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Economie locali e distretti industriali. Corso integrativo Annalisa Caloffi Università di Firenze annalisa.caloffi@unifi.it. Lezione 2. Sistemi di produzione locale e distretti nell’analisi empirica. I sistemi locali del lavoro.
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Economie locali e distretti industriali Corso integrativo Annalisa Caloffi Università di Firenze annalisa.caloffi@unifi.it Lezione 2
Sistemi di produzione locale e distretti nell’analisi empirica
I sistemi locali del lavoro • Come possiamo individuare nell’analisi empirica degli ispessimenti localizzati di relazioni? • Le statistiche ufficiali (ISTAT) classificano il territorio nazionale in sistemi locali del lavoro: bacini occupazionali in cui esiste un rapporto stabile tra la popolazione residente e le imprese o le istituzioni • I Sistemi Locali del Lavoro (SLL) rappresentano i luoghi della vita quotidiana della popolazione che vi risiede e lavora. Si tratta di unità territoriali costituite da più comuni contigui fra loro, geograficamente e statisticamente comparabili.
I Sistemi locali del lavoro • Si individuano unità territoriali formate da uno o più comuni vicini all’interno dei quali esiste un significativo livello di autocontenimento delle relazioni di pendolarismo casa-lavoro Comune A B m SLL z t p o g y v x C u t w s h
SLL ISTAT • La configurazione territoriale dei Sistemi Locali del Lavoro cambia nel tempo poiché riflette i mutamenti dell’organizzazione territoriale della società e dell’economia del Paese. • I Sistemi Locali del Lavoro nel 2001 sono 686, inferiori per numero a quelli individuati nel 1991 (784) e nel 1981 (955). • Se nel passato un’elevata numerosità di Sistemi Locali del Lavoro dipendeva dalla frammentazione degli insediamenti umani (residenziali/produttivi), la formazione di nuovi Sistemi Locali oggi dipende dalla nascita o dal consolidamento di nuove realtà produttive in gran parte industriali [aumentano le relazioni tra alcuni luoghi – p.e. grandi aree urbane, che attraggono sempre maggiore lavoro]
SLL ISTAT ’91-’01 Il comune è l’unità di base. I SLL possono aggregare comuni di Province o di Regioni diverse 167 i Sistemi Locali del Lavoro formati da comuni che appartengono a più province e, tra questi, sono 49 i Sistemi Locali del Lavoro multi-regionali
SLL manifatturieri • I Sistemi Locali manifatturieri sono definiti in base alla concentrazione territoriale degli addetti nell’industria manifatturiera. Sono considerati tali quando il coefficiente di concentrazione è maggiore del valore medio nazionale • (SLLadd manifatt/SLLadd tot) / (ITAadd manifatt/ITAadd tot) • I SLL manifatturieri rappresentano il 37,9% di tutti i SLL. In essi abita il 41,4% della popolazione italiana (23.611.719 persone) e lavora il 47,1% di tutti gli addetti alle unità locali delle imprese e delle istituzioni (9.141.596 persone).
SLL per dimensione di impresa • I SLL manifatturieri secondo la dimensione delle imprese sono per la maggior parte costituiti da SLL di piccola (33,1%) e media impresa (37,7%). Il Piemonte resta la regione con il maggior numero di Sistemi Locali manifatturieri di grande impresa (51,7%). • Anche alcune zone del Mezzogiorno restano fortemente caratterizzate dalla presenza di SLL di grande impresa, nonostante una certa presenza di quelli di piccola e media impresa • La Toscana è la Regione italiana con la più alta incidenza di sistemi locali manifatturieri di micro-impresa
SLL manifatturieri per specializzazione settoriale • I Sistemi Locali manifatturieri considerati secondo la tipologia produttiva permettono di valutare le attività economiche che sono alla base delle diverse economie locali che essi identificano. • Le tipologie più numerose sono quelle del tessile-abbigliamento (22,3% dei Sistemi Locali manifatturieri) e della meccanica (21,9%), seguite dai mobili e prodotti in ceramica (18,1%) e dalla pelletteria: pelli, cuoio e calzature (10,0%). Si conferma la composizione settoriale dell’industria italiana: beni per la persona e per la casa, e la relativa meccanica. • Inoltre, la meccanica si trova anche in corrispondenza di Sistemi Locali la cui base produttiva è costituita dall’industria automobilistica e dei mezzi di trasporto (il caso più significativo è quello del Piemonte). Rif. Becattini Made in Italy, in Dei Ottati
SLL turistici • I SLL turistici sono definiti in base alla concentrazione territoriale degli addetti nei servizi al consumatore e sono considerati tali quando il coefficiente di concentrazione è maggiore del valore medio nazionale • (SLLadd serv turismo/SLLadd tot) / (ITAadd serv turismo/ITAadd tot) • I SLL turistici rappresentano il 37,8% di tutti i Sistemi Locali. • In essi abita il 34,8% della popolazione italiana (19.821.982 persone) e lavora il 39,7% di tutti gli addetti alle unità locali delle imprese e delle istituzioni (7.701.764 persone).
