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Foresta pluviale – Cameroun. Entandrophragma utile - Meliaceae . Il germoplasma.
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Il germoplasma Il germoplasma rappresenta la variabilità genetica totale disponibile per una specifica popolazione di individui. Esso è rappresentato da semi o tessuti o cellule in grado di ripristinare un organismo intero.Questo insieme di organismi differenti può essere conservato sul luogo di origine (conservazione in situ) o presso appositi Istituti (conservazione ex situ) che ne curano il mantenimento e la caratterizzazione.
Nel caso delle specie coltivate, la conservazione del germplasma è particolarmente importante in quanto consente di mantenere elevata la biodiversità di una data specie (tutti gli individui vengono propagati a prescindere dalla loro performance agronomica) e rappresenta la base per l’inserimento di nuovi caratteri utili.
« Linee direttive per la conservazione e il recupero dei vegetali » (1994) del Consiglio d’Europa Schede pratiche per la conservazione Le schede pratiche per la conservazione sono basate su lavori di dettaglio effettuati sul terreno, completati da ricerche nella letteratura e negli erbari. Per ogni specie sono riassunte le seguenti informazioni: descrizione, ecologia, fitosociologia, distribuzione (con carta), statuto di conservazione, tipi di minaccia e misure di conservazione. Le schede hanno lo scopo di fornire le necessarie basi di intervento ai responsabili della conservazione della natura.
Conservazione in situ La Direttiva Habitat 92/43/C.E.E., emanata dalla Comunità europea sin dal 21 maggio 1992, con lo scopo di salvaguardare e proteggere la biodiversità degli Stati membri La Direttiva Habitat 92/43/C.E.E. prevede l’istituzione di una serie di siti da proteggere denominati o classificati di importanza comunitaria (S.I.C.) e zone speciali di conservazione (Z.P.S.) destinate a far parte di una rete ecologica comunitaria denominata Natura 2000, a cui applicare le necessarie misure per la salvaguardia, il mantenimento ed, eventualmente, il ripristino di un habitat naturale soddisfacente alle specifiche peculiarità del sito
L’Italia, dopo, per vero, aver molto temporeggiato, ha, infine, dato attuazione alla Direttiva Habitat 92/43/C.E.E, con D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, modificato con D.P.R. n. 12 marzo 2003, n. 120 I siti di interesse comunitario (S.I.C.) sono cosa diversa dalle aree protette, dai parchi nazionali, regionali, dalla riserva naturali, marine; traggono origine dal concettuale rilevante valore scientifico, naturale “tipico o biotipico” che un habitat naturale possiede, che si eleva ad interesse sovranazionale e che, quindi necessita di tutela. Non ha rilevanza l’estensione di un’area o la sua abituale flora e/o fauna, quanto piuttosto la tipicità o la rarità o se si vuole la peculiarità di una determinata specie animale o vegetale e/o paesistica che è degna di tutela perché di interesse sovranazionale.
Criteri che giustificano la coltivazione ex situ • di una specie selvatica minacciata: • La specie è minacciata a livello europeo, svizzero o regionale • - Determinate popolazioni di queste specie sono compromesse in modo irrimediabile • (ad. es. da costruzioni). • - Il prelievo di semi o di parti della pianta non nuoce alle popolazioni esistenti. • Particolare prudenza deve essere rivolta alle specie annuali e bisannuali • o monocarpiche (ridotto processo di fioritura), i cui effettivi di popolazione • dipendono essenzialmente dalla produzione di semi. • - Esistono siti naturali o di sostituzione idonei alla reintroduzione delle specie coltivate.
Conservazione ex situ La conservazione ex situ è una strategia fondamentale di conservazione della biodiversità quando questa è gravemente minacciata, oppure quando il numero degli individui di una specie è fortemente ridotto. Essa presenta tuttavia lo svantaggio di mantenere solo una parte della variabilità genetica dei taxa, che può essere soggetta a deriva genetica. Il collegamento stretto tra i centri di conservazione ex situ ed i centri di sperimentazione e di impiego in situ rappresenta una efficiente soluzione per mantenere la variabilità delle specie per le quali non è possibile la conservazione in situ. Pertanto un programma di conservazione della biodiversità deve prevedere un equilibrato bilanciamento dei due tipi di conservazione.
