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Il disastro di Chernobyl. Chernobyl, Ucraina, 26 aprile 1986. 25 Aprile 1986: nella centrale nucleare di Chernobyl è in corso un esperimento non autorizzato.
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Il disastro di Chernobyl Chernobyl, Ucraina, 26 aprile 1986
25 Aprile 1986: nella centrale nucleare di Chernobyl è in corso un esperimento non autorizzato. Obiettivo: Si voleva verificare se nel caso di un abbassamento fortuito di potenza, vi fosse energia elettrica sufficiente per mettere in funzione i dispositivi di raffreddamento di emergenza. Per evitare lungaggini burocratiche i ricercatori di Donetsk hanno contattato direttamente i direttori delle centrali dotate di reattore di tipo RBMK: Leningrado, Smolinsk, Koursk, Ignalina e Chernobyl. Il direttore di Chernobyl è l’unico che accetta. Il 25 aprile sono previsti i consueti lavori periodici di manutenzione della centrale: arresto temporaneo del reattore. Durante l’esperimento non sono presenti né il direttore, né l’ingegnere capo della centrale.
La centrale di Chernobyl è costituita da quattro reattori, uno a fianco all’altro, ognuno in grado di produrre 1 gigawatt (GW) di energia elettrica. Le unità 1 e 2 sono state realizzate tra il 1973 e il 1974, mentre la 3 e la 4 completate nel 1983; altri due reattori, sempre da 1 GW l’uno, sono in fase di realizzazione. La centrale è situata a pochi chilometri da Pripyat, 18 chilometri a nord-ovest della città di Chernobyl e 110 chilometri a nord della capitale Kiev e dista solo 16 km dal confine con la Bielorussia.
Reattori RBMK • Reaktor Bolshoi Moshchnosty Kanalky => reattore di grande potenza a canali. In uso dal 1972. • Adattamento di un reattore militare, progettato in origine per produrre materiale fissile a scopo bellico . • Il reattore RMBK è come un grosso cilindro di 14 metri di diametro e sette di altezza. • 4 pompe di raffreddamento principale, una delle quali sempre pronta ad essere azionata; • 221 barre di controllo; • 2.500 blocchi di grafite (che pesano oltre 1.500 tonnellate) e che hanno il ruolo di moderatori della combustione, all'interno dei quali sono ricavati i canali in cui viene immesso il combustibile.
Le centrali nucleari Sono costituite da una struttura in cui si trova il combustibile nucleare (uranio naturale o uranio arricchito nel suo isotopo 235), detta nocciolo, nella quale avvengono le reazioni di fissione nucleare, e da un insieme di apparecchiature ausiliarie che provvedono ad asportare il calore prodotto dalla fissione e a convertirlo in altre forme di energia. Queste apparecchiature ausiliarie sono in larga misura identiche a quelle usate nelle centrali termoelettriche convenzionali.
All'interno del nocciolo, il combustibile nucleare è presente sotto forma di barre o di pastiglie, intercalate ad acqua, acqua pesante, grafite o berillio con la funzione di moderatori di neutroni, cioè di rallentare i neutroni perché possano generare più facilmente la fissione dei nuclei del combustibile. Per controllare questa reazione a catena, nel nocciolo possono essere inserite le barre di controllo, composte da sostanze (per es., cadmio e boro) in grado di assorbire i neutroni: il loro maggiore o minore inserimento permette di controllare il numero di neutroni disponibili per la fissione.
Attraverso il nocciolo circola il fluido di raffreddamento che ha lo scopo di sottrarre il calore prodotto e di portarlo alle apparecchiature per trasformarlo in energia elettrica o meccanica. Il fluido di raffreddamento deve assorbire pochissimo i neutroni e realizzare uno scambio termico ottimale; le sostanze più usate sono l'acqua, il sodio liquido (nei reattori veloci), il biossido di carbonio e l'elio. Problema: in condizioni di bassa potenza (700 MW) l’acqua forma delle “bolle” di vapore che diminuiscono la sua capacità di refrigerare, mentre la grafite continua a produrre i neutroni per la reazione a catena. Il reattore tende a surriscaldarsi e la potenza può salire molto velocemente: coefficiente di vuoto positivo. Caratteristica vietata nei reattori nucleari occidentali per motivi di sicurezza.
