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STUDIO DI ALTERAZIONI EPIGENETICHE IN MELANOMI CUTANEI PRIMITIVI E METASTATICI. G Sartori (1), L Garagnani (2), L Schirosi (3), C De Gaetani (4), A Maiorana (5).
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STUDIO DI ALTERAZIONI EPIGENETICHE IN MELANOMI CUTANEI PRIMITIVI E METASTATICI. G Sartori (1), L Garagnani (2), L Schirosi (3), C De Gaetani (4), A Maiorana (5). Dipartimento ad Attività Integrata di Laboratori, Anatomia Patologica e Medicina Legale, Sezione di Anatomia Patologica, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Modena.
INTRODUZIONE I Il melanoma cutaneo è una neoplasia caratterizzata da molteplici e diverse alterazioni a livello genico. I principali meccanismi molecolari implicati nella tumorigenesi e nello sviluppo di metastasi in queste forme tumorali sono rappresentati da: • Delezioni geniche (in particolare, del gene CDKN2A); • Mutazioni attivanti (in particolare, dei geni B-RAF e N-RAS); • Inattivazioni epigenetiche (coinvolti numerosi geni ad azione onco-soppressiva).
INTRODUZIONE II • I processi di metilazione a carico dei promotori genici sono alterazioni molecolari che implicano una riduzione dell’espressione genica corrispondente; si sono, inoltre, dimostrati eventi cruciali nel determinare lo sviluppo e la progressione in molteplici forme tumorali. • Negli ultimi anni, nel tentativo di individuare fattori prognostici e predittivi di risposta a trattamenti terapeutici specifici, sono stati condotti numerosi studi di valutazione dello stato di metilazione genica.
SCOPO Scopo del lavoro svolto consiste nella valutazione in una serie di melanomi cutanei e nelle loro metastasi (linfonodali, dermiche e viscerali) di diversi marcatori molecolari suscettibili di inattivazione attraverso meccanismi epigenetici. L’analisi contemporanea di forme primitive e metastatiche di queste neoplasie potrebbe consentire di individuare geni eventualmente coinvolti nello sviluppo di lesioni maggiormente aggressive.
MATERIALI • Sono stati analizzati 29 casi di melanomi cutanei primitivi, in 14 dei quali erano anche disponibili metastasi metacrone localizzate in sedi differenti; il numero di metastasi per caso era variabile da 1 a 4. • Le forme metastatiche analizzate sono risultate così distribuite: 9 a livello linfonodale; 5 a livello dermico; 4 a livello polmonare; 3 a livello muscolare; 1 a livello cerebrale; 1 a livello intestinale.
METODI • Sezioni rappresentative del materiale in esame, precedentemente fissato in formalina ed incluso in paraffina, sono state utilizzate per valutare lo stato di metilazione dei promotori dei geni MGMT, ER-α, PTEN, RASSF1A e APAF, mediante metodica di PCR metilazione-specifica (MSP). Degli ultimi tre geni sono state esaminate due regioni, una prossimale e una distale al sito d’inizio della trascrizione.
MSP • L’MSP si basa sul pretrattamento del campione di DNA con sodio bisolfito, che determina la conversione di tutte le citosine non metilate in molecole di uracile, mentre le 5-metilcitosine rimangono inalterate. La sequenza del DNA trattato risulta così modificata o meno a seconda che la sequenza originale si presenti, rispettivamente, non metilata o metilata. • Ogni campione di DNA così modificato deve quindi essere analizzato mediante una doppia amplificazione con PCR, condotta con primers specifici (MSP, methylation specific PCR), disegnati in modo da distinguere fra DNA metilato (M) e non-metilato (U).
RISULTATI I • Il gene più frequentemente metilato è risultato essere l’ER-α, alterato nel 79,3% delle forme primitive e nel 78,3% delle metastasi. I geni PTEN e RASSF1A sono risultati metilati nel 44,8% delle forme primitive e, rispettivamente, nel 73,9% e nel 39,1% delle forme metastatiche. Non è stata evidenziata metilazione del gene APAF in nessun caso esaminato. • Non sono state osservate correlazioni tra presenza di metilazione genica, successiva comparsa di metastasi e sopravvivenza dei pazienti.
RISULTATI II • Particolarmente interessante è stato il riscontro di una assenza di metilazione del gene MGMT in tutti i tumori primitivi, a fronte di una percentuale di metilazione del 39,1% nei tessuti metastatici. • Lo stato di metilazione è risultato variabile in differenti metastasi metacrone dello stesso paziente, in cui, per esempio, una metastasi linfonodale mostrava MGMT non-metilato, mentre una metastasi polmonare risultava metilata per MGMT (figura 1).
1 2 3 4 5 6 M 1 2 3 4 5 6 MSP, PRIMERS U MSP, PRIMERS M MSP DEL GENE MGMT 1: Controllo Positivo (un allele U e uno M). 2: Controllo Negativo. 3: Campione non metilato (melanoma primitivo). 4: Campione metilato (metastasi polmonare). 5: Campione non metilato (metastasi linfonodale). 6: Controllo Negativo di PCR. M: Marcatore di PM. Figura 1. La presenza di un prodotto di PCR condotta con primers “U” indica un allele non-metilato, mentre un prodotto ottenuto con primers “M”indica un allele metilato per il gene MGMT.
RISULTATI III • Valutando lo stato di metilazione del gene MGMT nelle forme metastatiche, si è osservato come questa sia più frequente nelle metastasi viscerali (66,7% dei casi) rispetto a quelle linfonodali e dermiche (28,6% dei casi). • Una tendenza opposta è emersa, invece, per il gene RASSF1A, la cui metilazione è più frequente nelle metastasi linfonodali e dermiche (50,0% dei casi) rispetto a quelle viscerali (22,2% dei casi).
CONCLUSIONI • Nella casistica di melanomi analizzata è stata riscontrata la presenza di inattivazione del gene MGMT secondaria a metilazione in circa due terzi dei casi di metastasi viscerali in esame. • Tale informazione potrebbe rivestire importanza terapeutica, in quanto sono disponibili farmaci alchilanti, quali la temozolomide, la cui efficacia terapeutica è diminuita o bloccata dalla presenza di una forma attiva del gene MGMT.