arrivare a rappresentarti la gamma delle scelte possibili e delle loro conseguenze] • razionalità assoluta vs razionalità riflessiva • un mondo assai più complicato di prima
La globalizzazione è un motore delle trasformazione recenti • reti produttive e non • dilatazione abnorme dei perimetri dei processi decisionali e produttivi • folla di decisori e di attori • frantumazione dei poteri • dispersione della conoscenza
La smaterializzazione della produzione è un altro motore potente • contano le griffe • le emozioni • l’intangibile • la “testa” e la “coda”
Globalizzazione e materializzazione spingono verso trans-territorialità, trans-settorialità, trans-attorialità • puzzle rompicapo • i settori si sfumano • le coalizioni istituzionali e sociali si moltiplicano e complicano
Cosa ci dice lo sviluppo locale • prodotto e processo Imprese, infrastrutture, istituzioni • fini e mezzi hanno la medesima importanza Identica enfasi sugli aspetti sostanziali e su quelli procedurali (su cosa ti aspetti di raggiungere e su come lo raggiungi)
Ciò non è banale. • Per gli economisti mainstreamil problema dell’arretratezza è innanzitutto e soprattutto un problema di incentivi alle imprese. • Il paradigma dello sviluppo locale deraglia da questa impostazione standard: l’arretratezza è soprattutto, ma non esclusivamente, un problema che ha a che fare con la qualità del contesto socio-istituzionale: cioè con l’intensità delle relazioni tra istituzioni, con la propensione all’azione collettiva, con il capitale sociale. La presenza e la qualità di questi elementi condizionano il rendimento istituzionale e quindi le performances economiche
Seconda e più radicale innovazione legata al paradigma dello sviluppo locale • gli elementi del contesto possono essere influenzati e modificati attraverso le politiche pubbliche. • per scienziati sociali standard, i cambiamenti del contesto sono indotti o dal cambiamento economico (arriva l’impresa che tutto cambia!) oppure dall’evoluzione carsico della storia (cambiamenti molecolari della storia lunga). • in entrambi i casi nessuno spazio per politiche intenzionalmente rivolte a modificare il contesto.
Lo sviluppo locale “osa” • il contesto socio-economico si può cambiare senza aspettare che prima cambino le condizioni economiche e in tempi non secolari come vorrebbe l’ipotesi del cambiamento culturale. • le nostre azioni e i nostri orizzonti umani dipendono molto di più di quanto si pensi dalla storia corta, dalla matrice corrente delle opportunità. Se è così, cambiando la matrice, le regole del gioco e la posizione dei giocatori, è possibile condizionare e cambiare le strategie d’azione e le logiche di comportamento degli attori.
Concertazione/cooperazione istituzionale: asset strategico dello sviluppo • La concertazione può essere assimilata ad una forma di democrazia diretta/deliberativa. • Perché la concertazione può conseguire l’obiettivo del cambiamento del contesto? • Che vantaggi si possono conseguire adottando forme di democrazia diretta/deli-berativa?
Che cos’è la democrazia deliberativa? • dialogo e confronto argomentato per arrivare a scelte pubbliche condivise • tre vantaggi attesi da forme di democrazia deliberativa nel contesto specifico dello sviluppo locale
Primo vantaggio: + democrazia • partecipazione: maggiore democrazia • preferenze endogene • aumento del n. degli attori coinvolti • emersione di imprenditorialità istituzionale • [importante: piena eguaglianza e libertà per i partecipanti]
Secondo vantaggio: cittadini migliori • aumento della propensione alla cooperazione: cittadini migliori • migliori perché più informati/aperti/sensibili ai beni pubblici/virtù civiche • stare insieme e dialogare può condurre a maggiore coesione sociale e istituzionale
Terzo vantaggio: scelte migliori • migliori risultati in termini economici: scelte migliori • migliori perché strategie comuni possono implicare meccanismi di learningbydoingche accrescono competenze in tema di sviluppo economico degli attori e dunque possibilità per scelte più consapevoli • perché il maggiore orientamento verso i beni comuni(o meno opportunismo/particolarismo) può implicare la possibilità di equilibri “superiori”
Cosa ci dice l’esperienza empirica? • la concertazione ha effettivamente democratizzato i processi decisionali della politica locale (pur con i limiti di coalizioni collusive ed esclusive e di incapacità a coinvolgere soggetti forti) • la concertazione ha migliorato altresì la propensione alla cooperazione e all’azione collettiva, nonché la sedimentazione di nuove competenze tecniche e relazionali, che ha implicato un aumento della coesione sociale e istituzionale. • il contesto socio-istituzionale è dunque cambiato!
Perché pochi beni pubblici? • più partecipazione e più coesione hanno implicato solo in parte una maggiore efficacia dei risultati economici, mentre solo in pochi casi l’azione collettiva è stata finalizzata alla produzione di beni pubblici locali • perché la connessione è poco robusta? • perché la concertazione poche volte conduce a scelte ottime?(cioè a programmi di sviluppo integrato, azioni-sistema, nuove esternalità positive) • perché “buoni” processi non conseguono “buoni” prodotti?
