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Howard Becker e l’ interazionismo simbolico

Howard Becker e l’ interazionismo simbolico Non si accetta che il comportamento degli individui sia “agito” da fattori sistemici (cultura, posizione sociale, struttura delle personalità, ecc.).

johnna
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Howard Becker e l’ interazionismo simbolico

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Presentation Transcript


  1. Howard Becker e l’interazionismo simbolico Non si accetta che il comportamento degli individui sia “agito” da fattori sistemici (cultura, posizione sociale, struttura delle personalità, ecc.). L’interpretazione delle situazioni da parte degli attori è parte della formazione dell’azione sociale.

  2. Howard Becker e l’interazionismo simbolico • Il succedersi di interazioni simili porta alla creazione di definizioni condivise riguardo al modo in cui le diverse situazioni devono essere interpretate • La condivisione di senso comune porta a una certa uniformità nei comportamenti • Adattamento reciproco dei partecipanti • Società moderna continua presenza di situazioni nuove, da interpretare ex novo

  3. Howard Becker: Outsiders (1963, it. 1987) • Creare norme, farle rispettare • Le norme indicano ciò che è giusto e ciò che è sbagliato fare • Chi viene pre-giudicato come una persona che infrange le norme è interpretato come un outsider • Interpretare i devianti come ‘persone particolari’ (attribuire loro qualità)

  4. Definizioni tradizionali di devianza • Gli atti contrari alle norme sociali sono devianti di per sé. I devianti hanno in se stessi qualità (biologiche, psicologiche) che li spingono a deviare • Ma  gruppi diversi giudicano devianti cose diverse; giudicano gli stessi atti devianti con più o meno tolleranza; sono influenzati nel giudizio da CHI commette l’atto e da CHI si sente leso

  5. L’interpretazione statistica della devianza • È deviante chi si comporta in modo diverso dalla media di una popolazione • Inserisce in una stessa categoria tutto ciò che si differenzia dalla media • Non tutto ciò che è eccentrico trasgredisce norme

  6. L’interpretazione psicologica • Devianza come patologia, malattia mentale • È difficile trovare una definizione di salute ed equilibrio mentale simile a quella valida per l’organismo • Dà per scontato il giudizio sulla devianza di un atto, ma ne riporta la causa alla struttura della personalità del deviante

  7. L’interpretazione funzionalista • Devianza come sintomo di disgregazione sociale e di riduzione della stabilità sociale • Nella pratica, è difficile individuare ciò che è funzionale o disfunzionale • Decidere ciò che è funzionale è il prodotto di negoziazioni sociali

  8. L’interpretazione relativistica • Definite le norme, è deviante chi le infrange • Nella società moderna, i vari gruppi hanno norme diverse, e i più forti impongono i propri agli altri • Una persona può essere conforme per il proprio gruppo e deviante per gli altri

  9. Istituire norme, creare devianza • Definizione tradizionale: devianza come infrazione di una norma accettata  la società crea la norma, alcuni individui (con qualità particolari) le infrangono, spinti da situazioni particolari. • Critica interazionista: i gruppi sociali creano la devianza istituendo norme la cui infrazione costituisce la devianza stessa. La società crea la devianza.

  10. Il carattere sociale della devianza • Né fattori sociali né disagio sociale. • Etichettamento: applicare le norme del gruppo a determinate persone e interpretarli come outsiders. • Il deviante non è altro che un individuo che si è riusciti ad etichettare come tale

  11. Applicare l’etichetta di deviante • Non è semplice applicare un’etichetta di deviante  il legame fra l’interpretazione di una persona come deviante e il fatto che abbia effettivamente compiuto atti devianti è incerto e non meccanico • Devianti sono gli etichettati, non i colpevoli • È difficile trovare fattori psicologici e sociali comuni a chi ha infranto una norma, tranne l’etichetta condivisa

  12. Devianza come processo e non come qualità essenziale • Transazione fra i gruppi sociali e chi viene visto come deviante • Il processo della devianza si fonda sulla reazione degli altri e del deviante a un comportamento non conforme • Un atto è deviante (a) perché è contrario a una norma (b) per la reazione degli altri che lo considerano tale  ruolo fondamentale del giudizio sociale

  13. Applicare l’etichetta • Infrangere una norma non comporta meccanicamente l’applicazione dell’etichetta di deviante (outsider) • Le norme si applicano con maggiore facilità a membri di gruppi da cui ci si attende un comportamento deviante (meno ai colletti bianchi, più ai giovani, a gruppi stigmatizzati)

