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Capitolo I Storia di una ricerca: l’antropologia nella Bibbia e nella Tradizione (l’Antropologia di Gaudium et Spes). Antropologia - Lezione 9^.
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Capitolo I Storia di una ricerca: l’antropologia nella Bibbia e nella Tradizione (l’Antropologia di Gaudium et Spes) Antropologia - Lezione 9^
Sono figlio dell’incredulità e del dubbio fino ad ora e, lo so bene, lo sarò fino alla tomba. Che sofferenze terribili m’è costata e mi costa ora la sete di credere, tanto più forte nella mia anima quanto più numerosi sono gli argomenti contrari. Tuttavia, per me, non c’è niente di più bello, di più profondo, di più simpatico, di più ragionevole, di più virile e di più perfetto del Cristo, e non solo non v’è nulla ma, lo dico con amore geloso, non può esserci nulla. Di più ancora, se mi si dimostrasse che il Cristo è fuori della verità e che la verità è realmente fuori del Cristo, amerei di più rimanere col Cristo che con la verità (F. Dostoevskij)
GS 10 Crede ugualmente di trovare nel suo Signore e Maestrola chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. …… Così nella luce di Cristo, immagine del Dio invisibile, primogenito di tutte le creature, il concilio intende rivolgersi a tutti per illustrare il mistero dell’uomo…»
passaggio pare ancora incompleto: Cristo è il centro e il (la) fine della storia,ma non la sua origine. Questo, almeno, non è esplicitato. L. Ladaria = è «insinuata» la relazione di Cristo con la creazione (è il primogenito…). • l’affermazione fondamentale del nesso antropologia-cristologia: la chiesa «nella luce di Cristo illustra il mistero dell’uomo».
GAUDIUM et SPES I^ parte: LA CHIESA E LA VOCAZIONE DELL'UOMO Cap I: La dignità della persona umana (12-22)
Nel n. 11 – che introduce la parte I, La chiesa e la vocazione dell’uomo – e, poi, nel 12 (inizio del cap. I – La dignità della persona umana), si riprende nuovamente la domanda iniziale: che cos’è l’uomo? La risposta data in questo n. 12,a diversità dell’approccio fenomenologico dell’introduzione, muove ora dalla rivelazione: «le sacre lettere insegnano che l’uomo è stato creato “a immagine di Dio”,capace di conoscere e di amare il proprio Creatore, e che fu costituito da lui sopra tutte le creature terrene quale signore di esse, per governarle e servirsene a gloria di Dio» (GS 12b-c).
L’uomo si comprende come imago Dei nella duplice valenza: • da un lato nella sua relazione a Dio (capace di amarlo) • e dall’altro come signore del creato (superiorità e dominio, cfr. salmo 8,5-7). Il riferimento è evidentemente alla creazione, secondo la narrazione genesiaca, da cui il concilio ricava anche la costitutiva natura sociale dell’uomo fatto a immagine, in quanto creato nella comunione di uomo e donna:
GS 12: Ma Dio non creò l’uomo lasciandolo solo: fin da principio «uomo e donna li creò » (Gen1,27) e la loro unione costituisce la prima forma di comunione di persone. L’uomo, infatti, per sua intima natura è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti.
NB = una tale descrizione dell’uomo fa indubbiamente riferimento diretto alla rivelazione, ma in relazione solo all’AT: non appare nessun riferimento al ruolo di Cristo nella creazione, né tantomeno alla sua identità di imago Dei. «non si è seguito un metodo puramente induttivo ma neppure si è iniziato con l’esporre il nucleo centrale della fede in Cristo Signore» (Ladaria).
Ladaria nota che il Vaticano II “è il primo concilio che ha parlato dell’uomo come immagine di Dio. Ma fin qui lo fa concitazioni dell’AT”. Il primo testo che cita il NT sarà il n. 22.