Difetto di costruzione già segnalato alla direzione sovietica: rischi di instabilità quando il reattore è a bassa potenza 4 incidenti: nel 1975 a Leningrado, nel 1982 a Chernobyl, nel 1981 e 1983 a Ignalina. Nessuno ne aveva mai saputo nulla. Nei reattori RBMK le barre impiegano oltre 20 secondi a entrare completamente nel nocciolo, invece dei 2 previsti per altri tipi di reattori. Il 2 febbraio 1984 una lettera ufficiale del direttore dell’Istituto per la Ricerca e il Design degli impianti nucleari sovietico segnalava il problema al Cremlino: segreto di Stato. Gli operatori delle centrali erano totalmente all’oscuro, così come i ricercatori di Donestk.
00:00 il sistema di raffreddamento di emergenza è stato isolato il giorno prima, per non disturbare lo svolgimento del test. La potenza è scesa da 1600 MW a 720 MW. 00:18 La potenza è a 500 MW. Il controllo viene affidato al sistema automatico del reattore, così da mantenere stabile la potenza intorno a quel valore. Il sistema non funziona, la potenza crolla a 30 MW. Bisogna farla risalire in fretta per condurre l’esperimento. Si tratta di ritirare le barre di controllo e poi accendere le pompe del sistema di raffreddamento, per portare via calore dal nocciolo. Per procedere più spediti viene disattivato il sistema automatico nel separatore di vapore, che blocca troppo il flusso.
01:21Tutti gli indicatori sono anomali. 01:24Vengono chiuse le valvole che alimentano le turbine. La produzione di vapore aumenta in maniera esponenziale, la potenza risale troppo rapidamente, tutta l’acqua comincia a bollire, in venti secondi la reazione diventa incontrollabile. L’operatore preme il tasto di protezione di emergenza, che dovrebbe arrestare il sistema, ma le sbarre di controllo rientrano lentamente nel nocciolo e invece di spegnere la reazione è come se la comprimessero nella parte bassa del reattore. Le pastiglie di uranio si sbriciolano, reagiscono con l’acqua provocando la radiolisi e una produzione esplosiva di ossigeno e idrogeno. In 4 secondi la potenza del reattore 4 aumenta di 100 volte.
Il tetto superiore, di ben 2.700 tonnellate di cemento armato, si affloscia su se stesso come fosse di cartone e rimane appeso in posizione quasi verticale, provocando lo sprofondamento della base del reattore di almeno quattro metri. La grafite reagisce con l’aria formando monossido di carbonio, che comincia a bruciare a una temperatura di 3000 gradi centigradi, determinando la fuoriuscita e la diffusione nell’ambiente di gran parte del materiale radioattivo contenuto nel reattore 4. Una colonna infuocata di gas e materie radioattive si alza verso il cielo superando l’altezza di un chilometro.
Nel reattore c’erano 190 tonnellate di combustibile nucleare. Oltre 35 tonnellate furono proiettate fuori dalla parte nord accumulandosi all’esterno. Altre 135 tonnellate si fusero, colando nella zona inferiore del reattore. Un'altra decina di tonnellate sotto forma di polvere invasero l’interno della centrale, mentre altre 10 tonnellate furono proiettate sotto forma di frammenti fuori da Chernobyl.
A seguito dell’esplosione verificatasi nel reattore 4 e del successivo incendio che ne seguì furono liberate nell’atmosfera sostanze radioattive per un attività totale pari a circa 14 EBq(1 EBq = 1018 Bequerel = 1 miliardo di miliardi di Bequerel) circa 400 volte la bomba di Hiroshima!! Le comuni attività dimpiegate per trattare certi tipi di tumore difficilmente supera i 3.7·108 Bequerel. La fuoriuscita si protrasse nel tempo dal momento dell’esplosione (26 aprile) fino a circa il 6 maggio sotto forma di gas, vapori,polveri… Fra i principali radionuclidi liberati, quelli aventi maggior impatto biologico erano rappresentati dallo Iodio (131I, 132I, 134I, 135I), dal Cesio (134Cs, 137Cs) e dallo Stronzio (89Sr, 90Sr).