Distretti ISTAT • Le rilevazioni del nostro Istituto nazionale di Statistica identificano anche i distretti industriali • Secondo una precisa tecnica di analisi statistica, alcuni caratteri che sono propri del distretto industriale vengono misurati nella realtà • Vediamo come:
Distretti ISTAT: come sono individuati? • Si parte dai sistemi locali del lavoro (ovvero si introduce un elemento di radicamento sociale nella definizione di distretto) • Si individuano i sistemi locali del lavoro manifatturieri di PMI • aventi specializzazione prevalente in una determinata industria principale • ed in cui l’industria principale è basata sull’attività di piccole e medie imprese È ovviam solo una prima fase di lavoro!. [individuazione di aree proto-distrettuali] Per sapere se le aree individuate siano o meno distretti industriali occorre condurre ricerche approfondite sul territorio, rivolte a comprendere quale tipo di legami esistano tra le imprese e tra le imprese e gli altri attori locali
Gli indicatori: SLL manifatt Deve essere superiore alla media nazionale • LQm = (Ama/Ata) / (Ami/Ati) > 1,000 • Ama =addetti all’industria manifatturiera (m) del sistema locale (a) • Ata =addetti in tutte le attività economiche (t) del sistema locale (a) • Ami =addetti all’industria manifatturiera (m) dei sistemi locali italiani (i) • Ati =addetti a tutte le attività economiche (t) dei sistemi locali in Italia (i) Concentraz territoriale di occupazione manifatturiera
Alcune precisazioni sulle classificazioni statistiche • Unità locali: sono le varie sedi dell’impresa, in cui si eseguono le varie funzioni (p.e.: un’impresa con una sede centrale e 3 stabilimenti produttivi viene contata nel censimento tra le “imprese” come unica entità, mentre tra le unità locali come 4 entità) • Unità locali manifatturiere: si contano solo gli stabilimenti produttivi e le imprese che svolgono attività manifatturiere (p.e. non si contano le sole sedi commerciali, laddove queste siano esterne all’impresa) • Attività manifatturiere: Si tratta di quelle attività di trasformazione e lavorazione di materie prime o di semilavorati che portano alla realizzazione di prodotti finiti (manufatti) [si veda la classificazione Ateco Istat]
Gli indicatori: SLL manifatt di PMI • I SLL manifatt devono essere di PICCOLA e MEDIA IMPRESA • LQ250,m = (A250,ma/Ama) / (A250,mi/Ami) > 1,000 • A250,ma =addetti nelle unità locali fino a 250 addetti nell’industria manifatturiera (m) del sistema locale manifatturiero (a) • Ama =addetti all’industria manifatturiera (m) del sistema locale (a) • A250,mi =addetti nelle unità locali fino a 250 addetti nell’industria manifatturiera (m) dei sistemi locali italiani (i) • Ami =addetti all’industria manifatturiera (m) dei sistemi locali italiani (i) Concentrazione territoriale di occupazione manifatturiera di PMI deve essere superiore alla media naz (>1,00)
Gli indicatori: l’industria principale • I SLL manifatt di PMI devono avere un’industria principale • LQp = max(Asa/Ama) / (Asi/Ami) • Asa =addetti ad una determinata ind man (s) del sistema locale (a) • Ama =addetti all’industria manifatturiera (m) del sistema locale (a) • Asi =addetti ad una determinata ind man (s) nei sistemi locali in Italia (i) • Ami =addetti all’industria manifatturiera (m) dei sistemi locali italiani (i) Concentrazione territoriale di occupazione in una determinata ind man (superiore alla media naz e raggiunge valori massimi)
Gli indicatori: l’industria specializzata formata da PMI • L’industria principale deve essere di PICCOLA e MEDIA IMPRESA (superiore alla metà degli addetti in tutte le imprese operanti nell’industria principale) • Lp = (A250,pa/Apa) > 0,50 • A250,pa = addetti nell’industria manifatturiera principale (p) del sistema locale manifatturiero di PMI (a) riguardo alle PMI (250) • Apa= addetti nell’industria manifatturiera principale (p) del sistema locale manifatturiero di PMI (a) Occupazione nelle PMI operanti nell’ind principale
I distretti ISTAT 2001 • I distretti industriali, che erano 199 nel 1991, sono 156 nel 2001 (il 65,0% dei 240 SLL manifatturieri) ed assorbono il 70,2% degli addetti all’industria manifatturiera (1.928.602 persone). • La popolazione che vive nei distretti industriali rappresenta il 22,1% dell’intera popolazione italiana. I comuni distrettuali sono il 27,3% dei comuni italiani (2.215), e corrispondono al 20,6% della superficie totale (62.113,83 kmq.); • I distretti industriali hanno, in media, 39 addetti ogni 100 abitanti, di cui 15 manifatturieri, contro, rispettivamente, 33 e 7 addetti nel resto d’Italia. Le unità produttive sono, sempre in media, 9 (di cui 2 manifatturiere) ogni 100 abitanti, contro rispettivamente, 8 e 1 del resto del Paese. www.istat.it
