190 likes | 290 Views
“Labour Markets in EMU” di Giuseppe Bertola Discusione di Roberto Torrini – Banca d’Italia Roma 27 novembre 2008. Il lavoro testa l’ipotesi che l’introduzione dell’euro:.
E N D
“Labour Markets in EMU” di Giuseppe Bertola Discusione di Roberto Torrini – Banca d’Italia Roma 27 novembre 2008
Il lavoro testa l’ipotesi che l’introduzione dell’euro: • Abbia accresciuto l’integrazione dei mercati e prodotto maggior disciplina nella formazione dei prezzi e dei salari; • Abbia stimolato riforme che riducono le inefficienze allocative, accrescono il rendimento del capitale • Abbia favorito la crescita dell’occupazione
Effetti dell’integrazione: • La domanda di lavoro è più elastica: per i sindacati diventa più costoso in termini di occupazione innalzare il costo del lavoro al di sopra del livello concorrenziale. • Il capitale diventa più mobile: ogni misura che riduce il rendimento del capitale produce una fuoriuscita di capitali, minori investimenti e minor occupazione.
Il lavoro valuta gli effetti in termini di: • Risultati ottenuti dai mercati del lavoro dei paesi aderenti • Riforme della regolazione
È un paper a sostegno dell’ipotesi TINA: “there is no alternative” • È un lavoro non apologetico, attento a mettere in evidenza i trade-off, gli effetti desiderati e non desiderati dei processi economici e di riforma: es. associazione negativa tra disoccupazione e diseguaglianza (anche Bertola 2008, su integrazione e inequality): • Utilmente mette in rilievo la necessità di strumenti che attenuino gli effetti non desiderati di riforme o processi economici, mutamenti che accrescono l’efficienza ma che aumentano al contempo ineguaglianza e instabilità dei redditi
Prima dell’avvio dell’unione monetaria l’ipotesi TINA non trovava sostegno dai modelli di teoria monetaria • Cukierman e Lippi (2001), Labour Markets and Monetary Union: a Strategic Analysis, Economic Journal • Calmforms (2001), Unemployment, Labour Market Riform and Monetary Union, Journal of Labour Economics Oggi credo che si possa dire che l’unificazione monetaria non abbia portato a maggiori pressioni inflazionistiche e maggior disoccupazione. Sarebbe interessante investigare i motivi per i quali la modellistica tendeva a dare tali indicazioni: letteratura focalizzata su effetti di secondo ordine? Ipotesi sulla determinazione dei tassi di cambio pre-unificazione non adeguate? ...
L’analisi empirica proposta: • identifica gli effetti dell’introduzione dell’euro confrontandoi paesi membri con i paesi europei che non hanno aderito o con altri paesi OCSE • i paesi non aderenti o non facenti parte dell’Unione Europea sono quindi usati come campione di controllo
Problemi (riconosciuti nel paper e credo inevitabili): • All’avvio dell’unione paesi aderenti e non aderenti presentavano caratteristiche molto diverse: • il gruppo di controllo aveva condizioni dei mercati del lavoro molto più favorevoli • Date le diverse condizioni di partenza, gli effetti dell’euro possono confondersi con quelli dovuti a shock simultanei e comuni: • riforme avviate a metà anni novanta (job strategy OCSE) e proseguite nel decennio in corso (Lisbon strategy), affermazione di nuovi competitors (Cina)
Date le diverse condizioni di partenza è possibile che i risultati delle regressioni: • riflettano convergenza tra paesi • riflettano una diversa reazione a shock comuni (Cina), non all’adozione dell’euro • riflettano riforme rese necessarie dalle condizioni di partenza del mercato del lavoro e della regolazione più che all’appartenenza all’area euro
Ultime considerazioni: • Dato che l’integrazione economica dovrebbe accrescere l’elasticità della domanda e indurre uno shift dell’offerta di lavoro, sarebbe utile tentare di valutarne l’effetto diretto sui salari • La possibile contemporanea espansione della domanda dovrebbe distorcere verso il basso la stima (si otterrebbe comunque un lower bound) A w1 w3 C w2 B L
Il paper mostra che l’elasticità dell’occupazione alla tassazione del lavoro è maggiore nell’area dell’euro rispetto al campione di controllo. • Se ciò è vero si dovrebbero osservare una più elevata elasticità anche per il costo del lavoro; sarebbe utile testare questa ipotesi
Conclusioni • Difficile dire se l’unione monetaria abbia favorito o meno le riforme dei mercati del lavoro e la crescita dell’occupazione, ma non sembra averle contrastate • L’evoluzione delle istituzioni e dei mercati non ha soltanto effetti desiderabili: la politica economica deve tenerne conto