Contaminazione ambientale Le particelle di maggiori dimensioni ricaddero in un raggio di circa 100 km dalla centrale, provocando la maggior parte della contaminazione. I gas, le polveri più sottili, furono trasportati dalle correnti in varie parti dell’emisfero, per poi ricadere al suolo con le precipitazioni. L’impatto non ha riguardato solo Ucraina, Bielorussia e Russia: più della metà del Cesio 137 rilasciato in atmosfera ha raggiunto altri Paesi europei.
Almeno 14 Paesi europei (Austria, Svezia, Finlandia, Norvegia, Slovenia, Polonia, Romania, Ungheria, Svizzera, Repubblica Ceca, Italia, Bulgaria, Repubblica Moldava e Grecia) sono stati raggiunti da radiazioni sopra 1 Ci/km2 (1 Curie su metro quadrato pari a 37 kBq/m2), il limite usato per definire radioattiva un’area. Nube radioattiva in tutta Europa: 131I T1/2 8 giorni 137Cs T1/2 30 anni
La nube attraversa la Bielorussia, dove deposita il 70% dei radionuclidi emessi e contamina il 23% del territorio, l’Ucraina (7%) e la Russia (0,6%) per un totale di 162,000 km2 contaminati. La contaminazione è a “macchia di leopardo”, molto irregolare, a causa delle correnti, dei venti e delle piogge. LA DEPOSIZIONE DEL CESIO Immagine animata della deposizione del Cesio nei primi 12 giorni dopo l'incidente di Chernobyl. Ogni scatto animato corrisponde,approssimativamente, a 12 ore.
Le unità d’intervento • I pompieri • I primi ad andare alla centrale nucleare per spegnere l’incendio e quindi interrompere l’emissione di materiale radioattivo furono circa 600 vigili del fuoco che pomparono acqua fredda nel centro del reattore per le prime dieci ore dopo l’incidente. L’intervento non diede i risultati desiderati e fu quindi abbandonato.
I liquidatori Tra il 27 aprile e il 5 maggio, più di 30 elicotteri militari sorvolarono il reattore in fiamme sganciando 2.400 tonnellate di piombo e 1.800 tonnellate di sabbia nel tentativo di estinguere il fuoco ed assorbire le radiazioni. Tutti questi tentativi non solo si rivelarono tuttavia inutili, ma anzi peggiorarono la situazioni per via del calore accumulatosi al di sotto dei materiali scaricati. La temperatura all’interno del reattore aumentò nuovamente con un conseguente aumento della quantità di radiazioni emesse. Alla fine, il reattore venne raffreddato utilizzando azoto. L’incendio fu domato e le emissioni radioattive messe sotto controllo solo il 6 maggio.
Compiti dei liquidatori: • ripulire la centrale (rimuovevano con delle pale la grafite accumulatasi sopra la centrale: venivano chiamati per questo “cicogne”), i villaggi e le strade; • spostare con le loro braccia il materiale contaminato; • seppellire con le pale quintali di scorie e materiale radioattivo; • lavare con getti d’acqua la struttura della centrale, i palazzi di Pripyat e le case dei villaggi; • successivamente gli venne dato il compito di interrare intere città.
Chiunque resti sul tetto più di 3 minuti è destinato a morire. Eppure…Migliaia tra pompieri, soldati, operai spalavano macerie radioattive pezzi di grafite che emanavano, in un secondo e mezzo, la dose che una persona accumula in una vita intera in condizioni naturali, usando semplici badili o a mani nude, con mascherine, stivali e guanti di gomma… Furono circa 800.000 persone fra militari e civili, e molti tra loro erano volontari ed anche donne.