Oltre a mantenere le risorse genetiche esistenti, la conservazione è funzionale anche ad altri importanti obiettivi: - sviluppare nuove cultivar, razze e ceppi durante i programmi di miglioramento genetico; -fornire popolazioni di riserva o stock da utilizzare per consentire la sopravvivenza delle specie durante le fasi di reintroduzione e ripopolamento o per favorire il recupero e la riabilitazione degli habitat; -fornire materiale per l'industria, per l'agricoltura, per la formazione e la ricerca; -assicurare, attraverso lo stoccaggio a lunga scadenza, materiale per bisogni futuri; -fornire materiale per la formazione di una coscienza ambientale.
Conservazione ex situ Presso collezioni, pubbliche e private, di conservazione del germoplasma ex situ sia di specie coltivate (vegetali e microbiche) e allevate (animali), sia di specie selvatiche: a) germoplasma vegetale a partire dagli Istituti del MIPA, MURST, CNR, ENEA, Centro per la Conservazione delle piante da frutto, collezioni esistenti negli Orti botanici di ogni tipo, comprendendo anche quelle private legate alle imprese sementiere, alle istituzioni private, alle Fondazioni, agli orti botanici privati, alle ONG ecc.; b) germoplasma animale; c) germoplasma microbico (batteri, funghi) e virale (virus animali, vegetali e batterici) comprendendo le collezioni esistenti presso Università ed istituti di ricerca pubblici, ufficialmente riconosciute
Conservazione ex situ presso gli Orti Botanici - conservazione e la tutela della biodiversità in senso lato attraverso tecniche di conservazione ex situ della flora di interesse: regionale, nazionale e mondiale.
La conservazione ex situ, almeno nel breve e medio periodo, è spesso l’unico strumento che consente di salvaguardare molte specie dall’estinzione o dall’erosione genetica, specialmente a livello locale. Le principali attività della conservazione ex situ comprendono: La conservazione ex situ, almeno nel breve e medio periodo, è spesso l’unico strumento che consente di salvaguardare molte specie dall’estinzione o dall’erosione genetica, specialmente a livello locale. Le principali attività della conservazione ex situ comprendono: La conservazione ex situ, almeno nel breve e medio periodo, è spesso l’unico strumento che consente di salvaguardare molte specie dall’estinzione o dall’erosione genetica, specialmente a livello locale. Le principali attività della conservazione ex situ comprendono: Mantenimento di collezioni viventi Propagazione e coltivazione in vivai e attrezzature specializzate Banche germoplasma Micropropagazione e coltivazione di tessuti
2005- "RIBES", "Rete Italiana di Banche del germoplasma per la conservazione Ex Situ della flora spontanea"; occuperà di progetti a livello nazionale, riguardanti specie a rischio di estinzione e quelle utili per interventi di rinaturalizzazione
Banca del Germoplasma: laboratorio biologico che attraverso la crioconservazione a -20°C dei semi (embrioni, cellule somatiche) delle piante selvatiche e ne proietta la loro esistenza per le generazioni future. I semi opportunamente preparati (disidratati e crioconservati), conservano in questo modo la loro vitalità per secoli. si stima, infatti, che attualmente esistono circa 1300 Banche di Germoplasma in tutto il mondo.
Raccolta di materiale vegetale controllato sotto il profilo genetico e fitosanitario per: 1- conservare il patrimonio genetico delle piante da esterno per operatori e studiosi; 2- fornire materiale di propagazione di qualità a chi interessato; 3- aggiornare il settore delle novità vegetali.
Semi ortodossi: possono essere disidratati e conservati a basse temperature rimanendo vitali per numerosi anni. Sono I più idonei a essere conservati in una banca del seme. Semi recalcitranti: non tollerano la conservazione a basse temperature senza danni al DNA. Per questi semi sono necessarie altre forme di conservazione.