Ne sono una chiara conferma i paragrafi intermedi, che trattano di diverse questioni antropologiche: • n. 13: il peccato, che oscura l’immagine di Dio nell’uomo ed impedisce la perfetta armonia con sé, con gli altri e col mondo; • n. 14: i costitutivi dell’uomo: unità di anima e corpo; • n. 15: intelligenza e sapienza; • n. 16: coscienza morale; • n. 17: libertà; • n. 18: il mistero della morte; • nn. 19-21: l’ateismo.
In nessuno di questi si trova un riferimento a Cristo, eccetto il n. 18, dove si oppone al dramma umano della morte la «vittoria di Cristo». • Significativo, inoltre, il fatto che al n. 17 la libertà è presentata quale «eximium divinae imaginis in homine signum». Torna il tema dell’imago Dei senza, però alcun fondamento nel NT e in Cristo (cf. ad es. Gal 5,1). • Anche l’aiuto della grazia di Dio per l’attua-zione della libertà ferita è condotto senza un esplicito richiamo a Cristo: si parla generica-mente di una gratia Dei adiuvante (GS 17).
Il riferimento esplicito a Cristo? compare al termine del capitolo con un numero indimenticabile – il 22 - che costituisce uno dei vertici del documento.
ESPLICITO GS 22: Cristo è immagine di Dio GS 1221: l’uomo è immagine di Dio IMPLICITO
Il n. 22, De Christo novo homine, merita un’attenzione a sé, precisamente per l’importanzacapitale che ha nella riflessione antropologica. • Secondo l’intento iniziale del n. 10, si ha al n. 22 in forma diretta il riferimento del mistero dell’uomo alla persona di Gesù Cristo: esplicitamente si pone in relazione con Cristo tutto quello che finora è stato detto • Da un lato, può sembrare comprensibile che di Cristo si parli solo nell’ultimo paragrafo del capitolo, visto l’intento di dialogare con il mondo e, dunque, la scelta per un andamento più induttivo ed esperienziale del discorso.
Però resta ancora una volta la constatazione che il riferimento cristologico, per quanto dichiarato, compaia di fatto, sempre «dopo», in un secondo momento, lasciando il sospetto di una linea ancora «di compromesso» tra il parlare “naturale” sull’uomo e il parlare “cristiano” sull’uomo. Lo stesso Ladaria, prudentemente, conclude: «malgrado tutto ciò, non si vede con chiarezza perché, ogni volta che la risposta conciliare espressamente si fonda sulla rivelazione divina, si lasci alla fine il riferimento a Gesù»
Il n. 22 De Christo novo homine Testo e commento
Titolo del numero L’interrogativo originario «chi è l’uomo?» (n. 11 e 12) ha aperto un cammino di ricerca che • dal n. 12 l’uomo immagine di Dio ha finalmente il suo culmine • qui in Cristo uomo nuovo (n. 22) • si evidenziano i due poli attorno cui muove la questione.
Nei primi schemi preparatori il titolo di questo numero era De Christo homo perfecto in seguito fu cambiato (benché nel testo l’idea permanga ben chiara) perché non coglieva suffi-cientemente la dimensione travagliata del peccato. • L’espressione paolina “uomo nuovo” evoca, invece, la corrispondente espressione “uomo vecchio” con la sua realtà di peccato e la fatica del suo rinnovamento che è costato la croce di Cristo. rispetto ai numeri precedenti, qui senza dubbio si tratta di un testo di elevata statura teologica, che contrasta con l’evidente timidezza con cui la GS affronta le questioni più strettamente teologiche (Ladaria)
§ 1«In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è l’Adamo definitivo (novissimus), proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione. Nessuna meraviglia, quindi, che tutte le verità su esposte trovino in lui la loro sorgente e tocchino il loro vertice.
§ 1 Principio fondamentale fondamentale è il capoverso iniziale, in cui si enuncia il criterio ermeneutico essenziale: «solamente nel Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo» nella persona di Gesù di Nazareth appare la verità dell’uomo: è Lui che «svela l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione». Solo in Cristo, l’uomo comprende in pienezza e definitivamente la propria identità il nesso cristologia-antropologia è affermato come criterio decisivo per la comprensione dell’uomo. una volta affermato, questo criterio va applicato in modo “retrospettivo”: tutto ciò che è stato descritto in precedenza sulla dignità e l’esistenza dell’uomo dovrà essere reinterpretato alla luce di Cristo.