La reazione nell’Urss • 28 Aprile, 1986 • 17:58 L‘Ansa riprende una notizia che proviene da Stoccolma: "I centri di controllo svedesi hanno registrato livelli di radioattività più alti del normale che potrebbero essere causati da una perdita di una centrale dell‘Unione Sovietica". • 21:00 L‘agenzia di stampa sovietica Tass annuncia che "un incidente è avvenuto nella centrale nucleare di Chernobyl in seguito a un danneggiamento di un reattore atomico", "sono state prese le misure per eliminare le conseguenze dell‘incidente" e che "si sta dando concreto aiuto ai colpiti".
Dopo 36 ore viene evacuata la popolazione della città di Pripyat (circa 45.000 persone) • Il 3 maggio viene dato l’ordine di evacuare la popolazione nel raggio di 30 km dalla centrale (circa 130.000 persone).
Solo il 30 aprile si riesce ad avere una fornitura di azoto liquido e l’incendio verrà spento il 6 maggio… • 1 Maggio 1986: si inizia a controllare l‘acqua e il latte. • 23 Maggio 1986: vengono distribuite pastiglie di ioduro di potassio. • L’URSS ammise pubblicamente la gravità del disastro solo il 14 Maggio con un discorso di Gorbaciov.
Dose totale di irraggiamentoe contaminazione • dose nube: dovuta alla esposizione diretta alla nube radioattiva; • dose inalata: dovuta alla inalazione di radionuclidi, in parte espirati e in parte trattenuti con la respirazione; • dose al suolo: dovuta alla radioattività depositata al suolo e su altre superfici dipende dal tempo di dimezzamento dei radionuclidi oltre che dal tempo di permanenza nelle aree contaminate; • dose da catena alimentare: dovuta alla ingestione di cibi e bevande contaminate.
Iodio 131:assorbito prevalentemente dalla tiroide (vita media 8 giorni) • Stronzio 90: entra a far parte costitutiva del tessuto osseo. Causa la leucemia (vita media 28 anni). Oggi gli esperti assumono che l’80% dello stronzio sia già entrato nella catena alimentare. • Cesio 137: Il cesio viene assorbito nel tratto gastrointestinale e viene depositato nei muscoli, nei testicoli, nel fegato, nelle ossa e nel sangue (tempo di dimezzamento di 30 anni). • Negli anni’90 sono stati trovati bambini con valori di radioattività di 5000 Bq/kg…Se un bambino pesa 10 kg significa che viene colpito internamente, ogni secondo, da 50.000 raggi gamma…La normalità sarebbe ZERO. • Funghi, mirtilli, patate, latte…
Molti nuclidi furono spazzati via dal suolo dalla pioggia ed entrarono nelle falde acquifere e nei fiumi. Durante l’incidente fu rilasciato anche del Plutonio 239 (tempo di vita media di circa 24.000 anni). Gli scienziati sono particolarmente preoccupati perchè il Plutonio può decadere in Americcio. Quest’ultimo può raggiungere gli strati del suolo più profondo in un tempo molto breve, rappresentando una seria minaccia per le riserve di acqua per i prossimi secoli (vita media dell’Americcio: 433 anni).
Tranne lo Iodio, tutti gli altri elementi radioattivi entrano nel corpo umano attraverso la catena alimentare. L’esposizione delle persone attorno a Chernobyl è quindi diversa da quella delle vittime delle bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki. In quest’ultimo caso infatti le persone furono esposte ad alte dosi in un tempo molto breve, mentre nel caso di Chernobyl la maggior parte delle persone sono state esposte a basse dosi di radiazioni su un periodo di tempo lungo. Meno irraggiamento esterno ma molte più patologie legate all’irraggiamento cronico di lungo periodo, quello che deriva dall’alimentazione contaminata.
Conseguenze sanitarie del disastro di Chernobyl • Quattro gruppi di popolazione sembrano essere stati maggiormente colpiti dalle maggiori ripercussioni sanitarie: • lavoratori impiegati nella bonifica, i cosiddetti ‘liquidatori’, inclusi i militari che hanno costruito il guscio protettivo del reattore; • 2. evacuati dalle aree fortemente contaminate nel raggio di 30 chilometri dalla centrale • 3. residenti delle aree meno contaminate • 4. bambini nati da famiglie appartenenti ai tre gruppi di cui sopra
31 Le prime tre vittime dell’incidente furono tre operatori: uno morì immediatamente investito direttamente dall’esplosione, il secondo per infarto miocardico, il terzo per le ustioni riportate. 237 liquidatori (vigili del fuoco, personale civile e militare): diarrea, vomito, comparsa di lesioni cutanee, difficoltà respiratorie. 21 morirono subito (dosi maggiori). Nei sopravvissuti si manifestò un grave abbassamento delle difese immunitarie, che rese necessario anche trapianti di midollo osseo.