Banca del seme Raccolta Preparazione dei semi Disidratazione dei semi impacchettamento Conservazione -18°C Periodici test di germinazione Rigenerazione di semi riconservazione
L'attività spazia, oltre che alla raccolta e conservazione dei semi all'istituzione e all'impianto di campi-collezione locali, dagli interventi di educazione scolastica alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica sul tema dell'erosione genetica e della salvaguardia della biodiversità.
Obiettivi principali di queste ricerche sono: - la salvaguardia e la valorizzazione del germoplasma delle principali specie -l'ottenimento mediante programmi di miglioramento genetico attraverso incrocio di nuove selezioni piante. Vengono eseguiti studi di caratterizzazione varietale e clonale con isolamento di marcatori molecolari per lo studio della biodiversità e per la certificazione del materiale vegetale.
Profilo SSR DICE
Piante Madri Dopo la verifica di rispondenza genetica e di assenza di patogeni costituzione di campi di Piante Madri. Questi rappresenteranno la sorgente primaria di materiale di propagazione qualificato.
Le banche del germoplasma sono strutture nelle quali vengono raccolti e conservati individui di specie o varietà diverse. La costituzione di queste strutture ha avuto sinora per lo più uno scopo conservativo, di salvaguardare cioè il patrimonio genetico delle specie, le cui differenti combinazioni determinano quelle diversità, che sono state e sono tuttora la base del miglioramento delle piante.
Questa definizione è tuttavia restrittiva del ruolo e funzione di una banca di germoplasma, poiché si suppone che la struttura agisca solo come raccolta ed eccezionalmente, reimmetta materiale nel ciclo produttivo. In realtà raccolta e catalogazione sono azioni indispensabili per costituire definire e standardizzare le sorgenti di tutto il materiale usato per interventi in agricoltura, sull’ambiente, nel settore forestale; tale materiale non solo deve essere conservato e tramandato, ma, periodicamente controllato e ridistribuito agli utenti.
Fin dall'antichità l'uomo ha sempre cercato di utilizzare processi biologici per fini produttivi. Per migliaia di anni, all'oscuro delle leggi biologiche ha lavorato sugli organismi per ottenere o modificare quanto era prodotto dalla natura.Sono biotecnologie classiche: il miglioramento genetico ottenuto attraverso l'incrocio, l'ibridazione e la selezione artificiale.
La costituzione di nuove cultivar è stata, del tutto casuale, essendo basata sulla selezione di semenzali ottenuti dalla libera impollinazione di piante spontanee o coltivate. In alternativa si faceva ricorso a tecniche di incrocio intervarietale ottenuto mediante impollinazione controllata dei fiori preventivamente demasculati e isolati dalla pianta madre, o facendo ricorso all'ibridazione interspecifica.
CONSERVAZIONE DEL GERMOPLASMA la conservazione per crescita minima; la crioconservazione.
La conservazione per crescita minima consiste nel rallentare la crescita degli espianti in maniera tale da allungare la durata di ciascuna subcoltura da circa 30 giorni ad almeno un anno. Tale scopo viene raggiunto agendo sulle condizioni fisiche, nutrizionali o mediante l'aggiunta di particolari regolatori di crescita.
La crioconservazione rappresenta il principale strumento per la conservazione a lungo termine e la costituzione di banche di geni per lo scambio internazionale. Essa si basa sulla riduzione ed il successivo arresto delle funzioni metaboliche del materiale biologico, conservandone la piena vitalità.
Tale scopo viene raggiunto portando gli espianti a valori di temperatura ultra bassa (-70°C) o preferibilmente sfruttando le proprietà dell'azoto liquido. Concrete possibilità di utilizzo di queste tecnologie "in vitro" per la conservazione del germoplasma sono state ottenute su numerose specie tra le quali ricordiamo la patata, la carota, il pomodoro, la fragola, l'ananas e l'olivo.