  14. Devianza come prodotto dell’etichettamento • Reazione di altre persone verso un comportamento  processo che dà luogo alla devianza • La qualità della devianza si situa non nel comportamento, ma nell’interazione fra l’autore di un atto e chi vi reagisce • “Lo stesso comportamento può essere un’infrazione delle norme in un certo momento, e non in un altro; può essere infrazione se commesso da una certa persona, ma non da un’altra…”

  15. Norme, etichettamento e gerarchia sociale • Sono i gruppi dominanti che adottano le norme e che etichettano • Gli adulti dettano le norme ai bambini • Le classi medie dettano le norme educative • Gli in-groups dettano le norme per gli out-groups

  16. TIPI DI COMPORTAMENTO DEVIANTE Comportamento trasgressivo Comportamento obbediente Percepito come deviante Falsamente accusato Pienamente deviante Percepito come conforme Segretamente deviante Conforme

  17. Modelli sincronici di devianza • Si accetta che la devianza sia una patologia sociale • Se ne ricercano le cause di tipo oggettivo  Ma le cause non sempre si ‘attivano’ se il deviante non ha raggiunto una fase in cui la causa può provocare devianza

  18. Il concetto di carriera • Tratto dalla sociologia delle professioni (influenza di Everett Hughes) • “Successione di passaggi da una posizione all’altra compiuta da un lavoratore all’interno di un’occupazione” • Career contingency fattori casuali e contingenti (e oggettivi/soggettivi) che condizionano le mobilità di carriera

  19. Le carriere devianti • Perpetrazione di un atto non conforme • Partecipazione a una sottocultura organizzata intorno a un’attività deviante. • Essere etichettato pubblicamente come deviante. • Devianza maggiore o secondaria: assunzione di un’immagine di sé deviante. • Ingresso in un gruppo deviante organizzato.

  20. 1. Il primo passo • Cause inintenzionali: ignoranza delle norme • Cause intenzionali: crisi del commitment; scarsa integrazione nella società convenzionale; convenienza  Commitment: coinvolgimento nel comportamento e nelle istituzioni convenzionali

  21. 2. Le subculture devianti • Sviluppo di interessi, motivazioni e tecniche devianti • I linguaggi con cui si esprimono le motivazioni devianti mostrano che vengono acquisite nell’interazione fra devianti • Esse hanno sempre natura sociale

  22. 3. L’etichetta • Essere etichettati dipende dagli altri • Cambia l’identità pubblica dell’individuo • Un uomo che ha rubato diventa “un ladro” • Ci si aspetta che sia predisposto a commettere reati di ogni genere

  23. 3. Etichetta e status • La devianza diventa la caratteristica- chiave dello status sociale dei devianti • Gli altri status divengono accessori rispetto a questa caratteristica principale • Si considera la persona deviante come se il suo status principale sussumesse tutti gli altri (profezia che si autoadempie)

  24. 4. Devianza maggiore o “secondaria” • Il deviante è escluso dagli ambienti conformi (e talvolta recluso): cambiamento di routines • Si ricostruisce la storia personale e psicologica del deviante alla luce di una qualità deviante prevalente • Il deviante adatta la propria immagine di sé stesso alle aspettative sociali

  25. 5. Membro di un gruppo deviante • L’identità deviante si rafforza • Adozione di visioni del mondo, tecniche e comportamenti, routine istituzionalizzate devianti • Razionalizzazione della posizione deviante e produzione di forme di legittimazione/giustificazione • “Semplifica” la vita, è difficile recedere

  26. Una carriera deviante:il consumo di marijuana • Ipotesi  all’origine dell’uso della marijuana vi è lo scopo di trarne piacere • Non sono  le motivazioni devianti che conducono al comportamento deviante ma è  il comportamento deviante che produce, nel corso di un processo, la motivazione deviante

  27. I limiti delle spiegazioni non sociologiche • Le giustificazioni psicologiche non sono né sufficienti né necessarie per spiegare il consumo della marijuana. • 1. Non riescono a spiegare il numero alto di consumatori di marijuana che non presentano le caratteristiche psicologiche che vengono presunte come causa del consumo di marijuana; 2. Non riescono a spiegare la variabilità nel comportamento di uno stesso individuo rispetto alla droga.