Carenze nel disegno istituzionale • Carenze nel disegno istituzionale e regolativo, ovvero nel sistema di regole (centrali e regionali) –regole delle regole – che delimitano il campo di autodeterminazione degli attori locali. • Molti limiti del centro: opacità, instabilità, assenza di meccanismi di selezione, carenza di forme di cooperazione istituzionale verticale e orizzontale, indicazioni sbagliate sulle soluzioni organizzative, mancanza di meccanismi di selezione, isomorfismo.
Carenze di strategia a livello locale • Fallimenti locali: rendite particolaristiche, negoziazione distributiva. • i decisori politici locali possono non selezionare il progetto economicamente ottimale in presenza: • distribuzione asimmetrica dei benefici (il vincolo del consenso lo sconsiglia) [progetto vs programma] • vantaggi politici immediati da un progetto subottimale(vantaggi di breve periodo vs lungo periodo: la loro funzione obiettivo diverge dalla funzione di benessere sociale) [legare gli attori] • incapacità di valutare i benefici o a concepire un progetto ottimale (carenze di competenze). [aiuti esterni]
Fallimento della democrazia deliberativa? • Questi limiti dell’azione collettiva tendono a falsificare alcune delle ipotesi più ottimistiche della democrazia deliberativa. La maggiore propensione motivazionale alla cooperazione non significa automaticamente capacità di superare gli ostacoli insiti nell’azione collettiva. In particolare: • non sempre è vero che i soggetti coinvolti nei processi di concertazione riescono a superare i conflitti di interesse • adottando scelte che riflettono i benefici collettivi (rischio di scelte subottimali consensuali). • non è scontato che le coalizioni partenariali assumono il punto di vista generale e non il loro particolare (rischio delle logiche politiche di breve periodo). • non è per nulla facile che la concertazione attraverso dibattito, ricerca e sperimentazione conduce a scelte innovative (la carenze di competenze abbassa l’orizzonte delle soluzioni possibili).
Fallimento della democrazia deliberativa? • non è per nulla facile che la concertazione attraverso dibattito, ricerca e sperimentazione conduce a scelte innovative (la carenze di competenze abbassa l’orizzonte delle soluzioni possibili). • vantaggi di breve periodo vs lungo periodo: la loro funzione obiettivo diverge dalla funzione di benessere sociale • incapacità di valutare i benefici o a concepire un progetto ottimale.
Che fare….ricapitolando • La scarsa efficacia delle politiche per lo sviluppo locale può essere fatta risalire a: • limiti del disegno istituzionale • carenze di competenze degli attori locali • ridondanza di politicizzazione dei processi deliberativi locali.
Che fare….ricapitolando • 1. Il disegno istituzionale dipende molto da processo di riforma costituzionale, ma anche dall’impostazione delle politiche macroeconomiche e di quelle settoriali.
Che fare….ricapitolando • 2. Competenze locali. Si può fare moltissimo. • Rafforzando la cooperazione istituzionale verticale • A volte non basta la riunificazione delle conoscenze locali disperse tra gli attori. Esistono infatti conoscenze pertinenti che non sono diffuse bensì concentrati in limitati centri/luoghi. Spesso queste conoscenze rare sono decisive per l’efficacia dei progetti di sviluppo locale. Inoltre, le conoscenze globali, che si trovano al centro, sono decisive per collocare le dimensione locale nella dimensione globale. Il centro conta!
Che fare….ricapitolando • Attribuendo maggiore peso ad organismi tecnici su scala locale. • Un altro modo per fare fronte alla carenza di competenze è quello di affidarsi ad agenzie tecniche locali, meglio ad agenzie con spiccate competenze tecniche ma anche politicamente legittimate (altrimenti si corre il rischio di buoni progetti ma non realizzati): scelte impopolari oppure scelta di progetti molto innovativi e dunque con un alto rischio di insuccesso.
Che fare….ricapitolando • 3. Eccesso di politicizzazione. Dare più potere ad alcuni attori della rete partenariale (per forzare le scelte, per dirimere i conflitti non in modo consensuale). Spesso queste figure sono i leader che sono riusciti a guadagnare una posizione preminente (e agire su delega parziale). Insomma necessità di un organismo più autonomo, di un soggetto dotato di poteri di delega, meno oppresso dal vincolo del consenso. Equilibrio tra elementi ed organismi di democrazia deliberativa e elementi e organismi di democrazia rappresentativa, tra governace e government. E’ necessario insomma inserire ne disegno istituzionale un elemento forte di intenzionalità.
Bibliografia • Cersosimo D. e Wolleb G. (2006), Economie dal basso, Roma, Donzelli: Introduzione. Lineamenti di una politica per lo sviluppo locale (pagg. 3-32) e Conclusioni. Come le politiche possono cambiare i contesti istituzionali (pagg. 245-269)