I distretti ISTAT 2001 Ovvero % sul tot.ITALIA Fonte: Istat, Censimento 2001
I 156 distretti industriali ISTAT 2001
La ripartizione geografica I distretti industriali si concentrano in 17 regioni (fanno eccezione soltanto la Valle d’Aosta, la Liguria e la Calabria). Le regioni italiane più “distrettuali” sono la Lombardia e le Marche, entrambe con 27 distretti (17,3% dei distretti italiani). Seguono il Veneto con 22 (14,1%), la Toscana con 15 (9,6%) e l’Emilia-Romagna con 13 (8,3%). Viceversa, le regioni dove il modello distrettuale è meno presente sono il Lazio, il Molise, la Sicilia (2 distretti ciascuna), la Basilicata e la Sardegna (un solo distretto).
La specializzazione settoriale Le industrie principali dei distretti industriali sono quelle tipiche del made in Italy: il tessile e abbigliamento; la meccanica; i beni per la casa; la pelletteria e calzature; l’alimentare; l’oreficeria e strumenti musicali. I distretti così caratterizzati sono 148 (il 94,8% di tutti i distretti)
Il tessile-abbigliamento • I distretti del tessile-abbigliamento (45) sono concentrati soprattutto in Lombardia, Marche, Puglia, Toscana e Veneto. Nell’Italia nord-occidentale prevalgono i distretti tessili, nel resto del Paese (con pochissime eccezioni, la più rilevante delle quali è il distretto del finissaggio tessile di Prato in Toscana) quelli della confezione di abbigliamento esterno (cappotti, pantaloni, giacche, ecc.). • Da notare il cambiamento di Prato, segno di un cambiamento dei tempi: nel 1991 risultava un distretto tessile, oggi risulta il distretto del finissaggio dei tessili. C’è stato uno spostamento verso le fasi produttive più a valle (i tessili si comprano già semilavorati dall’esterno e solo in parte relativamente ridotta si producono nel distretto)
Pelli, cuoio e calzature • I distretti della pelletteria e delle calzature (20) sono localizzati in sole sei regioni, e principalmente nelle Marche. Seguono la Toscana e il Veneto, mentre in Abruzzo, Campania e Puglia è presente un solo distretto. • Si tratta soprattutto di distretti dell’industria delle calzature, ai quali si aggiungono quelli dalla concia del cuoio ad Arzignano (Veneto), a Santa Croce sull’Arno (Toscana) e a Solofra (Campania) e quelli dei prodotti in pelle a Borgo San Lorenzo e Piancastagnaio (Toscana) e a Tolentino (Marche). • L’industria della pelletteria e delle calzature è più variegata in Toscana: non solo calzature, ma anche borse e produzione di cuoio
I beni per la casa • I distretti dei beni per la casa (32) si trovano in quattordici regioni, e sono concentrati principalmente nel Veneto e nelle Marche. Numerose regioni presentano un solo distretto con tale specializzazione. • Questo tipo di distretti si occupa soprattutto della fabbricazione del mobile in legno, con le rilevanti eccezioni rappresentate dai distretti dei prodotti in ceramica a Civita Castellana (Lazio), della lavorazione del sughero a Calangianus (Sardegna), dell’industria del legno (fabbricazione di fogli da impiallacciatura, fabbricazione di compensato, pannelli) a Viadana (Lombardia), delle piastrelle e ceramica per pavimenti e rivestimenti a Faenza (Emilia-Romagna). • In Toscana ci sono distretti della produzione del mobile nell’area senese. In questi si realizza una gamma ampia di prodotti, senza peculiarità distintive
Alcune osservazioni sui dati: • Circa il 50% delle unità locali delle imprese manifatturiere toscane si trova nei distretti • La percentuale è ancora più alta se consideriamo alcuni settori in particolare: p.e. circa il 70% delle imprese toscane che producono tessile-abbigliamento sono localizzate all’interno di distretti industriali • Un altro esempio è costituito dalla categoria “altre attività manifatturiere”, che comprende la produzione di mobili e gioielli. Anche in questo caso, oltre il 50% delle attività è svolto da imprese operanti in distretti industriali • Stesse percentuali si identificano in relazione agli addetti