GS 22: Cristo è immagine di Dio GS 1221: l’uomo è immagine di Dio
il rapporto è affermato secondo un ordine ben preciso: da Cristo all’uomo • questo è il criterio ermeneutico per l’antropologia cristiana. • È importante anche la precisazione che segue immediatamente: Adamo, il primo uomo era figura di quello futuro, cioè Cristo Signore, sulla scia di Rom 5,14.
Due le indicazioni incluse in questo passaggio: si ribadisce ulteriormente la relatività del-l’uomo a Cristo: l’uomo, sin dall’origine (Adamo), fa riferimento a Cristo; dunque, si comprende a partire da lui (e non viceversa). • Non è Adamo che spiega Cristo, ma Cristo che spiega Adamo. Perciò, solo per mezzo di Cristo possiamo sapere che cos’è l’uomo. Questo è il criterio che si va chiarendo: * da Cristo ad Adamo * cioè da Cristo all’uomo.
Metodo della correlazione(P. Tillich): l’uomo spiegaCristo Partire dall’antropologia per illustrare la cristologia Dai valori umani/etici all’uomo Gesù di Nazareth • Pace Gesù il pacifico • Libertà Gesù uomo libero (sovversivo?) • Giustizia Gesù dalla parte degli ultimi Metodologia cristologica(San Paolo):Cristo spiega l’uomo - Cristo è la nostra pace = lettera agli Efesini - Cristo ci ha liberati perché rimanessimo liberi = Gal 5,1 - Cristo è il giusto che ci giustifica = lettera ai Romani
Non è la copia che spiega il Modello. • È il Modello che spiega la copia!
va richiamato l’accenno al fondamento protologico del legame Cristo-Adamo (uomo): un nesso che si dà fin dall’origine • il nesso emerge se si pone attenzione alla nota a piè pagina che commenta l’affermazione conciliare: Il testo: Adamo, il primo uomo era figura di quello futuro, cioè Cristo Signore La nota riporta un passo del De carnisresurrectione, n. 6 di Tertulliano: quodcumque limus exprimebatur, Christus cogitabatur homo futurus. • in qualsiasi forma infatti il fango venisse modellato, veniva pensato Cristo l’uomo futuro
La citazione conciliare si ferma qui. Il testo di Tertulliano però continua affermando che in quel fango (= Adamo) che rivestiva già l’immagine di Gesù nella carne non c’era solo l’opera di Dio, ma la caparra (pignus) dell’incarnazione. In questo caso, dunque, avremmo finalmente un recupero del riferimento a Cristo sin dalla creazione: il legame Cristo-uomo non è più ricondotto solo al peccato, né è proiet-tato al futuro, ma è riconosciutosin dalle origini. Adamo è figura del Cristo che deve incarnarsi.
Ladaria insiste molto su questo possibile sviluppo contenuto nella nota a piè pagina del testo. Anzi, lo amplifica ricorrendo anche a sant’Ireneo: poiché è preesistente il Salvatore dovevano ve-nire all’esistenza coloro che dovevano essere salvati qui salvarenon significa giustificare il peccato, ma far partecipi della vita divina. Per Ladaria è importante evidenziare che il Concilio va nella direzione di un collegamento protologico tra antropologia e cristologia, anche se, poi, in realtà, non sviluppa questo itinerario. Il rapporto di Cristo con la creazione, infatti, è un punto che rimane aperto.
Un ultimo particolare va ancora evidenziato. Il testo afferma che «proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione». • si anticipa qui il contenuto della verità sull’uomo. Infatti, non si fa semplicemente un’affermazione formale, precisando che la rivelazione del Padre è inseparabile da quella sull’uomo • se ne può ricavare che Cristo rivelando Dio come Padre (e con esso il Suo Amore) manifesta se stesso come il Figlio • di conseguenza rivela il contenuto “dell’altissima vocazione dell’uomo”: la filiazione.