Conseguenze sanitarie tardive:il cancro alla tiroide Nei meccanismi di sintesi degli ormoni tiroidei lo Iodio costituisce l’elemento costitutivo fondamentale: questo elemento viene assunto dall’organismo prevalentemente attraverso la catena alimentare. In molti Paesi, tra cui la Bielorussia, vi è una condizione di scarso apporto iodico alimentare che rende le tiroidi particolarmente “avide” di questa sostanza. Quando, in seguito all’esplosione del reattore 4, furono liberate enormi quantità di Iodio, questo fu rapidamente concentrato nelle tiroidi delle persone soggette a contaminazione.
In generale la dose di radioattività ricevuta da un organo dipende da 3 fattori: • la sua massa; • la sua capacità di concentrare la sostanza radioattiva; • il tempo di permanenza della sostanza radioattiva al suo interno (emivita biologica) • A parità di radioattività trattenuta, la quantità di dose è inversamente proporzionale alla sua massa tiroidi di minori dimensioni ricevono in proporzione maggiori quantità di dose. • Inoltre le tiroidi dei bambini sono, per motivi fisiologici, capaci di concentrare maggiori quantità di iodio. • Le tiroidi dei bambini bielorussi che nel 1986 erano appena nati o avevano un’età inferiore a 6 anni, furono quelle che ricevettero dosi di radioattività maggiori.
Nel 1990 in Bielorussia si inizia ad osservare un aumento di carcinomi tiroidei nei bambini, con un incremento da 0,03 a 3 casi l’anno ogni 100.000 bambini. Il 98% di questi tumori fu osservato in bambini con meno di 10 anni; il 65% dei bambini aveva meno di 5 anni; alcuni casi di tumore maligno furono registrati in bambini ancora in utero al momento dell’incidente. Prima del 1989 questo tumore era raro e presentava un’incidenza simile a quella dei Paesi dell’Europa Occidentale e degli Stati Uniti (l’1% di tutti i tumori nella popolazione generale). Un uguale aumento di questa patologia veniva registrato anche in Ucraina e nella Federazione Russa.
Esiste una forte correlazione fra la distribuzione temporale e geografica di questo tumore e la contaminazione da radionuclidi dello Iodio. Appare evidente che l’incremento dei tumori alla tiroide in queste zone è dovuto all’esposizione alle radiazioni e in particolare all’assorbimento degli isotopi radioattivi dello Iodio rilasciati dal reattore.
La carenza iodica endemica e la mancata attuazione di una immediata profilassi con ioduro di potassio, che avrebbe potuto bloccare la captazione del radioiodio, contribuirono a determinare una elevata esposizione delle tiroidi alle radiazioni, specialmente nei bambini nei quali la dose per grammo di tessuto fu molto più rilevante rispetto all’adulto. L’incremento raggiunse un picco nel 1993 con una tendenza al plateau negli anni successivi. Il gruppo dei bambini più esposti al rischio (≤ 5 anni al momento dell’incidente) rappresenta la maggioranza dei nuovi casi/anno, mentre si osserva una tendenza decrescente di nuovi casi nel gruppo di bambini di oltre 9 anni.
I tumori alla tiroide dovuti all’esposizione alle radiazioni di Chernobyl si sono mostrati particolarmente aggressivi con formazione precoce e rapida di tumori secondari alle ghiandole linfatiche e ai polmoni con peggioramento delle prognosi e con richieste di interventi chirurgici multipli da effettuare. Infatti, se si confrontano i tumori alla tiroide a insorgenza spontanea con quelli indotti dall’esplosione del reattore di Chernobyl, si nota che questi ultimi mostravano una invasione extratiroidea già al momento della diagnosi nel 49,1% dei casi, rispetto al 24,9% di tumori simili riscontrati in Italia e Francia.
