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UN AIUTO POSSIBILE: IL VOLONTARIATO COME SEGNO DI PACE. Questa missione è stata resa possibile dallo spirito di abnegazione di alcuni infermieri e dalla fraterna solidarietà tra i popoli.
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Questa missione è stata resa possibile dallo spirito di abnegazione di alcuni infermieri e dalla fraterna solidarietà tra i popoli.
Il ponte della solidarietà iniziò una fredda domenica di Febbraio all’ aeroporto di Napoli dove atterrò Ahmad con un cuore che stava per cedere a causa di una grave forma di cardiopatia dilatativa
Dodici anni, palestinese ed un cuore che stentava a funzionare e non avrebbe retto ancora per molto.
Un mese dopo il suo arrivo venne effettuato il trapianto cardiaco
Un intervento disperato, effettuato di notte grazie ad un organo espiantato ad un ragazzo pugliese morto tragicamente in un incidente stradale e donato quando Ahmed aveva le ore contate
La stretta collaborazione dei cardiochirurghi e degli infermieri, anche se coinvolti emotivamente e professionalmente, aprì la strada al cammino verso la solidarietà
Dopo 95 giorni di degenza il dodicenne palestinese lasciò la struttura della Cardiochirurgia Pediatrica: gli avevamo restituito la vita e la possibilità di riabbracciare i genitori e i suoi tre fratellini a Nablus.
Ahmad, il bambino palestinese che ha assistito agli orrori della guerra e ha vissuto l’incertezza della terribile malattia che lo stava divorando, ha aperto la strada della solidarietà italiana verso il popolo palestinese
E così che la struttura ha iniziato ad operare numerosi bambini provenienti dai territori della Terra Santa
La prima “trasferta” è avvenuta nel dicembre 2003. In quella occasione furono visitati 60 bambini dei quali, gran parte, necessitavano di intervento chirurgico.
Per la difficoltà e\o l’impossibilità di trasferire in Italia alcuni bambini visitati, si rese necessario programmare gli interventi direttamente negli ospedali palestinesi
I casi più gravi, che richiedevano un follow-up più rigoroso, furono trasferiti nella nostra Azienda Ospedaliera per la procedura chirurgica e la gestione post-operatoria
La missione umanitaria è nata da un’associazione statunitense fondata da un giovane americano, Steve Sosebee, denominata “The Palestine Children’s relief foundation” che aveva a cuore la sorte dei piccoli cardiopatici.
La nostra Equipe è stata ospitata nell’Hotel Seven Arches che domina la spianata delle moschee di Gerusalemme ed eravamo denominati i “dodici aggiustacuori”
Dopo il sopralluogo fatto a Gaza, Haifa, Ramallah e Betlemme prese piede la dura e straordinaria missione umanitaria.
Il primo intervento è stato compiuto su di un bimbo di 20 mesi nell’Ospedale Makassed del quartiere palestinese di Gerusalemme. Una struttura ben organizzata ma priva di personale altamente specializzato.
Il piccolo, all’esame obiettivo ed ecocardiografico, presentava un ampio difetto interventricolare (DIV). Sottoposto a tre ore di intervento chirurgico, l’esito positivo fu anche il primo reporting per la funzionalità della Equipe.
Gli interventi chirurgici sono stati effettuati su bambini in età compresa tra 3 mesi e 10 anni e realizzati, prevalentemente, nei territori della striscia di Gaza e di Ramallah.
In questi territori le cardiopatie congenite hanno un’incidenza più alta a causa della frequente unione tra i consanguinei.
La missione è durata 10 giorni con visite ed interventi effettuati nei vari Presidi Ospedalieri dei territori palestinesi: dal “Ramallah Hospital” e “Duna Hospital” in Gaza City al “Shifa Hospital” di Betlemme. Una missione di per sé difficile ma resa ancora più complicata dall’attuale intricata situazione politica.
La Equipe ha dovuto rinunciare a portare lo strumentario chirurgico per evitare problemi di imbarco all’aeroporto per cui, di necessità, ci si è dovuti servire dei ferri in uso negli ospedali locali.
Due mesi prima una Equipe di chirurghi belgi era stata bloccata ed un cardiochirurgo arrestato ed espatriato per aver portato con sé il proprio strumentario.
Vi è un progetto allo studio del Presidente della Giunta Regionale che prevede l’organizzazione di una serie di viaggi tesi ad intervenire non solo chirurgicamente ma anche nella gestione della formazione teorico-pratico del personale medico e infermieristico degli ospedali palestinesi.
Il progetto prevede, inoltre, l’incremento dei viaggi per indirizzare i bambini con cardiopatie più gravi e/o complicate presso strutture meglio qualificate.
Gli interventi chirurgici effettuati durante il nostro soggiorno nei territori palestinesi hanno riguardato la correzione dei difetti interatriali e interventricolari.
Le cardiopatie congenite, in quanto frequenti e in quanto malformazioni congenite gravi, sono causa di alta mortalità infantile. Si calcola che esse colpiscano tra i 5 ed i 10 bambini ogni 1000 nati vivi (0,8 %).
In generale non vi è una prevalenza di sesso o di razza anche se alcuni tipi di malformazioni sono più frequenti nei maschi ed altre nelle femmine e, per alcune cardiopatie, è stata recentemente descritta una differente incidenza tra la razza bianca, quella nera e quella asiatica.
La causa e l’origine di quasi tutte le cardiopatie congenite va ricercata in anomalie di sviluppo del cuore che avvengono nella vita embrionale e fetale, nei primi tre mesi di gravidanza, in particolare tra la seconda e la nona settimana di gestazione.
Durante questo periodo, per cause genetiche e/o ambientali, il normale sviluppo cardiocircolatorio viene alterato e il cuore si forma con dei difetti (comunicazione tra le camere, stenosi o atresie delle valvole, etc.) che chiamiamo cardiopatie congenite.
Queste malformazioni sono talmente gravi che portano all’aborto spontaneo ma, nella maggior parte dei casi, sono ben tollerate durante la via intrauterina e diventano sintomatiche solo dopo la nascita
Infatti la circolazione fetale possiede delle caratteristiche particolari ed è, in parte, supportata dalla placenta materna; il feto, anche in presenza di malformazioni cardiache importanti, non soffre anche se, alla nascita, mettono in serio pericolo la vita del neonato.
Circa l’80 % delle cardiopatie congenite vengono scoperte nel primo anno di vita e circa il 50 % in epoca neonatale, cioè nel primo mese di vita.
Alcune di esse devono essere diagnosticate e curate immediatamente mentre, in altri casi, dopo la diagnosi neonatale è utile attendere qualche settimana o qualche mese prima del trattamento chirurgico per ottenere risultati migliori.
Altre cardiopatie non danno segni della loro presenza per mesi o per anni; anche in questi casi è bene che la terapia chirurgica sia precoce ( tra il quarto e il sesto anno di vita, prima dell’età scolare) per permettere un primo inserimento del bambino nella vita sociale.
Tra le varie classificazioni delle cardiopatie congenite quella più frequentemente utilizzata si basa su segni clinici, in particolare sulla presenza o meno della cianosi.