COLTURE CELLULARI "IN VITRO"OVVERO LE PIANTE IN PROVETTA • L'insieme delle tecniche che consentono di coltivare parti di vegetali su idonei mezzi di coltura in condizioni di sterilità ed in ambiente controllato. • La totipotenza cellulare è il presupposto di base per lo sviluppo di questa tecnica. Gli espianti utilizzati per la coltura "in vitro" si possono classificare in due categorie: • -nella prima, vengono raggruppati gli espianti che contengono strutture meristematiche preformate come apici, germogli e nodi; • nella seconda vengono raggruppati gli espianti costituiti da tessuti differenziati come porzioni di foglie, di stelo, di radici o di fiori.
Ne deriva che, nel primo caso il mezzo di coltura dovrà favorire l'espressione del programma di sviluppo già contenuto nell'espianto mentre nel secondo caso, il mezzo di coltura dovrà indurre una dedifferenziazione delle cellule specializzate in modo da far riacquistare la capacità meristematica o embriogenetica. In entrambi i casi il primo obiettivo rimane quello di mantenere le cellule in attività e di favorire gli scambi con il substrato.
I mezzi di coltura rappresentano la fonte principale dalla quale gli espianti traggono tutto il loro nutrimento. Essi consistono in soluzioni acquose o agarizzate contenenti tre gruppi fondamentali di sostanze: elementi minerali, sostanze organiche, e regolatori di crescita.
La misurazione del pH del mezzo di coltura risulta di particolare importanza in quanto solo ad intervalli molto ristretti, compresi tra 5.0 e 6.0, le sostanze necessarie alla crescita degli espianti risultano disponibili. I germogli "in vitro" sono eterotrofi, traggono zuccheri direttamente dal substrato e fissano solo in minima parte la CO2.
ll mantenimento della sterilità è uno dei requisiti fondamentali per tutti i tipi di coltura "in vitro" in quanto i mezzi di coltura utilizzati rappresentano un ottimo habitat anche per batteri e funghi che possono essere presenti sull'epidermide vegetale. La rimozione di essi diventa dunque indispensabile se si vuole evitare la contaminazione al momento dell'inizio delle colture "in vitro".
MICROPROPAGAZIONE Tecnica di propagazione agamica ormai diventata per molte specie un sistema di moltiplicazione alternativo alle tecniche tradizionali di propagazione. L'obiettivo di tale metodologia è quello di ottenere in tempi brevi ed a costi contenuti, un grande numero di piantine, identiche sia genotipicamente che fenotipicamente alla pianta di partenza precedentemente selezionata per caratteristiche fisiologiche e produttive di pregio.
La micropropagazione consiste nell'allevare le gemme o le microtalee su idonei mezzi di coltura addizionati di ormoni vegetali in maniera tale da esaltare al massimo la produzione di nuovi germogli. Le piante ottenute con questa tecnica sono uguali alla “pianta madre" e per questo cloni della pianta che ha donato il tessuto.
Nel processo di micropopagazione distinguiamo le seguenti fasi: • Induzione e stabilizzazione delle colture in ambiente asettico. • Promozione dell'attività rigenerativa e moltiplicazione dei nuovi germogli. • Induzione e sviluppo di nuove radici alla base dei germogli. • Trapianto ed acclimatazione.
ORGANOGENESI DIRETTA E' una metodologia volta all'ottenimento di germogli o radici, direttamente da tessuti messi in coltura, senza passare attraverso le fasi di callo. La capacità di rigenerazione diretta è caratteristica di un numero ristretto di specie e limitato ad alcuni tessuti.
ORGANOGENESI INDIRETTA Sebbene l'organogenesi "in vitro" possa avvenire direttamente su espianti primari, in alcuni casi essa avviene su degli ammassi cellulari denominati "calli". In questo caso tessuti organizzati come foglie, radici, fusti ecc... perdono la loro struttura specializzata per accrescersi sottoforma di un ammasso di cellule disorganizzate. L'induzione e la crescita del callo è favorito dalla presenza nel mezzo di coltura di elevate concentrazioni di auxine e basse di citochinine.
.Il fenomeno dell'organogenesi può essere diviso in due fasi: 1) induzione 2) determinazione. Durante la prima fase una o più cellule riacquistano la capacità di dividersi dando origine a centri meristematici. Nella seconda fase i centri meristematici acquistano una polarità indirizzandosi verso la formazione di un apice radicale o apicale.