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4 ottobre Giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra appartenenti a culture e religioni diverse, in onore dei santi Patroni d’Italia san Francesco d’Assisi e santa Caterina da Siena. Sussidio didattico a cura del Centro Internazionale di Studi Cateriniani

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Presentation Transcript


  1. 4 ottobre Giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra appartenenti a culture e religioni diverse, in onore dei santi Patroni d’Italia san Francesco d’Assisi e santa Caterina da Siena

  2. Sussidio didattico a cura del Centro Internazionale di Studi Cateriniani per il Comitato Promotore delle iniziative in attuazione della Legge 10 febbraio 2005, n. 24: Arciconfraternita di S. Caterina da Siena, Associazione Internazionale dei Caterinati, Centro Internazionale di Studi Cateriniani, Centro Italiano Femminile, Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana, Istituto Superiore di Scienze Religiose “Mater Ecclesiae”, Provincia Romana Caterina da Siena dell’Ordine dei Frati Predicatori, Provincia Romana “Santi Apostoli Pietro e Paolo” dell’Ordine dei Frati Minori

  3. Insieme al riconoscimento e alla garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, la Costituzione italiana afferma (art. 2-3) che «la Repubblica ... richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

  4. Tali “principi fondamentali” che sono alla base della convivenza civile del nostro Paese trovano attuazione e conferma, alle origini dell’Italia moderna, nelle figure dei due santi Patroni d’Italia: san Francesco d’Assisi (1182-1226) e santa Caterina da Siena (1347-1380).

  5. Dal “Breve pontificio” di papa Pio XII, 18 giugno 1939 «... i santi proteggono le genti e le nazioni, specie quelle alle quali si sforzarono in tanti modi e in tante particolari circostanze, di portare aiuto, mentre essi ancora erano in terra, spinti dall’amor di patria. Senza alcun dubbio ciò si deve affermare di San Francesco d’Assisi e di Santa Caterina da Siena che, italiani ambedue, in tempi straordinariamente difficili, illustrarono, mentre vivevano, con nitido fulgore di opere e di virtù e beneficarono abbondantemente questa loro e nostra Patria, in ogni tempo madre di santi.»

  6. «Di fatti san Francesco poverello e umile vera immagine di Gesù Cristo, diede insuperabili esempi di vita evangelica... »

  7. «... ai cittadini di quella sua tanto turbolenta età, e ad essi anzi, con la costituzione del suo triplice Ordine, aprì nuove vie e diede maggiori agevolezze, per la correzione dei pubblici e privati costumi e per un più retto senso dei principi della vita cattolica.»

  8. «Né altrimenti si adoperò santa Caterina, la fortissima e piissima vergine, che valse efficacemente a ridurre e a stabilire la concordia degli animi delle città e contrade della sua patria ... ... e che, mossa da continuo amore, con suggerimenti e preghiere, fece tornare alla sede di Pietro in Roma i romani pontefici, che quasi in esilio vivevano in Francia, tanto da essere considerata a buon diritto il decoro e la difesa della patria e della religione.»

  9. San Francesco con il suo Cantico di Frate Sole è all’inizio dell’uso letterario della lingua italiana, mentre santa Caterina, con le sue Lettere, il Dialogo e le Orazioni, è la prima donna considerata scrittrice dagli studiosi della letteratura italiana. L’inizio della lingua letteraria italiana è anche espressione di una nuova sensibilità morale e civile in Italia.

  10. La frammentazione politica dell’Italia era iniziata con l’occupazione della penisola da parte dei Longobardi, che avevano dato origine a vari regni e ducati.

  11. Nell’assistenza alla popolazione, il vescovo di Roma aveva allora dovuto supplire alle funzioni del governo imperiale, che risiedeva a Costantinopoli.

  12. Così Gregorio Magno. Scrivendo nel 595 all’imperatore Maurizio e a sua moglie Costantina si lamentava di non ricevere nessun aiuto da Costantinopoli, mentre a Roma egli era costretto ad assolvere, di fatto, alle funzioni che l’esarca bizantino esercitava a Ravenna: il Papa doveva cioè provvedere al riscatto dei prigionieri e alle necessità materiali del popolo, da 27 anni oppresso dalle violenze dei Longobardi, allora conniventi con i Franchi.

  13. Lo stato pontificio si venne poi formando da quando i Carolingi affidarono al governo del Papa il territorio situato tra i territori imperiali e quelli contesi tra Longobardi, Bizantini e Normanni.

  14. Nuovi fermenti culturali si accesero in Italia al tempo di Federico II, re di Sicilia (1198-1250) e imperatore di Germania. Ma i suoi contrasti con i principi tedeschi e con il Papato rinfocolarono le divisioni e gli egoismi locali.

  15. All’inizio del Trecento, Dante lamenta che in Italia la mancanza di uno Stato forte avesse dato spazio a egoismi locali, individuali o di gruppo, che asservivano il bene comune ai propri interessi particolari: «Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! (...) e ora in te non stanno senza guerra li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode di quei ch’un muro ed una fossa serra.» (Dante, Purg. VI, 76-78.82-84)

  16. I conflitti tra famiglie e gruppi di potere assumevano per lo più l’aspetto di faziosità politica, pro o contro il controllo imperiale: guelfi e ghibellini si contendevano così il potere all’interno dei diversi Comuni...

  17. ... e nel territorio di ognuno di essi, per il controllo delle attività produttive e dei commerci.

  18. Quando Francesco aveva 17 anni, Assisi si liberò dal potere imperiale e divenne un libero comune

  19. in cui gli interessi mercantili si coniugavano con le ambizioni della cavalleria medievale.