Le politiche di supporto ai distretti • Ricordiamo che i distretti industriali rappresentano circa il 36% delle unità locali manifatturiere e circa il 40% degli addetti manifatturieri italiani • Si tratta sostanzialmente di aree di piccola impresa, specializzate in prodotti tradizionali del Made in Italy (tessile-abbigliamento, calzature, gioielleria, mobili,…) che hanno risentito in maniera più forte dei cambiamenti che si sono verificati nello scenario competitivo mondiale (soprattutto: forte concorrenza proveniente dai paesi in via di sviluppo o di nuova industrializzazione); • In simili periodi di crisi e difficoltà, si comprende come l’azione politica si sia concentrata su queste aree, per fornire aiuti ad imprese e sistemi di imprese in difficoltà a tenere il passo con i tempi
I distretti toscani secondo l’individuazione regionale • Una legge nazionale del 1991 prevedeva la possibilità per le Regioni di individuare i distretti industriali presenti sul proprio territorio e di predisporre appositi finanziamenti (per l’innovazione) per le imprese in esse presenti • A partire da quel momento, molte Regioni hanno emanato leggi che riconoscevano formalmente i confini dei distretti industriali ed in alcuni casi hanno poi concesso appositi finanziamenti alle imprese in essi localizzate • La Regione Toscana ha individuato 12 distretti industriali (in buona parte confermando i distretti individuati dall’Istat). Vediamo cosa prevedono le leggi della Toscana sui distretti
Uno sguardo ad altri contesti socio-economici: il caso cinese
Variabili da osservare negli studi di caso • Necessità di adattamento a diversi contesti socio-istituzionali • Caratteristiche peculiari delle imprese (numerosità, dimensione media, specializzazione, tipo di attività svolta – p.e.imprese finali o di fase) e degli imprenditori (quanto è diffusa l’auto-imprenditorialità? Quanta parte delle imprese è di tipo familiare?) • Caratteristiche degli addetti (numerosità, specializzazione, profili formativi, …) • Caratteristiche dei legami tra le imprese (esistono legami di subfornitura tra le imprese? Dipendenti o indipendenti?...) • Caratteristiche delle produzioni realizzate, dei mercati di approvvigionamento e dei mercati di sbocco
Il caso cinese • Mappatura a scopi di policy dei cluster di imprese effettuata da governi locali cinesi di alcune aree (rinvio a lezione successiva) • Il caso del Guangdong • [diverse disponibilità di dati statistici!]
Il supporto ai cluster industriali • C’è un ampio e crescente set di iniziative – implementate a livello provinciale e locale – rivolte alla creazione di cluster innovativi ed al supporto dell’innovazione nei cluster esistenti • Governo nazionale e governi locali hanno scelto questo tipo di politiche come mezzo per promuovere uno sviluppo di tipo endogeno • L’obiettivo principale è quello di rafforzare lo sviluppo di luoghi d’industria aventi (anche se in nuce) caratteri sistemici, in modo da sostenere il potenziale innovativo delle imprese locali
Le specialized town del Guangdong • 73 Specialized Towns: • Status amministrativo di township, town o county; • Almeno il 30% del valore dell’output manifatturiero (e/o del n.addetti) deve essere prodotto dall’industria specializzata (tipo Ateco 3) Fonte: Di Tommaso e Rubini, 2004 The China and Italy Research and Learning Project ST sono il target di specifiche azioni di policy actions che promuovono l’innovazione (endogena)
Specializzazione macro-settoriale delle ST Agricultural-related Resource based: paper, stone or raw materials manufacturing Low tech: textile, clothing, chinaware, shoes or toys production Medium tech: electric appliances, packaging, machineries, motorcycles High tech: electronics, biochemical, robotics UNIDO classification
L’identificazione di diversi modelli di sviluppo locale Cluster analysis su 66 ST. I 7 indici:
La cluster analysis Cluster analysis su 66 ST (k-means method, standard values): Gruppo1 (17 ST): GENERIC Gruppo2 (27 ST): INWARD Gruppo3 (17 ST): PROTO-DISTRICT Gruppo4 (5 ST): FOREIGN
Proto-district e foreign ST Proto-district Foreign driven
Quali implicazioni per il confronto concorrenziale Italia-Cina? • Quali rapporti di concorrenza e di collaborazione? Per il panorama conoscitivo (la descrizione delle specialized town) il riferimento è a Di Tommaso e Rubini (2006) in Bellandi e Biggeri (2006) Per le considerazioni su rapporti di concorrenza e collaborazione con i distretti toscani (e le implicazioni di policy) il riferimento è ai 3 capitoli Bellandi e Caloffi (2006) in Bellandi e Biggeri (2006)