Conferma di questa affermazione si ha esplicitamente più avanti: «il cristiano è reso conforme all’immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli» • «affinché, figli nel Figlio, esclamiamo nello Spirito: Abba, Padre». Figli nel Figlio =espressione resuscitata daEmile Mersch
Piccola verifica sul campo di lavoro = nell’insegnamento scolastico della RC • Chi è l’uomo? Creatura di Dio = insufficiente “ fatta a sua immagine? = insufficiente “ figlio di Dio? = impreciso perché indica un rapporto “pre-trinitario” Figlio (adottivo) del Padredi Gesù = corretto
L’oggetto primo della rivelazione è Dio, ma nel rivelare Dio come “Padre”, Cristo svela anche l’uomo a sé stesso. In Cristo, Dio è l’uomo sono due grandezze speculari, co-rivelantesi. Il Concilio dirige verso un approfondimento: • scaturisce chiaramente dal testo conciliare qual è la realtà più profonda dell’essere umano: la sua ontologia è la filiazione. Cristo rivelandosi ilFiglio svela il senso della filiazione e svela all’uomo ciò che anche lui è più profondamente: unfiglio.
Si supera così il tradizionale dualismo imposto dalla teoria del duplice ordine l’uomo è una natura che, potenzialmente, può elevarsi fino a Dio: è una creatura e tra le tante possibilità che ha c’è anche quella di essere figlio di Dio. • Nessuna meraviglia quindi se tutte le verità suesposte = dignità dell’uomo, libertà dell’uomo, immortalità dell’uomo, l’uomo immagine di Dio. = n. 12 • trovano in Cristo la propria sorgente e toccano il propriovertice = dignità, libertà, immagine di figlio
Cristo rivelando la filiazione mostra di essere Colui (IL Figlio) dal quale tutte le verità sull’uomo (un figlio adottivo) traggono origine. solamente nel Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo • Certo non possiamo interpretare il Concilio in modo massimalista, affermando cioè che non possiamo sapere niente dell’uomo se non in Cristo (es. anche l’AT è una fonte rivelata), ma qualsiasi conoscenza sull’uomo alla luce di Cristo viene profondamente reinterpretata.
Cristo, il Figlio, svela la verità ultima (filiale) dell’uomo. • Conoscenze valide vengono anche dal di fuori, ma in Lui trovano l’ultimo senso ed acquisiscono piena interpretazione. • Senza che l’affermazione venga ulteriormente chiarita, si dice che Cristo è il discriminante per sapere cosa siamo noi.
§2Egli è “l’immaginedell’invisibile Dio” (Col. 1,15). Egli è l’uomo perfetto, che ha restituito ai figli d’Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato. Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime. Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato.
due note delineano la relazione Cristo-uomo: il tema dell’imago-somiglianza e quello dell’uomo perfetto il tema dell’IMAGO DEI: • Cristo nuovo Adamo, è “l’immagine dell’invisi-bile Dio”(Col 1,15). Il tema dell’immagine c’è già in GS 10, ora viene finalmente letto in chiave cristologica • ma l’affermazione cristologica(= Cristo immagine di Dio) non ha ricadutasul versante antropologico: non si dice ancora che l’uomo è creato non genericamente ad immagine di Dio, bensì del Figlio
pur non escludendolo, si deve riconoscere che viene «persa» la possibilità di esplicitare il riferimento cristologico sin dalle origini. • ne è prova che parlando dopo della somiglian-za restituita, non viene posta in relazione a Cristo. La somiglianza A CHI, viene restituita? Commenta Ladaria: «non si indica (anche se il primo paragrafo può farlo supporre) se l’originaria immagine e somiglianza che il peccato ha deformato abbia qualche rapporto con Cristo».