  20. Nel 1225 Francesco riuscì a riconciliare fra loro il vescovo e il podestà di Assisi, la cui reciproca ostilità divideva gli animi e impediva la pace in città.

  21. Fu per quella circostanza, secondo i biografi, che Francesco aggiunse al Cantico di frate Sole i versi relativi a coloro che perdonano per amore di Dio:

  22. «Laudato sì, mi Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore et sostengo infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace , ka da te, Altissimo, sirano incoronati.»

  23. Francesco s’era accorto ben presto della povertà della gente delle campagne, sempre esposta a soprusi e ruberie da parte di cavalieri di passaggio, al soldo dell’una o dell’altra fazione.

  24. Nel suo Testamento Francesco descrive così la propria conversione: «... prima della mia conversione, il vedere i lebbrosi mi dava ribrezzo. E il Signore mi condusse in mezzo a loro e usai loro misericordia. E quando mi allontanai da loro, ciò che mi dava ribrezzo si trasformò per me in dolcezza spirituale e fisica. E dopo poco tempo lasciai la vita mondana.»

  25. In una società violenta, dove spesso vigeva la legge del più forte, l’attenzione e la solidarietà verso gli ultimi è per Francesco una priorità evangelica.

  26. Allo stesso modo Caterina, nel Trecento, fu molto impegnata nell’assistenza ai poveri, ...

  27. ... ai malati, ai poveri e ai carcerati, e per questo è anche patrona delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana.

  28. Caterina muove dal vissuto quotidiano di una società mercantile

  29. ... ma animata dal gusto del bello,

  30. ... fortemente attaccata all’avere ,

  31. ... ma sensibilizzata alla solidarietà ad opera dei predicatori...

  32. Era una società attraversata da conflitti di potere e sperequazioni sociali, ...

  33. ... soprusi nella pubblica amministrazione, divisioni e vendette, ...

  34. ... ma vi erano anche conversioni e atti di riconciliazione in ambito sociale e politico...

  35. ... e non mancavano le iniziative di solidarietà nella cura dei malati ...

  36. ... e nell’assistenza dei poveri e dei carcerati.

  37. In una lettera ai Priori della città di Firenze e al Gonfaloniere di giustizia Caterina scrive: «Voi avete desiderio di riformare la vostra città; ma io vi dico che questo desiderio non s'adempirà mai, se voi non vi ingegnate di gettare a terra l'odio e il rancore del cuore e l'amore esclusivo di voi stessi: cioè se voi non pensate solamente a voi, ma al bene universale di tutta la città.» (S. Caterina, Lettera 377, agosto 1378)

  38. Nei Comuni italiani, la tradizione di una vivace partecipazione alla cosa pubblica da parte dei cittadini, ...

  39. ... organizzati nelle diverse “arti” ...

  40. ... almeno fino alla metà del Trecento ostacolò l’affermarsi delle Signorie.

  41. In una Parma contesa tra Signorie opposte, nel 1344-45 Francesco Petrarca denuncia le ambizioni dei signori italiani e dell’Impero tedesco: «Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno a le piaghe mortaliche nel bel corpo tuo sí spesse veggio,piacemi almen che ' miei sospir' sian qualispera 'l Tevero et l'Arno,e 'l Po, dove doglioso et grave or seggio.

  42. Voi cui Fortuna à posto in mano il frenode le belle contrade,di che nulla pietà par che vi stringa,che fan qui tante pellegrine spade?perché 'l verde terrenodel barbarico sangue si depinga? ... I' vo gridando: Pace, pace, pace.» (F. Petrarca, Rime, 128,1-6.17-22)

  43. Specialmente dopo il pontificato di Bonifacio VIII (1294-1303) il Papato, indebolito dalle lunghe lotte con l’Impero per le investiture, si era sentito ormai troppo minacciato dalle opposte fazioni che si contendevano il potere nella città di Roma.

  44. Così dal 1305 i Papi si erano trasferiti ad Avignone, loro feudo in territorio francese. La Chiesa però rischiava così di diventare appannaggio di un singolo Stato invece di essere, come la definiva Caterina, “corpo universale” aperto a tutti i popoli.

  45. Da Valchiusa (presso Avignone), nel 1337 anche il Petrarca guardava con preoccupazione alle sorti dell’Italia: «Che s’aspetti non so, né che s’agogni Italia, che suoi guai non par che senta: Vecchia, oziosa e lenta, Dormirà sempre, e non fia chi la svegli?» (F. Petrarca, Rime, 53,10-13)

  46. Infatti mentre il Papa, ad Avignone, era impegnato nel governo della Chiesa universale («ché il maggior padre ad altr’opera intende», scriveva ancora Petrarca)...

  47. ... a Roma le famiglie nobili si contendevano il potere e si sentiva il bisogno di un’autorità locale che mettesse fine ai disordini e alle violenze.

  48. II popolo romano, abbandonato a se stesso, nel 1343 aveva mandato ad Avignone Cola di Rienzo per chiedere a Clemente VI di tornare a Roma, ma non avendo ottenuto alcun risultato lo stesso Cola tentò di riorganizzare, a Roma, la convivenza civile. Il governo repubblicano naufragò però anch’esso nella corruzione e nelle accuse e diffidenze reciproche.

  49. Mentre la guerra dei Cento Anni (1337-1453) divideva e insanguinava l’Europa, indebolita anche dalla terribile peste del 1348,

  50. i Turchi avanzavano nella regione balcanica e l’imperatore bizantino (Giovanni V Paleologo), loro tributario, fu da essi assediato a Costantinopoli (1366). (in azzurro i possedimenti bizantini, nel 1389)

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