  28. Il metodo della ricerca • Il metodo dell’induzione analitica. Ogni caso raccolto nella ricerca deve convalidare l’ipotesi (all’origine dell’uso della marijuana vi è lo scopo di trarne piacere) • 50 interviste semi-direttive: ricostruzione delle esperienze personali nell’uso della droga; mutamenti di atteggiamento nei confronti della droga; ragioni di tali mutamenti

  29. Il problema dello “sballo” non automatico • Sono necessari molti tentativi per imparare a “sballare” • Condizione 1: imparare la tecnica perché produca effetti reali  imparare a fumare la droga • Condizione 2: imparare a sballare  riconoscere gli effetti e attribuirli alla droga • Condizione 3: definizione degli effetti come piacevoli. Il principiante impara dall’interazione intensa con i conoscitori a trarre piacere dall’esperienza della droga

  30. 1: apprendere la tecnica • 1° passo: apprendere la tecnica per poter fumare, apprendere lo sballo. • Il principiante viene socializzato e si socializza (comunicazione verbale, osservazione, imitazione). Soltanto grazie all’apprendimento si impara ad attribuire piacere alla droga. In caso contrario, l’uso della droga viene abbandonato. • Nell’apprendimento si impara ad attribuire alla droga certi effetti, a riconoscerli, a percepirli. Solo attribuendo alla droga effetti su se stessi si impara a “sballare”, a provare piacere dalla droga.

  31. 2: da consumatore a conoscitore • 2° passo: trasformazione dei consumatori in conoscitori • Maggiore capacità di apprezzamento delle qualità della droga • Sviluppo di un insieme di categorie analitiche che permettono di individuare con più precisione gli effetti della droga e rendono meno vago lo “sballo”, che corrisponde sempre di più a un insieme definito di sensazioni

  32. Il piacere si impara • Nel corso del processo ha imparato a rispondere sì alla domanda È piacevole? • Tale giudizio costituirà la base di una motivazione che potrà resistere a giudizi esterni di tipo morale o medico • In qualsiasi momento del processo, se alla domanda “èpiacevole?” si risponderà no si abbandonerà l’uso della marijuana

  33. Sfidare il controllo sociale • Per diventare consumatori di marijuana bisogna sfidare il controllo sociale che opera per far sì che i comportamenti siano conformi alle norme e ai valori condivisi • Nelle società moderne, in cui c’è molteplicità di norme e di valori, si aderisce spesso a gruppi che possiedono norme e valori alternativi a quelli dominanti, e che operano un loro controllo sociale sui loro membri, che va però nella direzione opposta al controllo sociale della società nel suo complesso

  34. Sfidare il controllo sociale (2) • Modi di operare del controllo sociale a. erogazione di sanzioni (positive e negative) b. interpretazione negative sulle attività devianti • Modi di opporsi alle sanzioni a. sfuggire alle sanzioni, rendendole inefficaci e b. influenzare le opinioni in modo da legittimare (almeno fra i devianti) le pratiche considerate illecite dagli out-group • Anche queste abilità sono sviluppate all’interno del processo che porta il principiante a diventare un consumatore di marijuana (un deviante) e ne influenza le pratiche

  35. Controllo sociale e carriera deviante • Carriera del consumatore di marijuana1. principiante; 2. consumatore occasionale e 3. consumatore regolare • Nel corso di questa carriera si devono contrastare: 1. il controllo sociale che impedisce il libero accesso alla droga; 2. la tendenza a individuare e denunciare i consumatori di marijuana; 3. l’interpretazione del consumo di marijuana come nocivo e illegale • Il consumo regolare di marijuana si instaura man mano che questi tre tipi di controllo vengono neutralizzati

  36. Problemi di rifornimento e segretezza • Rifornimento: per avere accesso alla droga e proseguire la carriera ci si dovrà aggregare a un gruppo deviante (relazioni stabili o ingresso), che garantisca un rifornimento costante • Segretezza: si dovrà controllare la paura di essere riconosciuti come consumatore di marijuana. I membri del gruppo rafforzeranno le tipiche convinzioni di poter passare inosservati. Il novizio apprenderà metodi e tecniche per controllare il proprio comportamento quando si è sotto l’effetto della droga. Man mano che diminuirà la paura, aumenterà il consumo stesso di droga

  37. Problemi di moralità • La droga è vista come un attentato alla salute, e come una perdita di autocontrollo da parte di chi ne fa uso. È un discorso che blocca la maggior parte delle persone rispetto al consumo di droga • È probabile che il novizio provenga da ambienti critici rispetto ai comportamenti e ai valori convenzionali • La necessità di rispondere alla morale convenzionale si può porre nuovamente nella fase più avanzata del consumo (regolare), quando si deve far fronte all’immagine negativa del tossicodipendente

  38. I conformi come outsiders per i consumatori di marijuana • La subcultura del gruppo deviante al cui interno si integra fornirà razionalizzazioni e giustificazioni che porteranno il consumatore a respingere le obiezioni della cultura dominante convenzionale • La carriera deviante sarà influenzata dal fatto di considerare le opinioni espresse dalla moralità convenzionale come opinioni disinformate di persone ‘strane’, ‘arretrate’, e che ai suoi occhi saranno i veri devianti

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