Cristo cosa ripara? Uomo chiamato a diventare somigliante a Cristo Uomo creato a immagine di DIO DATO DI PARTENZA………..TENSIONE
Cristo cosa ripara? Affinché diventi somigliante a Cristo Uomo creato a immagine di Cristo DATO DI PARTENZA………..TENSIONE
Perché questa conclusione? • Nel pensiero patristico, l’idea di immagine è tipicamente protologica (S. Ireneo afferma che Cristo ci ha rivelato pienamente che cosa significa che siamo immagine) • mentre la nozione di somiglianza ha una valenza più dinamica, progressiva, destinata a trovare compimento solo in una prospettiva escatologica • il testo conciliare, invece, affermando che in Cristo ci viene restituita la “somiglianza” si discosta dal pensiero patristico che afferma che ciò che è stato distrutto dal peccato originale è invece l’immagine di Cristo.
Sembra qui che il Concilio abbia fatto allusione alla terminologia patristicasenzaseguirlarigorosa-mente, accogliendo piuttosto la terminologia di età post-agostiniana in cui immagine e somiglianza diventano sinonimi (endiadi). • Tutto ciò, a mio giudizio, alimenta ulteriormente la constatazione di una lacuna nel riferimento delle origini a Cristo. In ogni caso, manca ancora con chiarezza l’affermazione esplicita della crea-zione in Cristo, la tesi della predestinazione. • Pertanto, pur senza concludere che ci si restringa al modello amartiocentrico, ancora una volta il ruolo di Cristo viene ricondotto prevalentemente alla redenzione, alla restaurazione dal peccato so-praggiunto più chea riparare la sua creazione.
Il tema di Gesù quale PERFECTUS HOMO Il testo ha subito molte modifiche. In origine recitava: “Lui è come Dio, l’immagine dell’invi-sibile” contro il senso evidente del testo paolino. Questa forma fu giustamente modificata. Cristo non è immagine solo come Dio, ma anche nella sua umanità (solo perché è uomo può essere imago visibile!) L’umanità di Gesù è la visibilità di Dio!
più ricco è il testo finale che parla di “uomo perfetto”. Qui il latino ha i suoi piccoli segreti. Homo perfectus è diverso da perfectus homo. Perfectus homo (cfr. GS 38 e 45) significa dire che Gesù è perfettamente uomo, come i Concili da Efeso e Calcedonia in poi hanno ribadito: non gli manca niente per essere vero uomo. Dire invece homo perfectus vuol dire che Gesù è l’uomo perfetto (nn°22 e 41).
C’è un progresso: non solo perfettamente uomo, ma l’uomo perfetto. Dobbiamo ridurre la portata di questo testo solo alla sfera morale? Gesù uguale al Padre e privo di peccato è uomo moralmente perfetto. Ma sembra troppo poco fermarsi qui.
In realtà il testo vuol proporre un’idea più radicale che vede in Cristo l’umanità dell’uo-mo perfettamente compiuta e realizzata. In Lui l’umanità realizza pienamente il proprio essere: è perfetta, cioè esemplare, paradi-gmatica. In Lui tutte le verità sull’uomo toccano il vertice. Se il titolo del n° 22 è stato modificato da Cristo uomo perfetto a Cristo uomo nuovo, l’idea forte di perfezione dell’umanità in Cristo è rimasta nel testo. Cristo rimane l’uomo per eccellenza.
Fondamento di tale perfezione risiede nel fatto che “in Lui la natura umana è stata assunta... senza per questo venire annientata”. • L’umanità di Cristo non è oscurata o annichilita dall’ipostasi divina, ma è esaltata, pienamente realizzata. • La maggiore prossimità a Dio non significa la distruzione o la diminuzione della creatura. • falsa l’alternativa: divinizzazione o umanizzazione
Al contrario, ne è l’attuazione piena e defi-nitiva al punto tale che i padri conciliari oseran-no dichiarare con forza che in Gesù l’uomo “si fa più uomo”, si realizza pienamente: “Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo”(GS 41). Questa frase unisce profondamente e inscindibilmente cristologia e antropologia. E così commenta Ladaria: «la crescita in Cristo significa, quindi, crescita in umanità. L’essere cristiani non ci separa dall’essere uomini, ma ci aiuta ad esserlo con maggior pienezza»