Gli effetti delle radiazioni ionizzanti sulla tiroide non sono solo rappresentati dai tumori, ma anche da manifestazioni autoimmuni, cioè dalla produzione di anticorpi rivolti contro la tiroide. L’esposizione della tiroide alle radiazioni (sia esterne che per l’ingestione di radioiodio) è un fattore di rischio per l’attivazione di reazioni autoimmunitarie. E’ anche vero che la tiroide è spesso sede di autoimmunità anche in popolazioni non esposte a radiazioni. Una serie di lavori ha dimostrato che nelle aree mggiormente colpite dalla fuoriuscita della radiazioni di Chernobyl, esiste un significativo aumento dei valori degli autoanticorpi anti-tiroidei rispetto alla popolazione non esposta (rispettivamente il 6% contro l’1%).
Dato il lungo periodo di latenza di questi tumori, è possibile aspettarsi un loro aumento ancora per decadi e anche la parte della popolazione che ha ricevuto dosi relativamente più basse andrebbe sottoposta a un monitoraggio a lungo termine in modo da poter intervenire tempestivamente.
È estremamente complesso valutare il tipo di effetto per il quale, qualunque dose, per quanto piccola, può essere capace di causare un danno (per esempio mutazioni genetiche o induzione di tumori). Prima che questo potenziale effetto si verifichi, trascorre inoltre un periodo di tempo che può essere anche lungo e se a ciò si aggiunge che esistono molte variabili (diverso tipo di alimentazione, le diverse abitudini di vita, etc.) che possono influenzare il manifestarsi del danno, si capisce come sia molto difficile imputare con assoluta certezza l'insorgenza di un tumore all'azione di una modesta esposizione alle radiazioni.
31 persone morirono immediatamente dopo l’incidente e circa 137 furono trattate per una sindrome acuta da raggi; • il destino di molti liquidatori non è noto e non sappiamo pertanto con certezza se per coloro che sono deceduti la causa del decesso sia effettivamente dovuta agli eventi collegati alla loro attività nelle aree contaminate; • si è assistito a un reale e significativo aumento dei casi di tumore della tiroide, in modo particolarmente evidente nei bambini. Per quanto riguarda le forme diagnosticate negli adulti non è certo se la maggior prevalenza rilevata sia dovuta a un reale aumento dell’incidenza o a una maggiore capacità diagnostica indotta dalla aumentata attenzione nei confronti di questa patologia;
i tumori indotti da questo fall-out nella popolazione giovanile hanno un atteggiamento biologico generalmente più aggressivo rispetto alle forme spontanee e si manifestano con una precoce comparsa di metastasi a distanza; • il periodo di latenza fra la esposizione alle radiazioni e la comparsa dei tumori è stato più breve rispetto a quanto atteso; • non si è verificato alcun significativo aumento scientificamente comprovato di leucemie, malformazioni fetali, anomalie congenite o di altre manifestazioni patologiche indotte dalle radiazioni sulla popolazione esposta al fall-out; • pur essendosi verificato un fall-out non trascurabile nei Paesi della Cee che può aver determinato una dosimetria capace di indurre un minimo numero di tumori tiroidei, esso è assolutamente irrilevante rispetto alla insorgenza spontanea di questo tumore.
Conseguenze sanitarie: due diverse verità… • Le stime sulla mortalità derivante dall’incidente di Chernobyl variano a seconda dei parametri presi in esame. • L’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) nel 2005 parla di soli quattromila morti. • Il TORCH-Report (The Other Report on Chernobyl), uno studio svolto in Gran Bretagna, stima che a seguito dell’incidente nucleare ancora tra le 30.000 e le 60.000 persone moriranno di tumore. • Statistiche più recenti di Greenpeace stimano invece in duecentomila le morti dovute all’incidente di Chernobyl, tra il ’90 e il 2004 prendendo in esame solo Ucraina, Bielorussia e Russia.